1/2024

Lo scritto considera le risposte che le pubbliche amministrazioni italiane sono capaci di dare agli eventi emergenziali. Dopo una prima parte, dedicata alla possibilità di definire la nozione giuridica di “emergenza”, l’analisi prosegue attraverso la considerazione critica delle organizzazioni amministrative della emergenza, e della loro costante sovrapposizione strutturale. Segue, successivamente, la ricognizione dei molteplici provvedimenti emanati dalle medesime organizzazioni, e le deroghe che tali provvedimenti possono contenere, rispetto alle norme ed ai principi dell’ordinamento giuridico. Le brevi considerazioni finali propongono alcune ipotesi di cambiamento e miglioramento.


Emergency Administration
The paper considers the responses that Italian public administrations are capable of giving to emergency events. After dealing with the possibility of identifying a legal notion of “emergency”, the analysis continues through the critical consideration of the various administrative organizations responding to emergencies and their structural overlap. This is followed by a recognition of the multiple administrative acts issued by the organisations and the exceptions they may contain in relation to the rules and principles of the legal system. The brief final considerations propose some hypotheses for change and improvement.
Summary: 1. Introduzione.- 2. La definizione giuridica di “emergenza”.- 2.1. I dati normativi.- 2.2. I dati empirici.- 2.3. Come ragionare sui dati normativi ed empirici: la definizione normativa di “emergenza” è un ossimoro?- 3. Le organizzazioni amministrative della emergenza.- 3.1. Il “Servizio Nazionale della Protezione Civile”.- 3.2. I “Commissari Straordinari del Governo”.- 4. I provvedimenti amministrativi della emergenza.- 4.1. I provvedimenti delle amministrazioni “ordinarie”.- 4.2. I provvedimenti del “Servizio Nazionale della Protezione Civile”.- 4.3. I provvedimenti dei “Commissari Straordinari del Governo”.- 5. Considerazioni finali.

1. Introduzione[1]

L’argomento di questa relazione coincide con il tema del Convegno Annuale della Associazione Italiana dei Professori di Diritto Amministrativo, svolto a Roma nell’anno 2005[2]: purtroppo, in questi 18 anni, è troppo semplice e doloroso rammentare che sono molte, troppe, le emergenze che si sono succedute, e che le pubbliche amministrazioni italiane hanno dovuto e continuano a dovere fronteggiare.

Se il XX secolo è stato autorevolmente definito come il «il secolo breve»[3], credo che sia allora possibile affermare che i primi 23 anni del XXI secolo sono stati caratterizzati, senza soluzione di continuità, da una lunga e costante emergenza: in ordine cronologico, alla emergenza del terrorismo, hanno fatto seguito emergenze sismiche, climatiche, economico-finanziarie, sanitarie e pandemiche, migratorie, di ordine e sicurezza pubblica.

Al fine di considerare il diritto amministrativo della emergenza, e la pubblica amministrazione da esso creata e disciplinata, è necessario volgere le riflessioni, in ordine progressivo, sui seguenti argomenti:

1) verificare, in primo luogo, la possibilità di dare una definizione giuridica di “emergenza”, all’interno del diritto positivo;

2) da qui, muoversi di poi verso la organizzazione amministrativa delle emergenze, e verso i suoi provvedimenti amministrativi;

3) esprimere infine alcune brevi considerazioni finali, sui profili critici dell’odierno diritto amministrativo delle emergenze, e sulla sua amministrazione.

2. La definizione giuridica di “emergenza”

Cominciamo dunque dalla definizione giuridica di emergenza, vale a dire dal significato che il sostantivo “emergenza” assume all’interno dell’ordinamento giuridico italiano e ivi, più in particolare, all’interno del diritto amministrativo.

A questo scopo, è possibile procedere lungo tre direttrici di riferimento: i dati normativi; i dati empirici; infine un ragionamento, che trae linfa da entrambi i predetti dati.

2.1. I dati normativi

Le norme giuridiche che disciplinano il diritto amministrativo, e l’amministrazione della emergenza – indipendentemente dalla natura della fonte (Costituzione, legge o regolamento), e dal soggetto che la emana (Stato, Regioni, Enti territoriali o non territoriali) – sono costantemente caratterizzate da questi elementi:

1) non definiscono espressamente la nozione di “emergenza”;

2) individuano invece le pubbliche amministrazioni cui spettano i poteri e le competenze, volti a fronteggiare le emergenze;

3) aggettivano con sinonimi di “emergenza” – di regola “eccezionalità”, “necessità”, “contingibilità”, “straordinarietà”, “indispensabilità”, “urgenza” – i provvedimenti amministrativi – di regola “piani”, “direttive”, “dichiarazioni”, “autorizzazioni”, “ordinanze”, “decreti” – che le predette amministrazioni sono chiamate ad adottare, per fronteggiare le emergenze;

4) riconducono le emergenze a specifici àmbiti, settori o materie.

Un breve ma significativo excursus, percorrendo fonti normative ad oggi vigenti, può motivare tali affermazioni.

L’art. 81, comma 2, della Costituzione – previa autorizzazione delle Camere, adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti – consente il ricorso all’indebitamento (alla emissione di nuovi titoli del debito pubblico dello Stato) «al verificarsi di eventi eccezionali»: tali eventi sono individuati, nell’art. 6, comma 2, legge n. 243 del 2012, nei «periodi di grave recessione economica», e negli «eventi straordinari, al di fuori del controllo dello Stato, ivi incluse le gravi crisi finanziarie nonché le gravi calamità naturali»[4].

Nei casi di «urgenza», o «per grave necessità pubblica», il Prefetto può adottare i provvedimenti «indispensabili per la tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica» (art. 2, comma 1, R.D. n. 773 del 1931)[5].

Sempre al Prefetto spetta l’adozione – in caso di sospensione o interruzione di un esercizio farmaceutico, «dipendenti da qualsiasi causa, e dalle quali sia derivato o possa derivare nocumento all’assistenza farmaceutica locale» – dei «provvedimenti di urgenza», volti ad assicurare il mantenimento di tale assistenza (art. 129, comma 1, R.D. n. 1265 del 1934).

In materia di “igiene, sanità pubblica e polizia veterinaria”, l’art. 32, legge n. 833 del 1978, attribuisce al Ministro della Sanità, al Presidente della Giunta Regionale ed al Sindaco – rispettivamente in ragione della estensione territoriale della medesima emergenza igienica, sanitaria o veterinaria, da fronteggiare – il potere di emanare «ordinanze di carattere contingibile e urgente»[6].

All’interno dell’ordinamento degli Enti locali, ed a norma del d.lgs. n. 267 del 2000:

a) l’art. 50, comma 5, attribuisce al Sindaco – in qualità di «rappresentante della comunità locale» – il potere di emanare «ordinanze contingibili e urgenti» a fronte: «di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale»; della «urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti»[7];

b) l’art. 54, commi 4 e 4-bis, attribuisce sempre al Sindaco – questa volta in qualità di «ufficiale del Governo» – il potere di adottare, con «atto motivato», «provvedimenti contingibili e urgenti», allo scopo «di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana», rispettivamente definite: come tutela della «integrità fisica della popolazione» (la “incolumità pubblica”); come prevenzione e contrasto alla insorgenza sia «di fenomeni criminosi o di illegalità, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, la tratta di persone, l’accattonaggio con impiego di minori e disabili», sia di «fenomeni di abusivismo, quale l’illecita occupazione di spazi pubblici, o di violenza, anche legati all’abuso di alcool o all’uso di sostanze stupefacenti» (la “sicurezza urbana”)[8].

In “materia ambientale”, ed all’interno delle norme del d.lgs. n. 152 del 2006: si confermano i “poteri di ordinanza” – spettanti al Ministero dell’Ambiente (ora Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica), al Ministero della Salute, alle Regioni ed agli Enti locali – «in caso di urgente necessità» volta a tutelare le acque dall’inquinamento (art. 75, comma 2, ultimo periodo)[9]; si attribuiscono al Presidente della Giunta Regionale, al Presidente della Provincia ovvero al Sindaco – sempre in ragione della estensione territoriale della singola emergenza – i poteri di emanare «ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti», «qualora si verifichino situazioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell’ambiente, e non si possa altrimenti provvedere» (art. 191, comma 1)[10].

Da ultimo, ma certamente non per ultimo – ratione materiae – il “Codice della Protezione Civile” (d.lgs. n. 1 del 2018)[11]:

1) definisce il “Servizio Nazionale della Protezione Civile” come il «sistema» che esercita l’insieme delle «competenze» e delle «attività» dirette a tutelare «la vita, l’integrità fisica, i beni, gli insediamenti, gli animali e l’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo» (art. 1, comma 1);

2) nonostante la dizione letterale della epigrafe dell’art. 7 («Tipologia degli eventi emergenziali»), la medesima norma non tipizza gli «eventi emergenziali»: fatta eccezione per il loro eventuale «rilievo nazionale», tali eventi sono infatti costantemente definiti come «emergenze connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo»;

3) la «tipizzazione» concerne invece (art 7, comma 1), gli «interventi», i «mezzi» ed i «poteri», capaci di fronteggiare la singola «emergenza»: si differenziano così emergenze che possono essere fronteggiate «dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria» (lettera a); emergenze che «comportano l’intervento coordinato di più enti o amministrazioni», e che devono essere fronteggiate «con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo» (lettera b); infine emergenze di «rilievo nazionale», che devono essere fronteggiate «con immediatezza d’intervento», ed ancora con «mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo» (lettera c);

4) infine, ed in ordine alle attività di «previsione» e «prevenzione» dei «rischi» (art. 16), capaci di tradursi in eventi emergenziali, la tipizzazione consiste nella seguente elencazione di àmbiti scientifici di riferimento: rischio «sismico», «vulcanico», «da maremoto», «idraulico», «idrogeologico», «da fenomeni metereologici avversi», «da deficit idrico e da incendi boschivi», «chimico», «nucleare», «radiologico», «tecnologico», «industriale», «da trasporti», «ambientale», «igienico-sanitario», «da rientro incontrollato di oggetti e detriti spaziali».

2.2. I dati empirici

Il percorso che si è compiuto all’interno delle fonti normative sino a qui considerate, trova una evidente conferma nell’art. 42, d.lgs. n. 33 del 2013, e nei dati empirici che possono essere ricavati dall’applicazione – a dire il vero tuttora non completa né pervasiva – di questa disposizione normativa.

L’art. 42, d.lgs. n. 33 del 2013[12], obbliga infatti tutte le pubbliche amministrazioni – in esse ricomprese le amministrazioni commissariali e straordinarie, costituite sia a norma del “Codice della Protezione Civile” (d.lgs. n. 1 del 2018), sia mediante provvedimenti legislativi di urgenza – a pubblicare, su di una apposita sezione del proprio sito internet istituzionale “Amministrazione Trasparente”, i «provvedimenti contingibili e urgenti» e, più in generale, i «provvedimenti di carattere straordinario», adottati «in caso di calamità naturali o di altre emergenze».

