Lavoro e tecnologie informatiche. Note a margine della fiducia al governo Draghi

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2/2021

Lavoro e tecnologie informatiche. Note a margine della fiducia al governo Draghi

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Il governo Draghi si è insediato in un momento in cui il mercato del lavoro, caratterizzato dall’influenza decisiva delle tecnologie informatiche e da un alto grado di mobilità, sta subendo grandi cambiamenti. L’emergere della pandemia, in corso da quasi un anno al momento del giuramento del governo Draghi, ha colpito il mercato del lavoro con la distruzione di posti di lavoro e la mancata creazione di nuovi, accentuando allo stesso tempo il processo di cambiamento in corso (informatica, mobilità). Il fenomeno è sovranazionale, e l’Unione Europea sta agendo su due livelli: affrontando l’emergenza (SURE, iniziativa Giovani, EU Next Generation, ecc.) e intervenendo sulla base di una strategia incentrata sugli investimenti nelle tecnologie informatiche. Sono queste tecnologie che stanno cambiando i processi produttivi e le modalità di svolgimento dei mestieri e delle professioni, rimodellando il mercato del lavoro e rendendo necessario l’aggiornamento e il profilo informatico dei lavoratori e creando una forte asimmetria tra i lavoratori e le loro prospettive occupazionali. Il discorso del premier e il programma di governo tengono conto di questo problema: da un lato hanno annunciato riforme dell’assegno di riallocazione e dei centri per l’impiego, dall’altro parlano di rafforzamento delle infrastrutture (banda larga, 5G) e della trasversalità della transizione digitale. Tutto ciò sembra appropriato. La speranza è che tutto questo venga fatto nel contesto strategico europeo e che il mercato del lavoro diventi il perno onnipresente della transizione trasversale.


Work and information technology. Notes on the vote of confidence in the Draghi government
The Draghi government has taken office at a time when the labour market, characterised by the decisive influence of information technologies and a high degree of mobility, is undergoing great changes. The emergence of the pandemic, which had been underway for almost a year when the Draghi government was sworn in, has hit the labour market with the destruction of jobs and the failure to create new ones, while at the same time accentuating the disruptive processes underway (IT, mobility). The phenomenon is supranational, and the European Union is acting on two levels: facing up to the emergency (SURE, Youth initiative, EU Next Generation, etc.) and intervening on the basis of a strategy focused on investment in information technologies. It is these technologies which are changing production processes and how trades and professions are carried out, reshaping the labour market while making it necessary for workers to upskill and have IT profiles and creating a strong asymmetry between workers and their employment prospects. The Premier’s speech and the government’s programme are taking this problem into account: on the one hand, they have announced reforms of the assegno di riallocazione reallocation allowance and of job centres, on the other hand, they are talking about strengthening infrastructure (broadband, 5G) and the transversality of the Digital Transition. All of which seems appropriate. The hope is that all this will be done in the European strategic context and that the employment market becomes the omnipresent pivot of the transversal transition.

Durante l’emergenza Covid ho continuato ad analizzare il ruolo che le tecnologie, in particolare le ICT, vanno via via occupando nel mondo contemporaneo[1], con una particolare attenzione al funzionamento della democrazia[2]. Non v’è dubbio che l’apporto delle tecnologie informatiche alla difesa della democrazia è stato, in questa fase di emergenza sanitaria, enormemente positivo: il funzionamento delle istituzioni parlamentari e rappresentative in genere, come anche il controllo di quello che stava succedendo da parte dei cittadini sono stati possibili grazie a queste tecnologie. Tuttavia, benché la mia attenzione fosse essenzialmente concentrata sull’aspetto della democrazia, non mi sfuggiva affatto (a me come a tanti) il ruolo egualmente importante che le tecnologie informatiche stavano giocando nel mondo del lavoro. Durante la crisi, ciò che mi procurava maggiore turbamento per non dire vera e propria sofferenza era osservare (insieme ai decessi per decine di migliaia) la perdita dei posti di lavoro e il crollo di varie piccolissime imprese, con l’aggravamento della povertà. Allo stesso momento, però, potevo osservare (e come me tanti) che grazie alle nuove tecnologie una grandissima parte dei lavoratori potevano continuare la loro attività in sicurezza. Grazie a ciò il mondo del lavoro non è crollato. È a questo punto che, scambiando delle idee con amici e colleghi dell’Università Statale di Milano[3], mi è sorta la domanda: forse le tecnologie ICT sono in grado non solo di difendere il lavoro ma anche di crearlo, trasformandosi nella struttura portante del mercato del lavoro di un domani che comincia oggi.

