Il paradigma digitale dell’evidenza pubblica

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Il paradigma digitale dell’evidenza pubblica

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Una delle principali novità del codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 36 del 2023 è rappresentata dalle norme sulla “digitalizzazione” (formale e sostanziale), alle quali è dedicata tutta la parte II del Libro I (artt. 19-36). Nel tentativo di fornirne una lettura sistematica, lo scritto intende mettere in luce come le principali novità introdotte dalle disposizioni richiamate (con particolare riguardo al ciclo di vita digitale del contratto e alla possibilità di utilizzo di sistemi di automazione) compongano un nuovo paradigma dell’evidenza pubblica e quali siano le principali implicazioni non solo nel settore degli appalti pubblici, ma anche sull’azione amministrativa in senso più ampio intesa.


The Digital Paradigm of Public Contracts
One of the main innovations of the Italian Code of Public Contracts (adopted with Legislative Decree n. 36 of 2023) concerns the rules on “digitalization” in Book I of the Code (art. 19-36). This paper sets out the main innovations introduced by these provisions (with particular regard to the digital life cycle of a contract and the possibility of using automation systems) and highlights how they form a new paradigm, which is relevant not only in the field of public procurement, but also for administrative action in a broader sense.
Summary: 1. La cornice del “nuovo” codice e i profili di discontinuità.- 2. Una possibile classificazione dell’“impianto” normativo costituente il paradigma digitale dell’evidenza pubblica.- 3. Le regole trasversali del paradigma digitale dell’evidenza pubblica.- 3.2. La prospettiva nativa digitale ….- 3.3. … e il ciclo di vita digitale del contratto.- 3.3. Accesso agli atti, riservatezza e “rischio di evidenza pubblica”.- 4. Il profilo ‘esterno’ del paradigma digitale dell’evidenza pubblica: gli strumenti digitali a disposizione delle stazioni appaltanti e degli operatori economici e le regole tecniche.- 5. Il profilo ‘interno’ del paradigma digitale dell’evidenza pubblica: le procedure automatizzate e l’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale.- 6. Criticità e sviluppi futuri: dal paradigma digitale dell’evidenza pubblica alla procedura ad evidenza pubblica nel metaverso?

1. La cornice del “nuovo” codice e i profili di discontinuità

Il “nuovo”[1] codice degli appalti nasce in una cornice diversa rispetto al contesto in cui muoveva il d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50.

La fine di una serie di emergenze, su tutte la pandemia da Covid-19, ha condotto l’Europa all’approvazione di programmi a sostegno della crescita sociale ed economica dei Paesi membri colpiti attraverso la redazione di piani nazionali per la ripresa[2].

Su questa scia anche l’Italia ha adottato il proprio Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) teso alla ricostruzione economica e sociale dopo la(e) crisi[3].

In un simile contesto, la prima chiave di lettura del codice è rappresentata proprio dalle linee tracciate dal PNRR.

Il Piano individua gli obiettivi specifici misurabili da raggiungere (i c.d. “milestones”) e le riforme (di sistema e/o trasversali) da attuare nel rispetto di un cronoprogramma necessario all’ottenimento dei finanziamenti europei, in parte a fondo perduto, in parte a titolo di prestito.

Siffatto progetto di trasformazione della società e dell’amministrazione[4] include il codice dei contratti pubblici che, approvato con il d. lgs. 31 marzo 2023, n. 36 in attuazione dell’art. 1 della legge delega 21 giugno 2022, n. 78[5], si pone nella prospettiva delle riforme abilitanti di “semplificazione e concorrenza”[6] anche quale rafforzamento del d.l. 16 luglio 2020, n. 76[7].

Tra le misure generali comprese nell’ambito della contrattazione pubblica, il PNRR individua come principali la digitalizzazione[8] e l’interoperabilità dei dati pubblici[9].

Diversi sono i profili che determinano una discontinuità con la precedente disciplina in materia.

In primo luogo, l’appena richiamato quadro di riferimento a direttive invariate[10], il costituire uno degli obiettivi del PNRR ed il suo essere auto-esecutivo[11]. Ciò ha condotto il legislatore del 2023 a trovare un punto di equilibrio tra quanto previsto nelle direttive europee del 2014, recepite nel codice del 2016, e i principi e i criteri contenuti nella legge delega, muovendosi in un perimetro ben marcato e preferendo scrivere un nuovo testo normativo che revisionare quello vigente. Si tratta di un ulteriore segnale di rottura rispetto alla via intrapresa dal codice del 2016, posto che l’orizzonte del “nuovo” codice, sotto certi aspetti, appare di maggiore chiarezza e certezza (anche nell’ottica della semplificazione) e orienta ad una diversa visione (pure nella prospettiva del contrasto all’eccessiva burocrazia e alla c.d. “paura della firma”)[12].

A tali elementi si aggiungono, sempre nel segno della discontinuità, le modalità di stesura del testo (di fatto, scritto dal Consiglio di Stato[13]), la circostanza per cui un’intera parte del codice, sebbene inserita in un percorso avviato[14], sia, per la prima volta, completamente dedicata alle norme sulla “digitalizzazione”[15].

Anche l’apertura del dettato normativo con i principi[16], taluni in precedenza mai positivizzati, lo rende un codice non solo di direzione (in senso tecnico), ma anche di visione del settore e, probabilmente, della futura amministrazione. Diversamente dal codice del 2016, infatti, le prime disposizioni non recano le definizioni iniziali[17].

Riguardo ai principi, tra quelli richiamati, i primi tre rappresentano veri e propri punti di riferimento per l’intero codice: il risultato, la fiducia e l’accesso al mercato[18].

In particolare, i principi del risultato[19] e della fiducia[20] – spesso ritenuti una endiadi e strettamente connessi poiché il primo (risultato) è realizzabile solo ove il secondo (fiducia) sia adeguatamente soddisfatto[21] – potrebbero essere considerati anche “principi dei principi”[22]: il criterio interpretativo e applicativo di cui all’art. 4 stabilisce che le singole disposizioni del codice siano attuate proprio in base ad essi[23].

Mentre ai primi tre è, difatti, riconosciuta una «portata ermeneutica generalizzata», agli altri «deve essere attribuita una più generica e normale portata precettiva»[24].

Il che significa che, dapprima, la stazione appaltante e l’operatore economico e, in un momento successivo (eventuale), il giudice, in caso di incertezze interpretative, sono tenuti a leggere e ad applicare ciascun articolo secondo quanto contenuto nelle norme-principio e, in particolare, negli artt. 1, 2 e 3, la cui importanza è irrobustita proprio dall’essere collocati all’inizio del codice.

Una delle principali innovazioni è poi proprio quella rappresentata dalle norme sulla “digitalizzazione”, collocate nella parte II del Libro I del Codice agli artt. 19-36.

Nel contesto appena tratteggiato, questo contributo intende mettere in luce come le principali novità introdotte dalle disposizioni appena richiamate (con particolare riguardo al ciclo di vita digitale del contratto e alla possibilità di utilizzo di sistemi di automazione) compongano un nuovo paradigma dell’evidenza pubblica.

2. Una possibile classificazione dell’“impianto” normativo costituente il paradigma digitale dell’evidenza pubblica

Prima di concentrarsi sulle regole del paradigma “digitale” è opportuna una precisazione terminologica, valida non soltanto con riferimento alla materia degli appalti, ma, presumibilmente, anche alla funzione amministrativa nel suo complesso[25].

Il legislatore del codice del 2023 pone sotto l’espressione “digitalizzazione” sia l’informatizzazione, comprensiva dei profili relativi alle regole, ai principi e agli strumenti per la digitalizzazione (spec. artt. 22-29 e 31-36), ossia l’insieme delle norme digitali in senso stretto, sia la possibilità di utilizzo di automatismi nel ciclo di vita dei contratti pubblici (art. 30)[26].

In altri termini, sebbene la Parte II del Titolo I sia denominata in maniera unitaria “Della digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti”, gli aspetti affrontati (rispetto all’azione amministrativa) possono essere distinti in tre gruppi: i primi due con rilevanza esterna e il terzo con rilievo interno[27].

Il primo gruppo è trasversale e si pone sul piano regolatorio posto che in esso confluiscono una molteplicità di diposizioni tese a disciplinare gli aspetti digitali che rilevano per lo più dal punto di vista formale.

Le regole ivi comprese hanno una valenza generale: si riferiscono ai principi e ai diritti digitali (art. 19), ai principi in materia di trasparenza – art. 20 –, all’ambito di applicazione delle norme “digitali”, esplicitamente definito dall’art. 21 del codice “ciclo di vita digitale dei contratti pubblici”, e alle regole procedimentali e processuali in tema di accesso agli atti e riservatezza (artt. 35 e 36).

La seconda classe di norme si pone su un piano funzionale perché coinvolge gli strumenti a disposizione delle stazioni appaltanti e degli operatori economici. In esso convergono gli artt. da 22 a 29 e da 31 a 34.

Il terzo gruppo, infine, ha rilevanza interna (e sostanziale) dal punto di vista dell’azione amministrativa e per ciò mostra un’autonomia propria rispetto agli altri articoli della Parte seconda. Il riferimento è all’art. 30 il quale accorda, ove possibile, l’uso di procedure automatizzate attraverso soluzioni tecnologiche che includono l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e, nel contempo, indica i principi da applicare.

Tale classificazione è utile per individuare le possibili implicazioni che i profili “digitali” avranno[28], sui contratti pubblici e, nel contempo, per valutare se possano essere estesi, in senso più generale, all’azione amministrativa nel suo insieme, quanto meno in termini di coordinate orientative.

Il codice degli appalti del 2023 sembra porsi, difatti, non solo alla stregua di un incubatore di innovazione tecnologica e digitale[29], costituendo la prima vera occasione di sperimentazione delle norme “sulla” e “per la” amministrazione pubblica (risultato, fiducia, digitalizzazione e automazione), così rappresentando la porzione (considerevole, dato il rilievo del settore) di una strategia complessiva, ma anche uno degli snodi fondamentali per la transizione digitale e per il rilancio del Paese.

3. Le regole trasversali del paradigma digitale dell’evidenza pubblica

3.2. La prospettiva nativa digitale …

La Relazione del Consiglio di Stato al d. lgs. n. 36 del 2023 rammenta come la digitalizzazione amministrativa sia la principale sfida dei prossimi anni, oltre che uno degli obiettivi più rilevanti del PNRR. Evidenzia, altresì, tra gli scopi prioritari, la garanzia dell’efficienza, dell’efficacia e del rispetto delle regole, anche in materia di anticorruzione, considerato che il settore dei contratti pubblici, dato il potenziale economico, è uno di quelli in cui tali fenomeni si annidano con maggiore frequenza[30].

Il Piano definisce le modalità per digitalizzare le procedure e i requisiti di interoperabilità e di interconnettività per la realizzazione di un sistema nazionale di “e-procurement” che deve concorrere ad attuare il c.d. “smart procurement”[31], ovvero la completa digitalizzazione del ciclo di vita del contratto pubblico, «architrave infrastrutturale su cui si basa l’intero nuovo codice»[32]. Tale cornice consente di leggere le disposizioni costituenti il paradigma digitale in una prospettiva sistemica destinata a segnare un passaggio al nuovo modello anche in senso sostanziale e non più soltanto estrinsecamente formale.

Il conseguimento di tale obiettivo è sfidante e richiede un effettivo ripensamento del flusso dell’attività amministrativa nel suo complesso, del procedimento e delle procedure ad evidenza pubblica in prospettiva nativa digitale. Lo scopo è rendere più efficiente l’intero processo e costituire sistemi di controllo più rigorosi e «meno permeabili» a possibili abusi e a fenomeni corruttivi[33].

