Brevi considerazioni sul dialogo tra le Corti alla luce di alcune recenti riforme processuali

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2/2023

Brevi considerazioni sul dialogo tra le Corti alla luce di alcune recenti riforme processuali

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Il saggio sviluppa alcune brevi riflessioni critiche sul dialogo tra corti nazionali e corti sovranazionali, con particolare riferimento alla Corte di Giustizia Europea ed alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo, alla luce di alcune recenti riforme processuali.


Briefs notes on the dialogue between Courts in light of recent procedural reforms
The paper develops brief critical reflections on the dialogue between national and supranational courts, with particular reference to the European Court of Justice and the European Court of Human Rights, in light of recent procedural reforms.

Sommario. 1. Le stagioni della nomofilachia.- 2. La nomofilachia “oltre i confini”.- 3. La risoluzione dei contrasti fra giudicati concorrenti.

1. Le stagioni della nomofilachia

È stata recentemente evidenziata la pluralità delle “stagioni” della nomofilachia[1]: dalla prima, quella della “creazione giurisprudenziale”, alla più recente, la stagione della “incertezza”, della nomofilachia “oltre i confini”[2]. Nell’economia di questo breve intervento, proverò a sviluppare alcune brevi riflessioni critiche sul dialogo tra corti nazionali e corti sovranazionali, con particolare riferimento alla Corte di Giustizia Europea ed alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo.

La vincolata adesione degli Stati membri all’unità dell’ordinamento europeo può essere apprezzata soprattutto sul fronte giurisdizionale, anche in relazione all’obbligo di rispettare ed assecondare la funzione nomofilattica della Corte di giustizia, le cui sentenze hanno valore di vero e proprio precedente “legislativo” per tutti i soggetti giuridici dell’Unione Europea (Stati, enti pubblici, enti privati, persone fisiche) [3].

La “co-giurisdizione”[4] assicura originali percorsi di unità dell’ordinamento europeo e si sviluppa anche attraverso l’istituto del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, che da iniziativa discrezionale del giudice nazionale si trasforma in obbligo di rinvio pregiudiziale alla Corte del Lussemburgo qualora la questione interpretativa del diritto europeo si ponga davanti ad una giurisdizione nazionale di ultima istanza[5].

L’organizzazione della funzione nomofilattica della Corte di giustizia è stata strutturata in via pretoria dalla stessa Corte attraverso un vero e proprio network, un meccanismo reticolare i cui nodi sono costituiti anche dai giudici nazionali di primo grado, i quali dialogano direttamente con la Corte del Lussemburgo indipendentemente dai loro rapporti con i giudici nazionali di ultima istanza. La nomofilachia europea si realizza quindi attraverso un dialogo tra Corti che non coinvolge esclusivamente le Corti “supreme”, essendo alimentato anche dai giudici locali, talora addirittura aprendosi alle amministrazioni nazionali (sentenze Kühne & Heitz e Kempter) [6].

Inoltre, con le sentenze Interedil, Fastweb e Puligienica, la Corte di giustizia ha riconosciuto una sorta di “diritto di ribellione” del giudice nazionale ai vincoli derivanti dall’ordinamento interno (art. 382 c.p.c., art. 99 c.p.a.), con l’avvio di una interlocuzione diretta con la Corte tutte le volte in cui il giudice nazionale “locale” dubiti della conformità dell’interpretazione del giudice nazionale di ultima istanza col diritto europeo[7].

Si tratta di tematiche ormai note agli studiosi, che tuttavia consentono di analizzare criticamente talune rilevanti vicende più recenti.

2. La nomofilachia “oltre i confini”

Si prenda il caso, ad esempio, della vexata questio delle c.d. concessioni balneari, che tanto ha attirato l’attenzione della dottrina amministrativistica. Se da un lato, infatti, le decisioni “gemelle” dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nn. 17 e 18/2021 sembrano ascriversi alla stagione della “creazione giurisprudenziale”, dall’altro un giudice amministrativo locale (il TAR Lecce, I sez., con la nota ordinanza n. 743/2022) non ha inteso seguire la raffinata interpretazione del diritto europeo ivi formulata, così procedendo ad un autonomo rinvio pregiudiziale innanzi alla Corte di Giustizia[8]. La decisione del giudice amministrativo pugliese di primo grado è stato oggetto di critiche, che vanno però ridimensionate nella prospettiva delle peculiarità organizzative del network della nomofilachia europea, alimentato anche (e soprattutto) “dal basso”, senza le rigidità di meccanismi verticistici di tipo top-down[9].

