Monitoraggio dell’epidemia e test diagnostici: le recenti pronunce dei Tribunali Amministrativi Regionali

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2/2020

Monitoraggio dell’epidemia e test diagnostici: le recenti pronunce dei Tribunali Amministrativi Regionali

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Il contributo illustra la disciplina adottata in materia di test diagnostici per accertare e contenere il contagio da SARS-CoV-2, analizzandone le conseguenze applicative e prendendo in rassegna le decisioni assunte sul punto, in sede cautelare monocratica, dai Tribunali Amministrativi Regionali.


Epidemic monitoring and diagnostic tests: the recent rulings of Regional Administrative Courts
This paper sets out the legal framework adopted in Italy for performing diagnostic tests for SARS-CoV-2 and for containing SARS-CoV-2 contagion, by analysing the consequences of their application and reviewing the decisions taken on this point by the Regional Administrative Courts in the framework of monocratic precautionary procedures.

1. Premessa

I Tribunali amministrativi sono intervenuti con pronunce cautelari significative in tema di esecuzione e sperimentazione dei test diagnostici per rilevare la positività al SARS-CoV-2.

L’approntare strumentazioni medico-sanitarie adeguate a tale scopo è esigenza che diviene sempre più urgente con il progressivo avvicinarsi della c.d. seconda fase di gestione della emergenza sanitaria, la quale avrà avvio dal 4 maggio 2020 ai sensi degli artt. 1 e 10 del D.P.C.M. 26 aprile 2020[1]: questo al fine di garantire un miglior monitoraggio globale della capacità diffusiva del virus, nel momento in cui il contenimento pandemico non sia più assicurato mediante i divieti di spostamento e di circolazione attualmente in vigore.

2. I test molecolari e il contesto normativo

La Circolare del Ministero della Salute sui test diagnostici n. 11715, adottata il 3 aprile 2020 seguendo le raccomandazioni pubblicate a livello internazionale dalla Commissione europea[2] e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)[3], disciplina le modalità di esecuzione dei test diagnostici e i casi da sottoporre ad esame in via d’urgenza, fermo restando che l’esecuzione di essi deve in ogni caso essere riservata prioritariamente ai pazienti sintomatici e ai soggetti a rischio in quanto entrati in contatto con un caso confermato o probabile di COVID-19[4].

Tali indicazioni organizzative sono rivolte all’effettuazione dei test c.d. molecolari, i quali, secondo l’OMS, rimangono le modalità diagnostiche al momento tecnicamente più vantaggiose.

Tali esami sono basati sul rilevamento dei geni virali nelle secrezioni respiratorie attraverso il tampone, sul quale viene effettuato un esame mediante metodi di RT-PCR per amplificazione di geni virali espressi durante l’infezione da SARS-CoV-2[5]. Il Ministero della Salute, nella circolare suindicata, precisa che attualmente in Italia, sono in uso test molecolari rapidi del tipo CE-IVD e/o EUA/FDA (Point of Care tests, POCT).

Tale diagnosi molecolare viene eseguita presso i laboratori di riferimento regionali e i laboratori aggiuntivi individuati secondo modalità concordate con il Laboratorio di Riferimento Nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità e procedure indicate nella circolare del Ministero della Salute n. 9774 del 20 marzo 2020. Qualora, in aree con diffusa trasmissione di SARS-CoV-2, la capacità di laboratorio non consenta di effettuare le analisi diagnostiche previste, è stabilita la possibilità di ampliare ulteriormente il numero di laboratori aggiuntivi mediante intervento Regionale e/o di utilizzare laboratori mobili o c.d. drive-in clinics (attraverso il finestrino aperto dell’automobile nella quale si trova il paziente, senza che costui esca dall’abitacolo e mantenendo così le distanze di sicurezza).

3. Le pronunce del T.A.R. Sicilia, sezione staccata di Catania (sezione IV), decreto del 27 marzo 2020, n. 235 e del T.A.R. Molise (sezione I), decreto del 30 marzo 2020, n. 62

Si osserva che le Circolari del Ministero della Salute individuano le categorie di soggetti che, in via preferenziale o addirittura con urgenza, possono o devono essere sottoposti ai test molecolari a disposizione.

