Potere amministrativo, poteri e interessi privati

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Potere amministrativo, poteri e interessi privati

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Potere pubblico e potere privato non sono alternativi o necessariamente contrapposti: i tempi dell’economia impongono regole adattabili, multidimensionali e fluide che non tollerano rigide, seppure rassicuranti, schematizzazioni. Cosa si può considerare potere privato e quali le cause che ne determinano il peso? Con quali strumenti il poter pubblico si serve di quello privato e con quali se ne difende? La risposta a tali questioni passa, tra le altre, per una indagine sul rapporto tra politica e amministrazione, sul lobbying, sulla autorevolezza e credibilità dell’amministrazione, alla ricerca di una rinnovata dimensione di fiducia.


Administrative Power: Powers and Private Interests
Public power and private power are not alternatives or necessarily conflicting: the economy requires adaptable, multi-dimensional and fluid rules rather than rigid, albeit reassuring, schemas. What can be considered private power and what are the causes that determine its weight? By what means does public power use private power and defend it? To answer these questions is to consider the relationship between politics and administration, lobbying, authorship and credibility of administration, and the search for a renewed measure of trust.
Summary: 1. Per una delimitazione del campo di indagine.- 2. Potere privato: una chiave di lettura.- 3. L’emersione del potere privato nella dialettica con la pubblica amministrazione.- 4. Rapporti tra potere amministrativo e poteri privati e ricadute sugli interessi privati: tra legislazione e giudice.- 5. Nuove forme e leve del potere amministrativo.- 6. Per concludere. Cosa serve all’amministrazione e dall’amministrazione.

1. Per una delimitazione del campo di indagine[1]

L’ampiezza e la varietà del tema, la molteplicità dei possibili angoli visuali impongono di precisare i confini dell’indagine. Operazione non priva di una certa complessità. In un brano del libro di Italo Calvino, Palomar, il protagonista, volendosi misurare nella comprensione di come è fatta un’onda del mare, intuisce che bisogna tener conto di spinte in direzioni opposte, che in una certa misura si controbilanciano e in una certa misura si sommano. Cercare di limitare il campo di indagine e di osservazione significa per Palomar scegliere un quadrato di riva del mare. Ma la difficoltà è fissare i confini di questo quadrato: poiché a seconda del lato prescelto, la linea di un’onda che avanza può, innalzandosi, nascondere tutto ciò che sta dietro e lo spazio preso in esame si ribalta e nello stesso tempo si schiaccia.

Con questa consapevolezza e con questi rischi, il tentativo a farsi è quello di isolare le forme di potere di cui l’amministrazione contemporanea dispone nel dialogo con i poteri privati, intesi come interessi di gruppi economici (cercati, subiti, controllati), nella misura in cui queste dinamiche si riflettono sugli interessi della collettività, per tentare di cogliere il senso ultimo e più alto dell’amministrazione, del suo ruolo.

Dunque, più che di perimetri dell’amministrazione, che anticipando considerazioni che verranno svolte più avanti, direi ancora molto estesi, che fanno dell’amministrazione un poligono irregolare, si tratta di capire cosa serva dell’amministrazione e all’amministrazione nella incerta stagione dei fatti economici e sociali che contraddistinguono la contemporaneità.

Il tema interessa con tutta evidenza la relazione del potere con l’attività economica: ne deve, da subito, essere posto in rilievo l’approccio richiesto da una economia di mercato e in un contesto definito di post-democrazia[2].

Nel descritto contesto, si registra il superamento di ogni ormai ingiustificata e comunque improduttiva e formalistica rappresentazione in chiave dicotomica[3] del rapporto autorità-libertà, riconoscendo anzi all’autonomia privata e alla libertà di impresa la valorizzazione più ampia[4]. Certamente non impedita dalla Carta costituzionale, ma anzi da questa consacrata[5]. Certo non in assoluto, ma con ampiezza e portata variabili in relazione correlata al benessere collettivo[6] e sempre a scongiurare che il solo mercato produca uno scontro non gestito tra interesse economico privato e interesse pubblico.

Si consideri infatti che il mercato, oltre ad essere il luogo della libertà di impresa, ben può garantire il benessere della collettività, nella misura in cui possono trarne beneficio tutti i soggetti che a vario titolo vi intervengono (consumatori e utenti compresi)[7].

Le condizioni che determinano il “momento” dell’amministrazione nella direzione e formazione della vita sociale derivano dal tipo di rapporto che si viene ad instaurare tra Parlamento ed esecutivo e dunque da scelte di natura politica. Pertanto, gli statuti amministrativi non scompaiono, ma si dislocano secondo nuovi equilibri e la specialità del diritto amministrativo si fa aperta e multiforme in proporzione al contesto.

L’estrema rapidità con cui si determinano e mutano le condizioni economiche richiede al potere «di essere ispirato dal criterio dell’adeguatezza alla situazione concreta»[8]. Il potere pubblico, come si vedrà, può dunque talvolta essere chiamato a difendersi dal potere dei privati (come dimostra la previsione dei poteri speciali, denominata golden power); può tradursi nella possibilità di spingere le imprese private, con graduazione di mezzi, non necessariamente autoritativi, verso scelte produttive che rispondono a specifici interessi pubblici[9]; può strutturarsi e prendere forma attraverso gli apporti partecipativi dei privati ai processi decisionali. Del resto, l’esistenza di una disciplina giuridica a tutela dell’ambiente, della salute, dell’incolumità pubblica, della sicurezza, della solidarietà, dunque di interessi a protezione necessaria[10], chiama in causa l’esercizio di funzioni diverse, ma tutte contrassegnate da discrezionalità[11].

All’emersione di nuovi poteri privati corrispondono pertanto, e in altri termini, vecchie e nuove forme di esercizio del potere. Che vanno da formule in grado di incidere direttamente sulle attività di impresa, nella misura in cui trovano una giustificazione di interesse pubblico (controlli su qualità di beni, obblighi di servizio universale, vigilanza, misure antitrust)[12], a forme di programmazione “indicativa”[13], fino all’incoraggiamento e all’atteggiamento di favore per scelte di soggetti privati che siano in grado di concorrere alla effettività di politiche pubbliche di settore[14]. Non si è di fronte, perciò, ad una disciplina amministrativa unitaria, piuttosto ad una cornice variegata in cui il sistema delle regole può dirsi certamente arricchito, e mutevole è il volto dello Stato nell’economia[15].

Potere pubblico e potere privato non sono dunque alternativi o necessariamente contrapposti. Non solo perché «l’intervento pubblico può correggere il mercato e perché il mercato può produrre effetti redistributivi migliori»[16], ma perché i tempi dell’economia impongono regole adattabili, multidimensionali e fluide che non tollerano rigide, seppure rassicuranti, schematizzazioni. Senza che ciò comporti, come accennato, l’assoluta libertà delle imprese private, il cui argine è costituito, come pure si diceva, dalla protezione accordata ad interessi che ricevono riconoscimento e tutela nella Carta costituzionale e in atti legislativi.

La questione, dunque, è indagare quanto le accennate modulazioni del potere amministrativo siano efficaci: da un lato, nel nutrirsi dei poteri privati; dall’altro, nel contrastare fenomeni speculativi, comportamenti opportunistici e l’esistenza di interessi di grandi gruppi privati capaci di condizionare le scelte dell’amministrazione o di ottenerne vantaggi dalla mancanza di decisioni (emblematico in questi termini il caso delle concessioni balneari).

Resta fuori dal campo dell’indagine la dimensione dei poteri privati in ambito globale[17], rispetto alla quale lo spostamento della sede di produzione delle regole, ovvero il “trasloco” dalle sedi statali a quelle private[18] è questione che rischia di allargare a dismisura la prospettiva prescelta che è quella di indagare i mutamenti del potere amministrativo e le facce di quelli privati calando entrambi i termini della questione in un contesto, quello domestico, in cui è più agevole trovare ricadute di carattere positivo a sostegno dell’impianto complessivo del ragionamento a farsi.

