Unione europea

Marzo 2024 è stato l’apice di una sorta di gara su quale organizzazione internazionale avrebbe adottato per prima uno strumento per regolamentare lo sviluppo, la produzione e l’uso dell’Intelligenza Artificiale. Il saggio pone in evidenza vantaggi e svantaggi di un trattato del Consiglio d’Europa, così come del Progetto di Convenzione quadro sull’Intelligenza Artificiale, i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto, rispetto ad un regolamento dell’UE come la cosiddetta “legge sull’intelligenza artificiale”. Il contenuto del progetto di Convenzione quadro del Consiglio d’Europa viene presentato solo brevemente, prima di spiegare perché è opportuno un trattato del Consiglio d’Europa sull’Intelligenza Artificiale. Lo strumento della Convenzione del Consiglio d’Europa viene poi confrontato con quello di un regolamento dell’UE, soprattutto per quanto riguarda i limiti derivanti dalle rispettive competenze (del Consiglio d’Europa e dell’Unione Europea), nonché le conseguenze che derivano dalla necessità di ratificare il trattato del Consiglio d’Europa rispetto alla diretta applicabilità del regolamento dell’UE.

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Con la designazione di sei gatekeepers da parte della Commissione europea il Digital Market Act dispiega i suoi effetti, imponendo gli obblighi ivi previsti nei confronti delle Big Tech, che si trovano a confrontarsi con una disciplina per certi versi innovativa, anche se al confine con il diritto della concorrenza. Il presente contributo riflette su regolamento entrato in vigore quest’anno, sulle ragioni alla base della sua approvazione e sulla figura del gatekeeper.

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Il presente contributo analizza in chiave critica la disciplina europea dell’appalto congiunto transfrontaliero, un istituto giuridico volto a raggiungere l’interesse pubblico grazie al soddisfacimento (transfrontaliero) dei fabbisogni di amministrazioni pubbliche dislocate nei vari Paesi membri. Obiettivo, tuttavia, che pare (almeno parzialmente) contraddetto dall’alto livello di complessità della norma e della sua attuazione. Aspetto che, unitamente alla presenza di fattori critici sul piano concreto, conduce le amministrazioni aggiudicatrici a preferire il ricorso ad altre procedure di affidamento.

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Il Green Deal europeo, un insieme di iniziative politiche dell’UE che si basano sull’obiettivo generale di rendere l’Europa neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050, richiede significativi investimenti verdi per mobilitare fondi pubblici. La Commissione conferma che la politica degli aiuti di Stato ha un ruolo importante da svolgere nel sostenere l’UE nel processo di transizione verde e nel raggiungimento degli obiettivi del Green Deal europeo. Tuttavia, affinché ciò sia possibile, le norme dell’UE in materia di aiuti di Stato devono essere ben concepite e pienamente allineate a tali obiettivi. La presente analisi mira a rispondere alla domanda di ricerca se il Green Deal europeo offra effettivamente il tanto atteso via libera per aiuti più sostenibili e verdi e, al contempo, se il regime di aiuti di Stato dell’UE consenta di raggiungere gli ambiziosi obiettivi del Green Deal europeo. A tal fine, l’autore analizza il quadro giuridico esistente in materia di aiuti di Stato e valuta la recente revisione delle norme in materia di aiuti di Stato in seguito all’adozione del Green Deal europeo.

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Il contributo si propone di fornire un’analisi critica dell’impatto della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea sul giudizio di legittimità costituzionale italiano. La ricostruzione dei più recenti orientamenti della giurisprudenza costituzionale, con il riconoscimento della natura sostanzialmente costituzionale della Carta e dell’ampia sovrapponibilità delle garanzie da essa previste con quelle contenute nella Costituzione repubblicana, consentirà di mettere in luce le dinamiche del dialogo tra la Corte costituzionale e la Corte di Giustizia, nonché lo spirito di collaborazione che ne connota i rapporti in linea di massima. Il lavoro evidenzia altresì il ruolo cruciale svolto dalle due Corti nella definizione dei contenuti dell’identità nazionale e delle tradizioni costituzionali comuni anche in riferimento alla cd. dottrina dei controlimiti.