In verità, i tentativi di digitalizzazione dell’amministrazione non sono nuovi. Basti pensare (almeno) all’emanazione del codice dell’amministrazione digitale (CAD)[34] e al superamento dell’impostazione tradizionale cartacea della procedura ad evidenza pubblica avviati nel 2006 con l’introduzione dell’utilizzo del fax, poi rafforzati nel 2016 con il riconoscimento della possibilità di scambiare le comunicazioni attraverso la posta elettronica certificata (PEC) e di utilizzare altri strumenti digitali, consolidati anche a seguito di successivi ritocchi al testo normativo.

Quello che sino al 31 dicembre 2023 è stato attuato in materia di digitalizzazione dei contratti pubblici, tuttavia, è segmentato, circoscritto a singole fasi o all’adozione di documenti digitalizzati per lo più a posteriori (cioè stampati e poi scansionati in formato .pdf o .pdf firmati digitalmente)[35].

Non si può negare come questa (rin)corsa alla digitalizzazione risenta delle criticità collegate alle infrastrutture e all’organizzazione degli uffici amministrativi, oltre che alla mancanza di un’integrale modifica dei processi e delle procedure applicata sinora solo a singole fasi o atti[36].

Il codice del 2016, pur preferendo le forme digitali, ammetteva l’utilizzo di modalità cartacee attuando, così, situazioni miste o para-digitali.

L’art. 75 del d. lgs. n. 50 del 2016, ad esempio, stabiliva che gli inviti ai candidati riportassero l’indirizzo web al quale questi erano accessibili per via elettronica, gratuita, illimitata e diretta (c.d. accesso elettronico), prevedendo, come opzione residuale all’invio in formato digitale, la trasmissione della documentazione cartacea in caso di impossibilità di accesso elettronico.

Altre ipotesi da tempo previste sono la pubblicazione dei bandi e degli avvisi anche sulla piattaforma digitale dell’ANAC in cooperazione applicativa con i sistemi informatizzati regionali e di e-procurement, la digitalizzazione delle procedure (art. 44) le attività da svolgere attraverso le piattaforme telematiche di negoziazione (art. 58).

L’utilizzo della strumentazione elettronica ed informatica (possibilità – già nel 2016 – spinta da ragioni di semplificazione, trasparenza e immediatezza), insomma, non rappresenta in senso assoluto una novità in materia di contrattazione pubblica[37].

I profili di maggiore innovazione che si riscontrano, invece, sono almeno due: un approccio digitale rotondo e completo, affiancato all’introduzione di automatismi e soluzioni tecnologiche che includano l’intelligenza artificiale e il fatto che le norme e i principi sulla digitalizzazione e sull’automazione siano finalizzati al raggiungimento del risultato, inteso come la stipulazione e l’esecuzione di un buon contratto, eseguito «con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza»[38].

In termini più ampi, il risultato può essere ritenuto il conseguimento dei fini (di interesse generale) stabiliti dalla legge quale logica conseguenza del contemperamento dei principi dell’agire amministrativo e, dunque, prioritario criterio per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola da applicare al caso concreto[39]. La prospettiva dell’azione si concentra insomma sul risultato di cui i cittadini beneficeranno.

Lo scopo ultimo per cui è realizzata un’opera o è affidato un lavoro o un servizio è, in fondo, il perseguimento del benessere degli amministrati o il miglioramento delle condizioni e/o situazioni in cui questi si trovano[40].

L’orizzonte verso cui attualmente il legislatore guarda è perciò proiettato all’utilizzo di strumenti digitali, di meccanismi di automazione e di intelligenza artificiale per ogni attività (dalla programmazione all’esecuzione del contratto) che deve nascere come digitale.

Il ciclo di vita del contratto, nella prospettiva del codice del 2023, non può più essere quindi né analogico, né misto, non può più integrarsi con quello tradizionale in una segmentazione digitale-analogico, ma diventa in toto nativo digitale (“machine to machine”) così da rendere possibile l’interconnessione e l’interoperabilità tra i sistemi telematici e l’implementazione delle banche dati con le informazioni prodotte all’esito di singole procedure[41].

Ciò rafforza il fatto per cui le amministrazioni e, in particolare le stazioni appaltanti, devono adeguarsi, nel rispetto del principio di legalità, ai mutamenti e alle innovazioni che coinvolgono l’intera società per il raggiungimento di risultati che, molto spesso, nel settore privato sono già dati per acquisiti[42]. Da questo punto di vista, dunque, gli adempimenti degli operatori economici rispetto al paradigma digitale dell’evidenza pubblica appaiono di più agevole realizzazione rispetto a quelli che, invece, in questo senso, dovranno essere compiuti dalle amministrazioni, specie se di minori dimensioni.

Sulla base di tali premesse, la legge delega n. 78 traccia i cardini delle norme del codice in materia di digitalizzazione e automazione, in particolare alle lettere m) e t) dell’unico art. 1.

Mentre i principi di riduzione e certezza dei tempi relativi alle procedure di gara, alla stipula dei contratti e all’esecuzione degli appalti di cui alla lett. m) fanno capo alla digitalizzazione e all’informatizzazione delle procedure, il contenuto della lett. t) si riferisce alla possibilità di ricorrere, per la valutazione delle offerte, anche alle procedure automatizzate[43] (v. par. 5).

Le disposizioni che nel codice traducono in regole trasversali tali principi sono distinte in due blocchi: il primo è contenuto, come anticipato, agli artt. 19, 20 e 21, il secondo agli artt. 35 e 36, specificamente dedicati all’accesso agli atti e alla riservatezza (v. par. seguente).

Prima di procedere, occorre premettere due aspetti.

Anzitutto, gli artt. 19, 20 e 21 sono previsioni che non trovano un loro “omologo” o un articolo analogo nel precedente codice del 2016, né ne costituiscono una modifica.

Lo stesso vale per l’art. 36, recante le norme procedimentali e processuali in tema di accesso, ma non anche per il precedente art. 35 che novella, invece, l’art. 53 del codice del 2016 pur mantenendo la medesima rubrica (“Accesso agli atti e riservatezza”).

La seconda questione preliminare è una possibile suddivisione ulteriore tra gli artt. 19, 20 e 21: gli artt. 19 e 20 sono norme che recano principi e diritti, la terza (art. 21) tratteggia l’ambito di applicazione delle norme sulla “digitalizzazione” (che, peraltro, l’art. 19 al primo comma esplicitamente richiama).

I principi e i diritti digitali espressi dagli artt. 19 e 20 sono molteplici e devono essere integrati con quelli presenti nel CAD[44] (dal quale questa parte del codice prende il via) e nel d. lgs. 14 marzo 2013, n. 33 cui, rispettivamente, il primo comma dell’art. 19 e il primo comma dell’art. 20 rimandano.

In aggiunta ad essi, il legislatore pone altri principi e diritti che regioni e province autonome sono tenute a far rispettare, anche supportando le stazioni appaltanti e gli enti concedenti[45]. Si tratta di quei principi che consentono l’attuazione del diritto alla cittadinanza digitale[46].

In particolare, tra i principi indicati vi sono quelli di neutralità tecnologica, di trasparenza (multilivello[47]), di protezione dei dati personali, di sicurezza informatica[48], di unicità dell’invio[49], della modalità digitale per impostazione predefinita[50], del riuso delle informazioni e di accessibilità e fruibilità dei dati in formato aperto[51], della interoperabilità per impostazione predefinita[52], dell’affidabilità e sicurezza delle informazioni nel rispetto del quadro normativo sui dati e in materia di riservatezza[53], della tracciabilità e trasparenza delle attività svolte e di accessibilità ai dati e alle informazioni anche nella prospettiva della fiducia verso la funzione amministrativa[54], della conoscibilità dei processi decisionali automatizzati anche ricorrendo, ove possibile, all’utilizzo dell’intelligenza artificiale[55], e del principio di unicità del luogo di pubblicazione e di invio delle informazioni[56].

Questo prisma di principi, in ottemperanza al contesto normativo europeo in materia di digitalizzazione e di utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale, conferma l’intenzione di porre l’innovazione tecnologica al servizio dell’amministrazione e, ancor di più, dei cittadini in un’ottica di collaborazione reciproca (il nuovo “patto collaborativo digitale”[57]) improntata sulla fiducia; questa può ritenersi agevolata dal fatto per cui lo scambio di documenti nativi digitali può rendere più rapide e agevoli le verifiche e potenzialmente scoraggia le false attestazioni. Lo scopo delle tecnologie, come ribadisce la Relazione, tuttavia, pur rinvenendosi nell’aumento dell’efficacia e dell’efficienza dei processi, non può implicare una riduzione delle garanzie e dei diritti degli operatori economici (su tutti il trasferimento e il trattamento dei dati in sicurezza e nel rispetto delle norme in materia di riservatezza e di etica), né dei doveri che gravano sulle amministrazioni[58].

Il principio dell’unicità del luogo delle pubblicazioni e dell’invio di informazioni di cui all’art. 20, tra l’altro, deve essere letto congiuntamente all’art. 28 (sugli obblighi di pubblicazione) che indica quali sono i dati, le informazioni e gli atti relativi ai contratti pubblici oggetto di pubblicazione[59] ai fini del rispetto della trasparenza e con la regola dell’unico invio di cui all’art. 27 tesa a semplificare gli adempimenti diretti ad assolvere tutti gli obblighi di pubblicazione[60].

3.3. … e il ciclo di vita digitale del contratto

L’art. 21 contribuisce a delimitare, come anticipato, il perimetro di applicazione delle norme “digitali” sui contratti pubblici ovvero il ciclo di vita del contratto.

Il legislatore precisa, anzitutto, come per “ciclo di vita” debba intendersi la procedura nella sua interezza: programmazione, progettazione, pubblicazione, affidamento ed esecuzione[61], ossia tutto ciò che attiene al contratto, dalla fase di programmazione sino al collaudo e al pagamento dell’ultima fattura relativa a quel contratto. Alle attività di ciascuna di queste fasi, da gestire attraverso piattaforme e servizi digitali tra loro interoperabili, devono inoltre applicarsi le disposizioni del CAD[62].

Non solo. La dimostrazione di come il legislatore del codice del 2023 voglia digitalizzare l’intero iter di formazione del contratto pubblico emerge dal combinato disposto dei commi 1 e 2 dell’art. 21 con il terzo comma – che precisa come anche i soggetti che intervengono nel ciclo di vita digitale del contratto debbano operare secondo dette disposizioni – e con il comma 3 dell’art. 19, secondo il quale anche le «attività e i procedimenti amministrativi connessi al ciclo di vita dei contratti pubblici» devono svolgersi digitalmente.

L’impianto normativo appena tratteggiato, già a prima lettura, impone una necessaria riorganizzazione amministrativa produttiva di implicazioni interne ed esterne: nel primo caso, attraverso l’adozione di nuove misure e mediante l’adeguamento di processi e regolamenti, dal punto di vista dell’implementazione delle competenze in capo ai dipendenti amministrativi (in servizio e futuri), attraverso percorsi formativi di consolidamento delle competenze e di aggiornamento anche riguardo alle misure di tutela dei dati che vengono scambiati; nel secondo, rafforzando e migliorando la comunicazione esterna delle amministrazioni, cioè nella prospettiva del principio della fiducia in senso reciproco, supportando, informando e, se occorre, istruendo i potenziali operatori economici sulle modalità “digitali”[63].

L’altro aspetto sul quale incidono le norme digitali concerne, infine, il profilo materiale, ossia l’infrastruttura e la strumentazione informatica che deve anch’essa essere adeguata, o, se necessario, resa tale, alle necessità dettate dal nuovo paradigma dell’evidenza pubblica.

3.3. Accesso agli atti, riservatezza e “rischio di evidenza pubblica”

L’altro blocco di norme esterne è specificamente dedicato all’accesso agli atti e alla riservatezza ed è composto da due articoli che recepiscono gli approdi giurisprudenziali. Il codice del 2023 innova infatti il procedimento di accesso agli atti delle procedure ad evidenza pubblica.

L’art. 35, che modifica l’art. 53 del d. lgs. n. 50 del 2016[64] anche correggendone i tempi, concerne l’accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici in modalità digitale attraverso l’acquisizione diretta dei dati e delle informazioni inserite nelle piattaforme, poggiando sull’architrave delle norme in materia di accesso[65].

