La qualificazione delle stazioni appaltanti: spunti di riflessione sul ruolo di ANAC in materia di contratti pubblici

Tags: , , ,

4/2022

La qualificazione delle stazioni appaltanti: spunti di riflessione sul ruolo di ANAC in materia di contratti pubblici

Tags: , , ,

Le sfide che discendono dal complesso sistema di riforme messo in campo dall’Italia come risposta alla pandemia portano a chiedersi quale sia l’attuale ruolo svolto dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) nel contesto dei contratti pubblici, soprattutto alla luce delle disposizioni del PNRR, della disciplina contenuta nel Codice dei contratti pubblici e della legge delega n. 78/2022 che ne prevede una revisione ancora in atto. Lo scritto si propone di riflettere su questo interrogativo, evidenziando criticità e prospettive evolutive delle competenze dell’ANAC al tempo dell’innovazione, con particolare riferimento alla qualificazione delle stazioni appaltanti.


Qualifications of contracting authorities: insights into the role of the National Anti-Corruption Authority (ANAC) in the field of Public Procurement
Challenges arising from the complex system of reforms put in place by Italy, as a response to the pandemic, bring into question the current role played by the National Anti-Corruption Authority (ANAC) in the field of Public Procurement. This is especially true in light of the provisions of PNRR, the Public Contracts Code and the Enabling Law 78/2022. This paper critically reflects on the role of the ANAC, highlighting the evolution of ANAC's role in time of innovation, with particular reference to the qualifications of contracting authorities.

1. Premessa

La riflessione sul ruolo che l’Autorità nazionale anticorruzione svolge nell’ambito dei contratti pubblici al tempo della pandemia trova come suo utile punto di partenza la Relazione annuale sull’attività svolta nel 2021 che l’Autorità ha pubblicato il 23 giugno 2022: si tratta della seconda che tiene conto degli effetti del virus e che, messa a confronto con quella immediatamente precedente[1], colpisce in primo luogo per la sua consistenza: si tratta infatti di un documento che, rispetto a quello relativo all’anno 2020, contiene circa un centinaio di pagine in più.

In essa, ANAC dà conto della prosecuzione del trend già iniziato nel marzo del 2020, costituito dalla crescita esponenziale del numero delle procedure poste in essere in somma urgenza dalle stazioni appaltanti per acquisti connessi all’emergenza Covid-19.

Questo ha riguardato, in particolare, le forniture: se, nel 2020, esse hanno avuto come oggetto soprattutto materiali sanitari (quali dispositivi medici e di protezione individuale) e piattaforme digitali e servizi informatici (a supporto della didattica a distanza nelle scuole ed università e dello smart working negli uffici amministrativi), nel 2021 sono state in gran parte per vaccini e test diagnostici per la ricerca molecolare SARS-CoV-2.

Anche il settore dei servizi ha conseguito una crescita rispetto all’anno precedente (+ 33,9%), specie con riferimento al settore dei rifiuti urbani e dell’assistenza sociale.

Nel complesso, il 2021 ha registrato un ammontare complessivo del valore dei contratti pubblici, aggiudicati per un importo superiore ai 40.000 euro, di circa 199,4 miliardi di euro, con un aumento del 6,6% rispetto al 2020 e del 15,3% rispetto al 2019.

Anche con riferimento allo scorso anno, l’Autorità segnala, per l’affidamento della maggior parte degli appalti, il ricorso a procedure che non prevedono la pubblicazione di un bando. Inoltre, nonostante la presenza di disposizioni che, a partire dal 2018, obbligano le amministrazioni aggiudicatrici ad affidare i contratti in modalità esclusivamente telematica, nella Relazione per l’attività del 2020 ha precisato che una gara su tre si è svolta ancora in forma cartacea[2].

ANAC sottolinea come la risposta al virus, nel suo mobilitare quantità ingenti di denaro pubblico, abbia creato nuove opportunità di diffusione della corruzione[3].

Per questo motivo, nelle sue Relazioni evidenzia l’importanza del Progetto “Misurazione del rischio di corruzione a livello territoriale e promozione della trasparenza”, finanziato a valere sul PON Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020, collegato, in particolare, alla necessaria implementazione del patrimonio informativo contenuto nella Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (d’ora in poi BDNCP), entrambi qualificati come strumenti di conoscenza e comprensione dei fenomeni corruttivi e molto utili per l’individuazione di strategie non solo repressive, ma anche preventive, e dunque per orientare le azioni di contrasto alla corruzione nel mercato dei contratti pubblici.

Il Progetto, che nel luglio del 2022 ha portato all’apertura, sul sito web dell’ANAC, del nuovo portale “Come misurare la corruzione. Gli indicatori per valutare i rischi di corruzione in ogni area del Paese”[4], alimenta un sistema volto a fornire indicatori sofisticati di rischio corruttivo, detti anche red flags[5], che cerca di svincolarsi dai dati discendenti dalla “percezione” del fenomeno, aumentando l’offerta di informazioni elaborate sulla base di metodologie fondate su elementi “oggettivi” e “reali” e, in quanto tali, in grado di far emergere fenomeni che, per loro stessa natura, sono spesso nascosti e di difficile individuazione: un sistema, in altre parole, utile a bypassare l’“effetto iceberg” che tradizionalmente caratterizza il fenomeno corruttivo, la cui consistenza è valutata ex post, attraverso le sentenze dei Tribunali che, in verità, ne prendono in considerazione solo la parte emersa e visibile (c.d. corruzione “nera”), lasciando tuttavia all’oscuro dimensioni e caratteristiche di un fenomeno in gran parte sconosciuto.

A tal proposito, va ricordato che, ogni anno, Transparency International pubblica l’Indice della sua percezione (Corruption Perception Index), indicatore che misura il livello di percezione della corruzione nel settore pubblico a livello globale.

L’indice 2021, aggiornato al 25 gennaio 2022 (è il secondo di quelli che già tengono conto degli effetti della pandemia), vede assegnati all’Italia 56 punti, che la collocano al 42° posto di una classifica che conta 180 Stati in tutto il mondo, ed al 17° posto nell’Unione Europea.

Nel 2020, il nostro Paese era al 52° posto, quindi ne ha guadagnati 10 in un anno: tuttavia nell’UE ne ha persi 2, senza contare che, per quanto, tra il 2012 e il 2021, abbia aumentato di 14 unità il proprio punteggio, è ancora a 32 punti di distanza dalle Nazioni più virtuose in materia (Danimarca, Nuova Zelanda e Finlandia: 88 punti).