Nella convinzione, peraltro, che tale scelta consenta di meglio identificare, nel rapporto tra politica e amministrazione[19], nell’assenza di una disciplina organica sul conflitto di interessi e sul lobbying, possibili risposte ai fini della definizione dello spazio della pubblica amministrazione, che riporta al tema della autorevolezza della stessa, della sua credibilità e della necessità di una rinnovata dimensione politica degli interessi.

2. Potere privato: una chiave di lettura

Con queste premesse, va ora specificato cosa si intenda, ai fini dell’indagine, per potere privato. Con una preliminare precisazione: il riferimento a poteri privati non attiene all’elemento per così dire strutturale dei medesimi, quindi alla dimensione oggettiva dell’impresa o del gruppo, piuttosto alla relativa capacità di intercettare spazi dell’amministrazione condizionandone azioni e risposte.

Dunque, e in altri termini, come si avrà modo di argomentare oltre, il potere privato non si misura sul piano quantitativo o dimensionale, ma su quello in qualche modo definibile come politico, da ricercarsi nel potere decisionale che lo rende un centro di potere essenzialmente pubblico[20], in quanto è l’acquisto di potere su beni o servizi, che sono la base essenziale di politiche economiche, che rivela il grado di influenza dei poteri privati[21].

Rispetto alla evidenziata possibile connotazione del potere privato, sta allora all’amministrazione scegliere se e in che modo vigilare e controllare, gravare l’impresa di oneri che in qualche maniera ne condizionino le scelte in vista dell’utilità comune, avvalendosi in modo costruttivo di quegli stessi poteri. In questa prospettiva, si pensi ai gruppi bancari, vettori fondamentali per la stabilità del sistema economico: il potere di limitare l’accesso a nuovi operatori, gli interventi di regolazione delle crisi bancarie dimostrano l’interdipendenza dei poteri e l’inversione del canone di lettura del rapporto tra poteri privati e pubblici, cui si è già in precedenza fatto riferimento. Ma anche al settore delle concessioni, che offre un punto di osservazione a questo scopo privilegiato, posto che i contratti di concessione «rappresentano importanti strumenti nello sviluppo industriale a lungo termine di infrastrutture e servizi strategici in quanto concorrono al miglioramento della concorrenza nel mercato interno, consentono di beneficiare delle competenze del settore privato e di conseguire efficienza e innovazione»[22]. Alle concessioni, così come agli appalti, del resto, vengono oggi riconosciute natura e ratio diverse: non solo, modalità di acquisizione di beni e servizi ma leve della politica economica.

Quando l’amministrazione richiede l’intermediazione del privato per la gestione di un bene o servizio pubblico, per l’acquisizione di un’opera pubblica, l’interesse del privato è ovviamente quello del profitto e della sua massimizzazione. A questi fini, il privato reclama regole favorevoli, flessibili e negoziabili. La durata della concessione e la sua estensione temporale, i suoi limiti e le condizioni di rinegoziazione, il valore e la valenza del bene o dell’opera pubblica si innestano pertanto sull’interesse del privato, che allo stesso tempo passa da «private interest to be a public concern»[23].

E’ allora compito dell’amministrazione, del settore pubblico in generale, una volta individuata la strada del ricorso al privato, promuovere le condizioni perché i privati producano beni pubblici[24], lungo un itinerario nel quale il potere pubblico sia capace di garantire l’ottimale funzionamento di un mercato concorrenziale e sistemi di cooperazione idonei al conseguimento di obiettivi pubblici anche in ambiti altri da quelli in cui opera l’impresa cui si è riconosciuta la valenza di potere privato.

3. L’emersione del potere privato nella dialettica con la pubblica amministrazione

Diventa a questo punto necessario definire le condizioni che offrono ai poteri privati terreno fertile per radicare, amplificandole, le relative posizioni di forza.

Il tentativo di agganciare metodi e tempi del diritto al processo economico in un mondo globalizzato, dunque la spinta verso l’efficienza e la funzionalità, ha concorso infatti a costruire una nuova e più complessa architettura composta di soggetti e regole con l’effetto di imprimere una nuova chiave di lettura dell’area dei poteri, del rapporto tra quelli pubblici e quelli privati[25]. Non credo sia operazione utile, ai fini della più chiara esposizione ed argomentazione, procedere guardando al potere amministrativo e alle sue forme prima di aver indagato piuttosto la dimensione e la genesi dei poteri privati.

Anche se non può assumersi come valida in assoluto, cioè riferibile a tutta la gamma delle possibili relazioni dei rapporti tra potere amministrativo e poteri privati, è sovente rispetto a questi ultimi che l’amministrazione gradua le forme di esercizio del potere. L’assunto necessita di una ulteriore precisazione: esistono infatti settori dove è per così dire il potere che rincorre la forma più adatta per arginare lo strapotere di gruppi privati; altri in cui è il potere a generare (alimentare) poteri privati, per una scelta consapevole o per l’incapacità di assumere decisioni. A questo proposito può essere utile richiamare, a mo’ di esempio, il caso della regolazione. È nel mercato regolato che gli equilibri tra poteri pubblici e privati hanno trovato ristrutturazione[26], originata anche dalle politiche di privatizzazione e liberalizzazione delle attività economiche, segnando così il superamento di una certa cultura istituzionale in cui l’incontro tra potere politico e potere economico avveniva sulle strade della programmazione, della pianificazione dei controlli[27]. Tuttavia, il modello della regolazione ha presentato profili di criticità sul versante della effettiva capacità di contrastare poteri privati. Finendo per creare uno spazio, come sostiene Fracchia nella sua relazione, in cui si registra e si è registrata una condizione di superiorità delle imprese private e conseguente soggezione dell’amministrazione, certamente di fronte ai grandi colossi del mercato e delle comunicazioni. Con ogni probabilità tali condizioni sono in ultima analisi da ricondurre da un lato, all’adozione di interventi non sempre tempestivi; dall’altro, in maniera forse preponderante, alla mancata o comunque totale sottrazione delle autorità di regolazione[28] al controllo da parte del governo. Qui si vede come la posizione di vantaggio conquistata dai poteri privati sia frutto della incapacità del potere pubblico: non perché, o non solo, privo degli strumenti, che anzi, come noto sono molteplici (sanzioni, partecipazione rafforzata, advocacy), ma, nel contesto di un indirizzo politico dettato dalla normativa nazionale ed europea, non esercitato in modo realmente indipendente[29], solo che si considerino come nella prassi le nomine vengano spesso agganciate alla sostituzione del Governo, che ne controlla e verifica, sostituendosi al Parlamento, il grado di accountability.

Il potere dei privati ne esce rafforzato al punto di una virata nel senso di una nuova stagione di interventismo atto a influire sulle dinamiche di mercato[30]. Certo a questo ha concorso la crisi finanziaria generata dalla pandemia prima[31], dalla guerra in Ucraina, poi. E tuttavia, seppure in uno scenario profondamente inciso dalla necessità di una maggiore presenza dello Stato nel campo economico, di cui è difficile individuare con nettezza le direttrici, sono registrabili non di meno presenze di forti poteri privati, anche ad uso della stessa pubblica amministrazione. A conferma della evidenziata complementarità dei ruoli[32].

Il riconoscimento al Governo di speciali poteri di veto in ordine ad operazioni di acquisto o modifiche societarie da parte di società straniere, in alcuni casi intra UE, in ambiti di mercato definiti strategici[33] può leggersi certo come una misura di stampo protezionista, per certi versi indispensabile in momenti di crisi, ma è significativo del fatto che poteri privati, evidentemente dalla consistenza che li distingue come tali quale si è tentato definire nelle pagine precedenti, possono essere scelti dal governo a vincere nella concorrenza[34]. Cioè, a vedersi rafforzata la posizione di potere da precise scelte rispondenti a non meglio precisate ragioni di tutela di interesse nazionale[35].