Addirittura, questo modello del dialogo diretto tra giudice locale e giudice di ultima istanza ha costituito il modello del nuovo istituto del rinvio pregiudiziale del giudice di merito alla Corte di Cassazione per la risoluzione di una questione di diritto, ai sensi della recente introduzione dell’art. 363-bis c.p.c. Il nuovo istituto, tuttavia, non sembra utilizzabile anche da parte del giudice amministrativo, pur a fronte dell’ampia formulazione della disposizione codicistica, che non chiarisce quali giudici “di merito” siano legittimati a proporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione.

Nella stagione della nomofilachia “oltre i confini”, il pluralismo delle Corti si invera anche attraverso il ruolo della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Sebbene l’entrata in vigore del Protocollo n. 16 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo apra inediti scenari di confronto fra Corte europea dei diritti dell’uomo e supremi giudici nazionali[10], non v’è dubbio che nell’ambito del sistema di diritto internazionale pattizio della CEDU manchino meccanismi anche solo lontanamente analoghi alla preminenza ed alla diretta applicabilità del diritto dell’Unione, così come al rinvio pregiudiziale, strumento principe della co-giurisdizione[11].

La relazione fra giurisdizioni nazionali e Corte europea dei diritti dell’uomo può essere analizzata soprattutto sotto il profilo del rapporto fra giudicati concorrenti, posto che il ricorso alla Corte di Strasburgo presuppone che la vicenda processuale interna si sia esaurita.

3. La risoluzione dei contrasti fra giudicati concorrenti

Il tema della cedevolezza del giudicato amministrativo contrastante con una sentenza del giudice di Strasburgo è stato al centro della decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 2/2015[12], che ha rimesso la questione alla Corte costituzionale anche in considerazione della sentenza del 7 aprile 2011, n. 113 della stessa Corte, relativa al processo penale. Con la sentenza 26 maggio 2017, n. 123, tuttavia, la Corte costituzionale ha negato la possibilità di una ipotesi straordinaria di revocazione, optando per la non estensibilità delle argomentazioni della richiamata sentenza n. 113/2011 ai processi civile e amministrativo, nell’ambito dei quali non entrerebbe in gioco la libertà personale e si porrebbe altresì la questione della tutela delle altre parti del processo[13].

Questa opzione interpretativa, con la quale la Corte costituzionale ha “salvato” il giudicato nazionale, va oggi rivista alla luce della recente introduzione dell’art. 391-quater c.p.c., che disciplina proprio i casi di revocazione per contrarietà alla CEDU.

La novella legislativa pone la questione del mancato rinvio dell’art. 104 CPA all’art. 391-quater c.p.c., non essendo a mio avviso sufficiente fondare una estensione delle nuove ipotesi revocatorie al processo amministrativo sulla base del solo rinvio esterno al codice di procedura civile operato dall’art. 39 CPA. La mancata operatività nel sistema processuale amministrativo del nuovo istituto della revocazione per contrarietà alla CEDU pone anche profili di legittimità costituzionale difficilmente eludibili, non essendo riproponibili ai rapporti tra processo civile e processo amministrativo le tesi già sviluppate dalla Corte costituzionale con la sentenza 26 maggio 2017, n. 123.

Peraltro, se viene meno il parallelismo tra intangibilità del giudicato anticomunitario e intangibilità del giudicato anti-CEDU[14], è difficile scorgere le ragioni per non riconsiderare anche il tema della revocazione nei casi di giudicato nazionale in contrasto col diritto UE: simul stabunt, simul cadent.