Questo obbligo di pubblicazione è reso ancora più dettagliato dal fatto che esso deve ricomprendere, per ciascuno dei predetti provvedimenti, i seguenti ulteriori elementi:

1) la indicazione espressa delle norme di legge eventualmente derogate, e la motivazione delle deroghe;

2) la indicazione di eventuali atti amministrativi o giurisdizionali sopravvenuti;

3) i limiti temporali fissati per la adozione dei provvedimenti contingibili, urgenti o straordinari;

4) il costo previsto, ed il costo effettivamente sostenuto dall’amministrazione, per gli interventi posti in essere per effetto dei medesimi provvedimenti.

Sebbene mediante una opera di non facile ricognizione e tipizzazione, l’art. 42 consente dunque di ricavare in concreto, almeno successivamente all’anno 2013, il numero e le fattispecie di eventi emergenziali che hanno dato origine alla emanazione, ad opera delle amministrazioni pubbliche, di provvedimenti contingibili, urgenti o straordinari.

Ancora, e con riferimento alla definizione giuridica di “emergenza”, l’art. 42 dimostra che l’ordinamento giuridico-amministrativo continua a non definire tale nozione, ma attribuisce invece rilevanza alle singole pubbliche amministrazioni che devono fare fronte agli eventi emergenziali, ai relativi provvedimenti ed al loro contenuto, infine ai costi economico-finanziari sostenuti in conseguenza delle emergenze (più precisamente, al differenziale tra i costi previsti ed i costi effettivamente sostenuti).

Scandagliando all’interno dei dati pubblicati sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni preposte alla emanazione di provvedimenti contingibili, urgenti o straordinari, dal mese di marzo dell’anno 2013 ad oggi, è dunque possibile procedere ad una loro quantificazione e categorizzazione.

In punto di categorie[13], si distinguono gli eventi emergenziali derivanti dal “rischio meteo-idrico” (vale a dire gli «eccezionali eventi metereologici, le alluvioni e le frane»), le “emergenze per il rischio sismico e vulcanico”, le emergenze per il “rischio ambientale, sanitario, tecnologico e da incendi” (ivi compresa la “Emergenza da Covid-19”), ed i provvedimenti contingibili ed urgenti emanati dalle Amministrazioni Comunali[14].

Rinviando per motivi di sintesi – e con riguardo alle altre categorie ora enumerate – ai dati pubblicati all’interno delle apposite “sezioni” di cui alla nota (12), sono qui esaminati i dati relativi: agli eventi emergenziali derivanti dal “rischio meteo-idrico”; ai provvedimenti contingibili ed urgenti, emanati da alcune Amministrazioni Comunali.

Con riguardo ai primi, e con riferimento al periodo temporale marzo 2013 – marzo 2023, si tratta di 174 eventi emergenziali, che hanno complessivamente prodotto un danno economico – risultante dalla sommatoria della “ricognizione dei fabbisogni”, operata da ogni “Commissario di Protezione Civile Delegato” alla singola emergenza – complessivamente pari a 10 miliardi e 96 milioni di euro[15].

Di particolare interesse è il fatto che non sussiste una proporzione diretta tra la percentuale di eventi emergenziali che hanno colpito una singola Regione, ed i correlati fabbisogni economici, derivanti dai danni cagionati dai medesimi eventi emergenziali: alla Regione Campania, ad esempio, sono infatti ascrivibili 5 eventi emergenziali (pari al 2,87 % del totale), che hanno cagionato danni economici per 1 miliardo e 178 milioni di euro (pari all’11,66 % del totale); alla Regione Emilia-Romagna sono invece ascrivibili 19 eventi emergenziali (pari al 10,91 % del totale), che hanno cagionato danni economici per 1 miliardo e 11 milioni di euro (pari al 10 % del totale).

In entrambi le fattispecie, si tratta sempre di eventi emergenziali derivanti da “eventi metereologici” indifferenziati, non specificamente individuati, e tuttavia qualificati come “eccezionali”.

Per ciò che concerne le ordinanze contingibili ed urgenti, emanate dai Sindaci di alcune tra le principali Amministrazioni Comunali, i dati esaminati si riferiscono agli anni 2018-2023 (settembre): il dato concernente il Comune di Milano è pari a 211 ordinanze, mentre il dato di Roma Capitale è pari a 167 ordinanze.

Al di là della proporzione inversa, rispetto al numero di abitanti ed alla estensione territoriale (Milano: 1 milione e 362 mila abitanti, su 182 Km. quadrati di territorio; Roma: 2 milioni e 750 mila abitanti, su 1.287 Km. quadrati di territorio), gli accadimenti che hanno dato luogo alla emanazione delle predette ordinanze sono ancora una volta del tutto eterogenei, e con probabilità di verificazione molto diverse.

Soltanto ad esemplificare:

1) Comune di Milano, Ordinanza n. 60 del 12 settembre 2023 (Per la tutela del decoro, dell’ambiente, del patrimonio culturale e della sicurezza urbana nelle aree urbane interessate dalla «MOVIDA») = Probabilità Elevata;

2) Roma Capitale, Ordinanza n. 75 del 28 giugno 2023 (Divieto di circolazione dei veicoli a trazione animale e disposizioni a tutela degli equidi nelle attività ludiche e sportive in presenza di ondate di calore di particolare intensità) = Probabilità Minima o Media.

2.3. Come ragionare sui dati normativi ed empirici: la definizione normativa di “emergenza” è un ossimoro?

Il fatto che i dati normativi ed empirici, sino a qui considerati, rifuggano da una definizione di emergenza, e si concentrino invece sulla individuazione delle pubbliche amministrazioni di volta in volta chiamate a fronteggiare la singola emergenza, e sui relativi provvedimenti emergenziali, pone un legittimo interrogativo: il fatto che una definizione normativa di “emergenza” sia ontologicamente impossibile e, forse, concretamente nemmeno opportuna.

La questione può essere motivata attraverso le seguenti argomentazioni.

In primo luogo, in termini diacronici, e dinanzi ad ogni emergenza come accadimento fattuale, vi è sempre un “prima”, un “durante”, ed un “dopo”.

Il “prima”, a bene vedere, non si configura il come tempo dell’emergenza, ma come il tempo dedicato alla analisi del rischio della sua prevedibilità[16]: una eventuale definizione di emergenza, qui, dovrebbe dunque normare le probabilità – i cosiddetti “scenari” – dell’accadimento emergenziale.

Il “durante” è invece il tempo proprio di ogni emergenza[17]: qui invece, e se mi è consentita una affermazione apodittica, le fonti normative – la competenza alla loro emanazione, così come la loro stessa qualificazione e gerarchia – recedono[18]: ciò che assume invece rilievo è soltanto la immediatezza e la efficacia dell’amministrazione, vale a dire come la pubblica amministrazione, con comportamenti fondati su provvedimenti[19], può e deve reagire a ciò che è accaduto, e che sovente continua ad accadere.

Il “dopo” è infine il tempo della ricostruzione delle cose e delle vite, del loro ritorno ad una vita ordinaria, e non invece ad una vita cosiddetta “normale”, poiché la emergenza non può essere dimenticata, né dalle cose, né tanto meno dagli esseri umani ed animali: qui le fonti normative devono dunque disciplinare come avviene questo dopo, questa transizione, possibilmente con provvedimenti celeri, concretamente finanziati, e sicuri, vale a dire in grado di apprendere, per il futuro, da ciò che è accaduto nel passato.

Proprio con riguardo a questi tre “tempi” della emergenza, e sempre a volere ragionare in termini definitori, si aggiunge di poi la difficoltà di differenziare chiaramente il tempo del “prima”, del “durante”, e del “dopo”.

Mi aiuterò, qui, con alcune fattispecie concrete.

Sul “prima”: come e con quale probabilità – ovviamente secondo le più avvertite scienze geofisiche, medico-sanitarie od ingegneristiche[20] – è predicibile ex ante l’accadimento di un terremoto, di una alluvione, di una pandemia, od il crollo di un ponte autostradale? E di conseguenza, e sempre su questo “prima”, quale di questi eventi emergenziali è ontologicamente non predicibile, più o meno probabile (e quanto), o molto probabile? Ed ancora, come definire tutto questo, ex ante, all’interno di norme giuridiche, che si pongono di poi come regole da applicare in sede giurisdizionale, nel momento in cui – ed ex post – il diritto dell’emergenza lascia il posto al diritto delle responsabilità[21]?

Sul “durante”[22]: quali sono le attività ed i provvedimenti che sono meglio in grado di fronteggiare uno specifico accadimento emergenziale, quando ciascuno di questi accadimenti si verifica su differenti territori e popolazioni, e con gradi di forza ed entità altrettanto differenziati? Ed ancora, come definire tutto questo, e sempre ex ante, all’interno di norme giuridiche?

Infine, sul “dopo”: questa è forse la fase temporale più assoggettabile ad una possibile normazione, dal momento che si tratta di implementare – per quanto e nel migliore modo possibile – le condizioni per il ritorno allo status quo ante. E tuttavia tale ritorno all’ordine delle cose, e delle persone, sconta anche esso una evidente dipendenza dalle caratteristiche proprie ed esclusive di ogni singolo evento emergenziale, e dalla specifica gestione del suo “durante”.

Sulla base di queste riflessioni, è allora possibile la seguente conclusione.

La definizione normativa di “emergenza” può essere considerata un ossimoro, in questo significato: l’accadimento emergenziale, ogni evento emergenziale, è una di quelle evidenze – ad oggi certamente non l’unica – nelle quali si manifesta con chiarezza, ed indipendentemente dalla natura e qualificazione della singola fonte normativa, la cosiddetta “crisi della fattispecie giuridico-normativa”.

Si tratta, come noto[23], della “crisi” di uno degli elementi essenziali e tradizionali della stessa nozione di diritto positivo: vale a dire la difficoltà/impossibilità di sussumere un qualsiasi accadimento, un fatto, all’interno di una norma giuridica che, per sua stessa natura, lo deve definire con parole, ed ex ante.

Ed è proprio e soltanto mediante questa sussunzione – del fatto nel diritto – che tale fatto indifferenziato, naturale o artificiale, diviene una determinata “fattispecie giuridica”[24].

Ricordando la definizione delle “leggi” – delle “fattispecie giuridiche” che originano dal “diritto positivo” – recata da Montesquieu, nell’incipit “De L’Esprit des Lois”[25], se «le leggi […] sono i rapporti necessari che derivano dalla natura delle cose» – e se è innaturale escludere gli accadimenti emergenziali dalla “natura delle cose” – allora tali accadimenti rifuggono ontologicamente da ogni sussunzione in una o più fattispecie giuridiche, normativamente date, poiché è estremamente difficile, se non addirittura impossibile, definire e disciplinare quali siano i “rapporti necessari che derivano” da ciò che è contingibile, urgente o straordinario.