Ancora su di un piano generale, altro fattore che contribuisce al rafforzamento dei poteri privati, può venire individuato nella moltiplicazione dei centri decisionali. Quella che viene definita la frammentazione organizzativa, frutto della parziale disgregazione dello Stato accentrato[36], pone un problema in ordine alla direzione e al controllo del potere pubblico. Negli interstizi della gestione suddivisa della competenza, la mancanza di chiarezza in ordine ai compiti di vigilanza ha permesso la creazione di zone franche in cui poteri di privati sono riusciti ad imporsi.

Si pensi poi a quei casi in cui il potere pubblico è stato per così dire delegato a quello privato anche in ragione delle capacità imprenditoriali di soggetti privati incomparabilmente superiori a quelle degli apparati amministrativi, svuotati di competenze tecniche, anche per effetto di anni di mancati investimenti nel campo della formazione e della specializzazione dei dipendenti pubblici.

Ulteriore fattore dal quale i poteri privati traggono poi forza e spazi di affermazione risiede nella mancanza di decisioni da parte della pubblica amministrazione. Può tornare utile, a questi fini, ancora una volta, il riferimento al tema delle concessioni, in particolare a quelle balneari[37] e a quelle autostradali[38], rispetto alle quali la perseveranza con cui, in spregio alle norme europee anche trasposte nel nostro ordinamento, le concessioni non vengono affidate attraverso procedure concorsuali di gara occasiona ingiustificate rendite di posizione che nel tempo si sono consolidate.

Nel primo caso, su cui la letteratura è ormai ampia[39], emerge plasticamente la presenza di gruppi organizzati di pressione. Nel secondo[40], rappresentato dalla vicenda della paventata revoca, da parte del Ministero dei trasporti, della concessione delle tratte autostradali in favore di ASPI[41], si evidenzia un rapporto di dipendenza economica favorito dalla abdicazione all’esercizio di poteri di vigilanza e sanzionatori, nonché di elusione di ogni regola competitiva. Non è questa la sede per ricostruire la complessa vicenda con cui si è tentato di risolvere il rapporto con la società, oggetto peraltro di un giudizio pendente innanzi alla CGCE, ma essa sembra potersi considerare paradigmatica della tensione dei rapporti con i poteri privati quando a questi, come già accennato, vengano delegati beni e servizi di rilevanza strategica non rinunciabili. Discorso parzialmente analogo può farsi per quelle imprese che, pur svolgendo una attività privata (non delegate nel senso sopra indicato) rivestono non di meno una importanza strategica sotto altri profili. Il riferimento è a gruppi privati che acquistano una posizione di potere nella misura in cui con la loro presenza assicurino compiti dell’amministrazione o coadiuvino la stessa nel raggiungimento di obiettivi di varia natura. Si pensi alle ricadute delle attività di impresa sui livelli occupazionali (dunque sulle politiche del lavoro), al concorso di poteri privati, seppure con logiche di tipo compensativo, allo sviluppo di politiche ambientali e sociali. La vicenda dell’Ilva è un caso in questo senso significativo, per le implicazioni di protezione ambientale e di tutela della salute pubblica. Quella vicenda ha comportato l’intervento di più attori istituzionali, ma quello che interessa ai fini della riflessione è il mezzo prescelto per risolvere, parzialmente, il caso: il ricorso ad una legge provvedimento[42]. Si è trattato di un modo di estromettere l’amministrazione dall’esercizio dei propri poteri, spostando il centro della decisione dal suo specifico campo di elezione a quello propriamente legislativo[43]. Sulla stessa scia si colloca il caso della raffineria di Priolo[44], risolto attraverso il ricorso ad un decreto-legge, che in realtà è un provvedimento, a beneficio di un’impresa privata, anch’essa considerabile potere privato alla stregua degli indici sopra individuati (tanto per ruolo strategico acquisito dall’attività svolta in relazione al suo oggetto precipuo, quanto per i livelli occupazionali garantiti).

Per questa via trova allora conferma l’assunto da cui si è partiti, che vede il perimetro dell’amministrazione come indubitabilmente ancorato alla richiamata evoluzione dei rapporti tra Parlamento ed esecutivo.

Non senza dire che, come ancora una volta la stessa vicenda delle concessioni balneari dimostra, la capacità di acquistare o mantenere una posizione di vantaggio (nei mercati) da parte di poteri privati costituisce il precipitato dell’assenza di una regolamentazione organica del rapporto di rappresentanza di interessi, organizzati e non[45]. Il problema, le cui radici risiedono nella crisi di rappresentanza dei gruppi intermedi, dei partiti politici in particolare, è consustanziale al pluralismo. Va indagato perciò cercando di tenere ben distinte le ipotesi fisiologiche di uno scambio tra portatori di interessi privati e decisore pubblico da quelle patologiche, in cui entrambe le parti, cioè, mirano a non rendere conoscibile l’esistenza di contatti. Il fenomeno del lobbying, per quanto ad essa liminare, non equivale quindi alla corruzione. Dovendosene anzi evidenziare dimensioni ed aspetti invece utili al superamento di asimmetrie tra le parti. E rilevare che, nonostante l’assenza di una legge[46], esistono strumenti che vanno nella direzione di un confronto lecito tra portatori di interessi e decisori pubblici. Ne sono esempio: a) il procedimento di analisi di impatto della regolazione, che consente di verificare ex ante in sede di predisposizione di atti normativi l’opportunità dell’intervento in relazione ai probabili effetti sulle attività di cittadini e imprese e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni; b) l’advocacy, intesa come funzione informativa ed educativa del decisore pubblico e dell’opinione pubblica; c) il dibattito pubblico[47], che la vecchia versione del codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016, art. 22) aveva rubricato “trasparenza nella partecipazione di portatori di interesse e dibattito pubblico”; d) l’introduzione del reato di traffico di influenze, di cui all’articolo 346 bis del codice penale. Non senza dire di iniziative regionali[48] tra cui si segnala quella della Regione Calabria, che ha adottato un regolamento, nel 2016, con cui la regolazione del lobbying viene estesa anche ai vertici di agenzie, aziende, comprese quelle del comparto sanitario.

La domanda da porsi, a maggior ragione di fronte a quella che è stata definita una “amministrativizzazione” della legislazione delle rappresentanze di interessi[49] è quale siano le cause di resistenza all’adozione di una disciplina organica di un fenomeno il cui risvolto patologico è idoneo «a produrre un vantaggio ingiusto a discapito dell’interesse generale»[50]. Ancora una volta non sembra azzardato rinvenire la risposta nella porosità del rapporto tra amministrazione e legge[51]. Il rischio che deriva dall’inesistenza, ad oggi[52], di una regolamentazione del lobbying è che siano le politiche economiche pubbliche a dipendere da logiche di mercato imposte unicamente da interessi o gruppi privati, creando una commistione tra politica ed economia, con intuibili ripercussioni sull’interesse della collettività. Anche sotto il profilo del consenso[53].

Gli esempi riportati sono evidentemente tra loro eterogenei, ma tutti hanno un denominatore comune, poiché tutti derivano (e ne sono paradigmatici) da una scelta consapevole di politiche pubbliche.

4. Rapporti tra potere amministrativo e poteri privati e ricadute sugli interessi privati: tra legislazione e giudice

Dall’insieme delle questioni sin qui tratteggiate si desumono elementi utili ad introdurne una nuova e diversa: quando il ricorso al potere privato è indispensabile e doverosa è l’intermediazione del potere pubblico non si tratta di stabilire i termini di un rapporto di forza[54], evidentemente sbilanciato a favore dell’interesse del gruppo privato, quanto di stabilire il mezzo più adatto a disposizione del potere per raggiungere il risultato della cura di interessi assunti tra i compiti propri dello Stato.