E così, agli scopi dichiarati, si cerca di sviluppare nuovi indicatori utilizzando, ad esempio, la proporzione di procedure per le quali sia stata presentata una sola offerta, da parte di un solo partecipante, rispetto al totale delle procedure aggiudicate dalla stazione appaltante, il peso delle offerte escluse rispetto a quelle ricevute, soprattutto quando si verifica il caso in cui tutte le offerte vengano escluse tranne una, la proporzione di valore contrattuale aggiudicato ad un’azienda rispetto al valore complessivo dei contratti aggiudicati dalla medesima stazione appaltante.

Il Progetto sulla misurazione della corruzione identifica nella citata BDNCP una risorsa strategica ed unica nel suo genere ai fini della lotta alla corruzione e della promozione della trasparenza.

Esso si avvale dell’utilizzo congiunto di banche dati distinte, secondo il principio per il quale il “valore” di un dato cresce nella misura in cui beneficia di fonti diverse, che producono rilevanti informazioni non solo se considerate separatamente, ma anche nel loro reciproco rapporto.

Date queste premesse, e proprio in ragione degli spunti offerti dalle Relazioni dell’ANAC, il lavoro si propone di riflettere su alcuni aspetti delle riforme che sono state messe in campo in Italia come risposta alla pandemia nel settore dei contratti pubblici e con particolare riguardo al perseguimento della trasparenza ed alla lotta al fenomeno corruttivo, specie attraverso la qualificazione delle stazioni appaltanti: lo scopo è quello di far emergere alcune criticità e prospettive evolutive del complesso ruolo che l’Autorità è attualmente chiamata a svolgere in quel contesto.

2. Contratti pubblici e riforme del PNRR: tra occasioni mancate e potenziamento della BDNCP

Nella sua ultima Relazione, ANAC lamenta il mancato inserimento, tra gli obiettivi del PNRR, di una riforma organica dell’intera disciplina della prevenzione della corruzione e della trasparenza, che preveda la completa riorganizzazione della materia e la creazione di una banca dati che raccolga in un solo spazio tutte le informazioni rilevanti: traguardo che, per l’Autorità, dovrebbe essere raggiunto proprio attraverso un rinnovato e adeguato supporto normativo.

Se si legge il PNRR, si rinviene tra le riforme c.d. abilitanti quella dedicata a “Semplificazione e concorrenza”, anche strutturata come semplificazione e razionalizzazione della legislazione, da attuarsi, tra l’altro, seguendo una duplice direzione di tutto rilievo.

Si tratta infatti di una riforma pensata in primo luogo come “Abrogazione e revisione di norme che alimentano la corruzione”: si richiama, in particolare, la necessità di semplificare la legge 190 del 2012 sulla prevenzione e la repressione dell’illegalità nella pubblica amministrazione, d’intervenire sugli obblighi di pubblicazione imposti alle pubbliche amministrazioni ai fini di trasparenza o sulle norme che contemplano tre tipi di accesso ai documenti ed alle informazioni da queste detenuti.

Il punto è molto interessante, perché ci consegna l’idea che ha il PNRR della semplificazione normativa nella sua funzione di strumento di trasparenza e di contrasto alla corruzione, che in quella sede – si badi – viene citata per la prima ed ultima volta: occorre ridurre la complessità dello stesso sistema anticorruzione, pensato, evidentemente, come “generatore” di corruzione. Emerge così, «per assicurare maggiore trasparenza, l’esigenza di semplificare e ridurre gli strumenti di trasparenza (…) nel discorso che individua nella complessità del sistema della trasparenza un fattore di opacità e (persino) corruzione»[6].

Del resto, l’incertezza provocata dalla formulazione di disposizioni poco chiare alimenta le asimmetrie informative tra cittadini e burocrati[7].

«Gli eccessi e le complicazioni del legislatore producono ingiustizia»[8], e tra le forme di questa vi è anche la diffusione di comportamenti corrotti: va infatti segnalata, in questo settore, «la grave malattia delle norme e un impellente bisogno di “cura” delle stesse», un «pensare “quantitativo” – che è propriamente un non pensare – di cui si nutre proprio il fenomeno che dovrebbe contrastare, il ʿcancroʾ corruttivo»[9].

Valgano tuttavia due ordini di rilievi: a parte il fatto che vien da chiedersi in quale rapporto si pongano, nelle intenzioni del Piano, “semplificazione” e “semplicità” delle regole[10], riduzione del numero delle disposizioni e qualità delle stesse, purtroppo sul punto si rinvia ad una legge delega che andava adottata entro giugno 2021, ma della quale non vi è davvero traccia.

Ed è una circostanza che la Relazione dell’ANAC espressamente stigmatizza.

In secondo luogo, la suddetta riforma abilitante viene declinata come “Semplificazione in materia di contratti pubblici”, che indica, in particolare, quali misure urgenti, ma che non richiedono provvedimenti legislativi: 1) la riduzione del numero e la qualificazione delle stazioni appaltanti; 2) il potenziamento del database di tutti contratti tenuto da ANAC.

Due misure, tra loro evidentemente collegate e che nel PNRR costituiscono punti nodali della riforma post-pandemia in materia di contratti pubblici, soprattutto per il loro essere strumenti di trasparenza e, pertanto, di contrasto della corruzione.

Proprio parlando di database e trasparenza, è importante segnalare la modifica introdotta dal d.l. 31 maggio 2021, n. 77, convertito con modificazioni dalla l. 29 luglio 2021, n. 108 (c.d. Decreto Semplificazioni 2021) nell’art. 29 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), intitolato “Principi in materia di trasparenza”, il cui comma 2 non prevede più solo un obbligo di pubblicazione, in piattaforma digitale, degli «atti» posti in essere dalle amministrazioni aggiudicatrici, che vanno dalla programmazione all’esecuzione dei contratti, bensì un obbligo di trasmissione tempestiva alla BDNCP, attraverso le piattaforme telematiche ad essa interconnesse secondo le modalità indicate dall’art. 213, comma 9, di «tutte le informazioni inerenti agli atti» delle amministrazioni aggiudicatrici, in relazione alla cui pubblicazione ANAC ha assunto nel 2021 il ruolo di “garante”.

Si tratta di una modifica che si salda con quella introdotta dallo stesso provvedimento al comma 8 dell’art. 213 del Codice, per implementare la rilevazione e l’interscambio delle informazioni tramite i sistemi informatizzati richiamati dall’art. 29, anche ai fini di trasparenza preventiva.

