T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-bis, 28 novembre 2023, n. 17846

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T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-bis, 28 novembre 2023, n. 17846

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Non è ammissibile la partecipazione di una società a partecipazione mista pubblico-privata ad una procedura di gara differente da quella per cui la stessa sia stata costituita


A public-private company cannot participate in any tender procedure other than the one for which it was established

Il T.A.R. Lazio, con la sentenza n. 17846 del 28 novembre 2023, ha ritenuto non ammissibile per difetto d’interesse il ricorso presentato da una società a partecipazione mista pubblico-privata avverso il provvedimento di affidamento diretto di un servizio pubblico prestato a livello locale ad una società in house.

Nel caso di specie, la S.A. aveva optato per l’internalizzazione del servizio pubblico di igiene urbana, attraverso l’affidamento diretto ad una società in house. La ricorrente – una società a partecipazione mista pubblico-privata, ex art. 17, D. lgs. n. 175/2016 – ha impugnato gli atti relativi a tale affidamento, ritenendo la scelta di internalizzare il servizio pubblico locale «gravemente lesiva» del principio di libera concorrenza.

Il Tribunale ha sostenuto l’inammissibilità del ricorso per difetto d’interesse. Invero la ricorrente, in quanto società a partecipazione mista pubblico-privata, con socio pubblico diverso dall’Ente che ha affidato direttamente il servizio, non avrebbe potuto partecipare a procedure di gara differenti da quella per cui la stessa sia stata costituita, di talché non vi fosse alcun interesse della stessa a che il servizio pubblico di igiene urbana venisse esternalizzato.

In via preliminare, il giudice ha richiamato l’art. 16 del D. lgs. n. 201/2022, che, nel prevedere, tra le modalità di gestione di un servizio pubblico locale con rilevanza economica, l’affidamento ad una società a partecipazione mista pubblico-privata, rinvia espressamente alle specifiche disposizioni di cui al D. lgs. n. 175/2016 (d’ora innanzi anche TUSP).

Più nello specifico, l’art. 17 TUSP, nella sua formulazione letteraria, valorizza, secondo il Collegio, la «stretta funzionalità tra la società mista e il servizio per il cui affidamento la stessa sia stata costituita», sicché è precluso all’ente societario la possibilità sia di espletare un servizio diverso da quello per il cui affidamento è stato costituito, sia di partecipare a gare indette da altre amministrazioni pubbliche, anche se relative a servizi similari.

A supporto di tale lettura, il T.A.R. ha ripercorso le principali disposizioni di cui all’art. 17, D. lgs. n. 175/2016. Si consideri, in proposito, il co. 1, secondo cui l’affidamento del contratto di appalto di concessione si caratterizza quale «oggetto esclusivo della società mista»; il co. 2, che, con riferimento ai requisiti di partecipazione alla gara, stabilisce che questi siano individuati «in relazione alla prestazione» per cui la stessa società mista «è stata costituita»; il co. 3, che, nell’individuare i meccanismi statutari di «scioglimento del rapporto societario in caso di risoluzione del contratto di servizio», collega «indissolubilmente la durata della partecipazione privata alla società alla durata dell’appalto o della concessione»; infine, il co. 4, che prevede la possibilità che i patti parasociali, pur potendo avere durata superiore ai cinque anni, in deroga all’art. 2341-bis comma 1 c.c., devono, comunque, essere contenuti «entro i limiti di durata del contratto per la cui esecuzione la società è stata costituita».

Secondo il giudice, si tratta di disposizioni che, complessivamente interpretate, dimostrano il «nesso di esclusività esistente tra costituzione della società mista e svolgimento del servizio affidato dagli enti pubblici soci», sicché, laddove si legittimi la partecipazione della società coi requisiti di cui all’art. 17 TUSP a procedure di gara diverse da quella per cui sia stata costituita, la stessa potrebbe conseguire «indebiti vantaggi» di contro al principio di libera concorrenza del mercato.

Inoltre, con riferimento alla possibilità che una società mista possa partecipare ad una procedura di gara differente da quella per cui sia stata costituita, la ricorrente riteneva applicabile, per analogia, la disciplina delle società in house, che, come sostenuto da una parte della giurisprudenza (in particolare, Cons. Stato, sez. V, 20 gennaio 2020, n. 444), si ritiene possano partecipare a gare indette da amministrazioni diverse da quelle controllanti la società medesima.

Il giudice, tuttavia, ha ritenuto tale analogia parametro di legittimità «non idoneo» alla fattispecie de qua, in quanto per le società in house l’assenza di soci privati giustifica l’astratta possibilità di tali enti di partecipare ad altre gare.

Parimenti non sussiste, secondo il Tribunale, alcuna violazione del principio di libera concorrenza. Invero, il giudice amministrativo ha chiarito che l’art. 17 TUSP si pone nel solco del previgente art. 13, d. lgs. n. 223/2006, che, nel prevedere che «Al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori nel territorio nazionale, [le società a partecipazione mista pubblico-privata] devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti aventi sede nel territorio nazionale», preclude[va], proprio per ragioni di tutela della concorrenza, la partecipazione di una società mista a procedure di gara diverse da quella per cui la stessa fosse stata costituita.

La sentenza in commento si conclude con un richiamo alla giurisprudenza comunitaria circa la discrezionalità amministrativa in ordine alla scelta di esternalizzare o meno un servizio pubblico di interesse economico generale (cd. principio di auto-organizzazione amministrativa). Secondo il giudice, pur essendo vero che l’esternalizzazione rientra tra le opzioni percorribili dall’amministrazione per l’erogazione di un servizio pubblico locale, vige l’obbligo, in capo alla stessa, di «delimitare l’operatività esterna delle società miste», al fine di «preservarne la finalità per le quali le stesse sono state “specificatamente” […] istituite».