Per contro, non vi sono divieti all’utilizzo di tale esame su particolari individui e dunque tutti, secondo la normativa statale, potrebbero astrattamente essere destinatari di tale test.

La possibilità di esecuzione di esso anche su soggetti non appartenenti alle categorie privilegiate suindicate, ad esempio su individui asintomatici, risulterebbe quindi consentita.

Unica condizione per l’effettuazione del test a chiunque, ricavabile direttamente dalle indicazioni ministeriali, sembrerebbe l’onere di garantirne comunque la sua disponibilità ed esecuzione alle categorie di soggetti prioritari per legge: detta esigenza deve altresì essere contemperata con le circostanze del caso concreto, ossia il limitato numero di tamponi in possesso delle strutture sanitarie.

Ciò premesso, il T.A.R. per la Sicilia, Sezione staccata di Catania, è stato chiamato a pronunciarsi sul provvedimento adottato dalla Azienda Sanitaria Provinciale di Catania, Dipartimento di Prevenzione Igiene Ambienti di Vita, con il quale è stato inibito alla Medisan di Mirisciotti F.M. & C. S.a.s., struttura sanitaria privata accreditata, l’esecuzione di test diagnostici di rilevazione del COVID-19 da costei avviati su soggetti asintomatici. Contro tale determinazione ha presentato ricorso la Medisan, lamentandone l’illegittimità.

Il T.A.R. Catania ha, innanzitutto, rigettato la richiesta di sospensione cautelare in via d’urgenza del provvedimento della ASP, con decreto presidenziale del 27 marzo 2020, n. 235.

La decisione si fonda sulla enunciata necessità di dare prevalenza al perseguimento delle esigenze di pubblico interesse illustrate da parte resistente, e fondanti l’adozione del provvedimento impugnato, attraverso un esame comparativo degli interessi coinvolti.

Le motivazioni di pubblico interesse dedotte non risiederebbero – come ci si aspetterebbe – nel contingentamento all’utilizzo di tale test per garantire la sua disponibilità ai soggetti prioritari, bensì nel fatto che, secondo quanto dedotto da parte resistente «in assenza di sintomi, pertanto, il test non appare sostenuto da un razionale (…) scientifico, in quanto non fornisce un’informazione indicativa ai fini clinici e potrebbe essere fuorviante per la popolazione», e «la negatività non è in grado di escludere l’infezione, pertanto questo dato porterebbe a far abbassare la guardia in un soggetto negativo, non facendo rispettare dallo stesso le disposizioni ministeriali con grave danno per la tutela della salute pubblica». Questo potrebbe causare un grave danno alla tutela della salute pubblica.

Il bilanciamento di interessi in gioco così delineato è dunque espressione non tanto dell’assenza di fumus boni iuris in capo alla pretesa vantata dal ricorrente, quanto più della mancanza di un danno qualificabile come di estrema gravità ed urgenza, per essere lo stesso «anche suscettibil [e] di tutela in via risarcitoria» in un secondo tempo.

Al contempo, si può osservare come in tale sede venga resa, seppur in via sommaria, una valutazione sull’affidabilità del test molecolare mediante tampone non del tutto coincidente con quella invece condivisa dal Ministero della Salute.

In altra decisione del T.A.R. Molise, invece, assunta con decreto del 30 marzo 2020, n. 62, è stata accolta la richiesta di sospensione cautelare ante causam della determinazione emessa dall’Azienda Sanitaria Regionale del Molise. L’efficacia del provvedimento è stata sospesa parzialmente, ossia nella parte in cui, immotivatamente, con esso viene disposto il ricovero, presso strutture private accreditate residenziali, di soggetti anziani provenienti a loro volta da strutture sanitarie aziendali del Molise, senza che a costoro venga effettuato preventivamente il tampone di controllo per verificare che non siano affetti da SARS-CoV-2, rimettendo al contrario l’effettuazione del test alla valutazione discrezionale dei medici ospedalieri interessati caso per caso.

Si premette che, secondo Circolare del Ministero della Salute del 18 aprile 2020, n. 3468[6], è fatto obbligo di impedire l’accesso in struttura residenziale sociosanitaria a persone che presentino sintomi di infezione respiratoria acuta, anche di lieve entità, o che abbiano avuto un contatto stretto con casi di COVID-19 sospetti/probabili/confermati negli ultimi 14 giorni.