L’accesso cui si fa riferimento, diversamente dalle previsioni del codice del 2016, non riguarda solo quello documentale ex artt. 22 e ss. della legge n. 241 del 1990, ma anche l’accesso civico e l’accesso civico generalizzato di cui, rispettivamente, agli artt. 5 e 5-bis del d.lgs. n. 33 del 2013.

Lo scopo delle modifiche alla previgente disciplina è allineare l’impianto normativo all’utilizzo di piattaforme di “e-procurement”[66].

La novella, pertanto, consente agli amministrati di chiedere, esercitando il diritto fondamentale all’accesso civico generalizzato[67], i documenti di gara nei limiti di quanto previsto all’art. 5-bis del decreto trasparenza.

È così consolidato il principio di trasparenza come pilastro democratico per la conoscenza dell’azione dell’amministrazione e per la realizzazione degli altri diritti garantiti dall’ordinamento, essenziale anche ai fini del principio della fiducia.

In questo senso, l’accesso civico generalizzato ingloba il «diritto della persona a ricercare le informazioni» come strumento di partecipazione teso alla conoscenza dei dati e delle decisioni delle amministrazioni nella prospettiva della complessiva e complementare responsabilizzazione (c.d. “accountability”)[68].

Casi, limiti e modalità per ottenere la documentazione di gara sono regolati dai commi 2, 3, 4 e 5 che indicano i documenti accessibili dopo l’aggiudicazione[69] e disciplinano le ipotesi di esclusione dall’accesso[70], segnando un cambio di prospettiva assai rilevante proprio dal punto di vista della digitalizzazione.

Il comma 5, lett. e), dell’art. 53 del codice del 2016 impediva l’accesso alle soluzioni tecniche e ai programmi per elaboratori utilizzati dalla stazione appaltante o dal gestore del sistema informatico per le aste elettroniche quando coperti da diritti di proprietà intellettuale. Il comma 5 dell’art. 35 del Codice del 2023, invece, individua un’eccezione alla regola dell’esclusione di cui al comma 4 lett. b) n. 3) che preclude l’accesso alle piattaforme digitali e alle infrastrutture informatiche utilizzate dalla stazione appaltante o dall’ente concedente se coperti da diritti di privativa intellettuale.

Dal 1° gennaio 2024, difatti, il concorrente potrà esercitare il proprio diritto di accesso nel caso in cui questo sia «indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentati in relazione alla procedura di gara»[71] cosa che pare determinare, in capo agli altri concorrenti, una sorta di assunzione del “rischio di evidenza pubblica” verso la propria documentazione tecnica a vantaggio degli altri concorrenti.

Tale previsione è da leggere con quella parte dell’art. 30[72], secondo cui, nel caso di utilizzo delle procedure automatizzate nel ciclo di vita dei contratti pubblici, devono essere rispettati i principi di conoscibilità e comprensibilità, e apre al tema del ruolo delle piattaforme e dei sistemi informatici[73].

Mentre la seconda questione sarà esaminata più avanti[74], in ordine alla prima, ogni operatore economico è tenuto ad essere informato non solo dell’eventuale utilizzo di automatismi, ma anche delle modalità di tali applicazioni ai processi decisionali che lo riguardino[75].

Ai sensi del comma 4 lett. b) dell’art. 35, poi, sono esclusi dall’accesso i pareri legali riferiti al contenzioso sui contratti pubblici e le relazioni riservate del direttore dei lavori, del direttore dell’esecuzione e dell’organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto.

L’art. 36 reca, invece, le norme procedurali e processuali in tema di accesso, istituto indispensabile nel settore degli appalti pubblici, in genere, attuato a valle della procedura di scelta dell’aggiudicatario, mettendo al centro della regolazione il tempo[76], che la recente giurisprudenza non ha mancato di ritenere bene della vita essendo la certezza temporale dell’azione un principio inderogabile di ordine pubblico[77]. In altri termini, l’idea sottesa a questa come a molte altre disposizioni del ‘nuovo’ codice è di raggiungere il risultato in maniera soddisfacente e in tempi rapidi.

Oggi nell’ambito dell’accesso, che, come abbiamo visto, è digitale e, dunque, immediato e automatico, occupa una posizione di rilievo la piattaforma di approvvigionamento digitale. In questo contesto, di conseguenza, la riservatezza nelle procedure di gara rappresenta l’eccezione.

Il comma 1 dell’art. 35 parla, infatti, di «acquisizione diretta dei dati e delle informazioni inseriti nelle piattaforme», l’innovativo primo comma dell’art. 36 di disponibilità, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi, dell’offerta dell’operatore economico aggiudicatario, dei verbali di gara e degli atti, dei dati e delle informazioni presupposti all’aggiudicazione mediante la piattaforma di approvvigionamento digitale di cui all’art. 25 del codice contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione ai sensi dell’art. 90.

La scelta, come evidenzia la Relazione, aderisce ai contenuti della direttiva europea 2014/24/UE (art. 55, comma 2, lett. c) e ottempera la pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 10 del 2020[78].

Questa opzione produce due conseguenze rilevanti.

La prima è di ordine giuridico significando che il legislatore del codice del 2023 intende riconoscere un interesse pubblico all’offerta selezionata (e alla sua comunicazione) all’esito di una procedura di gara.

L’offerta vincente, infatti, è l’opzione che l’amministrazione, nello spirito del principio del risultato, si impegna a realizzare e, nel rispetto del principio della fiducia, a finanziarie con le risorse pubbliche. Questa modalità diventa, altresì, strumento di prevenzione della corruzione e garanzia di trasparenza, di tracciabilità dell’azione, di partecipazione e controllo, in ossequio al rispetto del principio di legalità.

La seconda ragione è di utilità pratica per l’amministrazione (ma anche di economicità dell’azione amministrativa) che in questo modo riesce ad evitare quella fase amministrativa consistente nella gestione delle istanze di accesso prodromica alla valutazione di una eventuale proposizione di una impugnazione.

L’impianto normativo inerente all’accesso e alla riservatezza insieme agli artt. 20, 27 e 28 tesse altresì la trama della trasparenza. Se sugli artt. 20 e 28 si è già detto, l’innovativo terzo comma dell’art. 27 differenzia la messa a disposizione costante della documentazione di gara mediante le piattaforme digitali e i siti istituzionali delle stazioni appaltanti dalla costante accessibilità garantita dalla Banca dati dei contratti pubblici.

L’importanza dell’elemento temporale teso all’accelerazione dei processi spicca anche dalla lettura dei commi successivi dell’art. 36: il comma 2 mira a ridurre i tempi del possibile contenzioso che può venirsi a creare rispetto alla procedura di gara, mentre il comma 3 regola l’accesso su piattaforma per velocizzarla; il comma 4 stabilisce tempi più ristretti per proporre ricorso avverso parti dell’offerta ritenute segrete all’esito della fase amministrativa, mentre il comma 7 reca disposizioni processuali accelerate in riferimento al ricorso proposto per conoscere o impedire l’ostensione di parti dell’offerta ritenute riservate. Questo impianto conferma la rilevanza del tempo quale bene della vita nei settori strategici a cui le norme in materia anche di semplificazione tendono (si pensi alle modifiche introdotte alla legge n. 241 del 1990 dal d.l. n. 76 del 2020).

Oltre all’accesso contestuale alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione, il codice prevede la modalità di accesso riservata ai documenti dei primi cinque operatori della graduatoria.

Ai sensi del comma 2 dell’art. 36, l’offerta dell’aggiudicatario diventa reciprocamente pubblica tra i primi cinque operatori economici in graduatoria, sempre attraverso la piattaforma, confermando la possibilità del “rischio di evidenza pubblica” sopra accennata. Ciò comporta una sorta di capovolgimento rispetto alla precedente regola in tema di tutela del segreto aziendale. In tal caso la divulgazione – eccetto eventuali decisioni discrezionali, da motivare celermente, sulle richieste di oscuramento di parti delle offerte – è automatica a favore della riduzione dei tempi di gara.

Il “rischio di evidenza pubblica” è il rischio che l’operatore economico che decide di prendere parte ad una gara pubblica è disposto a correre in cambio di una maggiore rapidità della procedura; costituisce l’esito di un allentamento del bilanciamento (sebbene limitato ai primi quattro della graduatoria dopo il vincitore) molto forte nel codice del 2016[79] (vigente sino alla fine del 2023), tra le esigenze di difesa del concorrente (costituzionalmente protette dall’art. 24 Cost.) e la protezione del “know-how” aziendale dell’operatore economico[80].

Un diverso procedimento (c.d. “rito dell’oscuramento”[81] applicabile all’offerta tecnica, ma non alle contestazioni relative all’operatività delle piattaforme digitali nei confronti delle quali resta il rito per l’accesso ex art. 116 c.p.a.) è previsto all’art. 36 quarto comma, da leggere insieme al comma 7, in relazione alla possibilità di impugnare le decisioni dell’amministrazione sulle richieste di oscuramento.

Il termine per la proposizione e la notificazione di detto ricorso è di dieci giorni decorrenti dalla comunicazione digitale dell’aggiudicazione; sempre entro dieci giorni, decorrenti dal perfezionamento, nei propri confronti, della notifica del ricorso, le parti intimate sono tenute a costituirsi in giudizio. La decisione è rimessa alla discussione nella prima camera di consiglio utile che dovrà pubblicare la sentenza entro cinque giorni da tale discussione.

I termini operativi sono molto compressi con la conseguenza che, a vantaggio della velocità delle procedure, si rischia sia di complicare l’attività che i soggetti coinvolti (stazioni appaltanti, operatori economici, rispettivi legali, giudice amministrativo) devono compiere con assoluta urgenza, sia di ridurre l’approfondimento delle questioni sulle quali il giudice è tenuto a pronunciarsi, indirettamente, limando lo stesso diritto di difesa[82].

Ai sensi del comma 6 dell’art. 36, infine, la pubblica amministrazione, considerando insussistenti le ragioni di segretezza di parte delle offerte avanzate dagli operatori può segnalare all’ANAC – che può erogare una sanzione pecuniaria – eventuali richieste reiterate di oscuramento della documentazione onde scongiurare istanze strumentali e/o pretestuose.

Le questioni che questo blocco di norme pone sono molteplici: una delle più delicate è rappresentata dal necessario contemperamento tra le esigenze di maggiore efficienza processuale, attuabile anche attraverso la digitalizzazione che consente una riduzione dei tempi, e il mantenimento delle garanzie procedimentali e dei diritti dei soggetti coinvolti che l’amministrazione, prima, e il giudice, poi, dovranno di volta in volta operare.

4. Il profilo ‘esterno’ del paradigma digitale dell’evidenza pubblica: gli strumenti digitali a disposizione delle stazioni appaltanti e degli operatori economici e le regole tecniche

L’impianto normativo del codice di cui al d. lgs. n. 36 del 2023 in materia di ‘digitalizzazione’ offre, come si diceva in apertura, una serie di strumenti tecnologici più o meno innovativi affinché stazioni appaltanti e operatori economici rendano digitale il ciclo di vita del contratto pubblico e tutte le attività ad esso collegate.

Dette norme (artt. 22-26, 29 e 31-34) assumono ‘gradazioni’ diverse in relazione al differente livello di innovazione rispetto al codice del 2016: alcune disposizioni sono introdotte ex novo, mutando la disciplina dell’evidenza pubblica, come l’ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale (c.d. “e-procurement”)[83], le piattaforme di approvvigionamento digitale[84] e le relative regole tecniche[85] e quelle applicabili alle comunicazioni[86], l’anagrafe degli operatori economici partecipanti agli appalti[87]; altre sostituiscono in gran parte la disciplina del 2016, come quelle sulla Banca dati nazionale dei contratti pubblici[88] e sul fascicolo virtuale dell’operatore economico[89]; altre ancora le modificano, come gli artt. 32 sui sistemi dinamici di acquisizione[90], 33 sulle aste elettroniche[91] e 34 in materia di cataloghi elettronici[92].