3. Le organizzazioni amministrative della emergenza

Dopo avere considerato la possibilità di addivenire ad una definizione normativa di “emergenza”, e proseguendo nell’ordine degli argomenti individuato nella “Introduzione”, è ora necessario rivolgere la attenzione al momento organizzativo, alle organizzazioni amministrative della emergenza[26].

La declinazione plurale del sostantivo – le “organizzazioni” – intende porre in evidenza il fatto che i soggetti e gli organi, ai quali le fonti normative attribuiscono poteri e funzioni volti a fronteggiare le emergenze, non costituiscono ad oggi un sistema organizzativo lineare e coerente[27].

Da questo fatto discendono tre conseguenze:

1) ad uno stesso soggetto od organo, e dinanzi ad una stessa emergenza, sono attribuiti molteplici poteri e funzioni, ma a differente “titolo”: ad esemplificare, alcuni poteri e funzioni gli sono attribuiti come Sindaco, Presidente della Regione o Prefetto e, nel contempo, altri poteri e funzioni gli sono attribuiti come “autorità di protezione civile”, o come “commissario”[28];

2) a soggetti od organi diversi, ma sempre in relazione ad una stessa emergenza, sono attribuiti poteri e funzioni che – se non addirittura sostanzialmente identici – sovente si sovrappongono tra loro: ancora in via esemplificativa, i poteri e le funzioni che spettano al Sindaco, al Presidente della Regione o al Prefetto coesistono e collidono con analoghi poteri e funzioni contemporaneamente attribuiti ad una apposita “autorità di protezione civile”, o ad uno specifico “commissario”;

3) allo scopo di dirimere questi conflitti intra-funzionali, od inter-soggettivi, sono creati soggetti ad hoc – sempre in relazione ad un medesimo evento emergenziale – denominati “comitati”, “cabine”, “conferenze”, “tavoli”, et similia[29]: poiché il dettato normativo non può espressamente affermare che trattasi di organi volti a dirimere conflitti, od a stabilire un ordine di priorità tra i molteplici interessi pubblici e privati coinvolti nella emergenza, le norme di legge che istituiscono tale pletora di soggetti ed organi li qualificano invece come “comitati”, “conferenze”, “cabine”, di “regia”, di “collaborazione”, “coordinamento”, “collegamento”, “integrazione”, et similia.

La motivazione di queste conseguenze risiede nella dimostrazione che le organizzazioni amministrative della emergenza, ad oggi, consistono sostanzialmente in tre differenti ordini strutturali.

Il primo ordine strutturale è costituito dai soggetti e dagli organi ai quali le norme di legge attribuiscono poteri e funzioni di emergenza, “in via ordinaria”[30]: si tratta dei soggetti e degli organi – i Prefetti, i Sindaci, i Presidenti di Regione, i Ministri – già considerati nel corso della precedente analisi dei dati normativi, con riguardo alle emergenze disciplinate dalle leggi in materia di ordine e sicurezza pubblica, di igiene e sanità pubblica, di incolumità pubblica e sicurezza urbana, di ambiente.

3.1. Il “Servizio Nazionale della Protezione Civile”

Il secondo ordine strutturale è composto e disciplinato dalle norme del “Codice della Protezione Civile” (d.lgs. n. 1 del 2018)[31], e consiste nel relativo “Servizio Nazionale”[32]: il medesimo “Codice” individua le attività attribuite alla competenza di tale “Servizio”, e la sua organizzazione.

In merito alle “attività di protezione civile”, sono definite tali quelle «volte alla previsione, prevenzione e mitigazione dei rischi, alla gestione delle emergenze e al loro superamento» (art. 2).

Ciascuna attività viene puntualmente definita all’interno dell’art. 2 – le “attività di prevenzione” sono altresì definite e distinte in «prevenzione non strutturale», e «strutturale» – ma, ciò che più preme evidenziare, è il fatto che ad oggi il “Servizio Nazionale di Protezione Civile” esercita poteri e funzioni riferibili non soltanto alla “emergenza” strettamente considerata (e ivi, in specie, ai cosiddetti “primi soccorsi ed interventi”), bensì riferibili a tutto l’accadimento emergenziale, ad iniziare dalla sua previsione e prevenzione, e sino al suo definitivo superamento[33].

Per ciò che concerne la organizzazione del “Servizio Nazionale”[34], di esso “fanno parte” (art. 3, comma 1) le seguenti «autorità di protezione civile»: il Presidente del Consiglio dei Ministri; i Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e Bolzano; i Sindaci ed i Sindaci Metropolitani.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri – in qualità di “autorità nazionale di protezione civile” – esercita i propri poteri e funzioni, di regola, mediante il Capo del Dipartimento della Protezione Civile (articoli 5 e 8), Dipartimento che costituisce una delle “strutture generali” della Presidenza del Consiglio dei Ministri: si tratta di poteri e funzioni di “direttiva” e di “ordinanza”, rispettivamente volti ad assicurare «l’indirizzo unitario per lo svolgimento delle attività di protezione civile» (art. 15, “direttive”), ed a coordinare l’attuazione delle attività e degli interventi da effettuare durante le “emergenze di rilievo nazionale” (art. 25, “ordinanze”).

Allo scopo di «coordinare l’attuazione delle ordinanze di protezione civile» – e con le medesime ordinanze – il Capo del Dipartimento della Protezione Civile può nominare «commissari delegati», specificandone «il contenuto dell’incarico, i tempi e le modalità del suo esercizio» (art. 25, comma 7).

Di fronte ad eventi emergenziali che non assumono invece “rilievo nazionale” – e che possono dunque essere fronteggiati dagli Enti territoriali, singolarmente od in coordinamento tra loro – spetta invece al Prefetto, «nel limite della propria competenza territoriale» (art. 9):

1) assicurare un «costante flusso e scambio informativo con il Dipartimento della Protezione Civile»;

2) assumere – nella «immediatezza dell’evento», ed in raccordo con il Presidente della Regione – «la direzione unitaria di tutti i servizi di emergenza da attivare a livello provinciale»;

3) adottare «tutti i provvedimenti necessari ad assicurare i primi soccorsi a livello provinciale e comunale».

Ancora in qualità di “autorità di protezione civile” e, più in particolare, di “autorità territoriali”, i Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, i Sindaci ed i Sindaci Metropolitani:

1) esercitano le «funzioni di vigilanza sullo svolgimento integrato e coordinato», da parte delle rispettive amministrazioni, delle attività di protezione civile (art. 6);

2) disciplinano l’organizzazione dei «sistemi di protezione civile», e delle conseguenti «attività», all’interno dei rispettivi territori (articoli 11 e 12).

Se questi sono i soggetti e gli organi che costituiscono – come «autorità» nazionali e territoriali – il “Servizio Nazionale di Protezione Civile”, la sua «articolazione» consiste di poi in «componenti», «strutture operative nazionali e regionali», e «soggetti concorrenti» (art. 3, comma 2):

a) ne sono «componenti» (art. 4), ancora lo Stato, le Regioni, le Province Autonome di Trento e Bolzano, e gli Enti locali (Comuni, Città Metropolitane e Province);

b) ne sono «strutture operative nazionali» (art. 13, comma 1): il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco; le Forze Armate; le Forze di Polizia; gli Enti e gli Istituti di Ricerca nazionale, con finalità di protezione civile; le strutture del Servizio Sanitario Nazionale; il volontariato organizzato (iscritto nell’apposito “Elenco nazionale”), la Croce Rossa Italiana ed il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico; il Sistema nazionale per la Protezione dell’Ambiente; le strutture preposte alla gestione, a livello nazionale, dei Servizi Metereologici; le articolazioni, centrali e periferiche, dei Ministeri per i Beni e le Attività Culturali (ora Ministero della Cultura), e del Turismo;

c) ne sono «strutture operative regionali» (art. 13, comma 3), «relativamente ai rispettivi ambiti territoriali», i soggetti espressamente individuati dalle singole Regioni – anche mediante l’esercizio della propria competenza legislativa concorrente, nella materia “protezione civile”[35], a norma dell’art. 117, comma 3, Cost. – a condizione che tali soggetti svolgano tuttavia funzioni operative diverse, da quelle già spettanti ed esercitate dalle predette «strutture operative nazionali»;

d) ne sono «soggetti concorrenti» (art. 13, comma 2): gli Ordini ed i Collegi Professionali, ed i rispettivi Consigli Nazionali; gli Enti, gli Istituti e le Agenzie Nazionali che svolgono funzioni in materia di protezione civile; le aziende, le società e le altre organizzazioni – pubbliche e private – che svolgono funzioni utili per le finalità di protezione civile.

A queste “autorità”, “componenti”, “strutture operative” e “soggetti concorrenti”, si assommano da ultimo ulteriori soggetti ed organi, in qualità di «strumenti di coordinamento e integrazione» del “Servizio Nazionale”: il «Comitato Operativo Nazionale» (art. 14); la «Commissione Grandi Rischi» (art. 20); il «Comitato Nazionale del Volontariato» (art. 42).

3.2. I “Commissari Straordinari del Governo”

Il terzo ordine organizzativo strutturale è composto e disciplinato, all’origine, in maniera generale e coerente, di poi ed al contrario – nel corso del tempo, ed in conseguenza di ogni singola emergenza – in maniera costantemente ripetuta ed emulativa.

Si tratta della nomina di “Commissari Straordinari”[36], e della creazione delle relative strutture organizzative ed operative, ai quali il Governo dello Stato – mediante appositi e continui decreti legge – affida la gestione di ogni evento emergenziale, indipendentemente dall’impatto che la medesima emergenza produce su territori e popolazioni circoscritti, ed in addizione, sovrapposizione e collisione – in ordine alle competenze ed ai poteri – nei confronti della amministrazione ordinaria della emergenza, e del “Servizio Nazionale della Protezione Civile”.

In sintesi, e mediante un consapevole ossimoro, si tratta della gestione della emergenza come gestione di una normale emergenza[37].

Il fondamento originario di tale prassi, oramai assurta a consuetudine legislativa, è tuttora contenuto e disciplinato nell’art. 11 (“Commissari Straordinari del Governo”)[38], legge n. 400 del 1988 (dedicata, come noto, alla disciplina della attività di Governo ed all’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), che così ne statuisce la ratio, la finalità, i poteri ed i correlati limiti:

1) in ordine alla ratio ed alle finalità, si tratta della sussistenza di «particolari e temporanee esigenze di coordinamento operativo tra amministrazioni statali»;

2) in ordine ai poteri ed ai limiti, si tratta della nomina – «disposta con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri» – di “Commissari Straordinari del Governo” per i quali, con il medesimo decreto di nomina, devono essere «determinati i compiti e le dotazioni di mezzi e di personale», «ferme restando le attribuzioni dei Ministeri».

