Diritto dell'ambiente

Il Green Deal europeo, un insieme di iniziative politiche dell’UE che si basano sull’obiettivo generale di rendere l’Europa neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050, richiede significativi investimenti verdi per mobilitare fondi pubblici. La Commissione conferma che la politica degli aiuti di Stato ha un ruolo importante da svolgere nel sostenere l’UE nel processo di transizione verde e nel raggiungimento degli obiettivi del Green Deal europeo. Tuttavia, affinché ciò sia possibile, le norme dell’UE in materia di aiuti di Stato devono essere ben concepite e pienamente allineate a tali obiettivi. La presente analisi mira a rispondere alla domanda di ricerca se il Green Deal europeo offra effettivamente il tanto atteso via libera per aiuti più sostenibili e verdi e, al contempo, se il regime di aiuti di Stato dell’UE consenta di raggiungere gli ambiziosi obiettivi del Green Deal europeo. A tal fine, l’autore analizza il quadro giuridico esistente in materia di aiuti di Stato e valuta la recente revisione delle norme in materia di aiuti di Stato in seguito all’adozione del Green Deal europeo.

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Il presente lavoro esamina la tendenza “decentralizzante” che appare sempre più interessare le politiche pubbliche e regolatorie in materia di energie rinnovabili, frutto della diffusione di nuovi modelli di generazione energetica distribuita e delle profonde innovazioni determinate dall’impatto delle Distributed Ledger Tecnolgies. Dopo un generale inquadramento normativo del settore, l’indagine mira a evidenziare la particolare valenza sociale che le energie rinnovabili hanno acquisito attraverso il fenomeno delle Comunità Energetiche. Infine, verrà indagato il ruolo che lo Stato, a fronte di questi cambiamenti, è chiamato a rivestire.

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La Sezione I del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria in una recente sentenza ribadisce la natura non vincolante del parere reso dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) sul calendario venatorio predisposto dalla Regione in attuazione delle previsioni della legge n. 157 del 1992, Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio. La sentenza fornisce l’occasione per una riflessione sullo stato della tutela giuridica degli animali selvatici a livello nazionale ed eurounitario anche alla luce della riforma costituzionale e di recenti interventi normativi.

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Il presente contributo analizza il nuovo testo del Codice dei contratti pubblici con riferimento al principio dello sviluppo sostenibile e alla tutela dell’ambiente, che non risultano espressamente indicati dalle disposizioni dedicate ai principi. L’esame delle disposizioni del nuovo Codice costituisce occasione per ricostruire, sul piano interpretativo, il ruolo attribuito, dal legislatore nazionale e da quello europeo, alle stazioni appaltanti nell’utilizzo degli acquisti pubblici per il perseguimento di obiettivi orizzontali, come quello della sostenibilità ambientale e della neutralità climatica. L’approccio seguito nel nuovo Codice risulta in linea di continuità con quello precedente, di tipo mandatory-rigido. Ciò non toglie che, tenuto conto del principio della fiducia, possano essere adottati correttivi di tipo “funzionale”, volti ad assicurare l’effettiva finalizzazione degli acquisti pubblici al conseguimento di benefici per la collettività che minimizzano i danni all’ambiente e favoriscono l’innovazione.

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Questo articolo si propone di indagare i tratti distintivi del fenomeno della rigenerazione urbana come espressione del principio di sviluppo sostenibile, alla luce del modello di amministrazione digitale, ovvero una nuova struttura volta a favorire la digitalizzazione dei processi decisionali e una trasformazione delle funzioni amministrative, utilizzando le Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione (TIC). Questi elementi dovrebbero essere i principi su cui deve basare il nuovo modello di sviluppo urbano. L'influenza delle TIC sulle valutazioni ambientali è fondamentale per comprendere appieno il la portata delle sfide affrontate dal legislatore italiano in tema di rigenerazione urbana. Lo scopo di questo lavoro è, quindi, quello di proporre un metodo per realizzare la migliore interazione possibile tra le forme tradizionali e innovative di rigenerazione urbana, cercando di identificare, nello specifico, come gli enti locali possano trarre vantaggio dalle nuove tecnologie sia in un'ottica procedurale che ambientale. Si sottolinea come le soluzioni tecnologiche innovative oggi trovino la loro massima espressione nello sviluppo di un nuovo modello urbano – le energie rinnovabili – che è uno dei mezzi individuati per perseguire gli obiettivi fissati dall'SDG n. 11 delle Nazioni Unite .