L’art. 22 definisce l’ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale sulla scia del codice dell’amministrazione digitale (CAD).

L’ecosistema si compone di tutte le piattaforme certificate e dei servizi digitali infrastrutturali che interessano l’intero ciclo di vita dei contratti pubblici (redigono e acquisiscono, ad esempio, gli atti in formato digitale, pubblicano e trasmettono dati e documenti alla Banca nazionale, consentono l’accesso elettronico ai documenti di gara, eccetera).

Questo insieme di strumenti è teso ad assicurare l’interoperabilità con le banche dati contenenti dati utili per le procedure di gara e con il fascicolo virtuale dell’operatore economico ex art. 24 in relazione alle verifiche circa il possesso dei requisiti per la partecipazione alla gara e la convergenza delle informazioni nella Banca dati nazionale dei contratti pubblici istituita presso l’ANAC e di cui questa è titolare in via esclusiva (art. 23).

Sempre attraverso tali piattaforme è realizzato il controllo tecnico, contabile e amministrativo dei contratti anche durante la fase dell’esecuzione e, proprio al fine di digitalizzare al massimo le procedure, con d.p.c.m., sentite l’ANAC e l’AgID, possono essere individuate e inserite nel sistema altre banche dati rilevanti.

Altra funzione dell’“e-procurement” è l’attuazione del principio dell’invio unico (c.d. “once only”[93]) esteso all’intero ciclo di vita del contratto che aspira a far sì che siano le amministrazioni a condividere e far circolare le informazioni senza dover chiedere all’operatore economico o al cittadino di provvedere[94].

Tutte queste attività, peraltro, caratterizzano i principi espressi all’art. 19 in ordine ai quali l’erogazione dei servizi digitali, l’interoperabilità e la messa a disposizione di servizi a livello transfrontaliero devono essere la prima soluzione (c.d. “digital by default”, interoperabilità “by default”, “cross-border by default”), le informazioni devono essere riutilizzate, la persona deve essere posta al centro sia nella progettazione sia nello sviluppo del servizio e devono essere rispettati i principi di inclusività, accessibilità, trasparenza, affidabilità e sicurezza[95].

La Banca dati nazionale dei contratti pubblici diviene così il collettore nazionale delle informazioni e dei documenti per il settore degli appalti pubblici e mira a raggiungere la realizzazione di un “Portale unico per gli appalti”[96].

Il fascicolo virtuale dell’operatore economico (art. 24), infine, punta al superamento del previgente sistema AVCPass[97]. I dati contenuti al suo interno devono essere mantenuti sempre aggiornati in modo da consentire l’accertamento del possesso dei requisiti degli operatori economici in relazione alle diverse tipologie di contratti[98] nel rispetto del principio dell’unicità dell’invio sopra richiamato, superando quelle (eventuali) situazioni in cui la vittoria del concorrente avviene non tanto per la qualità dell’offerta quanto per l’errore nell’allegare un documento o nella mancata verifica da parte della stazione appaltante così determinando un incremento della leale concorrenza[99].

Il principale nodo da sciogliere è rappresentato proprio dalla interoperabilità e dalle misure (anche organizzative) che dovranno essere attuate per la sua realizzazione. Su questo aspetto manca nel ‘nuovo’ codice una sua definizione, presente invece nel CAD (art. 1, comma 1, lett. dd), ove è intesa come «caratteristica di un sistema informativo, le cui interfacce sono pubbliche e aperte, di interagire in maniera automatica con altri sistemi informativi per lo scambio di informazioni e l’erogazione di servizi».

Sarà interessante, da questo punto di vista, capire come le diverse organizzazioni interagiranno tra di loro in modo automatico per superare il fenomeno della c.d. “gelosia del dato” e come concretamente attueranno le misure tese a garantire la sicurezza dei dati scambiati anche in considerazione delle sanzioni previste dal CAD in caso di violazione degli obblighi di transizione digitale[100].

5. Il profilo ‘interno’ del paradigma digitale dell’evidenza pubblica: le procedure automatizzate e l’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale

Il profilo ‘interno’ riguarda la possibilità per le stazioni appaltanti e gli enti concedenti di automatizzare le proprie attività ricorrendo a soluzioni tecnologiche comprese l’intelligenza artificiale e le tecnologie di registri distribuiti di cui all’art. 30 del codice.

La disposizione, che prosegue indicando le regole e i principi da seguire, dev’essere letta unitamente all’art. 19 precedentemente richiamato e alle previsioni contenute nella legge delega (spec. art. 1, lett. t) e recepisce il dibattito sull’uso dell’intelligenza artificiale nell’azione amministrativa e sulla possibilità di robotizzare il procedimento amministrativo[101].

Numerosi sono gli aspetti innovativi, soprattutto dal punto di vista del diritto positivo: le novità introdotte hanno rilevanza autonoma e sono di portata sostanziale rispetto al quadro complessivo delle norme sulla digitalizzazione.

La rilevanza autonoma dell’art. 30 emerge anzitutto dal fatto che siamo dinanzi alla prima disposizione italiana che si occupa di automazione anche attraverso l’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale e di tecnologie “blockchain”[102] e che ai fini dell’utilizzo positivizza – anche recependo gli orientamenti della giurisprudenza amministrativa in settori diversi dalla contrattazione pubblica (come la vicenda dell’attribuzione delle cattedre nella scuola secondaria[103]) – i principi da rispettare e le coordinate da seguire.

Per questo, nonostante il settore di incidenza della norma, sembrano esserci buone possibilità che i principi in essa contenuti siano applicabili anche ad altri ambiti dell’azione amministrativa, specie alla luce dell’art. 3-bis della legge sul procedimento amministrativo[104].

Tra l’altro, il rilievo ‘sostanziale’ della disposizione si connette al fatto che i procedimenti automatizzati utilizzati dall’amministrazione sono ancora troppo pochi e non risulta essere mai stata applicata l’intelligenza artificiale al settore dei contratti pubblici; ciò pure in ragione del fatto che il Consiglio di Stato aveva respinto la possibilità di utilizzare i sistemi di automazione delle procedure decisionali escludendo il conferimento alla piattaforma telematica di una autonomia decisionale o comunque di uno spazio tecnico discrezionale[105]. Da questo punto di vista, pertanto, offrire oggi un qualche giudizio sulla loro efficacia pare ancora prematuro.

La formulazione di cui all’art. 30 rappresenta, si anticipava, la conseguenza dell’art. 1, comma 2, lett. t), della legge delega n. 78 del 2022.

Questa, tuttavia, circoscrive le ipotesi in cui le stazioni appaltanti possono ricorrere ad automatismi nella valutazione delle offerte (art. 1 comma 2 lett. t) tanto che è stato rilevato come tale criterio sembri non riferirsi puntualmente alla digitalizzazione dei processi decisionali quanto alla più generale alternativa tra criteri di valutazione delle offerte automatici o che richiedano apprezzamenti tecnico-discrezionali[106], intendendosi per digitalizzazione una soluzione volta a ridurre i tempi delle procedure di aggiudicazione e dei diversi adempimenti caratterizzanti il ciclo di vita dei contratti pubblici.

La lettura dell’art. 30 e le considerazioni alle quali essa conduce aprono ad un utilizzo assai più ampio poiché la norma si riferisce, in via generica, alle «attività» delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti e considerata l’ampia apertura data dall’espressione «ove possibile».

L’assunto, da un lato, pone la questione dell’esercizio della discrezionalità amministrativa a due livelli dato che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti dovranno decidere l’an (ossia la preliminare opzione di automazione) e la tipologia di attività. Riconosce invero un margine ampio all’amministrazione tale da lasciare intendere che un mancato sviluppo e utilizzo dell’intelligenza artificiale e di altri sistemi automatizzati da parte delle amministrazioni non configuri la diretta violazione di un obbligo discendente dall’art. 30.

A valle di questa scelta, tuttavia, nel momento in cui l’amministrazione preferisca l’automazione sarà tenuta al rispetto delle specifiche disposizioni in materia, tra le quali i commi 2, 3, 4 e 5 del medesimo art. 30.

Due sono insomma le conseguenze che ne derivano: da un lato, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono bandire procedure da svolgere senza il supporto dei sistemi automatizzati; dall’altro, la scelta dell’automazione per lo svolgimento della procedura di gara da parte dell’amministrazione comporta che i provvedimenti adottati in contrasto con i principi e le regole ivi contenute sono illegittimi.

Si tratta, peraltro, della prima norma nel panorama italiano a fare espresso riferimento all’utilizzo dell’intelligenza artificiale: è interessante, in quest’ottica, osservare come sebbene questa prima parte faccia pensare ad una intelligenza artificiale rilevante ancora sulla base di algoritmi semplici o condizionanti, i principi di cui alle lett. a), b) e c) del terzo comma paiano ‘proiettati’ anche all’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale basata sull’apprendimento (c.d. machine learning).

Le indicazioni fornite dal legislatore, inoltre, riguardano sia le modalità che l’amministrazione deve seguire nell’acquisto e nello sviluppo delle soluzioni tecnologiche (poiché le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono assicurare la disponibilità del codice sorgente[107], della relativa documentazione e di ogni altro elemento utile a comprenderne le logiche del funzionamento e devono prevedere negli atti di indizione della gara delle clausole che assicurino l’assistenza e la manutenzione necessarie a correggere gli errori e gli effetti indesiderati derivanti dall’automazione), sia i principi da rispettare nel caso in cui le decisioni siano assunte mediante automazione.

In questo secondo caso, però, l’ambito di applicazione, come sopra si accennava, non è ben delineato: nel rispetto rigoroso della delega le decisioni dovrebbero riguardare la sola valutazione delle offerte, stando al codice, però, l’operabilità è più ampia poiché l’art. 30 si riferisce alle attività in cui è possibile il ricorso a soluzioni tecnologiche.

L’automazione diventa allora una nuova forma di azione attraverso la quale si giunge alla decisione; essa è cioè una delle modalità materiali attraverso le quali si manifesta il potere nel suo farsi, comprensiva anche, ma non solo, dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Tale azione automatizzata deve svolgersi nel rispetto dei principi di conoscibilità e comprensibilità, di non esclusività della decisione algoritmica e di non discriminazione algoritmica.

In primo luogo, ogni operatore economico ha diritto sia di sapere se il processo decisionale che lo riguarda sia automatizzato, sia di ottenere le informazioni significative sulla logica utilizzata (art. 30, comma 2, lett. a).

Leggendo il principio con il precedente comma 2, lett. a), la conoscibilità[108] e la comprensibilità assurgono a parametri da rispettare e applicare anche al linguaggio, cioè alla traduzione della regola tecnica e del funzionamento dell’algoritmo e dei criteri di valutazione in linguaggio giuridico, cioè nella lingua del procedimento amministrativo.

In secondo luogo, l’amministrazione deve prevedere un contributo umano (la c.d. riserva di umanità[109] o “human in the loop”) nel processo decisionale in grado di «controllare, validare ovvero smentire la decisione automatizzata».

Si tratta di una verifica ‘a posteriori’ da interpretare in combinato disposto con i compiti affidati dall’art. 6 della legge n. 241 del 1990 al responsabile del procedimento auspicando una motivazione rafforzata nel caso di decisione automatizzata. L’individuazione di un funzionario responsabile chiude il sistema senza svilire l’art. 28 Cost. e rendendo le tecnologie un ausilio e non anche un espediente capace di evitare di imputare la decisione alla macchina deresponsabilizzando l’amministrazione[110].

Tra l’altro la scelta che prevede l’intervento dell’uomo trova uno dei suoi presupposti (per la verità non da tutti condivisi[111]) all’art. 22 del GDPR (Regolamento UE 2016/679)[112].