La figura ed il ruolo del “Commissario Governativo Straordinario” diviene poi forma e sostanza costante, propria invece di ogni evento emergenziale[39], mediante l’art. 4, d.l. n. 32 del 2019 (convertito nella legge n. 55 del 2019), e l’art. 11, d.l. n. 76 del 2020 (convertito nella legge n. 120 del 2020).

Sulla base di quanto statuito nelle predette disposizioni normative:

1) l’atto di nomina viene degradato ad «uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri», da adottare su proposta di specifici titolari di dicasteri ministeriali, sentito il Ministero della Economia e delle Finanze, e previo parere delle competenti Commissioni Parlamentari (art. 4, comma 1, d.l. n. 32 del 2019);

2) l’oggetto e la motivazione della nomina vengono ricondotti, tautologicamente, alla stessa “necessità” di nominare i medesimi Commissari Straordinari: si tratta infatti di «interventi infrastrutturali caratterizzati da un elevato grado di complessità progettuale, da una particolare difficoltà esecutiva o attuativa, da complessità delle procedure tecnico-amministrative ovvero che comportano un rilevante impatto sul tessuto socio-economico a livello nazionale, regionale o locale, per la cui realizzazione o il cui completamento si rende necessaria la nomina di uno o più Commissari Straordinari che è disposta con i medesimi decreti» (ibidem);

c) infine, spetta ai medesimi Commissari il potere di nominare eventuali «sub-commissari, responsabili di uno o più interventi» (art. 11, comma 2, d.l. n. 76 del 2020).

Sulla base di questi presupposti normativi – molto più specifici e particolareggiati rispetto a quelli dettati all’interno dell’art. 11, legge n. 400 del 1988 – gli eventi emergenziali per i quali viene disposta la nomina di “Commissari Straordinari Governativi” divengono sostanzialmente, e sino ai giorni odierni, cronaca ricorrente.

Tra gli eventi che il Governo, costantemente con decreti legge, ha dichiarato “emergenziali” e per i quali, per conseguenza, ha provveduto alla nomina di un apposito “Commissario Straordinario”, figurano infatti:

1) la necessità di «fronteggiare la situazione di grave degrado in cui versa la rete provinciale della Regione Siciliana», siccome la «prosecuzione dei lavori di realizzazione del modulo sperimentale per la tutela e la salvaguardia della Laguna di Venezia (MOSE)», e la necessità di «procedere celermente alla realizzazione delle opere di infrastrutturazione viaria nella Regione Sardegna» (art. 4, commi 6, 6-bis, 6-quinquies, d.l. n. 32 del 2019, convertito nella legge n. 55 del 2019);

2) la «ricostruzione ed il sostegno delle aree colpite da eventi sismici verificatisi sul territorio nazionale», a fare data dall’anno 2016 in poi (art. 11, d.l. n. 76 del 2020, già sopra richiamato);

3) la «tempestiva realizzazione degli interventi» necessari all’adeguamento ed alla realizzazione delle infrastrutture necessarie allo svolgimento dei “Giochi Olimpici Invernali”, previsti nell’anno 2026 tra Milano e Cortina (art. 16, d.l. n. 121 del 2021, convertito nella legge n. 156 del 2021);

4) per ultimi, ma soltanto in ordine cronologico, gli interventi volti a coordinare «le procedure e le attività di ricostruzione» nei territori delle Regioni Emilia-Romagna, Toscana e Marche, colpiti dagli “eventi alluvionali” verificatisi a fare data dal 1° maggio 2023 (art. 20-bis, e seguenti, d.l. n. 61 del 2023, convertito nella legge n. 100 del 2023), nonché gli interventi volti a «fronteggiare le situazioni di degrado, vulnerabilità sociale e disagio giovanile presenti nel territorio del Comune di Caivano», di cui all’art. 1, del d.l. n. 123 del 2023 (convertito nella legge n. 159 del 2023).

4. I provvedimenti amministrativi della emergenza

Terminata l’analisi dei profili organizzativi, e sempre secondo l’ordine degli argomenti individuato nella “Introduzione”, è ora necessario considerare i provvedimenti con i quali le pubbliche amministrazioni agiscono prima, durante, e dopo gli eventi emergenziali.

Si tratta più in particolare di esaminare – nel rispetto del principio di “tipicità” – la qualificazione legislativa del singolo provvedimento[40], i suoi spazi di discrezionalità, ed i correlati limiti[41].

Allo scopo di rendere più chiara l’analisi, è opportuno procedere distinguendo i provvedimenti emanati dalle tre differenti strutture organizzative della emergenza, sino a qui considerate: le pubbliche amministrazioni alle quali le norme di legge attribuiscono poteri di emergenza “in via ordinaria”; il “Servizio Nazionale della Protezione Civile”; i “Commissari Straordinari del Governo”.

4.1. I provvedimenti delle amministrazioni “ordinarie”

Si tratta di provvedimenti che intervengono e sono emanati sempre durante e dopo l’accadimento di un evento emergenziale.

Con riguardo al Prefetto, sia il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, sia il Testo Unico delle Leggi Sanitarie[42] – forse anche in ragione del tempo proprio della loro emanazione – qualificano i rispettivi atti, in via generale, come “provvedimenti indispensabili” da adottare nei casi «di urgenza o per grave necessità pubblica», e come «provvedimenti di urgenza», senza ulteriori specificazioni: in concreto si tratta, di norma, di appositi “decreti”.

La legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale – ancora vigente, sul punto, nel suo testo originario[43] – attribuisce al Ministro della Sanità, al Presidente della Regione ed ai Sindaci[44], il potere di «emettere», «in materia di igiene, sanità pubblica e polizia veterinaria», «ordinanze di carattere contingibile ed urgente», aventi rispettivamente efficacia sull’intero territorio nazionale, sul territorio regionale o di più Comuni, o sul singolo territorio comunale: anche in questa fattispecie normativa, non si aggiungono ulteriori specificazioni.

Molto più dettagliata – in conseguenza delle molteplici modificazioni che hanno riguardato, sovente in maniera episodica e non coordinata, gli articoli 50 e 54 del Testo Unico degli Enti locali, nonché di una importante sentenza della Corte Costituzionale (sent. n. 115 del 2011), intervenuta proprio su di una di queste modificazioni – è invece la disciplina dei provvedimenti emergenziali attribuiti alla competenza del Sindaco.

Si tratta infatti di provvedimenti espressamente qualificati alla stregua di “ordinanze contingibili e urgenti”, che possono essere adottate in presenza di «emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale», oppure di «provvedimenti contingibili e urgenti» – di regola aventi anche essi la qualificazione di “ordinanze” – «preventivamente comunicati al Prefetto» ed emanati, «nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento», «al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana»[45].

Infine, ed in materia ambientale[46], sono sopra tutto i provvedimenti attribuiti alla competenza del Presidente della Regione, della Provincia ed ai Sindaci – in ragione della estensione territoriale della relativa emergenza, e «per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti»[47] – a ricevere una disciplina normativa di estremo dettaglio: si tratta infatti di “ordinanze contingibili ed urgenti”, che possono essere emanate «anche in deroga alle disposizioni [normative] vigenti», ma comunque «nel rispetto delle disposizioni contenute nelle direttive dell’Unione Europea», e senza potere derogare – in ordine all’affidamento dei «servizi di gestione integrata dei rifiuti urbani» – alle disposizioni contenute del “Codice dei Contratti Pubblici”. Ed inoltre tali ordinanze:

1) devono indicare «le norme a cui si intende derogare»;

2) devono essere adottate sulla base di un apposito «parere degli organi tecnici o tecnico-sanitali locali, che si esprimono con specifico riferimento alle conseguenze ambientali»;

3) devono essere comunicate al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell’Ambiente (ora Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica), al Ministro della Salute, ed al Ministro delle Attività Produttive (ora Ministro delle Imprese e del Made in Italy), entro tre giorni dalla loro emanazione;

4) hanno di regola efficacia per un periodo non superiore a 6 mesi, e possono essere reiterate – «per ogni speciale forma di gestione dei rifiuti» – sino ad un periodo massimo comunque non superiore a 18 mesi: soltanto in presenza di «comprovate necessità», e «dettando specifiche prescrizioni», il Presidente della Regione – d’intesa con il Ministro dell’Ambiente (vedi sopra) – può adottare tali ordinanze anche oltre il predetto limite di 18 mesi.

4.2. I provvedimenti del “Servizio Nazionale della Protezione Civile”

Si tratta dei provvedimenti amministrativi – disciplinati all’interno del relativo “Codice” (d.lgs. n. 1 del 2018)[48], e delle leggi regionali di riferimento – e che, a fronte di un evento emergenziale:

1) sono gli atti quantitativamente e qualitativamente più rilevanti;

2) sono gli atti che sono emanati durante tutto l’arco temporale che precede, coesiste, e fa seguito, ad ogni singola emergenza.

Proprio in ragione di questo costante parallelismo tra la previsione, la prevenzione, la gestione ed il superamento di ogni evento emergenziale, e le correlate competenze attribuite alle “autorità” ed alle “componenti” – nazionali e territoriali – del “Servizio della Protezione Civile”, si tratta inoltre di provvedimenti amministrativi tra loro molto eterogenei, sia in punto di qualificazione e denominazione, che per il loro contenuto e la loro concreta incidenza.

Con riferimento alle attività di indirizzo e programmazione, assumono rilievo le “direttive”, le conseguenti “indicazioni operative”, ed i provvedimenti di “pianificazione”:

1) le «direttive» (art. 15, comma 1) sono emanate dal Presidente del Consiglio dei Ministri – su proposta del Capo del Dipartimento della Protezione Civile, e previa intesa con il sistema delle Conferenze (“Conferenza Stato-Regioni” e “Conferenza Unificata”) – al fine di assicurare «sul piano tecnico», e «nel rispetto delle peculiarità dei territori», «l’indirizzo unitario» nell’esercizio delle funzioni, e nello svolgimento delle attività, di protezione civile;

2) «nell’ambito dei limiti e delle finalità» contenuti nelle «direttive», ed allo scopo di dare attuazione alle medesime, il Capo del Dipartimento della Protezione Civile può adottare apposite «indicazioni operative» (art. 15, comma 3);

3) i «piani di protezione civile» – redatti, monitorati, aggiornati e valutati ai diversi livelli territoriali di riferimento (statale, regionale, provinciale, metropolitano e comunale) – formano un sistema gerarchico “top-down” e coordinato, volto alla cosiddetta «prevenzione non strutturale» degli eventi emergenziali (art. 18): a dimostrazione di ciò, e con specifico riferimento all’ordinamento comunale, il relativo «piano di protezione civile» è approvato dall’organo consiliare, ed è redatto secondo i criteri e le modalità definite sia attraverso le “direttive” adottate dal Presidente del Consiglio dei Ministri, sia mediante gli “indirizzi” a tale scopo espressamente emanati dalle singole Regioni (art. 12, comma 4).