Siamo alle porte di una nuova stagione della nomofilachia? L’impressione è piuttosto che oggi tendano a coesistere i caratteri di tutte le stagioni precedenti: la creazione giurisprudenziale (decisioni della Plenaria nn. 17 e 18 del 2021), l’incertezza (con la “ribellione” del giudice “locale” rispetto alle indicazioni della Plenaria in materia di concessioni balnearii giudizi nazionali di ultima istanza) ed infine la stagione della nomofilachia “oltre i confini”, oggi arricchita dai nuovi istituti processualcivilistici che, tuttavia, non sembrano al momento poter avere un ruolo nel sistema di giustizia amministrativa.

Concludo con due espressioni tratte dal titolo di questa bella tavola rotonda organizzata dagli amici Diana-Urania Galetta e Gabriele Bottino: il tema della nomofilachia europea costituisce sia una “sfida attuale” che una “prospettiva futura” per gli studiosi del diritto amministrativo.

  1. Si tratta della versione scritta dell’intervento presentato alla tavola rotonda “Pubblica Amministrazione e giustizia amministrativa in Italia. Sfide attuali e prospettive future” tenutasi il 15.12.2022, presso l’Università degli Studi di Milano, in occasione dell’Incontro di studio organizzato a tre anni dalla nascita di CERIDAP (Milano, 15-16.12.2022).
  2. A. Pajno, Nomofilachia e giustizia amministrativa, in Riv. it. dir. pubbl. com. 2015, 345 ss.
  3. Così E. Picozza, Introduzione al Diritto Amministrativo, CEDAM, Padova 2006, 40.
  4. L’espressione “co-giurisdizione” è utilizzata da E. Picozza, L’influenza del diritto comunitario nel processo amministrativo, in Id. (a cura di), Processo amministrativo e diritto comunitario, CEDAM, Padova, 2004, 3-4.
  5. Come evidenziato da D.U. Galetta, nella Introduzione generale al volume dalla stessa curato Diritto amministrativo nell’Unione Europea, Giappichelli, Torino, 2020, «[…] Attraverso, infatti, il meccanismo dell’interpretazione conforme del diritto (amministrativo nazionale), per adattarlo alle esigenze poste dal principio di effettività̀ del diritto UE vigente, si producono talora cambiamenti più̀ rilevanti che non per il tramite dell’effetto diretto di norme UE. Un esempio evidente è rappresentato dalla nozione di organismo di diritto pubblico […]. Lo stesso vale, tuttavia, per molti istituti del diritto processuale (amministrativo) nazionale, che sono stati travolti (o stravolti!) per fare fronte all’esigenza di garantire la effettività del diritto UE sostanziale […]».
  6. Corte giust., Sez. I, 13 gennaio 2004, causa 453/00, Kühne & Heitz; C. giust. UE, Grande sezione, 12 febbraio 2008, causa 2/06, Kempter. Su questi profili sia consentito il rinvio ad A. Barone, Giustizia comunitaria e funzioni interne, Cacucci, Bari, 2008, 149 ss.
  7. L’espressione “diritto di ribellione” è ripresa da A. Pajno, Nomofilachia e giustizia amministrativa, cit. Invero, nel caso della sentenza Fastweb (4 luglio 2013, causa 100/12) è stato il Tar Torino ad attivare il rinvio pregiudiziale alla Corte del Lussemburgo, in aperto dissenso rispetto con le posizioni dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato. Sebbene l’art. 99 c.p.a. non individui alcun vincolo di tipo “verticale”, la vicenda si segnala per la “libertà” del giudice locale nel dialogare direttamente con la Corte di giustizia in difformità rispetto alle posizioni della Plenaria. Nel caso della sentenza Puligienica (5 aprile 2016, causa 689/13), invece, è stato il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana a dialogare direttamente con la Corte di giustizia europea (attraverso il meccanismo del rinvio pregiudiziale) anche in questo caso sul presupposto della mancata condivisione dell’interpretazione del diritto europeo fornita dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato. Infine, nel caso della sentenza Interedil (20 ottobre 2011, causa 396/09), la Corte d’appello napoletana ha addirittura superato il vincolo dell’art. 382 c.p.c. dialogando direttamente con la Corte di giustizia.
