Principio di proporzionalità

Il contributo esamina l’applicazione del principio di proporzionalità nella giurisprudenza elaborata dal giudice nazionale, dalla Corte di Giustizia e dalla Corte EDU in materia di sanzioni urbanistico-edilizie. A tal fine analizza dapprima le tradizionali categorie di sanzioni così come elaborate dalla giurisprudenza nazionale, per poi osservare se e come i principi elaborati dalla CGUE e dalla CEDU abbiano indotto un loro mutamento

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L’incessante produzione normativa per la gestione dell’emergenza pandemica costituisce un interessante banco di prova per verificare la tenuta del nostro sistema tradizionale di tutela degli interessi generali che si identifica nel binomio legge generale, astratta e durevole nel tempo, da un lato, e provvedimento amministrativo tipico e puntuale, dall’altro. Le ordinanze di necessità e urgenza rivestono valore fortemente simbolico e carattere emblematico, perché mostrano un problematico rapporto tra diritto e potere. Per trovare un punto d’equilibrio tra regola ed eccezione occorre raffinare la tecnica del ricorso ai principi generali (principio di leale collaborazione, principio di supremazia dello Stato, principio di sussidiarietà, principio di ragionevolezza, principio di proporzionalità, principio di precauzione e principio di solidarietà). Gli eccessi -di centralismo, di regionalismo, di autoritarismo, di individualismo- sono sempre pericolosi.

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Semaforo

Alla luce delle numerose misure restrittive adottate in Italia, come in molti altri paesi, per contenere l’epidemia di SARS-CoV-2, gli autori esaminano i termini entro i quali l’uso dell’App Immuni potrebbe essere qualificato come condizione legittimante per lo svolgimento di attività a rischio di contagio al fine di dare maggiore effettività alle misure di contenimento dell’epidemia e, quindi, meglio calibrare le limitazioni alle libertà personali. In questa prospettiva, l’attenzione degli autori si concentra sull’analisi del funzionamento dell’app Immuni, specie in un’ottica di protezione dei dati personali ed alla luce dell’analisi delle norme europee in materia, analizzate anche attraverso il prisma del principio di proporzionalità.

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L’annullamento d’ufficio degli atti della P.A. concorre con la funzione giurisdizionale a garantire l’effet utile. Da qui la funzionalizzazione dell’autonomia procedurale al principio di effettività delle norme UE. Ciò, tuttavia, non può andare a detrimento del principio comunitario della certezza del diritto (e della tutela del legittimo affidamento). Donde, la necessità di risolvere il conflitto tra la certezza e la giustizia attraverso una sintesi dei contrapposti interessi tramite il principio di proporzionalità conformato al principio di legalità.

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Questo articolo analizza la recente sentenza della Corte costituzionale tedesca, che ha affermato l'ultra vires del PSPP (Public Sector Purchase Programme) adottato dalla BCE (Banca centrale europea). L'autore intraprende un'analisi approfondita del rapporto tra la Corte di giustizia europea (CGUE) e le corti costituzionali degli Stati membri, toccando anche i principi fondamentali del diritto dell'UE alla base di tale cooperazione giudiziaria, che è una delle caratteristiche principali dell'architettura giudiziaria dell'Unione. Tale analisi porta alla conclusione che la Corte costituzionale tedesca ha frainteso, tra l'altro, i principi di attribuzione e proporzionalità e ha minacciato le fondamenta stesse dell'ordinamento giuridico dell'UE, della sua integrità e autonomia, sostituendo la cooperazione giudiziaria con il confronto giudiziario e ignorando il principio di uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati e il principio di leale cooperazione tra l'Unione e i suoi Stati membri. Inoltre, la decisione della Corte costituzionale tedesca sfida le competenze esclusive conferite alla Corte di giustizia dai trattati, minando così il principio di legalità alla base del diritto dell'Unione europea. Mette inoltre seriamente a rischio l'indipendenza della BCE e del SEBC, inclusa la Bundesbank, nello svolgimento dei loro compiti nel campo della politica monetaria. Alcune parole finali sono dedicate ad una valutazione delle conseguenze immediate del giudizio, nonché dei possibili modi per superarlo.

