Non è tutelabile in via risarcitoria il danno da ritardo nell’ipotesi in cui l’interessato abbia fondato la propria pretesa su una norma dichiarata incostituzionale in un momento successivo allo spirare dei termini di conclusione del procedimento in quanto il vantaggio che ci si duole di non aver ottenuto sarebbe stato comunque un vantaggio contra Costitutionem


The damage from delay cannot be protected as compensation in the hypothesis in which the interested party has based his claim on a provision declared unconstitutional at a time following the expiry of the terms for the conclusion of the proceeding since the advantage that one regrets not to have obtained would still have been an advantage contra Constitutionem

La sentenza in commento ha definito la controversia avente ad oggetto l’impugnazione del provvedimento di diniego con cui il Comune di Crispano, in data 17.07.2017, aveva respinto l’istanza di permesso di costruire in sanatoria avanzata dalla parte ricorrente in data 24.07.2015 e relativa ad alcune difformità dell’immobile rispetto a quanto previsto dalle concessioni edilizie esistenti al tempo in cui era stato effettuato l’intervento.

La richiesta di rilascio del permesso di costruire si fondava sull’art. 12, comma 4 bis, della l.r. Campania n. 19/2009, il quale prevedeva la possibilità di richiedere il titolo edilizio in sanatoria anche con riferimento a quegli interventi realizzati successivamente alla sua entrata in vigore e privi di titolo abilitativo o in difformità da esso «ma che risulta[va]no conformi alla stessa legge sia al momento della realizzazione degli stessi interventi, sia al momento della presentazione della domanda».

La Corte Costituzionale, con sentenza 11 maggio 2017, n. 107, ha, tuttavia, dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma summenzionata. La stessa, infatti, prevedeva che gli interventi dovessero essere conformi «alla stessa legge [ossia alla l.r. n. 19/2009] sia al momento della realizzazione degli stessi interventi, sia al momento della presentazione della domanda», e non, come invece prescritto dall’art. 36 del d.P.R. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia), «alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente … sia al momento della realizzazione degli stessi interventi, sia al momento della presentazione della domanda». Secondo la Corte, il tenore letterale della norma regionale apriva a possibili letture «non necessariamente in linea con il concetto della «doppia conformità»» così come cristallizzato dallo stesso giudice costituzionale nell’ambito di precedenti pronunce.

Di talché, il Comune di Crispano, intervenuto sulla richiesta di permesso di costruire con provvedimento successivo all’emanazione della sentenza sopra richiamata, ha ritenuto di dover tener conto degli effetti di quest’ultima, rigettando così l’istanza poiché fondata su una disposizione ormai dichiarata incostituzionale.

La parte ricorrente, da un lato, fra le varie censure, osservava come il provvedimento fosse viziato per aver tenuto conto degli effetti di una pronuncia successiva alla presentazione dell’istanza, in violazione del principio tempus regit actum, e, dall’altro, avanzava richiesta di risarcimento del danno da ritardo, in quanto, a suo parere, qualora il Comune si fosse determinato tempestivamente, senza superare i termini di conclusione del procedimento, il provvedimento sarebbe intervenuto in un momento antecedente alla declaratoria di incostituzionalità dell’art. 12, comma 4 bis, della l.r. n. 19/2009 con la conseguenza che, verosimilmente, l’istante avrebbe ottenuto il rilascio del permesso di costruire.

Il T.A.R. con riferimento al primo punto, ha evidenziato che «le sentenze di accoglimento del Giudice delle leggi eliminano la norma dichiarata incostituzionale con effetto ex tunc» e, pertanto, «dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza della Consulta, la norma dichiarata incostituzionale non è più applicabile e gli effetti della declaratoria di incostituzionalità si estendono a tutti i rapporti giuridici ancora pendenti al momento della decisione della Corte, rimanendone esclusi solo i cc.dd. rapporti già esauriti». Nel caso di specie, secondo quanto affermato dal giudice amministrativo, il rapporto non poteva ritenersi esaurito poiché il procedimento avente ad oggetto l’istanza di permesso di costruire in sanatoria risultava ancora pendente al momento della pronuncia di incostituzionalità, e, in quanto tale, doveva considerarsi travolto dagli effetti della stessa. In questi termini, dunque, il provvedimento di rigetto, nella parte in cui ha ritenuto non concedibile la sanatoria richiesta in quanto fondata su una norma dichiarata incostituzionale, deve considerarsi legittimo.

Sulla scorta di simili considerazioni il T.A.R. ha ritenuto altrettanto infondata la domanda di risarcimento del danno da ritardo. Dopo aver ribadito come la pronuncia di legittimità espunga la norma incostituzionale dall’ordinamento con effetti ex tunc, il giudice amministrativo ha infatti chiarito che il limite dei diritti quesiti per la retroattività delle pronunce di incostituzionalità risponde unicamente ad esigenze di stabilità dei rapporti ormai definiti senza tuttavia sancirne la legittimità e che tale limite non può legittimare la pretesa ad una definizione tempestiva dei rapporti pendenti al fine di non vedersi applicare la pronuncia di incostituzionalità nel frattempo sopravvenuta. Pertanto, conclude il Giudice, «deve ritenersi che difetta di meritevolezza dell’interesse la pretesa di parte ricorrente di essere risarcita per la mancata applicazione di una legge incostituzionale a causa del ritardo della p.a. nella conclusione del procedimento, in quanto il vantaggio che ella si duole di non aver ottenuto sarebbe stato comunque un vantaggio contra Costitutionem, pertanto non tutelabile in via risarcitoria».

Margherita Sias

PhD student in Intersectorial Innovation (curriculum Administrative Law) at the University of Milan