Tale domanda è diventata un’urgenza morale quando ci siamo trovati di fronte all’ennesimo cambio di governo in Italia. Nel suo discorso davanti alle Camere per ottenere la fiducia, Mario Draghi ha elencato una serie di priorità e punti critici fra i quali emergono lavoro e disoccupazione[4]. In questi settori, secondo Draghi, l’Italia è in ritardo e le politiche del lavoro devono diventare centrali, con l’assegno di riallocazione da migliorare e i centri per l’impiego da rafforzare: è grazie al programma dell’Unione europea SURE[5] e all’enorme utilizzo della cassa integrazione che durante la fase più critica gli effetti negativi sono stati mitigati[6].

Il giorno dopo l’ottenimento della fiducia del nuovo governo, l’INPS ha presentato un rapporto dell’Osservatorio sul precariato in cui si evidenzia che per l’effetto dell’emergenza Covid nei dodici mesi che vanno dal novembre 2019 al novembre 2020 sono andati persi 664 mila posti di lavoro, ai quali si aggiungono i 2 milioni di nuove assunzioni in meno rispetto all’anno precedente[7], senza contare i disastrosi effetti economici sulle imprese piccolissime e familiari, che hanno accentuato la povertà di ampi strati: tutto questo nonostante il divieto di licenziamento fosse ancora in vigore, mentre il premier Draghi nel suo discorso guardava con preoccupazione al momento in cui il divieto sarebbe venuto meno, fatto che avrebbe aggravato ulteriormente la situazione[8]. Forse in Italia le conseguenze economiche e sociali dell’emergenza sanitaria si sono fatte sentire più che altrove, ma non c’è dubbio che il fenomeno è generalizzato nell’Unione europea, come anche nel resto del mondo. Vale, quindi, la pena di soffermarsi un momento sul contesto strategico sopranazionale[9], e non limitare lo sguardo all’Italia.

Ovunque, la disoccupazione determinata dalla crisi pandemica ha colpito in maniera drammatica donne e giovani, con rischi strutturali (disoccupazione a lungo termine) per il futuro: come ho già detto il programma europeo (provvisorio) SURE ha cercato di frenare il fenomeno, ma i rischi per il futuro restano alti. È evidente che ciò comporterà l’aumento della povertà e delle diseguaglianze in strati sociali importanti, secondo alcuni col rischio di raggiungere livelli di insostenibilità. Sul piano europeo sono molte le iniziative adottate per far fronte alla situazione, a partire dall’ormai arcinoto strumento EU Next Generation[10] e dalla flessibilità nell’uso di strumenti come lo EU Solidarity Fund[11], entrambi destinati ad evitare la recessione economica e favorire la ripresa della crescita. Sono cioè iniziative che hanno un effetto indiretto sul lavoro e sull’occupazione. Oltre al già menzionato SURE si segnalano inoltre altre iniziative, come Youth Employment Initiative e Youth Employment Support[12], che si prefiggono di intervenire direttamente sul problema. Tutte queste iniziative sono ovviamente pensate per aiutare gli Stati membri, che a loro volta hanno adottato misure nella stessa direzione facendo crescere considerevolmente deficit e debito pubblico: si tratta, credo, di una bomba a effetto ritardato, che provocherà danni quando non si potrà intervenire nella protezione sociale e nella redistribuzione della ricchezza a causa della mancanza di risorse finanziarie. Allo stato attuale delle cose, il dibattito a livello europeo si orienta verso soluzioni resilienti, come per esempio la trasformazione del Fondo Sociale Europeo in un European “employment” and social fund, insieme alla creazione di una Pan-European “employment” agency[13]. Infatti, la riallocazione della forza lavoro sarà certamente uno dei pilastri politici del prossimo futuro: sarà una sfida a livello nazionale, ma sarà decisivo il supporto e l’orientamento europeo.