Perciò, a cadere non è soltanto la dialettica tra soggetti (cioè, pubblico e privato) ma anche tra gli strumentari giuridici, di diritto pubblico e di diritto privato[55]. Ciò dimostra che il potere pubblico può riuscire a fronteggiare quello privato, perché ne esistono i mezzi ma, se attribuito dal legislatore in maniera parziale o poco incisiva, il carattere subalterno del primo nei confronti del secondo non si elimina, con conseguenze sull’interesse dei privati membri della collettività.

L’interesse dei privati cittadini non è infatti immune dalle dinamiche e dagli esiti del rapporto tra potere pubblico e poteri economici privati, poiché ne dipendono (almeno) la effettività dei mercati in regime di concorrenza, l’assicurazione di regole e prestazioni che guardano alla dimensione sociale degli interessi, generalmente estranea alle logiche che ispirano quelli di natura economico-imprenditoriale.

Nella formazione o nel contrasto dei poteri privati determinante diventa allora, come si è detto, il ruolo di scelte di natura politica e, seguendo l’impostazione metodologica prescelta, che consiste nell’individuare il risvolto dei reciproci rapporti tra potere amministrativo e poteri privati, attraverso indici per così dire sintomatici dell’orientamento economico dello Stato (a seconda della disciplina, dei principi e degli indirizzi) alcune delle previsioni contenute nella l. n. 118/2022 (legge annuale per la concorrenza e il mercato) possono assumere valenza paradigmatica.

Il medesimo testo normativo, infatti, riduce e rafforza contemporaneamente i poteri dell’Autorità Antitrust: se, nel settore dei farmaci, il potere delle case farmaceutiche appare rafforzato a scapito di quello dell’AGCM, in quello delle operazioni di concentrazione di imprese, al contrario, l’autorità viene munita di maggiori poteri allo scopo di tutelare le piccole imprese. In riferimento al primo dei settori, la questione attiene della determinazione del prezzo dei farmaci[56]. L’Aifa[57] intrattiene con le industrie dei farmaci rapporti quasi esclusivamente fondati sulla contrattazione negoziale, nella pressocché inesistenza di ricorso a strumenti di tipo autoritativo. E tuttavia la maggiore flessibilità dello strumento negoziale non assicura sempre di mitigare la posizione di inferiorità dell’amministrazione rispetto alle scelte imprenditoriali delle case farmaceutiche. Circostanza peraltro posta in rilievo dalla Autorità garante della concorrenza e del mercato che, con segnalazione del 22 marzo 2021[58],ha individuato nella introduzione di previsioni normative di incentivazione delle imprese farmaceutiche ad avviare e concludere la contrattazione con esito positivo, un’utile misura di rafforzamento della posizione negoziale dell’Agenzia. Per contro, il legislatore, con la riferita la legge annuale sulla concorrenza, all’articolo 18, recependo parzialmente la segnalazione AGCM, ha previsto (per alcuni tipi farmaci) che ritardi, addebitabili all’impresa beneficiaria dell’autorizzazione al commercio di un suo prodotto, che incidano sulla fase di classificazione del farmaco e di determinazione negoziale del prezzo, si traducano nella definizione di un prezzo tendenzialmente non pienamente corrispondente ai margini di guadagno auspicati dall’impresa. Ma, come è stato efficacemente rilevato, ciò non impedisce all’impresa farmaceutica, nelle more della conclusione dell’intero procedimento, di poter immettere in commercio il prodotto ad un prezzo da essa determinato e dunque favorevole[59]. Quale che sia la valutazione si ritenga accordare ad una previsione di tal fatta, in termini di idoneità a raggiungere l’obiettivo indicato dall’Antitrust, essa conferma che l’equilibrio tra potere pubblico e potere privato dipende da scelte di natura politica, come detto.

Lo stesso è dirsi per l’altra delle previsioni della legge sulla concorrenza[60] cui si è prima riferito e che è esempio, invece, della scelta nel senso di un ampliamento dei poteri conferiti all’Antitrust. A questa è stato, infatti, attribuito il potere di richiedere alle imprese di notificare operazioni di concentrazione anche quando le stesse non superino la soglia di rilevanza considerata produttiva di effetti pregiudizievoli (per lo sviluppo di piccole imprese), attraverso una previsione evidentemente ispirata a «prevenire l’affermarsi di grandi poteri di mercato»[61].

Se ne ricava, complessivamente, che la misura della forza dei poteri privati può essere accentuata o eliminata dalla qualità e quantità dei poteri che la legge attribuisce all’amministrazione (nelle fattispecie esaminate, all’AGCM) e, in ultima analisi, alla qualità della legislazione.

In questo quadro, e sempre nella prospettiva della ricerca di spazi e condizioni in grado di dimensionare i poteri privati (nel senso tanto di circoscriverli tanto di amplificarli), determinante risulta il ruolo del giudice amministrativo. L’irrinunciabile controllo delle modalità di esercizio del potere da parte del giudice, la profondità del sindacato, con particolare riguardo alle sanzioni antitrust[62], è questione che entra nella dinamica dei rapporti tra poteri e delle ricadute sugli interessi dei privati (utenti, consumatori, imprenditori di piccole dimensioni).

Il ricorso ad un esempio concreto aiuta ad inquadrare la questione appena tratteggiata. Si pensi al caso degli obblighi di neutralità imposti dall’AGCM ad Amazon[63] ed alla vicenda giudiziaria che ne è seguita. In quel caso, l’individuazione da parte dell’autorità di strumenti intesi alla resa di un servizio in condizioni di parità e comunque non discriminatorie, è stata ritenuta (in primo grado) non proporzionale[64]. Ne possono trarsi almeno due elementi utili ai fini del ragionamento: uno che concorre a delineare la gamma dei poteri utilizzabili e che consistono nell’imposizione degli obblighi di neutralità; l’altro che riguarda le conseguenze possibili di indirizzi contrastanti dell’autorità di regolazione e del giudice in termini di certezza e stabilità delle regole. Anche in questa condizione potendosi rinvenire non solo un fattore indispensabile per un ottimale funzionamento del mercato, e di conseguenza per il beneficio dell’utenza, ma anche una misura di argine di poteri privati. Si vuol dire, in altri termini, che le espressioni di poteri amministrativi, in grado di ridimensionare poteri privati, quale quello consistente, nell’esempio di cui si è appena sopra riferito, dall’imposizione di obblighi di neutralità, possono a loro volta trovare un argine nella diversa interpretazione dei fatti che fornisce il giudice.

La questione, che non può tuttavia trovare ingresso in questa sede, si sposta allora sull’alternanza tra procedimento e processo. L’evoluzione del processo amministrativo da strumento di garanzia della legalità della azione a tutela della pretesa sostanziale, se segna una fondamentale conquista in termini di pienezza di tutela, in assenza del valore del precedente, rischia però di generare, per i rapporti qui presi in considerazione, un quadro instabile di riferimento, in cui pure i poteri privati trovano margini di espansione. In altri termini, la protezione dai poteri privati che va accordata alla società passa per il rafforzamento della prevedibilità delle decisioni, comprese quelle del giudice, il cui valore almeno nomofilattico va allora enfatizzato, anche allo scopo di rafforzare la accountability stessa del giudice amministrativo[65].

5. Nuove forme e leve del potere amministrativo

La casistica riportata, per quanto in modo veloce e certamente non esaustivo, ha posto in rilievo il ruolo dei poteri privati (di alcuni almeno) e la impossibilità di considerarli un universo separato o antitetico rispetto all’universo del potere e dell’amministrazione.

La circostanza pone un interrogativo ineludibile: se i confini della relazione pubblico privato non conoscono steccati divisori, così come mutevole e relativa è la definizione di un potere privato, è possibile individuare nuove forme di potere, nuovi modi per l’am­mi­nistrazione per marcare i territori incerti dell’economia e dello sviluppo, le volte in cui quelli tradizionali, pur ancora disponibili, si rivelano non efficaci e non adattabili al descritto contesto caratterizzato dalla velocità dei cambiamenti quale precipitato dell’evoluzione scientifica e tecnologica?

