Unione europea

Il contributo analizza alcune criticità nelle modalità di affidamento della realizzazione dei sistemi di prenotazione telematica dei vaccini anti covid-19. In particolare, si sottolinea come l’affidamento a società in house non si sia rivelato idoneo a consentire di far fronte alla situazione emergenziale, criticandosi altresì il mancato ricorso all’istituto del riuso. Il commento conclude suggerendo in che modo l’emergenza sanitaria in corso avrebbe invece potuto indurre a valorizzare contributi virtuosi da parte di operatori privati.

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La Corte costituzionale tedesca, a seguito di un ricorso proposto da duemila cittadini tedeschi, ha statuito che, in attesa della sua decisione finale, il presidente tedesco, Frank-Walter Steinmeier, non possa promulgare la legge relativa alla Decisione sulle risorse proprie che consente alla Commissione europea di emettere obbligazioni sui mercati per finanziare il dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility-RRF). Decisione che era già stata approvata dal Bundestag e dal Bundesrat. I ricorrenti sostengono che il modo in cui il RFF è finanziato viola l'obbligo dell'UE di mantenere un bilancio in pareggio e considerano l'emissione prevista come una "violazione flagrante del trattato UE", vale a dire dell'articolo 311 del trattato sul funzionamento dell'UE (TFUE). Non è la prima volta, e probabilmente non sarà l'ultima, che il Bundesverfassungsgericht mette in questione e testa i limiti delle competenze europee e il rapporto tra sovranità costituzionale tedesca ed europea. È stato così con le sentenze Solange, nei decenni del 1970 e 80; nell'esaminare la costituzionalità della legge che ha ratificato il trattato di Maastricht nel 1992 e nella valutazione della legge che ha ratificato il trattato di Lisbona nel 2009; e, last but not the least, l'anno scorso, la Corte ha contestato il Public Sector Purchase Programme (PSPP) della Banca centrale europea, avvalendosi dei poteri conferiti dai trattati esclusivamente alla Corte di giustizia dell'UE e minacciando così le fondamenta stesse di un ordinamento giuridico di integrazione costruito in oltre 70 anni. Senza la Decisione sulle risorse proprie, che deve essere approvata da tutti gli Stati membri, la Commissione non sarà in grado di emettere le obbligazioni necessarie per finanziare la RRF. Per evitare di aggiungere una grave crisi economica a quella pandemica, aggravata in Europa dalle carenze nella gestione da parte della Commissione europea dell'acquisto dei vaccini, il Bundesverfassungsgericht dovrebbe fornire con urgenza una risposta. In un certo senso, la Corte costituzionale tedesca si è posta, nelle questioni europee, come il difensore di un rigido nazionalismo costituzionale, incompatibile con l'impegno della Germania per l'integrazione europea. Sicché, ancora una volta, a lungo termine il futuro dell'Unione europea sarà deciso dalla risposta a breve termine della Corte costituzionale tedesca.

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Il governo Draghi si è insediato in un momento in cui il mercato del lavoro, caratterizzato dall'influenza decisiva delle tecnologie informatiche e da un alto grado di mobilità, sta subendo grandi cambiamenti. L'emergere della pandemia, in corso da quasi un anno al momento del giuramento del governo Draghi, ha colpito il mercato del lavoro con la distruzione di posti di lavoro e la mancata creazione di nuovi, accentuando allo stesso tempo il processo di cambiamento in corso (informatica, mobilità). Il fenomeno è sovranazionale, e l'Unione Europea sta agendo su due livelli: affrontando l'emergenza (SURE, iniziativa Giovani, EU Next Generation, ecc.) e intervenendo sulla base di una strategia incentrata sugli investimenti nelle tecnologie informatiche. Sono queste tecnologie che stanno cambiando i processi produttivi e le modalità di svolgimento dei mestieri e delle professioni, rimodellando il mercato del lavoro e rendendo necessario l'aggiornamento e il profilo informatico dei lavoratori e creando una forte asimmetria tra i lavoratori e le loro prospettive occupazionali. Il discorso del premier e il programma di governo tengono conto di questo problema: da un lato hanno annunciato riforme dell'assegno di riallocazione e dei centri per l'impiego, dall'altro parlano di rafforzamento delle infrastrutture (banda larga, 5G) e della trasversalità della transizione digitale. Tutto ciò sembra appropriato. La speranza è che tutto questo venga fatto nel contesto strategico europeo e che il mercato del lavoro diventi il perno onnipresente della transizione trasversale.

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Il contributo vuole analizzare la sentenza C-367/19 con la quale la Corte di Giustizia si è espressa sull’annoso problema che affligge il sistema degli appalti pubblici: le offerte degli operatori economici pari a € 0 e il fondamento giuridico della loro esclusione. Il caso trattato dalla Corte riguarda il rinvio pregiudiziale proposto dalla Commissione nazionale per il riesame delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici slovena sulla possibilità di fondare il provvedimento di esclusione di un’offerta pari a € 0 sull’articolo 2, par. 1, § 5, della direttiva 2014/24/UE.

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I punti essenziali del ragionamento sviluppato in questo articolo sono: il Covid-19 ha messo in evidenza il ruolo svolto dall'amministrazione come ponte nel confronto (conflittuale) tra il potere della scienza e il potere politico; l'emergenza sanitaria ha messo in luce l'importanza del funzionamento delle istituzioni parlamentari per la difesa della democrazia dato che il potere esecutivo (oggettivamente) ha il sopravvento. L'amministrazione del Parlamento europeo è un caso di studio molto interessante in questo senso perché è riuscita a far fronte all'emergenza grazie a diversi fattori; l'EPA ha attuato negli ultimi anni un programma di digitalizzazione strutturale del Parlamento europeo. Infine, l'EPA ha lavorato per attivare una capacità amministrativa per gestire le "misure senza precedenti" che si sono dovute adottare: tale capacità è stata raggiunta realizzando le azioni nel rigoroso quadro della governance del Parlamento europeo e sotto il suo controllo permanente.