Qui il problema che si pone investe sia quando debba intervenire l’apporto umano, sia il quantum del contributo, ossia fino a che punto la decisione umana può intervenire su quella digitale anche smentendola, specie con riferimento al momento e al grado di incisività dell’intervento dell’uomo sulle risultanze date dalla macchina.

Il Consiglio di Stato sull’art. 22 GDPR si è espresso nel senso che esso costituisce il presupposto del principio di non esclusività della decisione algoritmica[113], principio giuridico di portata non solo programmatica, ma anche immediatamente precettiva e avente funzione trasversale e pervasiva a livello ordinamentale tale da esprimere un’efficacia diretta a garanzia degli amministrati[114].

Il contributo umano trova uno spazio anche nel principio di non discriminazione algoritmica di cui alla lett. c) del comma 3 dell’art. 30, altro presidio a garanzia della legittimità del paradigma digitale dell’evidenza pubblica. Questo sottolinea la consapevolezza del legislatore circa il fatto che le decisioni automatizzate possano condurre ad effetti discriminatori indesiderati e ritiene pertanto essenziale prevederne il divieto.

Tutto questo comporta almeno due importanti obblighi (espressi nel quarto comma dell’art. 30) per le stazioni appaltanti e per gli enti concedenti tenuti, da una parte, ad adottare ogni misura tecnica ed organizzativa atta a minimizzare il rischio di effetti discriminatori nei confronti delle persone fisiche sulla base della nazionalità, dell’origine etnica, delle opinioni politiche, della religione, delle convinzioni personali, dell’appartenenza sindacale, dei caratteri somatici, dello “status” genetico, dello stato di salute, del genere e dell’orientamento sessuale; dall’altro, a vigilare sulla rettifica di eventuali fattori che possano in qualche modo compromettere l’esattezza dei dati sulla base dei quali la decisione automatizzata viene assunta.

La questione della correttezza dei dati è cruciale in un contesto in cui è proprio la tecnologia (si pensi, ad es., a ChatGPT) a far circolare informazioni anche senza che se ne conoscano le fonti, imponendo una responsabilizzazione al cittadino che le riceve.

La previsione conduce a due considerazioni: una si pone con riferimento al sistema costituzionale, l’altra a quello amministrativo.

Il primo obbligo di cui al comma 4 deriva, difatti, direttamente dal principio costituzionale di uguaglianza di cui all’art. 3, la cui necessaria riaffermazione, sebbene implicita, mette in luce anche le preoccupazioni legate ai “bias” che le decisioni automatizzate possano recare e all’addestramento del sistema automatizzato[115]. L’assetto valoriale (nel quale spicca la dignità dell’uomo) in questa prospettiva consente di trovare un bilanciamento tra i diritti inviolabili dell’uomo e la tecnologia facendo in qualche modo riemergere la dimensione umana (e, conseguentemente, etica) in un settore in cui pareva volersi mettere da parte a vantaggio di decisioni più oggettive.

I sostenitori dell’utilizzo della decisione algoritmica, infatti, ne elogiano l’efficienza e la neutralità, dovute anche alla capacità di correzione delle imperfezioni conseguenti alle scelte degli esseri umani, trattandosi del frutto di calcoli asettici scevri di passioni ed emozioni[116].

Il secondo obbligo introduce il potere di rettifica per le stazioni appaltanti e gli enti concedenti che assume i caratteri di atto dovuto nel momento in cui emergano fattori causativi di inesattezza dei dati.

L’art. 30 rappresenta, dunque, da una parte, il parametro positivo per l’automazione amministrativa, dall’altra, una prima base giuridica dalla quale il dibattito dottrinale e giurisprudenziale prende le mosse. Non solo, le regole e i principi ivi contenuti costituiranno inevitabilmente anche uno dei primi criteri per vagliare la legittimità all’azione amministrativa automatizzata.

6. Criticità e sviluppi futuri: dal paradigma digitale dell’evidenza pubblica alla procedura ad evidenza pubblica nel metaverso?

Le norme sulla digitalizzazione formale e sostanziale, nel rappresentare un nuovo paradigma dell’evidenza pubblica, impongono alle amministrazioni un cambio di passo (e di visione) non più prorogabile.

È indubbio che il paradigma digitale dell’evidenza pubblica metta le stazioni appaltanti e gli operatori economici dinanzi a nuove sfide, prima fra tutte quella di una complessiva responsabilizzazione di ciascuno degli attori in gioco, affinché questa regolazione possa rivelarsi proficua. Sotto questo aspetto le prime due questioni da porre concernono le infrastrutture e i soggetti ai quali questa regolazione è destinata.

In ordine alla prima (infrastrutture), il nuovo paradigma richiede una revisione complessiva dei processi e un ripensamento anche in chiave organizzativa, ad esempio, in considerazione del diverso livello di adeguatezza degli uffici che le stazioni appaltanti e tutte le amministrazioni dovranno riesaminare.

In ordine alla seconda, il paradigma digitale richiede una sensibilizzazione all’adeguamento digitale che coinvolge soggetti ulteriori. Ai protagonisti ‘tradizionali’ di un rapporto per lungo tempo binario (l’amministrazione da un lato e gli operatori economici dall’altro) si aggiungono le società che gestiscono le piattaforme[117] che dovranno tenere in debita considerazione tutti i principi sopra richiamati.

Posto che dal 1° gennaio 2024 tutte le procedure devono svolgersi mediante la piattaforma digitale (il c.d. ecosistema nazionale degli approvvigionamenti digitali) non può poi trascurarsi l’eventualità che queste presentino dei malfunzionamenti (guasti tecnici) ponendo la questione dell’attribuzione delle relative responsabilità.

Lo scorso aprile, sul punto, è intervenuta una pronuncia del Consiglio di Stato che pur vertendo sull’allora vigente disciplina (art. 79 comma 5 del d. lgs. n. 50 del 2016) presenta profili di rilevante interesse in ragione dell’art. 25 del d. lgs. n. 36 del 2023 che stabilisce proprio che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti siano tenuti a garantire la partecipazione anche in caso di comprovato malfunzionamento, seppur temporaneo, delle piattaforme[118].

Nella decisione, il Consiglio di Stato sottolinea come la stazione appaltante avrebbe dovuto prendere provvedimenti dinanzi al rallentamento e poi al blocco della piattaforma digitale che aveva impedito ad ogni ulteriore concorrente la presentazione dell’offerta, eventualmente anche sospendendone o prorogandone il termine, così da consentire la partecipazione di tutti i concorrenti[119].

In questa prospettiva, si rivela imprescindibile una vigile sorveglianza da parte di tutti, amministrazioni, operatori economici, amministrati e giudici, sul rigoroso rispetto dei principi e delle regole nell’utilizzo di meccanismi di intelligenza artificiale affinché la digitalizzazione, processo inarrestabile in avanti dal quale difficilmente forse si tornerà indietro, sia un valido ausilio per il benessere dell’uomo e l’automazione (nel suo ruolo servente) sia posta in una prospettiva antropocentrica.

Tale ulteriore capacità richiede in capo alle amministrazioni un rapido e costante aggiornamento delle competenze dei funzionari e una riorganizzazione che consenta di incrementare di nuovi saperi gli uffici al fine di poter essere posti nella condizione di governare le soluzioni tecnologiche e non di esserne governati, tanto più dovendo assicurare l’interoperabilità dei dati senza la quale l’ecosistema di approvvigionamento non funzionerebbe.

Dinanzi alle sfide del paradigma digitale le sole competenze tecniche e amministrative non bastano. Una formazione dei funzionari sui temi dell’etica e dell’etica pubblica (e dell’algoretica[120]) diventa indispensabile per consolidarne la fermezza tutte le volte in cui si paventi il rischio di cadere nella tentazione di affidarsi completamente al meccanismo automatico facendosi trascinare in una scelta spersonalizzata e neutrale perché presa dalla macchina, percepita più come un ‘oracolo’ che come un supporto.

Una delle modifiche apportate al d.p.r. n. 16 aprile 2013, n. 62[121] dal d.p.r. 13 giugno 2023, n. 81, entrato in vigore il 14 luglio scorso, ossia quella diretta a rivolgere ai dipendenti pubblici attività formative in materia di trasparenza e integrità che includano anche cicli formativi sui temi dell’etica pubblica e sul comportamento etico di durata ed intensità proporzionate al grado di responsabilità (art. 15 c. 15-bis), pare rappresentare uno strumento utile anche per affrontare con maggiore consapevolezza le sfide poste dal paradigma digitale dell’evidenza pubblica e a gestire l’impatto emotivo che spesso si registra rispetto all’utilizzo di strumentazioni informatiche.

Nel recepire le modifiche al codice di comportamento di cui al d.p.r. n. 62, ciascuna pubblica amministrazione, in relazione alle proprie peculiarità di azione, potrà declinare e specificare le attività formative nella prospettiva di un sempre più rigoroso rispetto dei principi e delle regole che disciplinano tale digitalizzazione.

Questi (i principi e le regole), invero, indirizzano la visione e la direzione delle stazioni appaltanti verso il buon andamento dell’azione amministrativa come «esigenza di buona amministrazione»[122] che nello specifico caso dei contratti pubblici comprende la sistematizzazione di procedure snelle, rapide e regolari. Senza dubbio il pregio di questa disciplina e, in particolare, della ratio dei principi e delle regole di cui all’art. 30 risiede proprio nella sua capacità di prescindere la materia specifica della contrattazione pubblica e assumere un valore ultra-settoriale impattante non solo sulla funzione appalti, ma anche sulla funzione pubblica in senso lato, divenendone presidio tutte le volte in cui l’amministrazione faccia ricorso a soluzioni tecnologiche.

Se questa è la sfida del presente, quella del prossimo futuro mi pare essere quella della possibilità di utilizzare, anche per le simulazioni delle procedure ad evidenza pubblica, il metaverso.

Il metaverso è uno spazio (universo), composto da molteplici elementi tecnologici, virtuale e interconnesso tra mondo fisico e mondo non reale che consente esperienze multidimensionali immersive e condivise, fortemente impattanti sulle dimensioni sociali, economiche, politiche, emotive e giuridiche dei partecipanti.

Alcune pubbliche amministrazioni si servono già di questi spazi digitali e sono in atto progetti di utilizzo sperimentale in diversi ambiti del settore pubblico (soprattutto sanitario e nel settore della formazione).

I soggetti privati utilizzano il metaverso, ad esempio, per aumentare la platea dei potenziali acquirenti in occasione di grandi fiere che in questo modo possono essere raggiunte garantendo una fruizione esperienziale da ogni parte del mondo.

Immaginare il ciclo di vita del contratto pubblico prima che nel reale nel metaverso (e poter qui incontrare, ad esempio, “l’assistente virtuale del RUP”[123]) non mi pare un’ipotesi, ad oggi, troppo ardita considerata la velocità di sviluppo delle soluzioni tecnologiche.

Senz’altro sarebbe di grande utilità pratica per le stazioni appaltanti e per gli enti concedenti: le opportunità offerte da questo nuovo spazio virtuale sono infinite e, ad esempio per i lavori, il proprio “avatar” avrebbe la possibilità di seguire tutte le fasi come se fosse nel luogo di esecuzione potendo fare esperienze preliminari che nel reale non sarebbero di così facile accesso (si pensi alle riunioni virtuali e multidimensionali delle commissioni o alla simulazione di cantieri ove poter verificare l’adozione di determinate misure di sicurezza e il loro impatto, o, ancora, di testare virtualmente un servizio o una fornitura anche in ottica sovranazionale).

In questa prospettiva le utilità nel settore della contrattazione pubblica paiono molteplici, ma anche le implicazioni giuridiche, alle quali ad oggi è molto complesso trovare risposta, sono innumerevoli. Una di queste concerne l’impatto sui diritti di proprietà virtuale e sulla regolamentazione della proprietà intellettuale (marchi, brevetti, copyright, ecc.) che richiedono, nel metaverso, una protezione legale specifica, specie nel corso di riunioni simulate.