In effetti, nella sua ultima Relazione annuale, l’ANAC sottolinea il “ruolo cardine” della BDNCP nell’ambito del complessivo sistema di monitoraggio dei contratti pubblici: esso evolve «da “semplice” strumento di archiviazione dei dati sugli appalti a nucleo centrale di una rete di raccolta, analisi e scambio e pubblicazione dei dati volto alla condivisione degli stessi con gli stakeholder e alla trasparenza del patrimonio informativo in materia di contratti pubblici», diventando per questa via «un efficace presidio di trasparenza e di prevenzione della corruzione», oltre che di “sostenibilità” degli acquisti pubblici, «al fine di un efficace e tempestivo monitoraggio dell’intero ciclo di vita dei contratti pubblici, replicabile anche ai fini della vigilanza sull’attuazione degli interventi finanziati con le risorse del PNRR»[11]. Non a caso, del resto, è stato osservato che «trasparenza e prevenzione della corruzione seguiranno un destino intrecciato, in un percorso che valorizza ulteriormente la prospettiva della “disponibilità” delle informazioni»[12].

È per questo motivo che ANAC saluta con favore, quanto alla Missione 1 del PNRR, dedicata a “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo”, la sua Componente 1, “Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA”, che dovrebbe aver reso disponibili quelle risorse necessarie, ma fino ad ora mancate, per procedere ad una profonda trasformazione in senso digitale del settore dei contratti pubblici, soprattutto attraverso la gestione digitale, con interoperabilità con la BDNCP, di tutte le fasi del loro ciclo di vita.

3. ANAC e contratti pubblici: cenni alla vigilanza collaborativa ed al supporto alle stazioni appaltanti

Venendo al ruolo di ANAC, che qui rileva, esso emerge in particolare dal già citato art. 213 del Codice che, a dire il vero, dopo il Correttivo del 2017, non è stato toccato quanto alle principali funzioni dell’Autorità.

Oltre all’importantissima funzione sanzionatoria (comma 13), tra quelle di maggiore rilievo troviamo le funzioni di vigilanza, controllo e regolazione dei contratti pubblici, nei limiti di quanto stabilito dal Codice, «anche al fine di prevenire e contrastare illegalità e corruzione» (comma 1).

Inoltre, l’Autorità, «attraverso linee guida, bandi-tipo, capitolati-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolazione flessibile, comunque denominati garantisce la promozione dell’efficienza, della qualità dell’attività delle stazioni appaltanti, cui fornisce supporto anche facilitando lo scambio di informazioni e la omogeneità dei procedimenti amministrativi e favorisce lo sviluppo delle migliori pratiche» (comma 2).

A questo proposito, va ricordato che, secondo l’art. 213, è per quella specifica finalità che ANAC gestisce la BDNCP, in relazione alla quale il Decreto Semplificazioni 2021, come richiesto dal PNRR, è intervenuto sul comma 8 dell’articolo per implementare la rilevazione e l’interscambio delle informazioni tramite i sistemi informatizzati già richiamati in materia di trasparenza (art. 29), al fine di assicurare il rispetto del principio di unicità dell’invio delle informazioni, la riduzione degli oneri amministrativi, la tracciabilità dei flussi finanziari e la trasparenza preventiva.

Ancora, degna di nota è la funzione di “vigilanza collaborativa” nei confronti delle stazioni appaltanti, che la richiedano previa stipula di protocolli d’intesa, finalizzata a supportarle nella predisposizione degli atti e nella gestione delle procedure di gara (comma 3, lett. h).

Si tratta di una funzione di particolare interesse, perché in questo caso l’Autorità svolge, nei confronti delle richiedenti, non un ruolo reattivo ­– ex post –, bensì pro-attivo, volto anche alla valorizzazione – ex ante – di modelli di azione virtuosi e best practices, ottenuta attraverso il dialogo con la stazione appaltante: è quella che la dottrina ha chiamato “funzione pedagogica” di ANAC, che esprime una funzione che si colloca a metà strada tra l’attività di regolazione (a monte) e l’attività di controllo (a valle), ponendosi quale ausilio nello svolgimento concreto di ciascuna procedura di affidamento[13].

Forma d’interazione tra Autorità e soggetti vigilati, «mediante un approccio condiviso di problem solving»[14], ha l’obiettivo di prevenire possibili condotte illecite nel ricondurre l’azione amministrativa al suo quadro normativo di riferimento.

Nella Relazione annuale 2021 è infatti definita come una delle più efficaci prerogative di ANAC, che l’ha portata in quell’anno ad introdurre alcune modifiche al Regolamento del 28 giugno 2017, sull’esercizio di quest’attività nel contesto dei contratti pubblici, nel senso dell’ampliamento del suo ambito applicativo: in particolare, ne sono stati modificati i presupposti d’intervento correlati all’importo dei contratti ed è stata normativamente disciplinata la sua possibile attivazione, nei fatti già frequentemente avvenuta, anche in un momento successivo all’aggiudicazione del contratto.

3.1. Segue: la qualificazione delle stazioni appaltanti

Quello della vigilanza collaborativa può forse essere considerato come un primo metodo di qualificazione delle stazioni appaltanti.

Si tratta, del resto, di una funzione destinata ad accrescere il “requisito reputazionale” delle stesse, che per questa via dovrebbero diventare più affidabili, più virtuose, soprattutto sotto il profilo della trasparenza, anche con la conseguente riduzione degli spazi di contestabilità dei loro atti, che in effetti ha già prodotto un esiguo numero di ricorsi avviati sulle procedure vigilate.

Parlare di requisiti reputazionali significa, in verità, toccare un tasto molto dolente del Codice, perché significa evocare un “grande assente”: il rating d’impresa.

Previsto dall’art. 83, comma 10, del Codice come sistema di certificazione da parte di ANAC degli operatori economici, che tenga conto, in particolare, dei precedenti comportamenti dell’impresa (ad esempio, in relazione al mancato utilizzo del soccorso istruttorio o al rispetto dei tempi e dei costi di esecuzione dei contratti), e che «è connesso a requisiti reputazionali valutati sulla base di indici qualitativi e quantitativi, oggettivi e misurabili, nonché sulla base di accertamenti definitivi che esprimono l’affidabilità dell’impresa», è ancora in attesa delle relative linee guida: allo stato, ne esiste solo una bozza, risalente al maggio del 2018, che è stata oggetto di forti critiche da parte delle associazioni di categoria delle imprese.