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La sentenza della Corte costituzionale tedesca era necessariamente prevedibile, ma era stata oggetto di una lunga preparazione: sin dalle sue sentenze di Maastricht e del Trattato di Lisbona, il BVerfG aveva infatti posto le basi per la motivazione nel caso Weiss. Le basi del ragionamento sono due: i motivi di ricorso e gli argomenti oggetto di causa. Nel complesso, si possono criticare le debolezze di ragionamento della decisione, al punto che il BVerfG cade in ultra vires. In termini di teoria giuridica, la sentenza rimette all'ordine del giorno un dibattito fondamentale, vale a dire il monismo contro il pluralismo.

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Dal punto di vista del diritto dell’Unione europea è la prima volta che il BVerfG mette in atto la sua minaccia di non attuare le decisioni della Corte di giustizia UE, già contenuta già in diverse sue precedenti sentenze e, in particolare, nella sua sentenza sul Trattato di Lisbona del 2009. L’argomentare dei giudici di Karlsruhe rivela, tuttavia, lacune e veri propri errori in diritto. Qui di seguito farò dunque riferimento, anzitutto, agli errori giuridici a mio parere più rilevanti (par. II). Dirò poi brevemente anche delle conseguenze delle violazioni del diritto UE da parte della Germania che la sentenza implica (par. III).

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La Corte Costituzionale ribadisce l’obbligo per il Governo di attenersi ai limiti della legge delegata, dichiarando l’incostituzionalità non solo della norma sollevata dal Giudice rimettente ma anche di quelle strettamente conseguenziali a quella contestata. La sentenza approfondisce la natura del danno all’immagine della pubblica amministrazione come danno conseguenza e non relazione alla rilevanza del fatto per i mezzi di informazione così come costituita dalla norma rimessa al giudizio costituzionale.

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Questo articolo analizza la recente sentenza della Corte costituzionale tedesca, nella quale il PSPP (Public Sector Purchase Programme) adottato dalla Banca Centrale Europea (BCE) viene considerato ultre vires. L’autore intraprende una analisi approfondita della relazione che intercorre tra la Corte di Giustizia europea e le Corti costituzionali degli Stati membri, toccando anche i principi fondamentali del diritto dell'Unione su cui si fonda tale cooperazione giudiziaria, che rappresenta una delle caratteristiche principali dell'architettura giudiziaria dell'Unione. Tale analisi giunge alla conclusione che la Corte costituzionale tedesca ha frainteso, tra l'altro, i principi di attribuzione e proporzionalità e ha minacciato le fondamenta stesse dell'ordinamento giuridico dell'UE, la sua integrità e autonomia, sostituendo la cooperazione giudiziaria con il confronto giudiziario e ignorando il principio di uguaglianza degli Stati membri davanti ai Trattati, nonché il principio di leale cooperazione tra l'Unione e i suoi Stati membri. Inoltre, la decisione della Corte costituzionale tedesca sfida le competenze esclusive conferite alla Corte di giustizia dai trattati, minando così lo Stato di diritto nel cuore dell'Unione europea. Mette inoltre seriamente a rischio l'indipendenza della BCE e del SEBC, compresa la Bundesbank, nello svolgimento dei loro compiti nel campo della politica monetaria. Alcune parole finali sono dedicate ad una valutazione delle conseguenze immediate del giudizio, nonché ai possibili modi per superarlo.

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La sentenza 5 maggio 2020 del Zweiter Senat del Bundesverfassungsgericht, nella misura in cui esprime la pretesa del giudice costituzionale tedesco di valutare la legalità delle decisioni della BCE sulla base dei principi di attribuzione e di proporzionalità è più che discutibile in punto di diritto. Inoltre essa è estremamente pericolosa: e non solo perché implica che il Zweiter Senat, in ultima analisi, rifiuta, sulla base del principio democratico e del controllo delle competenze dell’Unione, l’uniformità di applicazione del diritto dell’Unione. Ma anche perché essa appare come la lampante dimostrazione di una forma di “bullismo culturale” lamentato ormai da più parti; e che emerge in maniera lampante nel ragionamento svolto sulla proporzionalità. È un atteggiamento questo che, nella contingenza causata dall’emergenza COVID-19, potrebbe avere conseguenze davvero tragiche per il futuro dell’Unione.

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