  8. Ex multis, cfr. i saggi pubblicati sulla rivista on-line Giustiziainsime.it: M.A. Sandulli, Sulle “concessioni balneari” alla luce delle sentenze nn. 17 e 18 del 2021 dell’Adunanza Plenaria, 2, 2022; F. Francario, Se questa è nomifilachia. Il diritto amministrativo 2.0. secondo l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 1, 2022; E. Zampetti, Le concessioni balneari dopo le pronunce Ad. Plen. 17 e 18 2021. Definito il giudizio di rinvio innanzi al C.G.A.R.S. (nota a Cgars, 24 gennaio 2022 n. 116), 1, 2022; E. Cannizzaro, Demanio marittimo. Effetti in malam partem di direttive europee? In margine alle sentenze 17 e 18/2021 dell’Ad. Plen, 12, 2021; R. Dipace, All’Adunanza plenaria le questioni relative alla proroga legislativa delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, 7, 2021. Al tema è stato anche dedicato un numero speciale della Rivista Diritto e Società n. 3/2021: “La proroga delle “concessioni balneari” alla luce delle sentenza 17 e 18 del 2021 dell’Adunanza Plenaria”, con scritti di M.A. Sandulli, F. Ferraro, G. Morbidelli, M. Gola, R. Dipace, M. Calabrò, E. Lamarque, R.Rolli – D. Sammarro, E. Zampetti, G. Iacovone, M. Ragusa, P. Otranto, B. Caravita di Toritto – G. Carlomagno. 
  9. Si condivide la lettura critica sviluppata, su altri profili, da R. Dipace, Concessioni “balneari” e la persistente necessità della pronuncia della Corte di Giustizia, Giustiziainsime.it, 14/10/2022.
  10. M. Lipari, Il rinvio pregiudiziale previsto da protocollo n. 16 annesso alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU): il dialogo concreto tra le Corti e la nuova tutela dei diritti fondamentali davanti al Giudice amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it.
  11. Sui rapporti tra Convenzione europea dei diritti dell’uomo e sistema italiano di diritto amministrativo v. C.E. Gallo, La Convenzione Europea per i diritti dell’uomo nella giurisprudenza dei giudici amministrativi italiani, in Dir. amm., 1996, 509-515; G. Greco, La Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e il diritto amministrativo in Italia, in Id., Argomenti di diritto amministrativo, III ed., Milano, 2008, 265 ss.; M. Macchia, Legalità amministrativa e violazione dei diritti non statali, Milano, 2012, 187-268.
  12. Cons. Stato, ad. plen., 4 marzo 2015, n. 2. E. Grillo, Un nuovo motivo di revocazione straordinaria del giudicato amministrativo per dare esecuzione alle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo?, in Dir. Proc. Amm., 2017, 194 ss.
  13. Sul punto si rinvia ad A. Police, Giudicato amministrativo e sentenze di Corti sovranazionali. Il rimedio della revocazione in un’analisi costi benefici, in Dir. Proc. Amm., 2018, 642-665; F. Francario, La violazione del principio del giusto processo dichiarata dalla CEDU non è motivo di revocazione della sentenza passata in giudicati, in Federalismi.it, n. 13, 28 giugno 2017; A. Travi, Pronunce della Corte di Strasburgo e revocazione delle sentenze: un punto fermo della Corte costituzionale, in Giur. cost., 2017, 1260 ss.; E. D’Alessandro, Il giudicato amministrativo (e quello civile) per ora non cedono all’impatto con la Corte europea dei diritti dell’uomo, in Foro it., 2017, 2186-2191; R.G. Conti, L’esecuzione delle sentenze della Corte EDU nei processi non penali dopo Corte Cost. n. 123 del 2017, in www.giurcost.it; A. Randazzo, A proposito della sorte del giudicato amministrativo contrario a pronunzie della Corte di Strasburgo (note minime alla sentenza n. 123 del 2017 della Corte Costituzionale), in www.osservatorioaic.it.
  14. Su questi profili sia consentito in rinvio al mio Nomofilachia, corti sovranazionali e sicurezza giuridica, in Dir. Proc. Amm., 2020, 557 ss.

Antonio Barone

Full Professor of Administrative Law, University of Catania.