Probabilmente, l’introduzione della necessità per ANAC di individuare i criteri relativi alla valutazione di impatto generato, avvenuta con il d.l. 26 ottobre 2019, n. 124, (c.d. Decreto fiscale 2019), non è stata di aiuto per l’implementazione del sistema, specie sotto il profilo delle competenze richieste alla stessa ANAC ai fini di quella valutazione[15].

Per tornare allo specifico ruolo che ANAC svolge nei confronti delle stazioni appaltanti, e che l’art. 213 del Codice in linea generale orienta nella direzione della loro capacità organizzativa e tecnica, esso trova come suo fondamentale terreno di snodo la gestione del sistema della loro qualificazione.

Si tratta di un’attività in linea con la raccomandazione della Commissione Europea 2017/1805 del 3 ottobre 2017, relativa alla professionalizzazione degli appalti pubblici, che ha messo in evidenza come il rafforzamento della professionalità degli operatori economici del settore costituisca strumento di attuazione di un mercato unico più forte, essendo causa delle inefficienze e degli sprechi di risorse pubbliche non solo la mancanza di trasparenza e la corruzione degli operatori, ma anche – e forse soprattutto – il ridotto livello di competenza degli stessi.

Questa attività costituisce, in altre parole, uno strumento d’implementazione sia della qualità, sul versante delle forniture, dei lavori, dei servizi e delle professionalità dell’amministrazione, che della capacità di vigilanza da parte dell’ANAC, alla quale, come visto, è richiesto di porsi in termini sempre più collaborativi nei suoi rapporti con gli operatori economici[16].

Il vantaggio è altresì quello di apportare un cambiamento sostenibile delle tradizionali prassi amministrative, nel senso dell’innovazione[17].

Sul già indicato presupposto che la qualificazione costituisce misura urgente di semplificazione in materia di contratti pubblici, Milestone M1C1-71 del PNRR, Riforma 1.10, “Riforma del quadro legislativo in materia di appalti pubblici e concessioni” ha infatti previsto il seguente obiettivo: «ANAC completa l’esercizio di qualificazione delle stazioni appaltanti in termini di procurement capacity facendo seguito all’attuazione dell’art. 38 del Codice dei contratti pubblici»[18].

Ai sensi del citato art. 38, il suo conseguimento avviene in rapporto ai bacini territoriali ed alla tipologia, alla complessità ed all’importo dei contratti (comma 1), attraverso un procedimento che ha per oggetto il complesso delle attività compiute per l’acquisizione di un bene, di un servizio o di un lavoro in relazione a tre diversi ambiti: capacità di progettazione[19], capacità di affidamento e capacità di verifica sull’esecuzione e controllo dell’intero processo di acquisizione, compresi collaudo e messa in opera (comma 3).

Guardando in primo luogo all’aspetto procedurale della qualificazione, si noti come esso sia stato profondamente modificato proprio al tempo della pandemia.

Il comma 2 dell’art. 38 aveva previsto che la definizione, secondo criteri di qualità, efficienza e professionalizzazione, dei requisiti tecnico-organizzativi necessari per l’iscrizione nell’elenco delle stazioni appaltanti qualificate istituito allo scopo presso ANAC, spettasse ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi tra l’altro, secondo la formulazione originaria del comma, sentite l’ANAC e la Conferenza unificata[20].

Il d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 settembre 2020, n. 120, (c.d. Decreto Semplificazioni 2020) ne aveva tuttavia modificato il contenuto, nel senso di non prevedere più che la Conferenza unificata venisse semplicemente sentita, ma introducendo per essa il meccanismo dell’intesa e, pertanto, di un condizionamento più forte sull’atto finale.

È stato proprio il mancato raggiungimento di questa intesa che ha impedito l’adozione del decreto, producendo il blocco di quell’iter.

Come conseguenza, ed in attuazione della più volte citata riforma abilitante sulla semplificazione in materia di contatti pubblici prevista dal PNRR, l’avvio del sistema di qualificazione è stato affidato ad un Protocollo d’intesa tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e l’ANAC, in effetti sottoscritto il 17 dicembre 2021, allo scopo di ridurre il numero delle stazioni appaltanti e di implementarne la qualità.

Il Protocollo, oltre ad istituire nell’Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti (AUSA) un’apposita sezione contenente l’elenco delle stazioni appaltanti qualificate, ha individuato, riprendendo l’art. 38, comma 4, i requisiti di base ed i requisiti premianti occorrenti per la qualificazione.

Quanto ai primi, ve ne sono alcuni che riguardano l’attività della stazione appaltante, come il numero di gare svolte nel quinquennio, il rispetto dei tempi di esecuzione delle procedure e di pagamento di imprese e fornitori, l’assolvimento degli obblighi di comunicazione dei dati sui contratti pubblici che alimentano gli archivi detenuti o gestiti dall’ANAC, la disponibilità di piattaforme telematiche per la gestione delle procedure di gara. E si noti che, prima del Decreto Semplificazioni 2020, quest’ultimo era un requisito premiale: renderlo vero e proprio requisito “di base” ha sostanzialmente significato legare a doppio giro qualificazione, semplificazione e digitalizzazione.

Altri requisiti di base riguardano invece l’organizzazione della stazione appaltante, richiedendo la presenza di strutture organizzative stabili deputate ai vari ambiti di qualificazione, di dipendenti aventi specifiche competenze in relazione alle attività di cui sopra e di un sistema di formazione e aggiornamento del personale: in altre parole, si richiede professionalità e professionalizzazione del personale.

Per ciò che concerne i requisiti premianti, connessi all’aspetto propriamente reputazione del soggetto che richiede la qualificazione, sono richiamati la valutazione positiva dell’ANAC sull’attuazione di misure di prevenzione dei rischi di corruzione e promozione della legalità, la presenza di sistemi di gestione della qualità certificati da organismi accreditati, il livello di soccombenza nel contenzioso e l’applicazione di criteri di sostenibilità ambientale e sociale nell’attività di progettazione e affidamento, requisito, quest’ultimo, collegato alla forte spinta che ha caratterizzato il Codice dei contratti pubblici in quella direzione.

Il Protocollo ha quindi individuato nel 31 marzo 2022 il termine di approvazione, da parte di ANAC, delle Linee guida per l’attuazione, anche a fasi progressive, del sistema di qualificazione, termine che l’Autorità ha in effetti rispettato (delibera n. 141 del 30 marzo 2022).