Tuttavia, pur fondamentali per la resilienza, si tratta comunque di misure di sostegno che hanno bisogno di un intervento strutturale: questo è oggi chiaramente individuato negli investimenti per adeguare l’Europa all’era digitale. Analisi approfondite di organismi internazionali[14] hanno già dimostrato come l’avvento delle tecnologie abbia cambiato i processi di produzione e il mondo del lavoro: quello che sta accadendo è che tutti i mestieri e le professioni subiscono la digitalizzazione come elemento essenziale al loro esercizio, con la conseguenza che anche il mercato del lavoro (domanda-offerta) tiene oramai conto di questa necessità. D’altronde, ed è la seconda conseguenza sul mercato del lavoro, i profili specificamente IT diventano essenziali al funzionamento delle imprese e delle amministrazioni pubbliche. Con la crisi pandemica tale fenomeno si è accentuato e sta aggravando l’asimmetria fra i lavoratori, emarginando progressivamente e rapidamente quelli che hanno una preparazione digitale insufficiente. Una (grande?) parte del mondo del lavoro rischia di perdere le opportunità di impiego che la tecnologia crea; alcuni lavoratori stanno addirittura perdendo già ora l’impiego a causa di tale deficit formativo. C’è inoltre un problema capitale: i paesi europei sono ancora largamente dipendenti dalle tecnologie prodotte da altri altrove. Il primo obiettivo è riuscire a creare quella che ormai si chiama “sovranità digitale” europea: intelligenza artificiale, quantum computing, infrastrutture per il data cloud, micro-electronics, internet of things, connettività 5G, piattaforme per e-commerce, video-conferencing, social networks[15]. È incredibile quanto ampiamente sia ignorato, oppure (se conosciuto) quanto sia trascurato il fatto che tutti questi strumenti assolutamente necessari all’economia e al lavoro siano tutti in mani extra-europee. Com’è noto, per fronte alla situazione l’Unione europea ha varato progressivamente un’Agenda digitale europea, un Mercato unico digitale e ultimamente un programma chiamato Plasmare il futuro digitale dell’Europa[16]: è questo il quadro in cui bisogna agire, in una sinergia tra livelli nazionali e livello europeo perché la crisi pandemica ha messo in luce l’ampiezza del ritardo degli investimenti nel digitale sia sul piano delle imprese (soprattutto piccole e medie) che delle pubbliche amministrazioni.

Nei sette obiettivi strategici del programma del nuovo governo Draghi si ritrova un capitolo dedicato a “innovazione e cablaggio[17]” che apre le porte alla Transizione digitale e al rafforzamento delle infrastrutture: per queste ultime gli interventi sulla banda larga e sul 5G appaiono nel programma di governo come prioritari[18]. Il che è assolutamente pertinente, purché nell’attuazione ci si riferisca chiaramente al contesto strategico europeo (cosa di cui non c’è motivo di dubitare). Ma quello che pare di grande importanza è l’idea che la transizione digitale sarà “trasversale” alle competenze di vari ministeri e sarà il pilastro della riforma della Pubblica amministrazione. Anche questo approccio appare pertinente: la speranza è che nella trasversalità dell’azione si ponga al centro di tutto e di tutti l’impatto sul mercato del lavoro che si sta configurando.