La risposta è certamente positiva e la questione risiede nella possibilità di enucleare fattispecie in cui il potere pubblico, non più chiamato ad intervenire in via diretta e comunque attraverso controlli, pianificazione e programmazione delle attività di impresa, possa comunque indirizzare le imprese private verso scelte produttive che soddisfano o non siano in contrasto con specifici interessi pubblici. Partecipazione e trasparenza, come noto, assicurano al potere di rapportarsi con quello privato in modo da raggiungere soluzioni condivise, superare asimmetrie informative. Il dibattito pubblico, come detto, aiuta il decisore pubblico nell’adozione di scelte con forte impatto sulla collettività e può essere la sede per fare emergere rappresentanze di interessi. Gli esiti della composizione stragiudiziale di controversie aiutano il decisore pubblico nella individuazione di correttivi possibili in modo da indirizzare il successivo uso del potere: a beneficio della compliance regolatoria; della qualità della regolazione stessa, fornendo al decisore pubblico elementi per una politica di settore efficace.

Gli obblighi informativi e le loro modalità (disclosure requirements), la rappresentazione di alternative possibili (framing), tecniche di spinta gentile (nudging)[66], formule tutte definite da Cassese di «libertarian paternalism»[67], sono strumenti riconducibili ad un potere dal volto diverso, adattabile, della cui natura può discutersi, ma certo indicativi di una chiara tendenza verso l’instaurazione di rapporti in cui la presenza del potere non scompare, per le ragioni individuate, né si impone, ma cerca la soluzione di un dialogo possibile che avvantaggi le parti in gioco, nella ricerca di punti di convergenza tra interessi economici dei privati e interesse della collettività. Quest’ultima va protetta e tutelata anche nei confronti di soggetti che, pur non essendo pubbliche amministrazioni, ne assumono le funzioni o ne assicurino compiti.

Si vuol dire che il potere amministrativo può servirsi di quello privato, cui non può rinunciare, ma investendolo di compiti altrimenti estranei ai propri interessi di natura eminentemente economica e volti al profitto. Le imprese, intese come poteri privati nel senso che si è tentato di dare nelle pagine precedenti, vengono dunque veicolate dal potere pubblico attraverso strumenti dalla natura composita o comunque varia per concorrere con l’amministrazione a raggiungere obiettivi di interesse pubblico e di politiche pubbliche.

Il campo dei contratti pubblici fornisce dati di diritto positivo a sostegno della validità delle conclusioni cui si è pervenuti. Attraverso imprese private, portatori di interessi esclusivamente economici, l’amministrazione persegue obiettivi di rilevanza pubblica o sociale[68]. Così è a dirsi della previsione dei contributi ambientali minimi[69], di cui all’articolo 57 del nuovo codice dei contratti: risponde all’esigenza di garantire che la politica nazionale in tema raggiunga non soltanto l’obiettivo di ridurre gli impatti ambientali, ma anche quello di promuovere modelli di produzione e consumo sostenibili[70].

Discorso parzialmente analogo può essere fatto con riguardo ad altra previsione del codice, e segnatamente a quella di cui all’articolo 109. Si tratta del sistema dei requisiti reputazionali: valutati, tra gli altri, anche guardando «all’affidabilità dell’impresa, il rispetto della legalità e degli obiettivi di sostenibilità e responsabilità sociale». Solidarietà sociale e sussidiarietà orizzontale sono ulteriori obiettivi che il codice dei contratti mira ad assicurare attraverso la previsione di modelli organizzativi di amministrazione condivisa per attività a spiccata valenza sociale. Il riferimento è all’articolo 6. Tale ultimo tema meriterebbe tutta altra attenzione per l’enorme rilievo dei rapporti di partenariato pubblico privato[71]. Esso è però oggetto di altra relazione e sottende peraltro dinamiche non del tutto coincidenti con l’impostazione metodologica prescelta.

6. Per concludere. Cosa serve all’amministrazione e dall’amministrazione

Ancora dal codice dei contratti pubblici può infine essere tratta un ulteriore leva del potere amministrativo potenzialmente in grado di imprimere un nuovo e complessivo assetto dei rapporti con i poteri privati e con gli interessi della collettività. La codificazione dei principii del risultato e della fiducia offre infatti ulteriori spunti di riflessione che consentono di cominciare a trarre le fila del discorso.

Il risultato entra a far parte del procedimento come elemento su cui articolare l’esercizio discrezionale del potere: non è parametro di verifica dell’attività come manifestazione formale del potere, dunque un vincolo esterno, ma criterio guida del potere di scelta[72]. In altre parole, il risultato rileva già nella fase procedimentale, al fine di orientarne l’esito in una convergenza tra gli interessi dell’amministrazione e quelli dell’operatore economico, con evidenti ricadute nella fase di esecuzione. Per l’amministrazione, il risultato è selezionare il contraente migliore che assicuri l’opera o il servizio; per l’operatore economico, che venga garantito l’equilibrio contrattuale.

Il collegamento funzionale del principio del risultato con quello della fiducia, codificato dal successivo articolo 2, restituisce la dimensione di un potere che si nutre del ricorso alla cooperazione, al dialogo. Il richiamo alla fiducia indica non solo la fonte di legittimazione del potere[73], di ogni potere, quanto un incontro tra potere amministrativo e poteri privati, in modo da incidere sullo spazio decisionale dell’amministrazione, ampliandolo. Il principio della fiducia è idoneo a reggere un sistema complessivo dei rapporti che si basi su forme sempre più ampie di negoziazione, sull’ampliamento del potere discrezionale[74].

Se si assume la fiducia come valore fondante di una economia di mercato e base di ogni forma di collaborazione, al funzionamento della prima indispensabile, non se ne può che evidenziare la portata relazionale. O meglio considerare che il principio debba operare su più piani. La fiducia deve intercorrere: tra legislatore e amministrazione; tra la pubblica amministrazione e i suoi funzionari; tra amministrazione e operatori privati e viceversa; tra giudice, amministrazione e privati[75]. Ognuna di queste relazioni porta ad un risultato e la combinazione dei fattori potrebbe essere la chiave di volta per riassegnare all’amministrazione lo spazio che sembra esserle stato sottratto.

Si comprende allora che la questione della fiducia nell’amministrazione e dell’amministrazione[76] tocchi punti nodali nell’evoluzione dell’ordinamento a diritto amministrativo. Si può avanzare sin d’ora l’ipotesi che la crisi dell’amministrazione sia un precipitato della perdita del rapporto di fiducia nei rapporti che intercorrono tra le parti sopra individuate. Alimentare la fiducia rappresenta dunque un investimento di politica del diritto[77] almeno sotto due e concorrenti profili. Anzitutto perché essa è contemporaneamente uno stimolo per il decisore pubblico (e il risultato delle riforme[78]). In secondo luogo, perché la questione dell’effettività delle regole, la loro applicazione, dipende dai rapporti sociali e istituzionali in cui sia assicurata, come detto, la cooperazione e la collaborazione, che solo un sistema basato sulla fiducia è in grado di garantire[79].

Quando il potere si confronta con quelli privati, che si sono definiti forti secondo le coordinate di partenza, i moduli e i modelli relazionali diventano fondamentali e lo sono nella logica della tenuta di un sistema che, per quanto irrimediabilmente segnato da regole che trascendono la dimensione statuale, è chiamato ad offrire la protezione dei diritti fondamentali. Il potere amministrativo, qualunque ne sia la forma in cui trova espressione, deve essere funzionalizzato alla protezione dei diritti: dalla libertà di iniziativa economica a quelli che danno cittadinanza alla persona nella sua dimensione sociale. La giustificazione ultima dello Stato risiede nella garanzia dei diritti alla sicurezza, sanità, istruzione, ambiente. Un’am­ministrazione non efficiente, non in grado di fronteggiare interessi particolari di gruppi privati, oltre a spostare il consenso verso quei gruppi, perde di credibilità e fiducia. La perdita di fiducia, a sua volta, genera disuguaglianze e mina la coesione sociale[80].