Le Linee guida, il cui testo è stato aggiornato alla luce dei dati successivamente inviati dalle stazioni appaltanti e dell’esito della consultazione degli stakeholders[21], sono divenute definitive con la delibera n. 441 del 28 settembre 2022 dell’ANAC e si pongono come “prima fase” di attuazione del sistema, che sarà reso operativo con l’entrata in vigore della riforma della disciplina dei contratti pubblici.

A tale ultimo proposito, si noti che dei requisiti di qualificazione delle stazioni appaltanti si occupa l’art. 63 del recentissimo “Schema definitivo di Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”, licenziato dal Consiglio di Stato il 7 dicembre 2022.

Da una sua prima lettura, è interessante rilevare come, in relazione a quelli per la progettazione e l’affidamento, è stato fatto particolare riferimento ad una necessaria esperienza e competenza che abbiano maturato nel settore la stazione appaltante ed il suo “capitale umano”. Sono infatti considerati i requisiti attinenti: a) all’organizzazione della funzione di spesa e ai processi; b) alla consistenza, esperienza e competenza delle risorse umane, ivi incluso il sistema di reclutamento e l’adeguata formazione del personale; c) all’esperienza maturata nell’attività di progettazione, affidamento ed esecuzione di contratti, ivi compreso l’eventuale utilizzo di metodi e strumenti di gestione informativa delle costruzioni.

4. Dalla professionalità delle stazioni appaltanti alla professionalità dell’ANAC? Spunti dalla riforma in materia di contratti pubblici

Da tutto ciò che precede, emerge come l’elenco delle stazioni appaltanti qualificate debba nascere con il precipuo obiettivo di far emergere quelle che sono capaci non solo di seguire una procedura che garantisca un confronto rispettoso delle regole della concorrenza, ma anche di fare, dell’affidamento degli appalti pubblici, un’occasione d’innovazione e d’innalzamento della qualità complessiva della domanda e dell’offerta[22], in una prospettiva dinamica.

Si tratta di una expertise che non implica soltanto la padronanza degli strumenti informatici e delle tecniche giuridiche necessarie per svolgere le procedure di acquisto, anch’essi comunque fulcro dell’innovazione, ma anche la capacità di conoscere e analizzare il mercato di riferimento, prevedendone comportamenti ed evoluzione[23].

Se tutto questo è vero, vi è altresì una conseguenza di grande rilievo per queste riflessioni: è evidente come all’ANAC venga richiesta, preliminarmente (in occasione della messa a regime del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti) e successivamente (in relazione all’espletamento della funzione di vigilanza collaborativa) «una competenza tecnica ben superiore a quella attesa dalle stesse stazioni appaltanti»[24].

A proposito delle competenze dell’ANAC, è importante rivolgere l’attenzione alla l. 21 giugno 2022, n. 78, recante la “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”.

Entrata in vigore il 9 luglio 2022, la legge ha posto l’accento su numerose delle esigenze emerse in questa sede.

Nella definizione dei principi e dei criteri direttivi, infatti, la riduzione e la certezza dei tempi relativi alle procedure di gara ed alla stipula dei contratti pubblici sono tra l’altro collegate alla necessità di digitalizzazione ed informatizzazione delle procedure, alla piena attuazione della BDNCP ed al rafforzamento della specializzazione professionale dei commissari all’interno delle amministrazioni (art. 1, comma 2, lett. m).

Nella delega, sono poi previsti «ridefinizione e rafforzamento della disciplina in materia di qualificazione delle stazioni appaltanti, afferenti ai settori ordinari e ai settori speciali, al fine di conseguire la loro riduzione numerica, nonché l’accorpamento e la riorganizzazione delle stesse», ai quali, rispetto al disegno di legge originariamente presentato dal Governo, si è aggiunto il «potenziamento della qualificazione e della specializzazione del personale operante nelle stazioni appaltanti, anche mediante la previsione di specifici percorsi di formazione» (art. 1, comma 2, lett. c).

L’ANAC, nella sua ultima Relazione, seppur abbia manifestato preoccupazione per la formulazione generica di alcuni principi e criteri direttivi, ha espresso una valutazione positiva sul testo della legge, auspicando che la riforma del quadro normativo di riferimento avvenga mediante il ricorso ad un’unica fonte normativa, nell’ottica dell’unitarietà e maggiore chiarezza dello stesso, che affronti il tema della qualificazione delle stazioni appaltanti in stretta connessione con quello della transizione sul digitale dell’intero ciclo di vita dei contratti pubblici che si compendia nella BDNCP[25].

Sempre a proposito della delega, molto interessante è il fatto che soltanto l’11 maggio 2022, vale a dire pochi giorni prima della trasmissione al Senato per l’approvazione definitiva del disegno di legge C. 3514[26], la VIII Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera abbia approvato un emendamento del testo, in quell’occasione indicato come lett. a-bis), che prevedeva la «revisione delle competenze dell’Autorità nazionale anticorruzione in materia di contratti pubblici, al fine di rafforzarne le funzioni di vigilanza sul settore e di supporto alle stazioni appaltanti».

L’emendamento, nel testo definitivo della legge, sarebbe diventato la lett. b) dell’art. 1, comma 2.

Quella della revisione delle competenze dell’ANAC costituisce, evidentemente, un’esigenza che il Governo non aveva in origine avvertito, ma che il Parlamento ha invece ritenuto prioritaria, essendo seconda soltanto al doveroso perseguimento degli obiettivi di stretta aderenza alle direttive europee.

Certamente, l’attuazione dell’art. 1, lett. b), della delega costituisce una sfida complessa, perché richiede una revisione di competenze che dovrebbe avvenire nel senso del delicato bilanciamento tra funzione di vigilanza e funzione di guida degli operatori economici, in un settore nel quale l’evoluzione nel senso dell’innovazione ha ormai raggiunto un punto di non ritorno.

Per l’Autorità si dovrebbe delineare un ruolo che può essere definito come “formativo” nei confronti delle amministrazioni che operano nel settore dei contratti pubblici: un ruolo probabilmente più che opportuno, in quanto destinato a porre parziale rimedio alla tradizionale inadeguatezza organizzativa di un’amministrazione italiana che, a ben vedere, è stata colta dalla pandemia e dal conseguente sistema di riforme quasi del tutto impreparata.

Anzi: è proprio in relazione all’attuazione del PNRR che ci si è resi conto delle carenze degli apparati amministrativi, se riguardati in rapporto alle nuove competenze necessarie per stare al passo con il ritmo serrato delle tempistiche dettate per la realizzazione degli investimenti finanziati con i fondi europei. Si tratta di carenze che, in periodi “normali”, sono state trascurate per motivi legati al più generale contesto politico[27].