Altro tema delicatissimo è quello della protezione dei dati personali: l’attenzione specifica del legislatore alla sicurezza dei dati nel metaverso diventa ancora più cruciale essendo presenti una quantità vastissima di informazioni comprensive di stati emotivi e reazioni comportamentali. Le previsioni che consentono di fare questo tipo di dati, trattati attraverso l’impiego anche dell’intelligenza artificiale, sono fortemente impattanti: permettono di raggiungere una proposta (offerta) che sia quanto più possibile adeguata e appropriata alle richieste – incrementando la concorrenza (vantaggio competitivo) –, ma pongono seri problemi in ordine all’accesso agli atti per poter ottenere quei dati. Da un lato, gli sviluppi possono essere migliorativi, dall’altro, i pericoli dovuti alla diffusione di dati personali così rilevanti necessitano di misure di protezione e di sicurezza solidissime anche alla luce di potenziali attacchi informatici.

Quello che potrebbe allora auspicarsi, dal punto di vista normativo, è un approccio regolamentare non segmentato, ma “one digital”, a partire dall’applicazione dei principi sulla dignità umana che riposano negli atti regolatori europei (dal GDPR al AI Act in corso di approvazione), nel nuovo codice dei contratti pubblici e nella Carta costituzionale da leggere nella nuova prospettiva digitale, fino a giungere ai codici di comportamento di ciascuna amministrazione, nell’ambito dei quali potrà includersi una autoregolamentazione circa l’uso delle tecnologie (inclusa l’intelligenza artificiale) in un’ottica etica di trattamento dei dati.

Questa impostazione consentirebbe anche l’individuazione di forme di responsabilità specifiche che renderebbero più stringenti i doveri previsti: come risponde la persona fisica “titolare” dell’“avatar” sua proiezione, direttamente collegato ai suoi dati personali, nel metaverso, davanti ad una condotta non reale, o meglio, virtuale, ma potenzialmente produttiva di effetti reali? Possono applicarsi i principi e le categorie tradizionali della responsabilità o è necessario configurarne di nuove?

Occorre poi ricordare che i rapporti che si instaurano all’interno del metaverso sono triangolari: non riguardano solo le stazioni appaltanti e gli enti concedenti e gli operatori economici, ma anche, come si accennava, i gestori delle piattaforme che dovranno garantire, per primi, il rispetto delle regole anche etiche. Maggiore tutela in questo senso potrebbe essere assicurata dalla creazione di un “metaverso pubblico” sottostante, anzitutto, a tutte le regole e i principi a cui sono sottoposte le pubbliche amministrazioni così favorendo un ambiente virtuale non solo sicuro, ma anche percepito come tale in cui esercitare e simulare l’azione amministrativa in vista del migliore perseguimento dell’interesse pubblico.

  1. La ragione per cui in questo scritto l’aggettivo “nuovo riferito al codice è indicato tra le virgolette sta nel fatto che le direttive attuate sono le stesse del d. lgs. n. 50 del 2016. Come evidenziato, i redattori del “nuovo” codice hanno conservato i percorsi funzionanti del codice del 2016, senza stravolgerli, resistendo alla «tentazione del cambiamento fine a sé stesso» e cercando di costruire un «impianto più chiaro e leggero (…), a fornire un’impostazione culturale nuova con il risultato e con la fiducia» perché, se le cose funzionano, lo “shock” normativo «si evita con il “coraggio di non cambiare”»: L. Carbone, La scommessa del “codice dei contratti pubblici” e il suo futuro. Relazione introduttiva al Convegno dell’Istituto Jemolo, Il nuovo codice degli appalti – La scommessa di un cambio di paradigma: dal codice guardiano al codice volano?, Avvocatura dello Stato, 27 gennaio 2023, in giustizia-amministrativa.it, p. 26. Si tratta della terza codificazione della disciplina in materia di appalti pubblici in poco più di tre lustri: 2006, 2016 e 2023.
  2. AA. VV., I piani nazionali di ripresa e resilienza in prospettiva comparata, in Riv. trim dir. pubbl., 4, 2021, pp. 1137-ss.; da ultimo, Riv. trim. dir. pubb., 2, 2023, Simposio: i Piani nazionali di ripresa e resilienza a confronto. Obiettivi comuni e strategie nell’ambito del quale la dottrina, a più voci, esamina i PNRR francese, tedesco, spagnolo, portoghese, polacco e greco (pp. 577-625).
  3. M. Clarich, Il Piano nazionale di ripresa e resilienza tra diritto europeo e nazionale: un tentativo di inquadramento giuridico, in Corr. giur., 8-9, 2021, spec. 1027; F. Fabbrini, Next Generation EU, Il futuro di Europa e Italia dopo la pandemia, Bologna, 2022; F. Di Mascio, A. Natalini, Il PNRR e la capacità amministrativa, in rivistailmulino.it, 25 ottobre 2022; C. Benetazzo, Gli appalti pubblici nel PNRR tra semplificazione e prevenzione della corruzione, in federalismi.it, 29, 2021, pp. 122-ss.; R. L. Perfetti, Derogare non è semplificare. Riflessioni sulle norme introdotte dai decreti semplificazioni ed in ragione del PNRR nella disciplina dei contratti pubblici, in Urb. e app., 4, 2022, pp. 441-ss.
  4. G. D’Alessio, La riforma della Pubblica Amministrazione nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) Italiano, in Nueva Época, 17, 2022, pp. 109-122; L. Torchia, L’amministrazione presa sul serio e l’attuazione del PNRR, in irpa.eu, 17 marzo 2021; A. Tonetti, Il rilancio della pubblica amministrazione tra realismo e idealismo, in Riv. trim. dir. pubbl., 4, 2021, pp. 1021-ss.
  5. Ai sensi del quale si rinvengono tre principali finalità: adeguare la disciplina al «diritto europeo e ai princìpi espressi dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, interne e sovranazionali», «razionalizzare, riordinare e semplificare la disciplina vigente» ed «evitare l’avvio di procedure di infrazione da parte della Commissione europea e di giungere alla risoluzione delle procedure avviate».
  6. La Semplificazione in materia di contratti pubblici (p. 69 del PNRR) considera la semplificazione in materia di appalti e concessioni (sia della fase di affidamento, sia delle fasi di pianificazione, programmazione e progettazione) un obiettivo essenziale per l’efficiente realizzazione delle infrastrutture e per il rilancio dell’attività edilizia ritenuti, entrambi, aspetti essenziali per la ripresa post emergenza da Covid-19. Spec. M1C1-70 Riforma 1.10 – Riforma delle norme in materia di appalti pubblici e concessioni – Asse 4 – Contratti pubblici e tempi di pagamento della PA della componente M1C1 del PNRR.
  7. Il decreto reca misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale: spec. Titolo I, Capo I, relativo alla semplificazione in materia di contratti pubblici.
  8. Le cui modalità sono state definite anche con il regolamento del Dipartimento della funzione pubblica di cui al decreto 12 agosto 2021, n. 148. In dottrina, ex multis, G. M. Racca, Le innovazioni necessarie per la trasformazione digitale e sostenibile dei contratti pubblici, in federalismi.it, 15, 2022, pp. 190-216.
  9. D. U. Galetta, Transizione digitale e diritto ad una buona amministrazione: fra prospettive aperte per le Pubbliche Amministrazioni dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e problemi ancora da affrontare, in federalismi.it, 7, 2022, pp. 118-ss.; G. Buttarelli, L’interoperabilità dei dati nella Pubblica Amministrazione, in V. Bontempi (a cura di), Lo stato digitale nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, Roma, RomaTre Press, 2022, pp. 141-146.
  10. Come accaduto con le direttive n. 17 e n. 18 del 2004 nel 2006 (per la prima volta unendo lavori, servizi e forniture aventi fonti e regolazioni differenti) e con le n. 23, n. 24 e n. 25 del 2014 nel 2016 (profondamente incentrato sulla lotta alla corruzione).
  11. Non è più previsto il rinvio alla normativa secondaria (come accadeva con le linee guida richiamate dal codice del 2016); è la stessa relazione illustrativa a recare le linee di indirizzo, una sorta di manuale per l’applicazione pratica del codice tanto che il codice del 2023 è definito anche “autoconclusivo”: L. Carbone, La scommessa, op. cit., pp. 23-24. Non condivide del tutto questa impostazione C. Volpe, Il nuovo Codice dei contratti pubblici: dall’emergenza del modello Genova a nuove procedure di ordinaria efficienza per la competitività sul mercato, in giustizia-amministrativa.it, 2023, spec. 9, ove ritiene che si stia procedendo verso «un corpus normativo misto, composto da legge + regolamenti de futuro».
  12. Relazione agli articoli e agli allegati allo schema definitivo di Codice dei contratti pubblici elaborata dal Consiglio di Stato e datata 7 dicembre 2022 (disponibile sul sito della Giustizia amministrativa giustizia-amministrativa.it/web/guest/-/schema-del-codice-dei-contratti-pubblici-elaborato-dal-consiglio-di-stato, d’ora in poi anche solo Relazione), spec. pp. 8-9.
  13. Ne dà ben conto L. Carbone, La scommessa, op. cit.
  14. Per una ricostruzione di questo processo di riforma v. ANAC, Relazione annuale 2022, Roma, 8 giugno 2023, pp. 13-15. Va tenuto in considerazione, tra l’altro, il fatto che era già vigente il Regolamento sulle modalità di digitalizzazione delle procedure dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 44 del d. lgs. n. 50 del 2016.
  15. Alle norme ‘digitali’ è dedicato questo contributo. Il riferimento all’indicazione tra virgolette dei lemmi digitale-digitalizzazione sarà spiegato poco più avanti.
  16. Come evidenzia la Relazione, i principi, oltre a rendere «intellegibile il disegno armonico, organico e unitario sotteso al codice rispetto alla frammentarietà delle sue parti» e a consentire «una migliore comprensione di queste, connettendole al tutto» (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 7 maggio 2013, n. 13), «esprimono (…) valori e criteri di valutazione immanenti all’ordine giuridico» e si caratterizzano «da una prevalenza di contenuto deontologico in confronto con le singole norme (…) con la conseguenza che essi, quali criteri di valutazione che costituiscono il fondamento giuridico della disciplina considerata, hanno anche una funzione genetica (nomogenetica) rispetto alle singole norme» assolvendo ad una funzione di «completezza dell’ordinamento giuridico e di garanzia della tutela di interessi che altrimenti non troverebbero adeguata sistemazione nelle singole disposizioni» (Relazione, cit., 11). Sul punto, tra i molti, V. Crisafulli, Per la determinazione del concetto dei principi generali del diritto, in Rivista internazionale di Filosofia del diritto, 1-2-3-4, 11-1941, Milano, 1941, spec. pp. 247-ss.
  17. V. ad es. l’art. 3 del d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50.
  18. La concorrenza da sempre è cardine della disciplina degli appalti pubblici quale forma di tutela del mercato nell’ambito del quale non vi devono essere ostacoli, specie alla partecipazione per gli operatori economici per gli stati membri nel rispetto della libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. Nel codice del 2023 la concorrenza non è più il fine, come nel passato, ma il mezzo attraverso il quale raggiungere il risultato cioè la realizzazione dell’interesse pubblico attraverso il contratto pubblico. Ai sensi dell’art. 3 l’accesso al mercato è garantito nel rispetto dei principi di imparzialità, non discriminazione, pubblicità, trasparenza e proporzionalità.
  19. Per F. Caringella, Il nuovo Codice dei contratti pubblici: riforma o rivoluzione? Relazione al convegno sul “nuovo codice dei contratti pubblici”, organizzato dall’AIGA e tenutosi a Cagliari 9-10 giugno 2023, in Giustizia Amministrativa – Giustizia Amministrativa (giustizia-amministrativa.it), 19 giugno 2023, la «centralità plastica» del principio del risultato dimostra che «il diritto dei contratti pubblici non è più un settore del diritto comunitario della (…) cd. “concorrenza imposta” agli agenti pubblici (…), ma un capitolo fondamentale del diritto amministrativo nazionale» segnando il passaggio da una disciplina (quella del codice del 2016) «branca del diritto della concorrenza» a «cura concreta degli interessi».