Rodotà scriveva: «i diritti sono deboli quando diventano preda di poteri incontrollati… i diritti diventano deboli perché la politica li abbandona»[81]. E che si tratti di proibire, permettere o persuadere[82] è questione rimessa ad una scelta discrezionale dell’amministrazione[83], che andrà di volta in volta saggiata quanto a capacità di raggiungere l’obiettivo pubblico individuato.

Territori e spazi della pubblica amministrazione nel gioco delle regole e della tenuta delle garanzie sono dunque enormi e aperti e il posto dell’amministrazione nell’economia di mercato si è dimostrato essere ancora fondamentale. Non si tratta allora, e in conclusione, di definire ambiti e confini dell’autorità, piuttosto di recuperare quelli della autorevolezza[84]: per non perdere la strada che porta alla tutela dei diritti, alla coesione, alla solidarietà, alla riduzione delle disuguaglianze. Questa strada, vecchia, può essere percorsa nella direzione della fiducia e conoscere territori nuovi.

  1. Lo scritto riproduce, con alcune minime modifiche, il testo della relazione tenuta al Convegno annuale dell’Associazione Italiana dei Professori di Diritto Amministrativo, “Lo spazio amministrativo. Vecchi territori e nuove frontiere”, presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” nei giorni 29 e 30 settembre 2023, in corso di pubblicazione su Annuario AIPDA 2023 per i tipi dell’Editoriale Scientifica, Napoli.
  2. C. Crouch, Post Democracy, trad. it, Laterza, Bari, 2003.
  3. B.G. Mattarella, Il rapporto tra autorità e libertà e il diritto amministrativo europeo, in Riv. trim. dir. pubbl., 2006, p. 909 che registra l’avanzamento della libertà sull’autorità.
  4. B. Sordi, Al di là del nesso libertà autorità: i nuovi sentieri della divisione dei poteri, in S. Perongini (a cura di), Al di là del nesso autorità libertà: Autorità e libertà tra legge e amministrazione. Atti del Convegno (Salerno, 14-15 novembre 2014), Giappichelli, Torino, 2014.
  5. S. Del Gatto, Poteri pubblici iniziativa economica e imprese, Roma TrE-Press, Roma, Torino, 2019.
  6. V. Spagnuolo Vigorita, Iniziativa economica privata nel diritto pubblico, in V. Spagnuolo Vigorita, Opere giuridiche 1954-1994, Editoriale Scientifica, Napoli, 2001, p. 200.
  7. M. D’Alberti, Poteri pubblici, mercati e globalizzazione, Il Mulino, Bologna, 2008, p. 142.
  8. Così V. Spagnuolo Vigorita, Attività economica privata e potere amministrativo, ora in V. Spagnuolo Vigorita, Opere giuridiche 1954-1994, cit., vol. II; A. Averardi, Potere pubblico e politiche industriali, Jovene, Napoli, 2018, sottolinea come i rapporti tra Stato e mercato, tra intervento pubblico e politiche industriali vada letto non con lente ideologica, ma ancorata alle necessità contingenti: del resto nell’economia è di fondamentale importanza la dimensione fattuale.
  9. E. Bruti Liberati, Industria (voce), in Enc. dir., vol. III, Funzioni, Milano 2022.
  10. G. Rossi, Potere amministrativo e interessi a protezione necessaria, Giappichelli, Torino, 2011.
  11. A. Zito, Commercio, Enc. Dir., Vol. III, Funzioni, spec. p. 214 e ss.
  12. M. D’Alberti, Poteri pubblici, mercati e globalizzazione, cit., p. 80, p. 86.
  13. E. Bruti Liberati, Industria (voce), cit.
  14. M. Del Signore, Ambiente, in Enc. Dir., vol. III, Funzioni, cit., pp. 47 e ss.
  15. F. Bassanini, G. Napolitano, L. Torchia (a cura di), Lo Stato promotore. Come cambia l’intervento pubblico nell’economia, Il Mulino, Bologna, 2021; G. Amato, Bentornato Stato, ma, Il Mulino, Bologna, 2022; A. Tonetti, Lo Stato promotore e le nuove forme di intervento economico, in Giorn. dir. amm., 2016, p. 573.
  16. L. Torchia, Diritto ed economia tra Stati e mercati, Editoriale Scientifica, Napoli, 2016, p. 22.
  17. Ed infatti, rispetto a quelli che vengono definiti globali, le armi del potere domestico sono poche: rispetto ai poteri privati delle infrastrutture digitali, dei colossi farmaceutici, solo per fare un esempio peraltro non esaustivo. Soprattutto quando di quei poteri non si può fare a meno. Per la letteratura sul tema si veda L. Casini, Lo Stato (im)mortale, Mondadori, Milano, 2022. Il caso dell’acquisto dei vaccini per fronteggiare la pandemia ne fornisce riprova. Di fronte a poteri globali cade anche la barriera di protezione fornita dagli obblighi di trasparenza: la procedura di acquisto, infatti, ha seguito logiche di mercato, è stata segnata dall’adozione di negoziazioni privatistiche perché meglio rispondenti alle necessità di impresa. L’esigenza di controllo di poteri forti in sede europea ha trovato una prima risposta attraverso l’adozione del Digital Market Act, cfr. F. Fracchia, La contrattazione pubblica dei vaccini anti-covid, in Riv. trim. app., 2021, p. 415.
  18. M.R. Ferrarese, Poteri nuovi, Il Mulino, Bologna, 2022, p. 9.
  19. S. Battini, Il principio di separazione tra politica e amministrazione: un bilancio., in Riv. trim. dir. pubbl., 2012, pp. 1 ss.
  20. V. Spagnuolo Vigorita, La “grande impresa” privata nella Costituzione italiana, in Impresa e società, V, 1970, ora in Opere giuridiche, vol. II, Napoli, 2007, p. 595
  21. Seppure riferite al diverso fenomeno del mercato globale ed al peso delle grandi imprese nella politica, cfr. C. Crouch, Il potere dei giganti, Perché la crisi non ha sconfitto il neoliberalismo, trad. it, Laterza, Bari, 2012, spec. pp. 147 e ss.
  22. Così T.A.R. Lazio (sezione IV), sentenza del 19 ottobre 2022 n. 13434.
  23. Si veda sul punto F. Petrocelli, Contrordine, gatekeepers: il Tar sospende gli obblighi di neutralità imposti ad Amazon dall’Agcm, in Merc. Conc. Reg., 3, 2022 a proposito delle piattaforme digitali e delle infrastrutture sociali.
  24. Interessanti osservazioni e ricostruzioni in G. Mocavini, V. Turchini (a cura di) Il sostegno pubblico alle imprese oggi, in Irpa working paper, 4, 2021; A. Averardi, Incentivi alle imprese e “industria 4.0. Il ritorno delle politiche industriali?, Giorn. dir. amm., 5, 2017, p. 632
  25. M.R. Ferrarese, Privatizzazioni, poteri invisibili e infrastrutture giuridiche globali, in Dir. pubbl. 3, 2021, p. 881.
  26. G. Resta, Poteri privati e regolazione, in Enc. Dir., Poteri, Milano, 2023, p. 1008, secondo cui il potere dei privati ha assunto nella società contemporanea una definizione ancora più estesa sul piano semantico proprio in forza dell’esistenza dello spazio regolatorio.
  27. M. Ramajoli, La regolazione amministrativa dell’economia e la pianificazione economica nell’articolo 41 della Costituzione, in Dir. amm., 2008, p. 121.
  28. E. Bruti Liberati, Le autorità amministrative indipendenti. Virtù e vizi di un modello istituzionale, in Analisi giuridica dell’economia, 1, 2020.
  29. S. Cassese, Amministrare la nazione, Mondadori, Milano, 2022, p. 138.
  30. M. Clarich, Concorrenza, regolazione e intervento dello Stato nell’economia, in CERIDAP, 2, 2023.