Eppure, consultando il già citato Schema definitivo di Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”, del 7 dicembre 2022, l’impressione che si riceve è quella di una sostanziale conferma delle funzioni dell’ANAC già previste dall’art. 213 del Codice attualmente in vigore, alle quali, per la prima volta, si aggiunge solo l’espresso richiamo alle funzioni relative alla qualificazione delle stazioni appaltanti (art. 222, comma 3, lett. l) ed al coordinamento della digitalizzazione del sistema dei contratti pubblici, da parte della cabina di regia, che si svolge nell’ambito delle funzioni previste dall’art. 23 dello schema in relazione alla BDNCP (art. 222, comma 3, lett. m).

Dal canto suo, l’ANAC è ben consapevole delle sfide che deve affrontare.

Infatti, nella sua più volte citata ultima Relazione, dà conto del fatto di aver già realizzato, nel corso del 2021, un articolato processo di revisione della sua struttura organizzativa che, avuto riguardo alla pianificazione strategica 2021-2023, ha inteso ridefinirne l’assetto, allo scopo di renderla più coerente con gli obiettivi di digitalizzazione e semplificazione dei contratti pubblici previsti dal PNRR. Ha infatti sentito l’esigenza di rafforzare il proprio ruolo nazionale ed internazionale in materia di anticorruzione e trasparenza, per potenziare le proprie competenze in materia informatica e per svolgere una più efficace azione di vigilanza in materia di contratti pubblici, che l’Autorità sa doversi svolgere in chiave sempre più collaborativa[28].

5. Riflessioni conclusive

Volendo ora cercare di tirare le fila della riflessione sin qui svolta, si consideri che l’ANAC, nel capitolo della sua Relazione dedicato al ruolo dell’assistenza tecnica nelle strategie anticorruzione, ricorda come, nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC), principale strumento giuridico internazionale a carattere vincolante in materia, vi sia «un forte richiamo agli Stati sull’importanza dell’aspetto culturale ed educativo come leva per una valorizzazione dell’etica pubblica e conseguente contenimento del rischio corruttivo»[29], da cui discende l’onere per gli Stati contraenti di formulare e sviluppare specifici programmi di formazione per il proprio personale responsabile della prevenzione della corruzione.

Assumere la prospettiva dell’etica pubblica rende interessante il richiamo a quanto è stato recentemente scritto a proposito del paradigma della trasparenza: «parlare di paradigma significa riflettere sul cambiamento di paradigma, quel processo graduale che porta alla sostituzione di una diversa teoria dominante», cosa che «avviene quando un nuovo e diverso modello risulta capace di attrarre, risulta più persuasivo, in grado di generare conversioni e nuove adesioni»[30].

Ciò che si evidenziava nelle prime pagine di questo lavoro, in relazione alla circostanza che, nelle previsioni del PNRR, per un’efficace strategia di trasparenza e di lotta alla corruzione occorre, in primo luogo, semplificare le disposizioni in materia di trasparenza ed anticorruzione, rende l’idea del punto di partenza in cui ci troviamo, probabilmente non caratterizzato dalle condizioni più favorevoli affinché un nuovo paradigma possa compiutamente dispiegarsi.

Il cambio di paradigma è tuttavia, allo stato, quanto meno auspicabile, ed il fatto di accorgersi che sia tale, è probabilmente già qualcosa.

Del resto, si tratta di un auspicio che trae alimento da quella che può essere definita come una più generale “crisi” di paradigma, caratterizzata, ad esempio, da processi mediante i quali vengono assunte decisioni di rilevante impatto economico e tuttavia sottratte agli ordinari meccanismi di legittimazione democratica, come – del resto – dimostra, al netto delle esigenze dettate dall’emergenza, la stessa formazione ed approvazione dei contenuti del PNRR[31].

In aggiunta, si noti una contraddizione: da una parte, viene oggi richiesta una revisione delle competenze di ANAC, in senso evidentemente funzionale al nuovo ruolo che le riforme le attribuiscono nel settore dei contratti pubblici quanto alla promozione della qualità del lavoro degli operatori economici ma, allo stesso tempo, sono diversi i processi decisionali messi in campo dal PNRR, e riguardanti il tema della trasparenza del settore, in cui si registra il mancato coinvolgimento dell’ANAC.

A ben vedere, però, il cambio di paradigma è, in primo luogo, un “fatto culturale”.

Ha ragione chi scrive che il cambiamento di paradigma dipende dal «consolidamento di una cultura della trasparenza», che è in primo luogo “accettazione” della stessa e che nasce dalla formazione del personale e da una riflessione complessiva proprio di tutti i profili connessi all’organizzazione della pubblica amministrazione[32].

Se il personale della pubblica amministrazione è oggi chiamato ad affrontare la difficile transizione digitale ed ecologica, il miglioramento del “capitale umano”[33] è essenziale per la stessa buona riuscita del Piano.

La Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, citata all’inizio di questo paragrafo, conferma del resto come trasparenza e lotta alla corruzione vadano conciliate con i principi dell’etica pubblica[34].

Anche a prescindere dalla comunque necessaria qualità delle regole, il punto di partenza di ogni strategia di riforme è la buona preparazione, sia tecnica che culturale, del personale pubblico che le deve attuare, presidio della complessiva “tenuta morale” della categoria[35].

Se l’elevazione della qualità culturale e tecnica dell’amministrazione passa necessariamente attraverso l’identificazione della formazione e dell’istruzione come programmi prioritari da parte della comunità sociale[36], va evidentemente salutata con favore la previsione, nel PNRR, sia di una riforma orizzontale rivolta alla pubblica amministrazione per implementarne le competenze, sia della Missione 4: Istruzione e ricerca, che prevede un cospicuo piano di investimenti volti, tra l’altro, al potenziamento dell’offerta di tutti i servizi di istruzione[37].

In effetti, non si tratta solo di applicare o perfezionare i codici di comportamento: è un problema di formazione professionale del pubblico funzionario[38] e, prima ancora, di educazione del cittadino, secondo un percorso ad esempio intercettato dalla l. 20 agosto 2019, n. 92 che ha reintrodotto nelle scuole l’insegnamento dell’educazione civica in senso funzionale ad una sensibilizzazione diffusa alla cultura della legalità già in ambito scolare.