Di poi, e con specifica attenzione all’accadimento di un evento emergenziale – inteso come ogni «evento calamitoso di origine naturale o derivante dall’attività dell’uomo» (a norma della già considerata definizione normativa, contenuta nell’art. 7 del “Codice”) – i provvedimenti ulteriormente rilevanti sono le “dichiarazioni”, le “deliberazioni” e, sopra tutto, le “ordinanze”.

Le “dichiarazioni” attengono al cosiddetto «stato di mobilitazione» (art. 23):

1) sono adottate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri – su proposta del Capo del Dipartimento della Protezione Civile, o su richiesta del Presidente della Regione o della Provincia Autonoma interessata – all’approssimarsi od al verificarsi di eventi emergenziali «che, per l’eccezionalità della situazione, possono manifestarsi con intensità tale da compromettere la vita, l’integrità fisica o beni di primaria importanza»;

2) dispongono la «mobilitazione straordinaria del Servizio Nazionale a supporto dei Sistemi Regionali interessati», mediante il «coinvolgimento coordinato» delle colonne mobili di protezione civile delle altre Regioni e Province Autonome, del volontariato organizzato, nonché dei Comuni o delle loro forme associative;

Le “deliberazioni” hanno invece ad oggetto lo «stato di emergenza di rilievo nazionale o regionale» (art. 24):

1) le prime (in presenza di uno “stato di emergenza di rilievo nazionale”) sono adottate dal Consiglio dei Ministri – su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, formulata anche su richiesta del Presidente della Regione o della Provincia Autonoma interessata, e comunque acquisitane l’intesa – nella imminenza od al verificarsi di eventi emergenziali (come sopra definiti) che, in ragione della loro intensità o estensione, debbono essere fronteggiati con immediatezza d’intervento, e con mezzi e poteri straordinari; deliberando lo “stato di emergenza”, ne fissano altresì la durata temporale (che non può superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi), ne determinano l’estensione territoriale, ed infine autorizzano l’emanazione delle conseguenti ordinanze di protezione civile; tali deliberazioni non sono assoggettate al controllo preventivo di legittimità della Corte dei Conti (commi da 1 a 5);

2) le seconde (in presenza di uno “stato di emergenza di rilievo regionale”), sono volte a deliberare lo “stato di emergenza” nella imminenza od al verificarsi di eventi emergenziali (ancora come sopra definiti) che, per loro natura od estensione, comportano l’intervento coordinato di più Enti o Amministrazioni territoriali, e devono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari, da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo; tali deliberazioni sono disciplinate da ciascuna Regione, mediante propria legge, in conformità ai predetti principi, sanciti per lo «stato di emergenza di rilievo nazionale» (comma 9).

Infine le “ordinanze”, si distinguono in «ordinanze di protezione civile» (art. 25), ed in «ordinanze volte a favorire, a seguito di emergenze di rilievo nazionale, il rientro nell’ordinario» (art. 26).

Le prime sono volte a coordinare la «attuazione degli interventi da effettuare durante lo stato di emergenza di rilievo nazionale»: sono emanate – acquisita l’intesa delle Regioni e delle Province Autonome territorialmente interessate – dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, come suo tramite, dal Capo del Dipartimento della Protezione Civile (art. 5, comma 1); possono prevedere la nomina di eventuali “Commissari Delegati”, specificandone il contenuto dell’incarico, i tempi, e le modalità del suo esercizio; non sono assoggettate al controllo preventivo di legittimità della Corte dei Conti; sono adottate «in deroga ad ogni disposizione vigente, ma nei limiti e con le modalità indicati nella deliberazione dello stato di emergenza», e comunque «nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’Unione europea»; in ogni caso, e qualora «rechino deroghe alle leggi vigenti», tali ordinanze «devono contenere l’indicazione delle principali norme a cui si intende derogare», e «devono essere specificamente motivate».

La lettura e l’analisi del contenuto di queste ordinanze – con riguardo alla prima “ordinanza di protezione civile”, emanata subito dopo l’accadimento emergenziale, e dopo la deliberazione dello “stato di emergenza nazionale” – evidenzia che le disposizioni normative, ivi derogate[49], sono sostanzialmente costanti, e sono le seguenti: il R.D. n. 2440 del 1923, in materia di “contabilità di Stato”, ed il suo regolamento di attuazione (R.D. n. 827 del 1924); la legge n. 241 del 1990, con specifico riguardo all’avvio della comunicazione del procedimento, alla partecipazione al procedimento, alla disciplina delle conferenze di servizi, alla segnalazione certificata di inizio attività ed al silenzio assenso; i Testi Unici in materia di Espropriazione per Pubblica Utilità e di Edilizia (D.P.R. n. 327 del 2001, e D.P.R. n. 380 del 2001); il “Testo Unico delle norme in materia Ambientale” (d.lgs. n. 152 del 2006); il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” (d.lgs. n. 42 del 2004); il “Codice dei Contratti Pubblici”, ma nel testo previgente di cui al d.lgs. n. 50 del 2016: a questo proposito sarà certamente di estremo interesse verificare se, e come, le eventuali e future ordinanze di protezione civile derogheranno alle nuove norme del medesimo “Codice”, di cui al d.lgs. n. 36 del 2023.

Le seconde, vale a dire le «ordinanze volte a favorire, a seguito di emergenze di rilievo nazionale, il rientro nell’ordinario», sono anche esse emanate dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, come suo tramite, dal Capo del Dipartimento della Protezione Civile (art. 5, comma 1); sono adottate «almeno trenta giorni prima della scadenza dello stato di emergenza di rilievo nazionale», allo scopo di «favorire e regolare» il «proseguimento dell’esercizio delle funzioni commissariali» da parte delle pubbliche amministrazione competenti «in via ordinaria» (in specie gli Enti locali), e di coordinare gli interventi, «conseguenti all’evento emergenziale», pianificati ma non ancora ultimati; con tali ordinanze possono inoltre essere consentite – per la durata massima di sei mesi, non prorogabile, per i soli interventi connessi al medesimo evento emergenziale, e comunque nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’Unione Europea – deroghe alle disposizioni normative in materia di affidamento di lavori pubblici e di acquisizione di beni e servizi (vale, anche in questa fattispecie, la precedente considerazione rivolta al nuovo “Codice dei Contratti Pubblici”), nonché deroghe volte alla riduzione di termini procedimentali analiticamente individuati.

A conclusione della disamina dei provvedimenti di competenza del Servizio Nazione di Protezione Civile, è altresì opportuno ricordare che – in deroga al principio di “universalità”[50] del bilancio dello Stato – e per l’attuazione delle predette “ordinanze di protezione civile”, è di regola “autorizzata”, con le medesime ordinanze, l’apertura di apposite “contabilità speciali”, contestualmente individuando i soggetti che ne sono intestatari e responsabili (art. 27): tali “contabilità speciali” possono essere mantenute aperte «per un periodo massimo di quarantotto mesi», «dalla data di deliberazione dei relativi stati di emergenza».

4.3. I provvedimenti dei “Commissari Straordinari del Governo”

Gli ultimi provvedimenti amministrativi della “emergenza”, che devono essere considerati, sono quelli attribuiti alla competenza dei “Commissari Straordinari del Governo”.

Sebbene, come si è già osservato esaminandone i profili organizzativi, siano i singoli decreti legge che istituiscono tali “Commissari” a determinarne, di volta in volta, la struttura, i poteri, e le funzioni, è tuttavia possibile – attraverso una lettura sinottica dei medesimi decreti legge – individuare alcuni elementi costanti, che caratterizzano i provvedimenti emanati da tutte le gestioni commissariali straordinarie.

D’altronde – e proprio a giustificare la sinossi tra i predetti decreti legge, in ordine al contenuto dei provvedimenti di competenza dei “Commissari Straordinari del Governo” – l’art. 11 della legge n. 400 del 1988, vale a dire la disposizione normativa che abbiamo già visto costituirne il fondamento originario, non contiene, in merito, alcuna prescrizione.

Invece – e sulla base delle disposizioni normative contenute nei singoli decreti legge – i provvedimenti dei “Commissari Straordinari” costituiscono:

1) atti quantitativamente e qualitativamente rilevanti, in specie se considerati in rapporto ai provvedimenti contestualmente emanati, su di un medesimo evento emergenziale, dalle autorità di protezione civile;

2) atti emanati soltanto dopo l’evento emergenziale, in vista della sua risoluzione, e del conseguente ritorno alla amministrazione ordinaria.

Più in particolare, e con specifico riguardo alla qualificazione, al contenuto, ed ai limiti di questi provvedimenti, è possibile evidenziare quanto segue[51].

Si tratta di “direttive”, “decreti” e, in misura prevalente, di “ordinanze” (articoli 1, comma 7, e 2, comma 2, d.l. n. 189 del 2016, convertito nella legge n. 229 del 2016, “Eventi Sismici dell’Anno 2016”), anche se talora il relativo testo normativo può farvi riferimento in maniera innominata, semplicemente come “interventi” o “attività” (art. 1, d.l. n. 109 del 2018, convertito nella legge n. 130 del 2018, “Ponte Morandi”).

Dinanzi ad emergenze connesse ad eventi calamitosi, siano essi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo, tali provvedimenti hanno ad oggetto sia gli interventi necessari alla ricostruzione ed al ripristino dei relativi territori – vale a dire degli edifici pubblici e privati insistenti su di essi, siccome delle correlate opere infrastrutturali – sia la determinazione dei contributi economico-finanziari destinati alle popolazioni danneggiate dalla interruzione delle proprie attività, produttive e lavorative (ibidem).

Sovente, tuttavia, l’oggetto dei provvedimenti commissariali consiste invece in attività, opere ed interventi che le pubbliche amministrazioni competenti in via ordinaria (in specie lo Stato, le Regioni e gli Enti locali) non sono in grado di progettare, eseguire, o completare, per inadeguatezza, cattiva amministrazione, od infiltrazioni criminali[52]: si tratta della “generalizzazione” dell’organo commissariale come sostituto, normale e necessario, della ordinaria amministrazione (art. 4, d.l. n. 32 del 2019, con riferimento agli interventi ricordati nel precedente par. 3.2).

In entrambe le fattispecie – emergenze da calamità, o sostituzione delle amministrazioni normalmente competenti – i provvedimenti commissariali godono comunque di un ampio e profondo potere di deroga, nei confronti della legislazione vigente.

Le “ordinanze” trovano infatti i propri limiti esterni soltanto «nel rispetto della Costituzione, dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’ordinamento europeo» (art. 2, comma 2, d.l. n. 189 del 2016, “Eventi Sismici dell’Anno 2016”, già richiamato).