  31. F. Manganaro, L’intervento pubblico al tempo della crisi pandemica, in astrid-online, 14, 2021.
  32. Sotto il diverso profilo dell’integrazione tra ordinamenti, sottolinea il ruolo che in tale processo si è affidato ai privati, C. Franchini, La disciplina pubblica dell’economia, tra diritto nazionale, diritto europeo e diritto globale, Editoriale Scientifica, Napoli, 2020, pp. 55 ss.
  33. Il riferimento è evidentemente al golden power, su cui cfr. G. Napolitano, (a cura di) Direct Foreign Investement Screening, Il Mulino, Bologna, 2020; G. della Cananea. L. Fiorentino (a cura di), “I poteri speciali” del Governo nei settori strategici, Editoriale Scientifica, Napoli, 2020.
  34. Si veda, da ultimo il d.l. n. 187/22, in base al quale a fronte dell’esercizio del potere speciale all’impresa vengono poi garantite misure di sostegno, eventuale capitalizzazione e rafforzamento finanziario, anche a salvaguardia dei livelli occupazionali a valere sull’apposito fondo istituito presso la Cassa depositi e prestiti. Sulla questione M. Clarich, Concorrenza, regolazione e intervento dello Stato nell’economia, cit., pp. 123 e ss.
  35. M. Dugato, I golden powers tra espansione e atipicità, in Munus, 1, 2023, editoriale, segnala l’esigenza di una atipicità dell’elencazione dei settori strategici, dal momento che ad essere considerate strategiche sono piuttosto le operazioni, indipendentemente dai settori in cui hanno incidenza.
  36. S. Cassese, Amministrare la nazione, cit., p. 90-91.
  37. Va detto che in attuazione della delega di cui all’art. 2 della legge n. 118/2022 il d.lgs n. 106/2023 che dispone la mappatura dei regimi concessori dei beni pubblici e istituisce il Sistema Informativo di rilevazione delle Concessioni di Beni Pubblici (SICONBEP).
  38. L. Saltari, Le concessioni autostradali: un paradigma autonomo, in Riv. trim. dir. pubbl., 2020, p. 1127.
  39. M. A. Sandulli, Sulle «concessioni balneari» alla luce delle sentenze nn. 17 e 18 del 2021 dell’Adunanza Plenaria, in Giustiziainsieme, 2022; R. Caranta, Concessioni demaniali Es gibt noch Richter in Berlin! Stop alle proroghe delle concessioni balneari, in Giur. it., 5, 2022, p. 1204; F. Di Lascio, Le concessioni di spiaggia tra diritti in conflitto e incertezza delle regole, in Dir. amm., 4, 2022, p. 1037; A. Monica, Le concessioni balneari e l’esigenza di selezione competitiva per il loro affidamento: per il Consiglio di Stato non è imperativo il ricorso alla gara, in CERIDAP, 1, 2023, p. 162; C. Volpe, Le concessioni demaniali marittime: una fine o un inizio? correzioni di rotta e nuovi approdi, in Giustamm.it, 11, 2022; M. Chiti, Juger l’administration c’est aussi légiférer? L’adunanza plenaria sulle concessioni demaniali marittime, in Riv. it. dir. pubbl. com., 5-6, 2021, p. 870.
  40. K. Kurkani, La gestione della rete autostradale: quale ruolo per lo Stato?, in Munus, 2, 2022, pp. 323 e ss.
  41. T.A.R. Lazio (sezione IV), sentenza del 19 ottobre 2022, n. 13434.
  42. Su cui si rinvia alla relazione di S. Spuntarelli, e ai suoi precedenti scritti sul tema: L’amministrazione per legge, Giuffré, Milano, 2007; id, Il Parlamento amministratore, in Riv. trim. dir. pubbl., 2023, pp. 139 ss.
  43. Su cui di estremo interesse le note sentenze della Corte costituzionale (in particolare nn. 58/2018 e 85/2013) con le quali sono affrontate le questioni sia del ricorso alla legge provvedimento quanto quella della necessità di una “tutela sistemica e non frazionata” dei diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione e la individuazione dei limiti all’attività di impresa.
  44. Cfr. M. Clarich, Concorrenza, regolazione e intervento dello Stato nell’economia, cit., p. 125.
  45. Per un’indagine sul rapporto tra decisioni pubbliche e sfere di influenze dei privati, cfr., A. Averardi (a cura di), La rappresentanza degli interessi organizzati. L’Italia corporativa oggi, Editoriale Scientifica, Napoli, 2019, spec. p. 310; M. Conticelli, L’organizzazione pubblica degli interessi organizzati, in Aa.Vv., Le amministrazioni pubbliche tra conservazioni e riforme, Giuffré, Milano, 2008, p. 69.
  46. La proposta di legge per disciplinare l’attività di rappresentanza di interessi, AS 2495 XVIII legislatura, approvata dalla Camera prevede l’istituzione di un registro per la trasparenza da tenersi presso l’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Interessante la lettura del dossier Servizio studi della Camera dei Deputati ove anche riferimenti alla normativa europea e alle esperienze di Francia, Germania, Inghilterra.
  47. Art. 40 d.lgs. n. 36/2023.
  48. D. David, La regolazione regionale del lobbying attraverso il prisma della normativa in materia di prevenzione della corruzione, in Istit. del Federalismo, 3-4, 2018, pp. 631 e ss.
  49. E. Carloni, Assenze e supplenze. La regolazione del lobbying tra disciplina dell’attività amministrativa e anticorruzione, in Riv. trim. dir. pubbl. comp. ed europeo, 3, 2022; id, Regolazione del lobbying e politiche anticorruzione, in Riv. trim. dir. pubbl., 2, 2017, pp. 327 e ss.; N. Lupo, La lunga crisi del procedimento amministrativo e l’impossibile qualità delle regole, in Analisi Giuridica dell’economia, 2, 2013, p. 421 e p 435; T.E. Frosini, Gruppi di pressione (voce), in M. Ainis (a cura di), Dizionario costituzionale, Roma, 2000; G. Macrì, Lobbies (voce) in Dig. Disc. Pubbl., Torino, 2012; G. Graziano, Le lobbies, Laterza, Roma, Bari, 2002.
  50. P.L. Petrillo, Teoria e tecniche del lobbying, Il Mulino, Bologna, 2019; E. Carloni, M. Mazzoni, Il cantiere delle lobby, Carocci editore, Roma, 2020.
  51. Non è un caso che i paesi dotati di leggi che disciplinano il lobbying hanno infatti Parlamenti forti. Sul punto si veda P.L. Petrillo, op. cit., p. 231, ove pure un’ampia disamina delle legislazioni di altri paesi europei e oltreoceano.
  52. Oltre al citato disegno di legge, (Atti Senato n. 2495 XVIII legislatura). deve poi darsi atto dell’adozione da parte della Camera dei deputati di apposito un regolamento sulla rappresentanza di interessi.
  53. G. Pitruzzella, Fiducia e legittimazione dei poteri, in Enc. dir., Poteri e Costituzione, cit.; G. Pasquino, Rappresentanze di interessi, attività di lobby e processi decisionali: il caso italiano di istituzioni permeabili, in Stato e mercato, 1987, p. 407.
  54. A. Pioggia, Il potere pubblico e il suo diritto nella regolazione dei farmaci: storia di un arretramento verso una regolazione senza diritti, in Dir. pubbl., 3, 2021, p. 987.
  55. V. Cerulli Irelli, Amministrazione pubblica e diritto privato, Giappichelli, Torino, 2008; G. Napolitano, Pubblico e privato nel diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2003.
  56. Su cui, S. Cassese, La disciplina del prezzo dei farmaci, in Foro amm. 2003, p. 3112; M. Conticelli, Pubblico e privato nel servizio sanitario, Giuffrè, Milano, 2012; M. Del signore, La regolazione del prezzo dei farmaci, in Riv. regolazione e mercati, 2, 2014.