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L’impiego dell’intelligenza artificiale (IA) nei mercati finanziari richiede un approccio equilibrato e proattivo. La distinzione tra sistemi di IA deboli e forti evidenzia la necessità di adeguare la normativa di settore rispetto alla crescita repentina dell’autonomia degli algoritmi. La sfida è quella del bilanciare il naturale sviluppo tecnologico con la sicurezza dei mercati. La ponderazione della responsabilità umana con la socializzazione dei danni e con l’osare soluzioni innovative come il riconoscimento della personalità giuridica ai sistemi di IA evoluti o ipotesi di “smart law”, aiuterebbe gli operatori del diritto a gestire con minori incertezze le nuove dinamiche dei mercati finanziari.

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Nella Strategia Europea per i dati, la Commissione formula le sue proposte su come l’UE possa creare uno «spazio unico europeo dei dati». Il progetto è quello di rendere l’Europa leader di una società “guidata dai dati”, creando un mercato unico per questi ultimi, che permetta loro di fluire liberamente all’interno dell’UE, e tra i vari settori: tutto ciò a vantaggio delle imprese, dei ricercatori e delle amministrazioni pubbliche. Un elemento centrale dello «spazio unico europeo dei dati» è la creazione di meccanismi di governance degli stessi, in modo tale che risultino chiari e affidabili. Concentrandosi sui dati pubblici, il contributo analizza le strutture amministrative create dalla Direttiva “Open Data”, dal “Data Governance Act (DGA)”, e del primo spazio settoriale dei dati proposto dalla Commissione, vale a dire lo “Spazio europeo dei dati sanitari (EHDS)”. L’interrogativo che costituisce il focus del contributo è se la struttura amministrativa sviluppata dall’UE negli ultimi decenni, in termini di “amministrazione composita europea”, sia in grado di raggiungere l’obiettivo di una governance dei dati chiara e affidabile.

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Il contributo riassume i principali emendamenti adottati dal Parlamento europeo, durante la sua prima lettura della proposta di Regolamento UE sull’Intelligenza Artificiale (AI Act). Più in particolare, si analizza l’impatto di questa nuova normativa sulla decisione amministrativa automatizzata e si esamina l’autonomia concessa agli Stati membri, nel recepire tali disposizioni all’interno delle rispettive normative nazionali sul procedimento amministrativo. La tesi esposta nel contributo considera l’AI Act un atto normativo necessario e che, se adottato con alcuni degli emendamenti proposti dal Parlamento europeo, potrà regolare adeguatamente lo sviluppo e l’uso di sistemi di AI da parte delle autorità pubbliche europee, definendo così un elevato standard normativo, che potrà essere rafforzato dai legislatori nazionali.

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Il saggio, relativo alla tutela della libertà di espressione nell’ordinamento UE, si propone di individuare i limiti e le possibili restrizioni a tale diritto fondamentale, a partire da un fatto di attualità: la reazione dell’Unione europea alla propaganda di regime promossa da diverse emittenti russe per giustificare l’attacco all’Ucraina. In particolare, lo scritto si dirama in tre direzioni volte a rispondere ad altrettante questioni: in primo luogo, valutare se le limitazioni alla libertà di informazione, contenute nelle sanzioni dell’UE, rappresentino una novità nel diritto europeo e comportino un’assunzione di maggiori competenze da parte dell’Europa in materia di diritti umani; in secondo luogo, evidenziare quali siano le tendenze recenti della giurisprudenza europea in materia di tutela della libertà di espressione (anche alla luce dei due fenomeni dell’hate speech e delle fake news), verificando se queste siano confermate dal recente intervento sanzionatorio del Consiglio europeo; infine, verificare se il Tribunale europeo, chiamato a valutare la legittimità di tali sanzioni, abbia seguito il processo argomentativo di regola applicato per verificare che la compressione della libertà di espressione sia giustificata.

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A un anno dalle elezioni europee del 2024, è utile cercare di comprendere quale sia l’eredità che lascia la IX legislatura, la quale a ben guardare appare davvero eccezionale. Durante la legislatura in corso si è determinato un mutamento dell’Unione europea che ha messo in luce le sue capacità di adottare decisioni forti, coraggiose e fortemente innovative. E anche la sua capacità d’imporsi come legislatore determinato. L’articolo esamina alcuni aspetti importanti in questo senso e indica nuovi percorsi di ricerca.

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