Ed ancora: «per la demolizione, la rimozione, lo smaltimento e il conferimento in discarica dei materiali di risulta, nonché per la progettazione, l’affidamento e la ricostruzione dell’infrastruttura e il ripristino del connesso sistema viario, il Commissario Straordinario opera in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del Codice delle Leggi Antimafia e delle Misure di Prevenzione [d.lgs. n. 159 del 2011], nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea» (art. 1, comma 5, d.l. n. 109 del 2018, “Ponte Morandi”, già richiamato).

In ordine alla «esecuzione degli interventi infrastrutturali», «per la cui realizzazione o completamento si rende necessaria la nomina di uno o più Commissari Straordinari», tali Commissari provvedono «anche a mezzo di ordinanze», potendo «assumere direttamente le funzioni di stazione appaltante», ed operare «in deroga alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici, fatto salvo il rispetto dei principi [della medesima materia contrattuale][53], nonché delle disposizioni del Codice delle Leggi Antimafia e delle Misure di Prevenzione [d.lgs. n. 159 del 2011], e dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea» (art. 4, commi 1 e 3, d.l. n. 32 del 2019, già richiamato).

Con specifico riferimento alle «gestioni commissariali finalizzate alla ricostruzione e al sostegno delle aree colpite da eventi sismici», i «commissari straordinari» individuano «con propria ordinanza gli interventi e le opere urgenti e di particolare criticità, per i quali i poteri di ordinanza sono esercitabili in deroga a ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del Codice delle Leggi Antimafia e delle Misure di Prevenzione [d.lgs. n. 159 del 2011], delle disposizioni del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio [d.lgs. n. 42 del 2004], nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea» (art. 11, comma 2, d.l. n. 76 del 2020, anche esso già richiamato).

Ancora in via derogatoria – qui con riferimento al predetto principio di “universalità” dei bilanci pubblici, ed al divieto di “gestioni fuori bilancio” – tutti i decreti legge che prevedono la istituzione e la nomina di un “Commissario Straordinario”, autorizzano di regola contestualmente la apertura di apposite “contabilità speciali”, intestate ai medesimi “Commissari”, e volte a finanziare le spese di funzionamento e di realizzazione dei relativi interventi.

Non stupisce dunque – e soltanto a trarre esempio dalle innumerevoli “ordinanze” commissariali – il fatto che, nella Gazzetta Ufficiale del 25 gennaio 2023, è stata pubblicata la “Ordinanza n. 130 del 2022”, con la quale il “Commissario Straordinario del Governo”, nominato «ai fini della ricostruzione nei territori interessati dagli eventi sismici verificatisi a fare data dall’agosto 2016» ha approvato, in allegato alla medesima “ordinanza”, il “Testo Unico della Ricostruzione Privata” e la relativa “Relazione Illustrativa”: il “Testo Unico” si compone di 131 “articoli”, e 15 “allegati”, per complessive 255 pagine (non della Gazzetta Ufficiale, ma del file “pdf” pubblicato sul sito web istituzionale del medesimo Commissario).

5. Considerazioni finali

A conclusione di questo scritto, è possibile ed opportuno trarre due brevi considerazioni, tra di loro correlate e connesse, ed entrambe formulate in forma di domanda[54].

La prima considerazione ha natura sostanziale: che cosa hanno tra di loro in comune il crollo di una opera pubblica, il susseguirsi di eventi sismici, la realizzazione di un sistema viario, e la necessità di fare fronte a situazioni di degrado, vulnerabilità sociale e disagio giovanile?

Poco, o forse nulla: e tuttavia ognuno di questi “eventi emergenziali” è affrontato con le medesime fonti normative, le medesime organizzazioni amministrative, e provvedimenti amministrativi sostanzialmente redatti o in forme e contenuti del tutto avulsi dai contenuti tipici di un atto provvedimentale (si pensi al predetto “Testo Unico della Ricostruzione Privata”), oppure seriali e similari[55].

La seconda considerazione origina invece dai dati empirici, sopra esaminati: perché, dinanzi ad una disposizione normativa (il predetto art. 42, d.lgs. n. 33 del 2013) che ad oggi consente la rilevazione – puntuale, ricognitiva e, per conseguenza, complessiva – di ogni “evento emergenziale” accaduto sul territorio italiano (locale, regionale e nazionale), tali dati non sono concretamente utilizzati allo scopo di “categorizzare” dapprima (nei limiti delle odierne competenze tecnico-scientifiche, e comunque ricordando quanto affermato nel precedente par. 2.3) i medesimi “eventi emergenziali”, e differenziarne di poi le pertinenti modalità – normative, organizzative, con provvedimenti e comportamenti – di intervento?

La “trasparenza amministrativa”[56], in questa fattispecie, potrebbe certamente contribuire a recare un ulteriore e concreto effetto utile, anche in termini di controllo delle risorse economico-finanziarie certamente destinate – ma non sempre interamente e celermente utilizzate – a fronteggiare gli “eventi emergenziali”, ed a consentirne il superamento.