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I campi nei quali l’Unione Europea opera tramite la cd. esecuzione diretta sono in costante aumento e le questioni concernenti le conseguenze dei vizi procedurali stanno acquisendo una rilevanza sempre maggiore. Dallo studio della giurisprudenza sembra emergere che vi sono ipotesi in cui a fronte di vizi nelle procedure amministrative i giudici tendano a dichiarare l’irrilevanza degli errori, o ritengano gli stessi passibili di correzione. Con il presente contributo si procederà ad una analisi della giurisprudenza europea avente ad oggetto la valutazione di irrilevanza ovvero la correzione delle violazioni delle norme procedimentali. Nelle valutazioni effettuate dalle Corti, esse tendono a valutare: se il provvedimento oggetto di impugnazione esiti allo svolgimento di attività vincolata o discrezionale e quale sia il suo contenuto sostanziale; quale sia il significato, “il peso”, della norma violata e quanto effettivamente grave sia la violazione fonte del vizio procedurale; se le conseguenze degli errori “rendano effettivamente giustizia” a tutti gli interessi coinvolti nella procedura amministrativa e, infine, quali ripercussioni possano produrre le proprie decisioni sugli errori procedurali sulle ulteriori e future, decisioni dell’amministrazione. La comparazione tra le soluzioni individuate dalla Corti europee e quelle previste in alcuni degli Stati membri mostra che gli organi giurisdizionali dell’UE non si ispirano ad un modello specifico, ma tendono a rifarsi a criteri simili a quelli adottati nei vari Paesi aderenti all’Unione.

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Il 9 dicembre 2020 la Corte costituzionale portoghese ("PCC") ha sottoposto alla Corte di giustizia dell'Unione europea ("CGUE") la sua prima questione pregiudiziale. In una causa che avrebbe comportato la necessità di bilanciare diverse norme del Trattato, quali il diritto tributario dell'UE antidiscriminatorio (articolo 110 TFUE) e la tutela dell'ambiente (articolo 191 TFUE), la CPC ha riconosciuto la sua natura di corte contro le cui decisioni non esiste un ricorso giurisdizionale nazionale e ha sottoposto la questione alla Corte di giustizia dell'Unione europea. Questa sentenza va letta in combinato disposto con la sentenza nella causa n. 422/2020 del 15 luglio 2020, in cui il CPC ha riconosciuto alla CGUE la competenza esclusiva di interpretare e valutare la validità del diritto dell'UE, dichiarando di conseguenza la sua incompetenza a farlo. Dopo aver riassunto i fatti principali della causa, il presente articolo si propone di analizzare le sue conseguenze sul rapporto tra la CPC e la CGUE.

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L'accordo commerciale con il Regno Unito ha evitato lo scenario peggiore, ma è complesso e contingente. Stabilisce la libertà degli scambi di merci, senza evitare l'aumento della burocrazia doganale. Definisce una piattaforma per la parità, ma prevede misure compensative (ritorsioni?) in caso di deroga alle norme in vigore. Non c'è praticamente alcun accordo per i servizi, per cui i negoziati devono proseguire. Esiste una moratoria sulla pesca fino al 2026, con una graduale riduzione delle catture nella zona economica esclusiva (ZEE) britannica. Gli europei possono viaggiare senza visto per 90 giorni, ma non esiste un accordo generale sulla mobilità. In sostanza, il Regno Unito diventa un paese terzo per l'Unione europea e le norme sull'applicazione del trattato e sulla risoluzione dei conflitti, basate su misure arbitrali e compensative, possono sfociare in una procedura permanente di negoziazione e contenzioso

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La protezione offerta al marchio nell’Unione europea si prefigge di riconoscere alle imprese la possibilità di contraddistinguere i rispettivi prodotti o servizi, superando le barriere nazionali che invece permangono in molti campi riguardanti la tutela della proprietà intellettuale. Nel prendere decisioni sui marchi europei, EUIPO (e allo stesso modo le sue commissioni di ricorso) è talvolta chiamato a valutare la sussistenza della “malafede”, “ordine pubblico” e “buon costume”. La recente dichiarazione di nullità assoluta del marchio del “Flower Thrower” di Banksy pone perciò in evidenza come il diritto del marchio sia stato concepito per tutelare anche i diritti fondamentali e i diritti propri della concorrenza, nonché i diritti del “terzo”. La loro tutela risulta perciò strettamente collegata all’interpretazione logica di “concetti indeterminati” nel contesto di riferimento.

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La Brexit rappresenta un cambiamento rilevante nel quadro giuridico e politico delle relazioni UE-Regno Unito. Le attuali normative sulla sicurezza alimentare e idrica, nonché quelle riguardanti gli standards di valutazione di impatto sull’ambiente, potrebbero essere messe in pericolo. Questo contributo considera la Brexit non solo come una mera “rottura” negativa del sistema al fine di abbassare gli standards ambientali stabiliti. Infatti, si mette in evidenza che i potenziali rischi ambientali posti dalla Brexit potrebbero essere mitigati applicando il principio di non regressione, e contemporaneamente le istituzioni possono andare avanti adottando strumenti giuridici e azioni politiche più in linea con l’ecologia, tra l'altro creando una nuova governance ambientale e mantenendo un livello alto di cooperazione con l’UE.

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