Si ricordi, del resto, che tutti quelli che abbiamo da ultimo menzionato sono obiettivi di sviluppo sostenibile, secondo quanto si legge nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

Nel documento vi è infatti un Obiettivo 4, attinente alla dimensione “sociale” dello sviluppo sostenibile, dedicato a “Istruzione di qualità per tutti”, volto ad assicurare a tutti un’istruzione, equa ed inclusiva, che sia di “qualità tecnica” (Target 4.3) ed in grado di far acquisire le competenze, anche tecniche e professionali, necessarie per l’occupazione (Target 4.4).

Inoltre, l’Agenda richiama la trasparenza come un mezzo per raggiungere “Istituzioni solide”, secondo il sedicesimo Obiettivo che, in relazione alla dimensione “istituzionale” dello sviluppo sostenibile ed allo scopo di creare organismi efficienti, responsabili ed inclusivi a tutti i livelli, indica come Target 16.5 «ridurre sostanzialmente la corruzione e la concussione in tutte le loro forme» e come Target 16.6 «sviluppare istituzioni efficaci, responsabili e trasparenti a tutti i livelli».

Non è d’altra parte un caso che l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), a seguito della pandemia, rediga ogni anno un Rapporto dedicato all’esame dei provvedimenti e della situazione dell’Italia rispetto ai 17 Obiettivi dell’Agenda 2030, soprattutto avuto riguardo al PNRR.

L’ultimo Rapporto, intitolato “Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, la Legge di Bilancio 2022 e lo sviluppo sostenibile” ed i cui dati sono aggiornati al marzo 2022[39], segnala la necessità di una «capacitazione amministrativa per l’attuazione del PNRR», al fine di consentire una pronta ed efficace gestione delle risorse da questo messe in campo.

Valga tuttavia una notazione finale.

Nel Rapporto si legge che lo sforzo proposto dal Governo allo scopo «non sembra produrre gli esiti sperati. Le modalità scelte e i criteri utilizzati per identificare il personale sono state oggetto di notevoli critiche, e la qualità del personale selezionato non sembra essere adeguata al tipo di attività richieste per l’attuazione del PNRR»[40].

Inoltre, si sottolinea come il Piano non presenti misure che vadano nella direzione della realizzazione dell’Obiettivo 17 dell’Agenda 2030, il quale, quanto alla “Partnership per gli obiettivi” prevede un Target 17.9 volto a «rafforzare il sostegno internazionale per l’attuazione di un sistema di costruzione delle capacità», manifestando pertanto carenze in una prospettiva che collochi l’Italia, al tempo delle transizioni, nella sua opportuna interrelazione con gli altri Paesi e con la società[41].

Il cambio di paradigma è probabilmente ancora lontano.