  1. Lo scritto riproduce, con alcune minime modifiche, il testo della relazione tenuta al Convegno annuale dell’Associazione Italiana dei Professori di Diritto Amministrativo, “Lo spazio amministrativo. Vecchi territori e nuove frontiere”, tenutosi presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” nei giorni 29 e 30 settembre2023, in corso di pubblicazione su Annuario AIPDA 2023 per i tipi dell’Editoriale Scientifica, Napoli.
  2. Associazione Italiana dei Professori di Diritto Amministrativo (AIPDA), Il diritto amministrativo dell’emergenza, Annuario 2005, Milano, Giuffrè, 2006. Sul tema, tra le Opere monografiche: A. Fioritto, L’amministrazione dell’emergenza tra autorità e garanzie, Bologna, Il Mulino, 2008, e G. Mancini Palamoni, Potere amministrativo d’emergenza, Napoli, Editoriale Scientifica, 2023. Con riferimento ad altri scritti monografici: R. Cavallo Perin, Il diritto amministrativo e l’emergenza derivante da cause e fattori esterni all’amministrazione, in AIPDA, Il diritto amministrativo dell’emergenza, cit., pp. 31 ss.; P. Forte, Caratteri della decisione pubblica di emergenza contemporanea, in L’Ircocervo, 2021, 1, pp. 109 ss.; F. Giglioni, Amministrazione dell’emergenza, in Enc. Dir., Annali VI, Milano, Giuffrè, 2013, pp. 44 ss.; C. Marzuoli, Il diritto amministrativo dell’emergenza: fonti e poteri, in AIPDA, Il diritto amministrativo dell’emergenza, cit., pp. 5 ss.; O. Pfsermann, E.A. Imparato, L’emergenza nello stato di diritto democratico. Una prima tassonomia della distribuzione delle competenze secondo il modo di produzione, in Federalismi.it, 2023, 15, pp. 161 ss., in specie pp. 164 ss. (L’emergenza giuridica non è un dato naturale); F. Salvia, Il diritto amministrativo e l’emergenza derivante da cause e fattori interni all’amministrazione, in AIPDA, Il diritto amministrativo dell’emergenza, cit., pp. 93 ss.
  3. Il riferimento è a E. Hobsbawn, The Age of Extremes: The Short Twentieth Century, 1914-1991, New York, Random House, 1994.
  4. In argomento, in maniera molto approfondita, A. Brancasi, Bilancio (Equilibrio di), in Enc. Dir., Annali VII, Milano, Giuffrè, 2014, pp. 167 ss.
  5. Sul tema V. Mazzarelli, Prefetto e prefettura (dir. vig.), in Enc. Dir., XXXIV, Milano, Giuffrè, 1985, pp. 952 ss., in specie p. 965 (I poteri e le competenze).
  6. In argomento, amplius, con specifico riferimento alla emergenza da Covid-19: A. Celotto, Emergenza e pubblica amministrazione, in Rivista AIC, 2021, 1, pp. 423 ss.; G. Marchetti, Il ruolo dello Stato e delle Regioni nella gestione dell’emergenza Covid-19, in Federalismi.it, 2022, 8, pp. 39 ss.; M.C. Grisolia, Brevi spunti introduttivi e qualche domanda su “Emergenza e Governo-Pubblica Amministrazione”, in Rivista AIC, 2021, 1, pp. 433 ss.
  7. Sul tema, dopo le modificazioni intervenute nell’anno 2017, S. Gardini, Le ordinanze sindacali contingibili ed urgenti. Nuovi scenari e nuovi poteri, in Federalismi.it, 2018, 15, pp. 2 ss.
  8. Sul tema, sempre successivamente alle modificazioni normative dell’anno 2017: V. Antonelli, La sicurezza in città ovvero l’iperbole della sicurezza urbana, in Istit. Fed., 2017, 1, pp. 31 ss.; A. Manzione, Potere di ordinanza e sicurezza urbana: fondamento, applicazioni e profili critici dopo il decreto legge n. 14 del 2017, in Federalismi.it, 2017, 17, pp. 2 ss.
  9. In argomento A. Capria, Acque e Inquinamento Idrico, in S. Nespor, L. Ramacci (a cura di), Codice dell’Ambiente, Milano, Giuffrè, 2022, pp. 459 ss.
  10. In argomento V. Paone, Rifiuti e Economia Circolare, in S. Nespor, L. Ramacci (a cura di), Codice dell’Ambiente, cit., pp. 2483 ss.
  11. Sul tema, approfonditamente, U. Allegretti, Il Codice della Protezione Civile (d.lg. 2 gennaio 2018, n. 1), in Aedon, 2018, 1, e G. Razzano, Il Codice di protezione civile e il suo decreto correttivo, fra emergenze e rientro nell’ordinario, in Consulta Online, 17 marzo 2020.
  12. Sul tema, specificamente, G. Arena, G. Corso, G. Gardini, C. Marzuoli, F. Merloni (a cura di), La Trasparenza Amministrativa, Milano, Giuffrè, 2008 e, ivi, in specie E. Carloni, Gli strumenti della trasparenza nel sistema amministrativo italiano e la sua effettività: forme di conoscibilità, quantità e qualità delle informazioni, pp. 349 ss., e A. Brancasi, La trasparenza della pubblica amministrazione fornita dalla contabilità, pp. 531 ss.
  13. I dati utilizzati per la elaborazione, riportata nel testo, sono disponibili qui: Eventi emergenziali di protezione civile | Dipartimento della Protezione Civile.
  14. Anche per queste fattispecie, i dati utilizzati sono reperibili all’interno dei siti web istituzionali delle Amministrazioni Comunali, nella apposita “Sezione – Amministrazione Trasparente”.
  15. Più nel dettaglio, sono questi i dati relativi alle “emergenze meteo-idro” – suddivisi per ciascuna Regione e Provincia Autonoma [numero eventi emergenziali; loro percentuale, rispetto al numero complessivo degli eventi emergenziali accaduti sull’intero territorio italiano; fabbisogno economico regionale/provinciale (euro), per i relativi eventi emergenziali; percentuale del fabbisogno economico della singola Regione/Provincia Autonoma, rispetto al fabbisogno economico relativo al numero complessivo degli eventi emergenziali accaduti sull’intero territorio italiano] – da me elaborati a partire dai dati riferiti alle singole “emergenze”, e pubblicati sul sito web istituzionale del Dipartimento della Protezione Civile, richiamato nella precedente nota (12): Abruzzo = 2; 1,14 %; 806.612.016; 7,98 %; Basilicata = 7; 4,02 %; 252.612.290; 2,50 %; Calabria = 8; 4,59 %; 180.178.407; 1,78 %; Campania = 5; 2,87 %; 1.178.127.471; 11, 66 %; Emilia-Romagna = 19; 10,91 %; 1.011.871.612; 10,02 %; Friuli-Venezia Giulia = 3; 1,72 %; 5.159.704; 0,05 %; Lazio = 4; 2,29 %; 594.429.668; 5,88 %; Liguria = 12; 6,89 %; 920.854.442; 9,12 %; Lombardia = 8; 4,59 %; 177.280.106; 1,75 %; Marche = 5; 2,87 %; 624.083.279; 6,18 %; Molise = 2; 1,14 %; 117.096.644; 1,15 %; Piemonte = 14; 8,04 %; 309.442.429; 3,06 %; Puglia = 7; 4,02 %; 641.195.304; 6,35 %; Sardegna = 12; 6,89 %; 665.012.426; 6,58 %; Sicilia = 19; 10,91 %; 140.025.479; 1,38 %; Toscana = 11; 6,32 %; 785.224.349; 7,77 %; Provincia Autonoma Trento = 2; 1,14 %; 0; 0 %; Umbria = 3; 1,72 %; 111.496.800; 1,10 %; Valle d’Aosta = 10; 5,74 %; 1.809.701; 0,01 %; Veneto = 18; 10,34 %; 1.102.686.856; 10,92 %; Eventi che hanno coinvolto più Regioni/Province Autonome = 3; 1,72 %; 471.347.391; 4,66 %.
  16. In argomento, in chiave monografica: A. Barone, Il diritto del rischio, Milano, Giuffrè, 2006; F. De Leonardis, Il principio di precauzione nell’amministrazione del rischio, Milano, Giuffrè, 2005; L. Giani, M. D’Orsogna, A. Police (a cura di), Dal diritto dell’emergenza al diritto del rischio, Napoli, Editoriale scientifica, 2018. Con riferimento a scritti dedicati a specifici settori dell’organizzazione, e della attività amministrativa: M.P. Chiti, Il rischio sanitario e l’evoluzione dall’amministrazione dell’emergenza all’amministrazione precauzionale, in AIPDA, Il diritto amministrativo dell’emergenza, cit., pp. 141 ss.; F. De Leonardis, Coordinamento e sussidiarietà per l’amministrazione dell’emergenza, in Foro Amm.-CdS, 2005, 10, pp. 3118 ss., in specie par. 1 (“Tra «hazards» e «environmental degradation»”); V. Di Capua, La regolazione del rischio di emergenza e la regolazione del «panico del rischio» nella pandemia Covid-19, in P.A. Persona e Amm., 2020, 2, pp. 301 ss.; F. Di Porto, Regolazione del rischio, informazione e certezza giuridica, in Riv. Dir. Alim., 2011, 4, pp. 34 ss.; G. Lofaro, La certezza giuridica tra principi e regole nella transizione dal “diritto amministrativo dell’emergenza” al “diritto amministrativo del rischio”, in AmbienteDiritto, 2021, 1, pp. 926 ss.; F. Scalia, Principio di precauzione e ragionevole bilanciamento dei diritti nello stato di emergenza, in Federalismi.it, 2020, 32, pp. 183 ss.; M. Simoncini, G. Martinico, Dall’emergenza al rischio nel diritto pubblico comparato: un’introduzione, in DPCE Online, 2022, 54, pp. 67 ss.
  17. In argomento, amplius: A. Fioritto, L’amministrazione dell’emergenza tra autorità e garanzie, cit., pp. 87 ss. (“Il potere amministrativo d’emergenza e i diritti individuali”); F. Giglioni, Amministrazione dell’emergenza, cit., pp. 44 ss. (“Una funzione distinta”); G. Mancini Palamoni, Potere amministrativo d’emergenza, cit., pp. 23 ss. (con riferimento al “Sisma del Centro Italia” dell’anno 2016), pp. 83 ss. (con riguardo al crollo del “Ponte Morandi”), pp. 121 ss. (per la approfondita analisi della pandemia da Covid-19).
  18. «Una delle questioni più avvertite nella scienza giuridica per la funzione di emergenza è il rapporto con il principio di legalità […]. Sia che si imposti il tema sul lato della reazione necessitata a un fatto straordinario e imprevisto, sia che si tratti delle attività di prevenzione per governare il rischio da incertezza, sorge il problema di fornire criteri di legittimazione al potere pubblico di emergenza. Nel primo caso, infatti, è l’imprevedibilità a mettere in crisi l’ordine che esige il principio di legalità; nel secondo caso il principio […] è relativamente inservibile, dovendo il potere regolare situazioni la cui interpretazione dipende da criteri incerti», F. Giglioni, Amministrazione dell’emergenza, cit., p. 52 (“La legittimazione dei poteri di emergenza”).
  19. Si tratta – per l’obbligato rispetto del “principio di legalità” (come bene evidenziato nella nota a questa precedente) – di comportamenti e provvedimenti amministrativi fondati sempre su fonti normative: vi è tuttavia da dire che, seguendo la singola ascesa alle fonti normative di riferimento (locali, regionali, statali, e sovranazionali), la scala di osservazione si allontana progressivamente dai fatti e dalle necessità emergenti.
  20. In argomento, senza pretesa di completezza: D.W. Hubbard, The failure of risk management: why it’s broken and how to fix it, Hoboken, Wiley, 2020 (in specie “Chapter 2 – A Summary of the Current State of Risk Management”); D. Vose, Risk Analysis: A Quantitative Guide, Hoboken, Wiley, 2008 (in specie “Part 1, 2 – Planning a risk analysis”).
  21. Il tema viene sovente declinato – in maniera evidentemente più semplicistica che ragionata (in specie dimenticando la complessità propria della nozione di “rapporto di causalità”) – nella cosiddetta “ricerca del/i colpevole/i”. In termini più meditati L. Principato, L’art. 28 Cost. e la responsabilità civile dell’amministrazione sanitaria dell’emergenza-urgenza, in Giur. Cost., 2016, 4, pp. 1606 ss. e, su di una nota emergenza tragica, D. Quaranta, La sentenza sul disastro di Rigopiano: “Nessun fiocco di neve, in una valanga, si sente mai responsabile”, in Cass. Pen., 2023, 10, pp. 3083 ss.
  22. Il “tempo” della emergenza appartiene tradizionalmente anche alle scienze psicologiche: ivi, ancora senza pretesa di completezza, F. Borghini, F. Garzia, A. Borghini, G. Borghini, The Psychology of Security, Emergency and Risk, Southampton, WIT Press, 2016; L. Pietrantoni, G. Prati, Psicologia dell’emergenza, Bologna, Il Mulino, 2009 (in specie “Parte Prima, II. Processi psicologici nel pericolo”); F. Sbattella, Manuale di psicologia dell’emergenza, Milano, FrancoAngeli, 2020 (in specie “Parte I. Psiche ed emergenza”).
  23. Sul thema, e con esclusivo riferimento a due delle Opere degli Autori che vi hanno contributo magistralmente: P. Grossi, Oltre la legalità, Bari-Roma, 2020, in specie pp. 79 ss. (“Storicità versus prevedibilità: sui caratteri di un diritto pos-moderno”); N. Irti, Un diritto incalcolabile, Torino, Giappichelli, 2016, in specie pp. 19 ss. (“La crisi della fattispecie”).
  24. Sul punto, con acume e chiarezza, F. Giglioni, Amministrazione dell’emergenza, cit., 45: «Nella tradizione degli ordinamenti di impianto liberale, da cui ha avuto origine anche il diritto amministrativo europeo continentale, la relazione ordinaria tra norma e fatto è fondata sulla costruzione di ipotesi qualificate dalle norme cui ricondurre posizioni giuridiche tra soggetti entro una cornice giuridica di relativa certezza al verificarsi di certi fatti. Nei casi di emergenza, invece, il fatto prorompe in una condizione di imprevedibilità o, comunque, in un’intensità tale da manifestarsi comunque in modo eccezionale rispetto a un quadro assegnato di certezze predefinite. Dunque mette in crisi il rapporto con la norma per la sua eccezionale rilevanza».