Oltre al digitale, vi sono due fattori che arricchiscono le potenzialità individuali sul nuovo mercato del lavoro che sta emergendo con rapidità impressionante: ancora una volta bisogna usare la terminologia inglese che è quella invalsa, lo Upskilling (che possiamo tradurre con “riqualificazione delle proprie competenze”) e il Soft Skills (che possiamo tradurre con “capacità e attitudini collaterali”). Nel primo caso, Upskilling, si tratta di una sfida primordiale tanto per i lavoratori quanto per le imprese e le amministrazioni pubbliche. Aggiornare e arricchire le proprie competenze, ma anche sviluppare nuove attitudini al fine di migliorare le performance nel luogo di lavoro (imprese e amministrazioni) e/o essere attrattivi nel mercato del lavoro: evidentemente l’innovazione tecnologica è il fattore di pressione principale in questo senso. Peraltro, dall’inizio della pandemia si è osservato ovunque un fenomeno a prima vista bizzarro ma in realtà comprensibile: il numero di lavoratori che hanno riflettuto seriamente alla possibilità di cambiare lavoro è considerevolmente aumentato. Ebbene, lo Upskilling favorisce la riuscita del cambiamento e riduce i processi di obsolescenza delle competenze. Nel caso del Soft Skills si tratta piuttosto di un rafforzamento delle proprie capacità professionali, ovvero di un sostegno contestuale solido alla propria specializzazione. Oramai nei processi di ricerca e di assunzione del personale i manager responsabili delle risorse umane richiedono prioritariamente le seguenti qualità umane e morali: per le prime, creatività, persuasione, collaborazione, adattabilità e intelligenza emozionale; per le seconde, integrità, responsabilità, simpatia, gestione del tempo, autocontrollo e flessibilità. Per completare il quadro, infine, ci pare occorra inoltre qualcosa che il mondo contemporaneo ha represso in maniera seria a causa dei meccanismi di sopravvivenza che si sono imposti: si tratta della Positività, cioè l’atteggiamento positivo di fronte a situazioni che alimentano la solitudine, l’incertezza e l’angoscia. Dalle cose semplici come contatti virtuali divertenti, adeguamento dei ritmi di lavoro e passeggiate quotidiane, fino ai processi di apprendimento della positività organizzati da imprese e amministrazioni pubbliche. È un atteggiamento da coltivare e curare, che ha una ricaduta immediata sulla resilienza e la capacità di reazione del lavoratore.

A questo punto ci sono abbastanza elementi per concludere le presenti riflessioni. Il governo Draghi è entrato in funzione in un momento di grande trasformazione del mercato del lavoro, caratterizzato dalla determinante influenza delle tecnologie informatiche e da un grado elevato di mobilità. L’emergenza della pandemia, in corso da quasi un anno al momento del giuramento del governo Draghi, si è abbattuta sul mercato del lavoro con distruzione di posti e mancata creazione di nuovi, accentuando allo stesso tempo i menzionati processi in corso (digitale, mobilità). Il fenomeno è però sopranazionale e l’Unione europea sta intervenendo su due piani, far fronte all’emergenza (SURE, Youth Initiative, EU Next Generation etc.) e intervenire sulla base di una strategia: la risposta strategica è chiaramente incentrata sull’investimento nelle tecnologie informatiche. Sono queste ultime infatti che stanno modificando i processi di produzione e l’esercizio di mestieri e professioni, che stanno ridisegnando il mercato del lavoro con l’imposizione della riqualificazione dei lavoratori e la presenza dei profili IT, che stanno creando una forte asimmetria fra i lavoratori e le loro prospettive di impiego. Il discorso del Premier e il programma di governo tengono conto del problema: da un lato annunciano riforme per l’assegno di riallocazione e per i centri per l’impiego, dall’altro menzionano il rafforzamento delle infrastrutture (banda larga, 5G) e la trasversalità della transizione digitale. Il che appare adeguato. La speranza è che tutto questo sia fatto nel contesto strategico europeo e che il mercato del lavoro diventi il perno onnipresente della transizione trasversale.