  1. I testi delle Relazioni annuali pubblicate da ANAC sono consultabili sul sito www.anticorruzione.it.
  2. Sulle criticità emerse in materia di contratti pubblici al tempo della pandemia, specie a seguito dei regimi di eccezione introdotti dalla decretazione d’urgenza del 2020 e del 2021, S. Fantini-H. Simonetti, Le basi del diritto dei contratti pubblici, Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, 2022, pp. 76 ss., G. Perulli (a cura di), Contratti pubblici. Aggiornato al Decreto Semplificazioni, Giappichelli, Torino, 2021, pp. 48 ss. e F. Sciarretta (a cura di), Il “nuovo” Codice dei contratti pubblici: frammenti di disciplina tra approccio europeo e logiche nazionali, Il Mulino, Bologna, 2020, pp. 15 ss.
  3. Sull’incidenza del fenomeno corruttivo nel settore degli appalti pubblici, anche C. Benetazzo, Gli appalti pubblici nel PNRR tra semplificazione e prevenzione della corruzione, in www.federalismi.it.
  4. Sull’oggetto, si rinvia alle informazioni pubblicate in www.anticorruzione.it.
  5. In materia, si vedano E. Carloni, Misurare la corruzione? Indicatori di corruzione e politiche di prevenzione, in Pol. Dir., 2017, passim e R. Cantone, Il sistema della prevenzione della corruzione, Giappichelli, Torino, 2020, pp. 35 ss. Inoltre, per una recente analisi del rischio di corruzione, condotta approfondendo i dati provenienti dalla BDNCP, M. Troìa, Data analysis e costruzione di indicatori di rischio di corruzione per la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, Napoli, 2020. Sia infine consentito rinviare a P. Lombardi, La lotta alla corruzione come obiettivo di sviluppo sostenibile: nuove prospettive anche alla luce del PNRR, in www.federalismi.it.
  6. E. Carloni, Il paradigma trasparenza. Amministrazioni, informazione, democrazia, Il Mulino, Bologna, 2022, p. 143.
  7. N. Fiorino-E. Galli, La corruzione in Italia: un’analisi economica, Il Mulino, Bologna, 2013, p. 55.
  8. M. D’Alberti, I due nemici da combattere: i corrotti e il degrado istituzionale, in M. D’Alberti (a cura di), Combattere la corruzione. Analisi e proposte, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2016, p. 15, cui adde, dello stesso volume, A. Bixio, Le origini sociali della corruzione e A. Moliterni, Semplificazioni amministrative e contrasto alla corruzione: conflitto o concorso?, rispettivamente p. 63 e p. 231, sulle complicazioni normative e procedurali come fattore d’implementazione della corruzione.
  9. Le due efficaci frasi tra virgolette sono di G. Forti, La cura delle norme. Oltre la corruzione delle regole e dei saperi, Vita e Pensiero, Milano, 2018, pp. 182-183.
  10. Sull’opportunità di regole “semplici” al tempo delle semplificazioni, M. Gorlani, La semplificazione dei contratti pubblici: ricorrente “utopia” o occasione da cogliere?, in questa Rivista, f. 3/2022, pp. 20 ss.
  11. Le frasi tra virgolette sono riprese da ANAC, Relazione annuale 2021, op. cit., pp. 29 e 31.
  12. E. Carloni, Il paradigma trasparenza, op. cit., p. 127.
  13. Sulla vigilanza collaborativa, per tutti, si vedano gli approfondimenti di C. Benetazzo, ANAC e sistema europeo dei contratti pubblici, Giappichelli, Torino, 2020, pp. 102 ss. ed E. Frediani, Vigilanza collaborativa e supporto in itinere delle stazioni appaltanti. La funzione «pedagogica» dell’ANAC, in Dir. e proc. amm., 2018, pp. 151 ss.
  14. ANAC, Relazione annuale 2021, op. cit., p. 32.
  15. Su questo istituto e sulle sue criticità, si vedano gli approfondimenti di M. Cardone, Il rating d’impresa: disciplina, criticità e prospettive di un istituto mai applicato, in www.federalismi.it, R. Lombardi, Compliance 231 e misure di risk management: la nouvelle vague della “regolazione responsiva” degli attori pubblici economici, in Dir. amm., 2019, pp. 148 ss. e L. Galli-M. Ramajoli, Il ruolo della reputazione nel mercato dei contratti pubblici: il rating d’impresa, in Riv. reg. mercati, 2017, pp. 63 ss.
  16. In questo senso, R. Cantone, Il sistema della prevenzione della corruzione in Italia, in Dir. pen. cont., 2017, p. 7.
  17. T. Mathà, Innovazione negli appalti pubblici attraverso la professionalizzazione della committenza, in C. Pagliarin-C. Perathoner-S. Laimer (a cura di), Contratti pubblici e innovazione. Una strategia per far ripartire l’Italia, Giuffrè Francis Lefevre, Milano, 2021, p. 63.
  18. Per l’approfondimento del tema della qualificazione delle stazioni appaltanti, T. Mathà, Innovazione negli appalti pubblici attraverso la professionalizzazione della committenza, op. cit., pp. 63 ss., R. Dipace, Manuale dei contratti pubblici, Giappichelli, Torino, 2021, pp. 133 ss., A. Di Feo, Centrali di committenza, qualificazione delle stazioni appaltanti e tutela della concorrenza in Italia e nel Regno Unito, in Urb. e app., 2019, pp. 33 ss., P. Chirulli, Qualificazione delle stazioni appaltanti e centralizzazione delle committenze e L. Donato, Qualità ed efficienza delle stazioni appaltanti e delle imprese nel nuovo Codice dei contratti pubblici, entrambi in Quaderni di ricerca giuridica della consulenza legale della Banca d’Italia, 2018, n. 83, rispettivamente pp. 21 ss. e pp. 51 ss., V. Guerrieri, Quali vie per razionalizzare il sistema del public procurement? La qualificazione delle stazioni appaltanti e gli effetti sulla centralizzazione degli acquisti, in www.federalismi.it.
  19. In origine, era prevista, quale specifico ambito di qualificazione, unitamente alla capacità di progettazione, anche la capacità di programmazione, tuttavia espunta dal testo della disposizione dal Decreto Semplificazioni 2020 di cui a breve si farà cenno nel testo.
  20. Sul punto, si veda A. Massari, Il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti nello schema di d.p.c.m., in App. e contr., 2018, pp. 2 ss. e L. Donato, Qualità ed efficienza delle stazioni appaltanti e delle imprese nel nuovo Codice dei contratti pubblici, op. cit., p. 56.
  21. Sul punto, si rinvia alla Relazione sullo stato di attuazione del sistema di qualificazione trasmessa alla Cabina di Regia di cui all’art. 212 del Codice dei contratti pubblici, pubblicata da ANAC il 27 giugno 2022 e consultabile sul sito www.anticorruzione.it. La Relazione costituisce esito della “seconda fase” del sistema di qualificazione, in cui l’Autorità ha operato un’analisi dei contributi pervenuti, effettuato un ampio richiamo dei contenuti della Legge delega cui si accennerà a breve e richiamato la fondamentale importanza della BDNCP per la rielaborazione delle informazioni utili al sistema di qualificazione.
  22. P. Chirulli, Qualificazione delle stazioni appaltanti e centralizzazione delle committenze, op. cit., p. 24.
  23. P. Chirulli, op. cit., p. 26.
  24. P. Chirulli, op. cit., p. 40.
  25. Sul punto, si rinvia al paragrafo della più volte citata Relazione annuale 2021 dedicato alle audizioni sul disegno di legge, pp. 55 ss.
  26. Per l’approfondimento dei contenuti del disegno di legge discusso alla Camera, si veda il dossier del 23 marzo 2022 sulla Delega al Governo in materia di contratti pubblici, consultabile sul sito www.temi.camera.it.
  27. In questo senso, M. Clarich, La riforma della pubblica amministrazione nello scenario post Covid-19: le condizioni per il successo del Piano nazionale di ripresa e resilienza, in G. Corso-F.G. Scoca- A. Ruggeri-G. Verde (a cura di), Scritti in onore di Maria Immordino, vol. I, Editoriale Scientifica, Napoli, 2022.
  28. Sul punto, si rinvia al capitolo della Relazione dedicato a “La riorganizzazione di ANAC di fronte alle nuove sfide”, pp. 80 ss.
  29. ANAC, Relazione annuale 2021, op. cit., p. 74.
  30. E. Carloni, Il paradigma trasparenza, op. cit., p. 19.
  31. E. Carloni, op. ult. cit., pp. 264-265.
  32. E. Carloni, op. ult. cit., pp. 299 ss.
  33. M. Clarich, La riforma della pubblica amministrazione nello scenario post Covid-19, op. cit.
  34. B.G. Mattarella, Controllo della corruzione amministrativa e regole di etica pubblica, in Riv. it. dir. pubb. comun., 2002, pp. 1030 e 1053. Sul delicato e complesso rapporto tra lotta alla corruzione ed etica pubblica, F. Patroni Griffi, Gli strumenti di prevenzione nel contrasto alla corruzione e Battere la corruzione: una sfida impossibile?, entrambi in www.federalismi.it.
  35. G. Forti, La cura delle norme, op. cit., pp. 190 e 192.
  36. Ancora G. Forti, La cura delle norme, op. cit., p. 193.
  37. Sul punto, sia consentito rinviare nuovamente a P. Lombardi, La lotta alla corruzione come obiettivo di sviluppo sostenibile: nuove prospettive anche alla luce del PNRR, op. cit.
  38. B.G. Mattarella, Il diritto dell’onestà. Etica pubblica e pubblici funzionari, in Il Mulino, 2007, pp. 38 ss.
  39. Il documento è consultabile sul sito www.asvis.it.
  40. Così il citato Rapporto ASviS, p. 17.
  41. Ancora lo stesso Rapporto ASviS, p. 14. Sul forte arretramento, registrato tra il 2010 ed il 2020 non solo dall’Italia ma dalla gran parte dei Paesi dell’UE quanto al perseguimento di questo specifico obiettivo, si rinvia al Rapporto ASviS 2022, L’Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, pubblicato il 4 ottobre 2022 sul sito www.asvis.it.

Paola Lombardi

Full Professor of Administrative Law at the University of Brescia.