  57. Per la cui natura giuridica, cfr. L. Casini, L’Agenzia italiana del farmaco: ufficio-agenzia o agenzia-ente pubblico?, in Giorn. dir. amm., 2, 2004, p. 132.
  58. Cfr. E. Bruti Liberati, La legge annuale sulla concorrenza e la sua difficile attuazione, in Giorn. dir. amm., 2, 2023, p. 143.
  59. Secondo E. Bruti Liberati, op. ult. cit. p. 152, una volta che le imprese abbiano proposto domanda per la classificazione del farmaco, questo potrà essere venduto sul mercato al prezzo unilateralmente definito dall’impresa, mentre il protrarsi della negoziazione o il suo eventuale fallimento non comporterebbero particolari negative conseguenze all’impresa.
  60. Articolo 32 l. n. 118/2022.
  61. Così E. Bruti Liberati, La legge annuale sulla concorrenza e la sua difficile attuazione, cit., p. 146.
  62. G. Greco, Discrezionalità tecnica, margini di opinabilità delle valutazioni e sanzioni amministrative, in Discrezionalità e amministrazione, Annuario Aipda 2022, Napoli, 2023, p. 379, p. 385.
  63. Sulle vicende dei rapporti ACCM ed Amazon, cfr. M. Barone, Riflessioni sulla regolazione del mercato a partire dai poteri sanzionatori. Il caso Amazon, in Dir. e soc., 1, 2022, p. 167, p. 201.
  64. T.A.R. Lazio (sezione I), sentenza del 3 ottobre 2022, n. 12507, decreto presidenziale n. 2349/2022. Risulta ancora pendente l’appello.
  65. A. Pajno, La giustizia amministrativa nel 2017, in Giorn. dir. amm., 2017, p. 151.
  66. A. Zito, La nudge regulation nella teoria giuridica dell’agire amministrativo, Presupposti e limiti del suo utilizzo da parte delle amministrazioni pubbliche, Editoriale Scientifica, Napoli, 2021; S. Tuccillo, Contributo allo studio della funzione amministrativa come dovere, Editoriale Scientifica, Napoli, 2016, p. 294; G. Tropea, Spinte gentili per la pubblica amministrazione?, in Il dir. dell’econ., 1, 2022, pp. 31 e ss.
  67. S. Cassese, Amministrare la nazione, cit., pp. 139 e ss.
  68. A. Moliterni, Transizione ecologica, ordine economico e sistema amministrativo, in Riv. dir. comp., 2022, p. 395, p. 452; F. de Leonardis, L’uso strategico della contrattazione pubblica tra GPP e obbligatorietà dei CAM, in Riv. quad. dir. amb., 3, 2020, p. 64; F. Fracchia, S. Vernile, I contratti pubblici come srumento dello sviluppo dell’ambiente, in Riv. quad. dir. amb., 2, 2020, p. 4, p. 31.
  69. A. Maltoni, Contratti pubblici e sostenibilità ambientale: da un approccio “mandatory rigido” ad uno di tipo “funzionale”, in CERIDAP, 3, 2023; M. Mazzarella, Verso una maggiore sostenibilità degli appalti pubblici: il ruolo dei criteri ambientali minimi, Commento a CdS, III, 14.10. 22, in Munus, 1, 2022, pp. 228 e ss., ove riferimenti alla qualificazione dei cam, alla normativa europea.
  70. Cfr. Cons. St., 14 ottobre 2022 n. 8773, 6934 sulle previsioni di cui all’articolo 57 del d.lgs n. 36/2023, cfr. C. Contessa, P. del Vecchio, Codice dei contratti pubblici, vol. I, Editoriale Scientifica, Napoli, 2023, p. 412; G. Fidone, Uso strategico dei contratti pubblici e sviluppo sostenibile, in B.G. Mattarella (a cura di), Il governo dello sviluppo sostenibile, Giappichelli, Torino, 2023.
  71. A. Moliterni, Le prospettive del partenariato pubblico-privato nella stagione del PNRR, in Dir. amm., 2, 2022, p. 44; A Fici, L. Gallo, F. Giglioni ( a cura di) I rapporti tra pubbliche amministrazioni ed enti del terzo settore. Dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 131 del 2020, Editoriale Scientifica, 2021; M. Dugato, Il partenariato pubblico -privato: origine dell’istituto e sua evoluzione, in F. Mastragostino (a cura di) La collaborazione pubblico -privato e l’ordinamento amministrativo, Giappichelli Torino, 2011, p. 55; ivi, F. Cortese, Tipologia e regime delle forme di collaborazione tra pubblico e privato, p. 35.
  72. S. Perongini, Il principio del risultato e il principio di concorrenza nello schema definitivo di codice dei contratti pubblici, in Scritti in onore di F. Salvia, Napoli, 2023; M.R. Spasiano, Codificazione di principi e rilevanza del risultato, in C. Contessa, P. Del Vecchio (a cura di), Codice dei contratti pubblici, cit., pp. 76 e ss.
  73. N. Luhmann, Trust and power, John Wiley & Sons Inc, New York, 1979.
  74. L. Torchia, La nuova direttiva europea in materia di appalti servizi e forniture nei settori ordinari, in Dir. amm., 2-3, 2015.
  75. Si legge nel citato rapporto OECD, p. 23, «trust may run in different directions. It is not only trust of citizens and organisations in government that matters for policy effectiveness; trust of government in citizens and organisations and trust within government may shape policy design and its outcomes».
  76. Su cui sia consentito rinviare a R. Spagnuolo Vigorita, La fiducia nell’amministrazione e dell’amministrazione: riflessioni intorno all’articolo2 del nuovo codice dei contratti pubblici, in Federalismi.it, 2023.
  77. P.K. Blind, Building trust in government in the twenty-first century: review of literature and emerging issues, 7th Global Forum on Reinventing Government Building Trust in Government, 2007, pp. 26 e ss.; F. Fukuyama, Trust: the social virtues and the creation of prosperity, Free Press, New York, 1995.
  78. E’ quanto evidenziato dal rapporto OECD 2013, Government at a glance, Trust in government, policy effectivness and governance agenda, 20.
  79. L. Torchia, La nuova direttiva europea in materia di appalti servizi e forniture nei settori ordinari, cit., p. 340.
  80. G. Pitruzzella, Fiducia e legittimazione dei poteri, in Enc. dir., vol. II, Poteri e Costituzione,cit.
  81. S. Rodotà, Il diritto ad avere diritti, Laterza, Roma, Bari, 2012, p. 104.
  82. F. Cafaggi, Proibire, permettere, persuadere. Appunti di viaggio nella regolazione contemporanea, in Mercato, Concorrenza Regole, 3, 2022.
  83. P. Gerbaudo, Controllare e proteggere. Il ritorno dello Stato, Nottetempo, Milano, 2022, secondo cui è in atto una sorta di mescolanza tra tendenze stataliste, (237) regolazione, collaborazione pubblico privato, in cui è comunque riconoscibile in capo allo Stato un potere discrezionale maggiore. E la protezione consiste nella sicurezza economica, sociale e ambientale, mentre la credibilità dell’offerta di protezione si pone come condizione del rispetto del comando(183).
  84. R. Ferrara, Globalizzazione e diritto pubblico, in Federalismi.it, 19, 2023, nel ricostruire gli esiti della mondializzazione che avrebbero imposto frontiere liquide e morbide tra le regole di esercizio del potere e nei rapporti pubblico e privato, richiama l’attenzione sulla autorevolezza dell’amministrazione che proprio nel quadro fluido che descrive dovrebbe aver un peso maggiore rispetto ai canoni dell’autorità.

Renata Spagnuolo Vigorita

Full Professor of Administrative Law at the Federico II University of Naples