    Di cattiva enfatizzazione del principio di risultato parlano G. Montedoro, La funzione nomofilattica e ordinante e i principi ispiratori del nuovo codice dei contratti pubblici, in Giustizia Amministrativa – Giustizia Amministrativa (giustizia-amministrativa.it), 2023, 1° giugno 2023 e G. Tulumello, Il diritto dei contratti pubblici fra regole di validità e regole di responsabilità: affidamento, buona fede, risultato, in Giustizia Amministrativa – Giustizia Amministrativa (giustizia-amministrativa.it), 7 giugno 2023.

  20. Attraverso la quale il Codice mira a superare la c.d. “paura della firma”: G. Montedoro, La funzione nomofilattica e ordinante, cit.
  21. D. U. Galetta, Digitalizzazione, Intelligenza artificiale e Pubbliche Amministrazioni: il nuovo Codice dei contratti pubblici e le sfide che ci attendono, in federalismi.it, 12, 2023, 31 maggio 2023, iv.
  22. Riflette sulla probabile futura incidenza di tali principi sulla funzione nomofilattica affrontando l’interrogativo relativo «alla portata ed all’efficacia dei principi generali ossia se si tratti di (meta) norme manifesto di carattere politico o declamatorio o di principi che hanno una precisa valenza giuridica» sempre G. Montedoro, La funzione nomofilattica e ordinante, cit. L’A. osserva anche come sia «un caso singolare di principi creati da giudici per i giudici connotati da estrema finezza e tecnicità tanto è vero che sono stati unanimemente lodati come esempio paradigmatico della chiarezza e della eleganza del codice». Sui primi 12 articoli del d. lgs. n. 36/2023 altresì G. Rovelli, Introduzione al nuovo codice dei contratti pubblici. I princìpi nel nuovo codice degli appalti pubblici e la loro funzione regolatoria, in giustizia-amministrativa.it, 2023.
  23. Come espresso nella Relazione, alla Parte I del Libro I è affidato il compito di codificare solo principi con funzione ordinante e nomofilattica anche al fine di favorire «una più ampia libertà di iniziativa e di auto-responsabilità delle stazioni appaltanti, valorizzandone autonomia e discrezionalità (amministrativa e tecnica) in un settore in cui spesso la presenza di una disciplina rigida e dettagliata ha creato incertezze, ritardi, inefficienze» (Relazione, cit., 12). Sul punto, G. Carlotti, I principi nel Codice dei contratti pubblici: la digitalizzazione, in giustizia-amministrativa.it, 26 aprile 2023, spec. 2, sottolinea come si tratti «di principi volti ad incentivare un più coraggioso esercizio dell’autonomia discrezionale delle amministrazioni, in vista dell’obiettivo della realizzazione delle commesse pubbliche».

    Ai sensi del primo comma dell’art. 4 il risultato è «criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto».