  25. C.L. De Secondat (Montesquieu), Lo spirito delle leggi, Milano, Rizzoli, 1999, pp. 147 ss. (“Libro Primo – Delle Leggi in Generale”, “Capitolo Primo – Delle leggi, nei rapporti che hanno con i diversi esseri”), trad. it. di De L’Esprit des Loix, Ginevra, 1748.
  26. In argomento, amplius, S. Amorosino, Profili pubblicistici comuni delle amministrazioni d’emergenza, straordinarie e commissariali, di imprese in crisi o con gravi irregolarità gestionali, in AIPDA, Il diritto amministrativo dell’emergenza, cit., pp. 105 ss.; A. Fioritto, Le forme organizzative dell’amministrazione d’emergenza, in AIPDA, Il diritto amministrativo dell’emergenza, cit., pp. 157 ss.
  27. In argomento, amplius: A. Fioritto, L’amministrazione dell’emergenza tra autorità e garanzie, cit., pp. 161 ss. (“L’organizzazione dell’amministrazione dell’emergenza”); F. Giglioni, Amministrazione dell’emergenza, cit., p. 46 («il modello organizzativo prescelto […] non è unico, nel senso che né prevede l’attribuzione esclusiva a una singola amministrazione per quanto si tenti di concentrare il più possibile le competenze, né appartiene in modo riservato a livelli di governo predeterminati»); G. Mancini Palamoni, Potere amministrativo d’emergenza, cit., pp. 23 ss., pp. 83 ss., pp. 121 ss., con specifica attenzione ai differenti modelli organizzativi adottati, nelle emergenze richiamate dall’Autrice, all’interno della precedente nota (16).
  28. In argomento, ex plurimis: F. Astone, F. Manganaro, R. Rolli, F. Saitta (a cura di), Legalità ed efficienza nell’amministrazione commissariata, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2020, e ivi, in particolare, M.R. Spasiano, Storia, fondamento e attualità del potere sostitutivo nella pubblica amministrazione: dalla logica della straordinarietà all’amministrazione alternativa, pp. 9 ss.; G. Avanzini, Il Commissario Straordinario, Torino, Giappichelli, 2013, in specie pp. 33 ss. (“Il commissario per la protezione civile”, “I commissari straordinari alle opere strategiche”, “Le nuove figure di commissario straordinario per le emergenze”), e pp. 133 ss. (“Il commissario straordinario e la struttura organizzativa ordinaria”).
  29. Su questi organi variamente denominati, ripercorrendo attentamente l’ampia dottrina del diritto amministrativo in materia di relazioni inter-organiche ed inter-soggettive, F. Cortese, Il coordinamento amministrativo, FrancoAngeli, Milano, 2012, passim.
  30. In argomento, amplius: A. Fioritto, L’amministrazione dell’emergenza tra autorità e garanzie, cit., pp. 161 ss. (“Le amministrazioni per la prevenzione dei rischi delle emergenze”); F. Giglioni, Amministrazione dell’emergenza, cit., pp. 48 ss. (“Una funzione anche parallela?”); G. Mancini Palamoni, Potere amministrativo d’emergenza, cit., pp. 23 ss., pp. 83 ss., pp. 121 ss., ancora con riguardo alle emergenze considerate nella precedente nota (16).
  31. Si rinvia, sul punto, alla dottrina citata nella precedente nota 10.
  32. In argomento, amplius, per la organizzazione del “Servizio Nazionale” all’interno della previgente legge n. 225 del 1992, “istitutiva” del medesimo “Servizio”, A. Fioritto, L’amministrazione dell’emergenza tra autorità e garanzie, cit., pp. 166 ss., e F. Giglioni, Amministrazione dell’emergenza, cit., pp. 57 ss. Per la organizzazione recata dal nuovo “Codice della Protezione Civile”, G. Mancini Palamoni, Potere amministrativo d’emergenza, cit., pp. 377 ss. (”La gestione ordinaria della nuova protezione civile”).
  33. Sul punto G. Mancini Palamoni, Potere amministrativo d’emergenza, cit., pp. 123 ss., e pp. 317 ss. (“Il potere amministrativo d’emergenza uniforme”).
  34. Supra, ancora nota 10.
  35. Consapevole del dettato costituzionale, l’art. 1, comma 3, d.lgs. n. 1 del 2018, afferma espressamente che le norme del “Codice” costituiscono «principi fondamentali in materia di protezione civile ai fini dell’esercizio della potestà legislativa concorrente».
  36. Si rinvia, sul punto, alla dottrina richiamata nella precedente nota (27) e ivi, in particolare, a G. Avanzini, Il Commissario Straordinario, cit., pp. 33 ss.
  37. Sul tema, amplius, G. Bertini, Gestione commissariale e gestione amministrativa della prevenzione di eventi emergenziali, in Amm. in Cammino, 17 novembre 2020. Sulle “patologie” dell’amministrazione dell’emergenza, come fattore di normalità amministrativa, F. Salvia, Il diritto amministrativo e l’emergenza derivante da cause e fattori interni all’amministrazione, cit., p. 102: «esse [tali patologie] appaiono il frutto di una cultura istituzionale divenuta ormai egemone: la cultura appunto dell’emergenza, che tende a investire l’intero processo decisionale, passando dalle scelte più impegnative a quelle più umili».
  38. In argomento, amplius, G. Mancini Palamoni, Potere amministrativo d’emergenza, cit., p. 54 e p. 385.
  39. Sul tema, con particolare attenzione allo “statuto del potere amministrativo d’emergenza commissariale”, dettato nel d.l. n. 109 del 2018 (“Ponte Morandi”, convertito nella legge n. 130 del 2018), G. Mancini Palamoni, Potere amministrativo d’emergenza, cit., pp. 103 ss.
  40. Sulle “ordinanze di necessità e d’urgenza”, come “atto tipico del potere d’emergenza”, A. Fioritto, L’amministrazione dell’emergenza tra autorità e garanzie, cit., 91. In argomento, senza pretesa di completezza: R. Cavallo Perin, Il diritto amministrativo e l’emergenza derivante da cause e fattori esterni all’amministrazione, cit., pp. 31 ss. (“La disciplina generale delle ordinanze d’emergenza”); E.C. Raffiotta, Norme d’ordinanza. Contributo a una teoria delle ordinanze emergenziali come fonti normative, Bologna, Bononia University Press, 2019, in specie pp. 75 ss. (“La normatività del potere di ordinanza tra discipline e prassi”), e pp. 237 ss. (“I tratti distintivi delle ordinanze emergenziali e la loro normatività”).
  41. In argomento, amplius, C. Marzuoli, Il diritto amministrativo dell’emergenza: fonti e poteri, cit., pp. 5 ss.
  42. Rispettivamente nell’art. 2, comma 1, R.D. n. 773 del 1931, e nell’art. 129, comma 1, R.D. n. 1265 del 1934.
  43. Art. 32, legge n. 833 del 1978.
  44. Sul tema G. Marchetti, Il ruolo dello Stato e delle Regioni nella gestione dell’emergenza Covid-19, cit., pp. 39 ss.
  45. Particolarmente condivisibili e pertinenti, in punto di “giurisdizione”, sono le considerazioni di A. Cioffi, Emergenza e teoria della necessità. Il caso del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, in G. Palmieri (a cura di), Oltre la pandemia. Società, salute, economia e regole nell’era post Covid-19, Napoli, Editoriale Scientifica, 2020, II, pp. 941 ss. L’Autore ricorda infatti come, anteriormente al dettato dell’odierno “Codice del Processo Amministrativo” (d.lgs. n. 104 del 2010, Art. 134, “Materie di giurisdizione estesa al merito”), «la giurisdizione del Consiglio di Stato sulle ordinanze extra ordinem fosse anche giurisdizione estesa al merito» (par. 4) e nota (30): «Emblematico è Tar Lazio sez. II n. 6208/2016: In precedenza, invece, come noto in virtù del combinato disposto dell’art. 7, l. Tar (l. 6 dicembre 1971 n. 1034); degli art. 27 e 29 n. 2 5 e 8, t.u. Cons. St. (r.d. 26 giugno 1924 n. 1054) e dell’art. 1 r.d. 26 giugno 1924 n. 1058 la giurisdizione del giudice amministrativo risultava estesa anche al merito di siffatte ordinanze, le quali quindi potevano essere sindacate con riguardo non solo a tutti i profili di legittimità, ma pure a quelli di convenienza, opportunità ed equità delle determinazioni adottate (Cons. St., sez. V, sentenza n. 220 del 19.2.1996)».
  46. Articoli 75, comma 2, ultimo periodo, e 191, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006.
  47. In argomento L. Baroni, Le principali sentenze di condanna dell’Italia per la mala gestio dell’emergenza rifiuti in Campania e la perdurante violazione della normativa europea, in Riv. It. Dir. Pubbl. Com., 2015, 2, pp. 615 ss.
  48. In argomento, amplius, per la disciplina della previgente legge n. 225 del 1992, A. Fioritto, L’amministrazione dell’emergenza tra autorità e garanzie, cit., pp. 91 ss., e F. Giglioni, Amministrazione dell’emergenza, cit., pp. 55 ss. (“Atti e poteri di emergenza”). All’interno del nuovo “Codice della Protezione Civile”, G. Mancini Palamoni, Potere amministrativo d’emergenza, cit., pp. 321 ss. (”Potere amministrativo d’emergenza residuale e criteri di urgenza, necessità e contingibilità”).
  49. In argomento M. Falcone, Le norme sulle garanzie procedimentali e l’amministrazione dell’emergenza, in Foro Amm., 2014, 7-8, pp. 1965 ss.
  50. Si tratta del “principio” così enunciato nell’art. 24 (“Integrità, universalità ed unità del bilancio”), commi 2 e 3, della legge n. 196 del 2009 (“Legge di contabilità e finanza pubblica”): «tutte le entrate devono essere iscritte in bilancio […] tutte le spese devono essere iscritte in bilancio. […] è vietato gestire fondi al di fuori del bilancio, ad eccezione dei casi consentiti e regolati in base all’art. 40, comma 2, lettera p) [della medesima legge n. 196 del 2009]».
  51. Sul punto, amplius, G. Mancini Palamoni, Potere amministrativo d’emergenza, cit., pp. 23 ss., pp. 83 ss., pp. 121 ss., esaminando – in concreto – i provvedimenti emanati durante le emergenze richiamate nella precedente nota (16).
  52. «Il frequente ricorso alle procedure straordinarie fa, poi, sorgere il dubbio che la stessa condizione per l’utilizzo delle ordinanze (ossia il sorgere di un’emergenza), sia determinata da un cattivo uso dei poteri amministrativi ordinari e dunque, da una cattiva amministrazione», A. Fioritto, L’amministrazione dell’emergenza tra autorità e garanzie, cit., p. 211.
  53. Come si è osservato nel precedente par. 4.2., l’odierno “Codice dei Contratti Pubblici” (d.lgs. n. 36 del 2003), diversamente dal previgente “Codice” (d.lgs. n. 50 del 2016), enuncia espressamente i propri “principi generali”, negli articoli da 1 a 12.
  54. Sui “paradossi” dell’amministrazione italiana dell’emergenza, S. Cassese, I paradossi dell’emergenza, in AIPDA, Il diritto amministrativo dell’emergenza, cit., 223: «Primo paradosso: l’abuso o la dilatazione dell’emergenza per rimediare alla lentezza cronica della pubblica amministrazione o per sfuggire a vincoli procedimentali (per esempio l’obbligo di gare per la scelta del contraente). Secondo paradosso (del quale non ci si può lamentare): ricorriamo ai poteri di emergenza, in casi in cui l’emergenza non c’è. Ma quando c’è, si è preferito non adoperare poteri speciali, ma ricorrere alle procedure normali, specialmente quando si è dovuto limitare la libertà personale (artt. 13 e ss. della Costituzione)».
  55. Utili correttivi possono giungere, su questo profilo critico, dall’analisi e dallo studio comparato di altri modelli giuridici di riferimento: si rinvia, al proposito, alle accurate ricostruzioni di A. Fioritto, L’amministrazione dell’emergenza tra autorità e garanzie, cit., pp. 60 ss. (“I modelli europei: gli esempi della Francia, della Germania, della Spagna e della Gran Bretagna”), e G. Mancini Palamoni, Potere amministrativo d’emergenza, cit., pp. 285 ss. (”Una prospettiva comparata”, con riguardo alla Francia, alla Spagna ed alla Germania).
  56. In argomento, di recente, T. Alti, C. Barbieri, La trasparenza amministrativa come strumento di potere e di democrazia, in Riv. Trim. Dir. Pubbl., 2023, 2, pp. 809 ss. (in specie par. 2.2, “Usare trasparenza amministrativa”), e E. Carloni, Il paradigma trasparenza. Amministrazioni, informazione, democrazia, Bologna, Il Mulino, 2022 (in specie V, “Doveri”, 1, “Il dovere pubblico di informare”).

Gabriele Bottino

Full Professor of Administrative Law at the University of Milan and Deputy Editor in Chief of CERIDAP