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Il presente contributo si propone di delineare il profilo dell’istituto della bonifica ambientale in caso di fallimento o liquidazione giudiziale dell’imprenditore alla luce della normativa e giurisprudenza più recenti. Dopo aver ripercorso il dibattito giurisprudenziale sviluppatosi in materia, la sentenza del Consiglio di Stato, Ad. Plen., n. 3/2021 ha affermato che la presenza dei rifiuti in un sito industriale e la posizione di detentore degli stessi, che il curatore fallimentare acquisirebbe al momento della dichiarazione di fallimento o a seguito della liquidazione giudiziale, radicherebbero la “legitimatio ad causam” della stessa curatela. In tal senso, alla luce della Legge costituzionale 11 febbraio 2022, n.1, è stata conferita dignità costituzionale all’ambiente, innovando ulteriormente l’istituto qui in commento, soprattutto alla luce delle disposizioni dettate dalla Legge Fallimentare.

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Con sentenza del 12 febbraio 2022 n. 248/2022, il Tar Puglia ha avuto modo di pronunciarsi su alcuni fondamentali aspetti legati all’impatto che un impianto agrivoltaico di nuova generazione ha sul territorio, considerandolo meno gravoso rispetto ad un tradizionale impianto fotovoltaico. Inoltre, il Giudice di prime cure ha riconosciuto l’inidoneità del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale della Regione Puglia con riferimento a queste nuove configurazioni impiantistiche, statuendo, in definitiva, la compatibilità dell’agrivoltaico con le esigenze agricole e pastorali del territorio.

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Con sentenza n. 2309 del 17 marzo 2021, il Consiglio di Stato ha ulteriormente ribadito – superando l’idea secondo la quale il termine di conclusione del procedimento sanzionatorio di ARERA sarebbe meramente ordinatorio – la perentorietà del suddetto termine, sicché il suo superamento inficia il provvedimento sanzionatorio impugnato, con ciò che ne consegue in termini di illegittimità dello stesso. Ed infatti, la previsione di un tempo procedimentale, la cui determinazione è rimessa all’amministrazione in ragione del singolo caso concreto, è difficile ritenere non debba garantire che il tempo dell’accertamento della violazione sia ravvicinato rispetto a quello della sua punizione, con la conseguenza che l’inutile decorso tempo dell’agire amministrativo ridonda in illegittimità del provvedimento sanzionatorio.

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L’articolo esamina la sentenza con cui lo scorso 24 marzo 2021 il Tribunale Costituzionale Federale tedesco ha dichiarato l’incostituzionalità di alcune disposizioni della Legge sulla protezione del clima del 12 dicembre 2019 (KSG). Gli obiettivi nazionali di protezione del clima e i volumi annuali di emissioni ammessi fino al 2030 che la norma prevede sono stati ritenuti incompatibili con i diritti fondamentali, in quanto mancano dei requisiti sufficienti per ulteriori riduzioni delle emissioni a partire dal 2031. La sentenza riconosce che ogni libertà è potenzialmente interessata da questi futuri obblighi di riduzione delle emissioni, in quanto quasi tutte le aree della vita umana sono ancora legate alle emissioni di gas serra e sono quindi condizionate da drastiche restrizioni che in base all’attuale disciplina potrebbero aver luogo dopo il 2030. Il legislatore avrebbe dovuto quindi assumere delle precauzioni per attenuare questi oneri elevati, al fine di salvaguardare i diritti fondamentali in un’innovativa prospettiva “intertemporale”, e garantire così in misura adeguata anche i diritti delle generazioni future.

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Il lavoro, partendo dall’esame del danno ambientale e dalla rilevanza economico dello stesso in relazione alle funzioni ambientali danneggiate, si prefigge di analizzare, così come disciplinato nell’ordinamento francese, la sottocategoria del pregiudizio ecologico. Quest’ultimo, che può essere soggettivo laddove danneggi l’uomo – inteso sia come singolo che come collettività – oppure oggettivo nel caso in cui deteriori la natura, pone rilevanti interrogativi circa le modalità di riparazione del danno. Iniziando dal caso “Erika”, in cui per la prima volta è stata riconosciuta l’esistenza del “pregiudizio ecologico puro”, vengono analizzati gli sviluppi normativi del pregiudizio ecologico a partire dalla trasposizione nel diritto interno francese della Direttiva 2004/35 sino alla legge del 2016 per la riconquista della biodiversità. Infine, con brevi cenni alle soluzioni intraprese in altri ordinamenti nazionali, si tratteggiano, cercando di metterne in luce gli aspetti maggiormente controversi, le tre modalità di riparazione introdotte dalla legge del 2016: primaria, complementare e compensatoria.

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