  24. C. Volpe, Il nuovo codice dei contratti pubblici, op. cit.
  25. J.-B. Auby, G. De Minico, G. Orsoni, L’amministrazione digitale. Quotidiana efficienza e intelligenza delle scelte, Napoli, Editoriale scientifica, 2023.
  26. Facendo rientrare le disposizioni di questa Parte nella materia di cui all’art. 117, comma 2, lett. m), Cost. costituendo esercizio della funzione di coordinamento informativo, statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale: art. 19 comma 9 d. lgs. n. 36 del 2023.
  27. Per rilievo ‘esterno’ si intende di forma dell’azione in contrapposizione al profilo ‘interno’ di cui all’art. 30 che, invece, modellano anche la sostanza dell’attività amministrativa ‘digitalizzata’ o, più correttamente, automatizzata.
  28. Le norme sulla ‘digitalizzazione’ acquistano efficacia dal 1° gennaio 2024 (ad esclusione degli artt. 32, 33 e 34 che riproducono, di fatto, analoghe disposizioni su «sistemi dinamici di acquisizione», «aste elettroniche» e «cataloghi elettronici» contenute nel d.lgs. n. 50 del 2016). Con questa scelta il legislatore sembra aver dato alle amministrazioni e agli operatori economici un ‘periodo di adattamento’ ai nuovi strumenti e alle nuove regole.
  29. «Storicamente, il diritto dei contratti pubblici è un “diritto precursore” rispetto al diritto amministrativo generale» per dirla con l’espressione di G. Tulumello, Il diritto dei contratti pubblici, cit., in Giustizia Amministrativa – Giustizia Amministrativa (giustizia-amministrativa.it), 7 giugno 2023.
  30. La dottrina sul tema dell’anticorruzione nei contratti pubblici è sterminata. Mi limito a segnalare, tra i molti: R. Cantone, E. Carloni, Corruzione e anticorruzione. Dieci lezioni, Milano, Feltrinelli, 2018 con recensione di F. Giglioni, in Etica pubblica, 1, 2020, pp. 91-93; E. Carloni, Il paradigma trasparenza. Amministrazioni, informazione, democrazia, Bologna, Il Mulino, 2022, pp. 124-ss.; C. Benetazzo, Gli appalti pubblici nel PNRR tra semplificazione e prevenzione della corruzione, in federalismi.it, 29, 2021, pp. 121-134.
  31. Relazione cit., pp. 37-38; PNRR M1C1-70, M1C1-75.
  32. F. Tallaro, La digitalizzazione del ciclo dei contratti pubblici, in giustizia-amministrativa.it, 2023, 15 giugno 2023, p. 1.
  33. L. Torchia, Lo Stato digitale. Una introduzione, Bologna, Il Mulino, 2023, p. 161.
  34. D. lgs. 7 marzo 2005, n. 85 “Codice dell’amministrazione digitale” da ultimo modificato, proprio in attuazione degli obiettivi del PNRR, dal d.l. 24 febbraio 2023, n. 13 conv. con modificazioni nella legge 21 aprile 2023, n. 41.
  35. Il tema è evidenziato anche nella Relazione del Consiglio di Stato sopra citata, spec. p. 38.
  36. Come, ad esempio, le difficoltà di gestione infrastrutturale del processo di “procurement”.
  37. Volendo G. Mancini Palamoni, La disciplina dei bandi e degli avvisi nei settori ordinari nel nuovo Codice dei contratti pubblici: brevi osservazioni a margine degli artt. 66 –76 del d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50, in federalismi.it, 24, 2016, spec. pp. 24-ss.
  38. G. Montedoro, La funzione nomofilattica e ordinante, cit.
  39. Art. 1, comma 4, d. lgs. n. 36 del 2023.
  40. F. Caringella, Il nuovo Codice dei contratti pubblici, cit., definisce il risultato ai sensi del Codice del 2023 «felicità dei cittadini, non benessere degli operatori economici».
  41. Relazione, cit., 39. Ciò permette un risparmio di tempo notevole, ad esempio, per quanto riguarda la verifica dei requisiti di partecipazione in capo agli operatori economici e per l’attuazione del principio del c.d. “once only”.
  42. Si pensi alla c.d. industria 4.0.
  43. Il confronto tra la lett. t) della legge delega e l’art. 30 del Codice dei contratti del 2023 pare porre subito la questione dell’eccesso di delega legislativa. Il tema sarà affrontato poco più avanti con l’esame dell’art. 30.
  44. Il Codice dell’amministrazione digitale è contenuto nel d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82.
  45. Art. 19 comma 8.
  46. La Dichiarazione europea sui diritti e i principi digitali per il decennio digitale proclamata dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione e pubblicata sulla G.U. dell’UE il 23 gennaio 2023 (C23/1) pone i cardini della centralità della persona nella trasformazione digitale, della solidarietà e dell’inclusione, della libertà di scelta con riferimento all’utilizzo di algoritmi e sistemi di intelligenza artificiale, della partecipazione allo spazio digitale pubblico, della sicurezza, protezione e conferimento di maggiore autonomia e responsabilità e della sostenibilità.
  47. I livelli possono che possono essere individuati sono tre: come principio generale all’art. 19 commi 1 e 6, come egida di pubblicità legale, di conoscenza e unicità all’art. 20.
  48. Tutti indicati al primo comma dell’art. 19 comma 1.
  49. Il c.d. “once only”, secondo il quale ogni dato dev’essere fornito dal possessore ad un solo sistema informativo e per una volta sola.
  50. Di cui all’art. 19 comma 2 e detto anche “digital by default”.
  51. Art. 19 comma 3.
  52. Art. 19 comma 4.
  53. Art. 19 comma 5.
  54. Art. 19 comma 6.
  55. Art. 19 commi 6 e 7 che rimandano all’art. 30 che sarà esaminato nel paragrafo 4 di questo contributo.
  56. Art. 20 comma 2.
  57. G. M. Racca, L’evoluzione del principio di buona fede nella trasformazione digitale dei contratti pubblici, in Persona e Amministrazione, 2, 2022, p. 202; Id., La responsabilità delle organizzazioni pubbliche nella trasformazione digitale e i principi di collaborazione e buona fede, in Dir. amm., 3, 2022, pp. 601-ss.
  58. Relazione, cit., 40.
  59. Art. 28 comma 3 che, entrando in vigore, comporterà l’abrogazione dell’art. 1, comma 32, della legge 6 novembre 2012, n. 190.
  60. Relazione, cit. 47.
  61. Art. 21 comma 1.
  62. Art. 21 comma 2.
  63. L. Torchia, op. cit., spec. 168.
  64. Così da adeguarsi CGUE, sent., 7 settembre 2021, C- 927/19.
  65. In particolare: artt. 3-bis e 22 e ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241 e artt. 5 e 5-bis del decreto trasparenza n. 11 del 2013. Il primo comma dell’art. 35 modifica quasi interamente il comma 1 dell’art. 53 del Codice del 2016.
  66. L’“e-procurement” può essere definito come il processo di gestione delle procedure di aggiudicazione e dell’esecuzione dei contratti pubblici attraverso strumenti digitali: L. Torchia, op. cit., 187.
  67. Cons. St., ad. Plen., 2 aprile 2020, n. 10 sull’applicazione della disciplina dell’accesso civico generalizzato con commento, tra gli altri, di F. Manganaro, La funzione nomofilattica dell’Adunanza plenaria in materia di accesso agli atti amministrativi, in federalismi.it, 20, 2021, pp. 159-173
  68. Relazione, cit., 51.
  69. Ad esempio: le domande di partecipazione e gli atti, dati e informazioni relativi ai requisiti di partecipazione e ai verbali relativi alla fase di ammissione dei candidati e offerenti, i verbali relativi alla valutazione delle offerte e agli atti, dati e informazioni a questa presupposti, i verbali relativi alla fase di verifica dell’anomalia dell’offerta: Relazione, cit., 51-52.
  70. Come le informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici e commerciali, le piattaforme digitali e le infrastrutture informatiche utilizzate se coperte da diritti di privativa intellettuale: Relazione, cit., 52. Sul tema si era espresso il Consiglio di Stato offrendo una definizione ampia di segreto tecnico-commerciale in materia di appalti pubblici: Cons. St., 7 gennaio 2020, n. 64.
  71. Art. 35 comma 5.
  72. Spec. comma 3 che riporta gli stessi principi espressi dal Cons. St., VI, 13 dicembre 2019, n. 8472.
  73. Sui poteri delle piattaforme e della loro trasformazione da soggetti economici a poteri v. O. Pollicino, Potere digitale, in Enc. dir. – I tematici, V, 2023, pp. 429-ss.
  74. Paragrafo 4.
  75. D. U. Galetta, Digitalizzazione, cit., xiv; E. Carloni, Il paradigma trasparenza, cit., pp. 292-299.
  76. Evidenziato anche nella legge delega n. 78 del 2022 alla lett. m).
  77. Cons. St., V, 23 agosto 2019, n. 5810; 18 marzo 2019, n. 1740; Cons. St., Ad. Plen., n. 7/2021; da ultimo, Cons. St., 2 ottobre 2023, n. 8610.
  78. Relazione, cit., 52-53.
  79. Parla in tal senso di «revisione del dinamismo dell’affidamento» protesa vero la «stabilizzazione quanto più veloce possibile degli esiti di gara» P. Rubechini, Accesso e processo nella tutela del segreto d’impresa: prime riflessioni sul rito a specialità accelerata introdotto dal nuovo Codice appalti, in Giustamm.it, 5, 2023, 30/05/2023.
  80. Artt. art. 35, comma 4, lett. a) e 36, comma 3, del d.lgs. 36 del 2023. Sulla indispensabilità dell’accesso ai segreti aziendali v. ex multis TAR Lazio, Roma, V, 15 febbraio 2022, n. 1872; Cons. St., V, 20 gennaio 2022, n. 369. Da ultimo, cerca un punto di equilibrio tra diritto di accesso difensivo e segreto industriale attraverso la motivazione “a doppia mandata” e la “stretta indispensabilità” Cons. St., ord., V, 24 gennaio 2023, n. 787. In particolare, l’ordinanza precisa che «2.4. Quel che occorre evitare (…) è un “uso emulativo” del diritto di accesso finalizzato, ossia, unicamente a “giovarsi di specifiche conoscenze industriali o commerciali acquisite e detenute da altri”. Ciò anche in considerazione del fatto che la partecipazione ai pubblici appalti non deve tramutarsi in una ingiusta forma di penalizzazione per il soggetto che, risolvendosi in tal senso, correrebbe altrimenti il rischio di assistere alla indiscriminata divulgazione di propri segreti di carattere industriale e commerciale; 2.5. Condizione di operatività di siffatta esclusione dall’accesso agli atti è data dalla “motivata e comprovata dichiarazione” da parte del concorrente interessato a far valere il suddetto segreto tecnico o commerciale; la stessa peraltro non opera laddove altro concorrente “dimostri che l’ostensione documentale è finalizzata alla difesa in giudizio dei propri interessi” (c.d. accesso difensivo); 2.6. In quest’ultima direzione “è essenziale dimostrare (…) la “stretta indispensabilità” della ridetta documentazione per apprestare determinate difese all’interno di uno specifico giudizio; 2.7. La valutazione di “stretta indispensabilità”, in altre parole, costituisce il criterio che regola il rapporto tra accesso difensivo e tutela della segretezza industriale e commerciale».
  81. P. Rubechini, Accesso e processo nella tutela del segreto d’impresa, cit. Si tratta di un’altra forma di rito speciale accelerato.
  82. V. Caputi Jambrenghi, Lineamenti sul vecchio e nuovo esercizio del diritto di accesso nei contratti pubblici, in Giustamm.it, 11, 2022, 25/11/2022.
  83. I contenuti dell’art. 22 non hanno omologhi nel codice del 2016.
  84. L’art. 25 sostituisce e innova l’art. 58 (Procedure svolte attraverso piattaforme telematiche di negoziazione) e il comma 2-bis dell’art. 41 (Misure di semplificazione delle procedure di gara svolte da centrali di committenza) del d. lgs. n. 50 del 2016.
  85. Con l’introduzione della disciplina contenuta nell’art. 26.
  86. L’art. 29 sostituisce (anche riducendolo) e modifica l’art. 52 del codice del 2106 che aveva, tra l’altro, la medesima rubrica “Regole applicabili alle comunicazioni”.
  87. Con l’introduzione dell’art. 31.
  88. L’art. 23 innova in gran parte la materia sebbene l’attuale comma 3 richiami, modificandolo, l’art. 213 (Autorità nazionale anticorruzione) del codice del 2016. Essa era, infatti, già prevista sia all’art. 213 del codice del 2016 richiamato sia all’art. 62-bis del CAD per assicurare, in tempo reale, il corretto agire dell’amministrazione in materia di contratti pubblici. Attualmente la Banca dati si compone di cinque sezioni (che potranno, in base alle esigenze, essere implementate con provvedimenti dell’Autorità): l’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti, il Casellario informatico, l’Anagrafe degli operatori economici, la Piattaforma nazionale degli appalti e il Fascicolo virtuale dell’operatore economico. In particolare, l’art. 81, comma 1, del d. lgs. n. 50 del 2016 modificato dall’art. 53, comma 5, lett. d), della legge 29 luglio 2021, n. 108 e l’art. 20 del d.m. per la pubblica amministrazione 12 agosto 2021, n. 148, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibile e il MEF hanno previsto che la documentazione comprovante i requisiti (generali, tecnico-professionali, economici e finanziari) per partecipare alle procedure di affidamento e per il controllo della permanenza degli stessi durante la fase dell’esecuzione del contratto sia acquisita esclusivamente tramite detta Banca dati. Sul punto, ampiamente, G. M. Racca, Le innovazioni necessarie, cit., 208.
  89. L’art. 24 richiama e modifica l’art. 81 (Documentazione di gara) del d. lgs. n. 50 del 2016.
  90. L’attuale art. 32 modifica l’art. 55 commi 1-12 del codice del 2016 e introduce il comma 15.
  91. Il vigente (efficace come tutta questa parte di norme dal 1° gennaio 2024) art. 33 modifica i commi 1-2, 4 ult. periodo, 5, 6, 7, 9, 10, 13, 14, 15 e 16 dell’art. 56 (rubricato sempre “Aste elettroniche”).
  92. L’art. 34 modifica l’art. 57 (rubricato anch’esso “Cataloghi elettronici”).
  93. F. Frattini, Introduzione, in R. Cavallo Perin, M. Lipari, G. M. Racca (a cura di), Contratti pubblici e innovazioni per l’attuazione della legge delega, Napoli, Jovene, 2022, pp. 5-ss.; G. M Racca, Le innovazioni necessarie per la trasformazione digitale e sostenibile dei contratti pubblici, ivi, pp. 24-ss.
  94. È il c.d. principio “una tantum”: Commissione UE, Piano di azione dell’UE per l’eGovernment 2016-2020, COM(2016)179, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Bruxelles, 19 aprile 2016, 4.
  95. D. U. Galetta, Digitalizzazione, cit., vi.
  96. Relazione, cit., p. 44.
  97. G. M. Racca, Le innovazioni necessarie, cit., p. 208.
  98. Si tratta di uno strumento per il controllo dell’assenza dei motivi di esclusione e sul possesso dei requisiti ex artt. 94, 95, 98, 100 e 103 del d.lgs. n. 36 del 2023 in capo agli operatori economici le cui altre funzionalità sono state indicate dall’ANAC nella Delibera n. 262 del 20 giugno 2023.
  99. R. Cavallo Perin, G. M. Racca, La concorrenza nell’esecuzione dei contratti pubblici, in Dir. Amm., 2, 2010, pp. 325-354.
  100. Art. 18-bis CAD.
  101. C. Contessa, P. Del Vecchio, Codice dei Contratti Pubblici. Annotato articolo per articolo D.lgs. 31 marzo 2023 n. 36, 1, Napoli, Editoriale scientifica, 2023, p. 279.
  102. Si tratta di tecnologie basate su registri distribuiti tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili: questa definizione è indicata al comma 1 dell’art. 8-ter del d.l. 14 dicembre 2018, n. 135 “Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione” conv. con modificazioni dalla legge 11 febbraio 2018, n. 12 e modificato. Recentemente sul tema G. Lo Sapio, Il tormentato rapporto tra blockchain e pubblica amministrazione nel prisma dei contratti pubblici, in Federalismi.it, 26, 2023, 1° novembre 2023, pp. 112-ss.
  103. Tar del Lazio, sentenza n. 3769 del 22 marzo 2017 (in primo grado) e Cons. St., IV, 8 aprile 2019, n. 2270 (in appello).
  104. L’art. 3-bis della legge n. 241 del 1990, rubricato Uso della telematica, stabilisce che le amministrazioni pubbliche, per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, agiscono mediante strumenti informatici e telematici nei rapporti interni sia di loro (cioè tra le diverse amministrazioni) sia nei rapporti con i cittadini (cioè tra queste e i privati).
  105. Cons. St., Sez. Atti norm, 26 novembre 2020, n. 1940 recante il parere sullo schema di decreto recante le modalità di digitalizzazione delle procedure dei contratti pubblici.
  106. G. Fonderico, La digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti, in Il foro italiano – Gli speciali, 1, 2023, p. 28.
  107. Il codice sorgente è il testo dell’algoritmo di programmazione della soluzione tecnologica adoperata.
  108. Sul punto Cons. St., VI, n. 8472 del 2019.
  109. G. Gallone, Riserva di umanità e funzioni amministrative, Indagine sui limiti dell’automazione decisionale tra procedimento e processo, Padova, Cedam, 2023.
  110. R. C. Perin, La digitalizzazione e l’analisi dati, in R. Cavallo Perin, M. Lipari, G. M. Racca (a cura di), Contratti pubblici e innovazioni, cit., 122 ss.; M. C. Cavallaro, G. Smorto, Decisione pubblica e responsabilità dell’amministrazione nella società dell’algoritmo, in federalismi.it, 16, 2019, pp. 17-ss.
  111. G. Gallone, op. cit., 119.
  112. L’art. 22 GDPR ha introdotto negli ordinamenti europei e degli Stati membri, così creando un doppio livello di disciplina, il «diritto di non essere sottoposto a una decisione basata unicamente sul trattamento automatizzato, compresa la profilazione, che produca effetti giuridici che lo riguardano o che incida in modo analogo significativamente sulla sua persona».
  113. Cons. St., sez. VI, 13 dicembre 2019, n. 8474.
  114. G. Gallone, op. cit., 102.
  115. M. Barberio, L’art. 30 del D.L.vo 36/2023 alla prova dell’A.I. Act dell’Unione Europea, in giustizia-amministrativa.it, 2023, pp. 5-6.
  116. M. C. Cavallaro, G. Smorto, op. cit., pp. 11-12. Gli scettici ritengono d’altra parte che le scelte dell’algoritmo non possono dirsi neutrali in sé, semmai sono percepite come oggettive perché provenienti da una macchina. In verità emerge una opacità dovuta alla difficoltà di addentrarsi nei meccanismi che presiedono al loro funzionamento considerato che neppure chi alimenta la macchina è pienamente in grado di ripercorrere l’intero processo decisionale. Questione che evidentemente si complica quando entra in gioco l’intelligenza artificiale. Sulla trasparenza algoritmica E. Carloni, Il paradigma trasparenza. Amministrazione, informazione, democrazia, Bologna, Il Mulino, 2022, p. 207.
  117. Come mette in luce M. G. Racca, Le innovazioni necessarie, cit., p. 201 «per i piccolissimi Comuni la soluzione pubblica deve portare ad un sistema di “click and buy”, che deve assicurare il rispetto dei principi, senza indurli a ricorrere a servizi privati di e-commerce, quali Amazon Business, con limiti operativi e normativi che restano evidenti».
  118. Cons. St., V, 4 aprile 2023, n. 3452.
  119. In assenza di un simile comportamento il Consiglio di Stato dispone l’annullamento dell’aggiudicazione nel frattempo intervenuta e delle relative operazioni di gara ordinando il rinnovo dell’intera procedura.
  120. P. Benanti, Oracoli. Tra algoretica e algocrazia, Roma, Luca Sossella Editore, 2018.
  121. Recante il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
  122. A. Sandulli, Il procedimento, in S. Cassese (a cura di), Trattato di diritto amministrativo. Diritto amministrativo generale, II, 2000, Milano, Giuffré, pp. 1065-1066, richiama in tal senso la «necessità di efficacia e di efficienza dell’azione, in modo da consentire il perseguimento di risultati adeguati».
  123. A. Corrado, I nuovi contratti pubblici, intelligenza artificiale e blockchain: le sfide del prossimo futuro, in Federalismi.it, 19, 2023, 26 luglio 2023, 148.