  1. L’autore è infatti professore a contratto di eDemocracy-eParticipation nell’Università Statale di Milano ed è stato Direttore Generale dell’Innovazione e del Supporto Tecnologico al Parlamento europeo.
  2. In particolare con la pubblicazione di G. Vilella, eDemocracy. Dove ci porta la democrazia digitale, Pendragon, Bologna, 2020. Successivamente con la pubblicazione di G. Vilella, The European Parliament Administration facing the challenge of eDemocracy, European Press Academic Publishing, Florence, 2021.
  3. In particolare nell’ambito del Centro di Ricerca Interdisciplinare sul Diritto delle Amministrazioni Pubbliche (CERIDAP), diretto dalla prof. Diana-Urania Galetta.
  4. Le comunicazioni del Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al Senato della Repubblica sulle dichiarazioni programmatiche del Governo, Mercoledì, 17 Febbraio 2021, pubblicate integralmente sul sito della Presidenza del Consiglio dei ministri, http://www.governo.it/it/articolo/le-comunicazioni-del-presidente-draghi-al-senato/16225 (in alternativa vedi l’ampia sintesi di Monica Guerzoni sul Corriere della Sera del 18 febbraio 2021).
  5. Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency.
  6. Le comunicazioni del Presidente del Consiglio, etc., cit.
  7. INPS, Osservatorio sul Precariato – Dati sui nuovi rapporti di lavoro, REPORT MENSILE GENNAIO – NOVEMBRE 2020, Roma, 10 febbraio 2021 (o in alternativa vedi l’articolo di sintesi di Claudia Voltattorni sul Corriere della Sera del 19 febbraio 2021.
  8. Le comunicazioni del Presidente del Consiglio, etc., cit.
  9. Vedi a questo proposito EPRS, Towards a more resilient Europe post-coronavirus. I: An initial mapping of structural risks facing the EU, PE 653.208, July 2021; II: Capabilities and gaps in the EU’s capacity to dress structural risks, PE 652.024, October 2020: III: Options to enhance the EU’s resilience to structural risks, PE 659.437, January 2021.
  10. Vedi le descrizioni dettagliate sul sito della Commissione europea, https://ec.europa.eu/info/strategy/recovery-plan-europe_en
  11. Vedi le descrizioni dettagliate sul sito della Commissione europea, https://ec.europa.eu/regional_policy/en/funding/solidarity-fund/covid-19
  12. Vedi le descrizioni dettagliate sul sito della Commissione europea, rispettivamente: https://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=1176 e https://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=1036
  13. Sulla European employment strategy, vedi ampiamente il sito della Commissione europea, https://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=101&langId=en
  14. Mi riferisco a ESPAS Report 2019: Global Trends to 2030, World Economic Forum 2020: COVID -19 Risks Outlook – A Preliminary Mapping and Its Implications, 2020, OECD Employment Outlook 2019: The Future of Work, 2019, and Eurofound: Living, working and COVID-19 – First findings – April 2020.
  15. L’utilizzo della terminologia inglese si giustifica per entrata ormai nell’uso comune del linguaggio, in alcune lingue anche in maniera ufficializzata.
  16. Agenda digitale europea, COM(2010)245 final, Bruxelles, 19.5.2010; Mercato unico digitale, COM(2015)192 final, Bruxelles, 6.5.2015; Plasmare il futuro digitale dell’Europa, COM(2020)67 final, 19.2.2020.
  17. Le comunicazioni del Presidente del Consiglio, etc., cit. (o in alternativa vedi l’ampia sintesi di Marco Galluzzo sul Corriere della Sera del 15 febbraio 2021).
  18. Ibidem.

Giancarlo Vilella

Adjunct Professor at the University of Milan and the Polytechnic University of Marche, former Director General of the Directorate-General for Innovation and Technological Support of the European Parliament