Ciò detto, la domanda cautelare ante causam è stata accolta per le seguenti ragioni.

Innanzitutto, sembra emergere un chiaro fumus di illegittimità dell’atto impugnato per ingiustificata disparità di trattamento, dal momento che questo prevede, per il trasferimento di pazienti provenienti da altre Regioni, che – al contrario – le strutture d’origine garantiscano l’assenza di contagio da SARS-CoV-2 mediante accertamento con tampone che abbia fornito risultato negativo.

In ordine al periculum in mora, si individua un grave danno irreparabile nel fatto che la struttura di destinazione possa accogliere un paziente senza aver prima escluso, mediante test molecolare, che questo sia affetto da COVID-19.

La logica decisionale adottata dal T.A.R. Molise in ordine alla sussistenza di un pericolo di pregiudizio sottende una valutazione circa la attendibilità del tampone diversa da quella effettuata dal T.A.R. Campania. Esso è considerato strumento idoneo ad escludere il contagio e pertanto da applicarsi obbligatoriamente a tutti i soggetti interessati dal trasferimento, anche qualora asintomatici.

Al contempo, non può però negarsi come gli interessi in gioco sottesi e implicitamente dedotti, in questo caso, fossero in parte diversi: i destinatari del test sono infatti persone anziane, già ospiti di altre strutture residenziali, e pertanto da considerarsi soggetti a rischio, tali da dover beneficiare delle più ampie tutele diagnostiche atte a escludere, per quanto possibile, ogni possibilità di contagio.

4. I test sierologici e la nuova sperimentazione

Alternativa diagnostica all’esame con tampone è offerta dai test sierologici, effettuati mediante verifica ematica e ricerca degli anticorpi (immunoglobuline) IgM e IgG, funzionali a capire se il soggetto sia entrato in contatto con il virus.

Sebbene i test sierologici siano descritti nella Circolare del Ministero della Salute del 3 aprile 2020 quali «molto importanti nella ricerca e nella valutazione epidemiologica della circolazione virale», tuttavia, come anche indicato dall’OMS[7], il loro utilizzo non appare sufficiente ai fini di una precisa diagnosi dell’infezione da SARS-CoV-2, e perciò ad oggi non è loro riconosciuta valenza diagnostica.

Il Ministero della Salute precisa che essi non appaiono ancora in grado, allo stato attuale, di sostituire il test molecolare basato sull’identificazione di RNA virale; trattasi infatti di esami non sufficientemente attendibili e che presentano il rischio di fornire risultati imprecisi, in particolare dei risultati c.d. falsi positivi[8].

D’altro canto detti test, molto rapidi nell’elaborazione del risultato e disponibili in kit con potenziale diffusione su larga scala, appaiono utili per monitorare il numero di soggetti entrati in contatto con il virus, e si prestano in particolare ad una indagine epidemiologica collettiva nella c.d. seconda fase di lockdown.

In forza del potere di legislazione concorrente in materia di tutela della salute di cui all’art. 117 c. 3 Cost., la Regione Lombardia ha avviato l’utilizzo sperimentale di tali diversi dispositivi, mediante prelievo endovenoso.

In particolare, la Regione ha disposto a partire dal 23 aprile 2020 l’esecuzione di essi presso i centri più colpiti dal virus, ossia le Provincie di Lodi, Bergamo, Brescia e Cremona, per poi estenderne l’utilizzo a tutta la Lombardia dal 29 aprile 2020.

Tali primi test sono indirizzati ai cittadini che sono stati messi in quarantena ovvero in condizione di isolamento fiduciario su indicazione del Medico di medicina Generale, dell’ATS a seguito di indagine epidemiologica, o da struttura ospedaliera. Esclusi dall’esame sierologico sono coloro che, già sottoposti a test molecolare, sono a questo risultati positivi o negativi a seguito di doppio tampone.

5. La pronuncia del T.A.R. Lombardia (sezione I), decreto del 22 aprile 2020, n. 596, seguita dal decreto del Consiglio di Stato (sezione III), 23 aprile 2020, n. 2129

In tale contesto di sperimentazione dei test sierologici, la Regione Lombardia ha proceduto all’affidamento diretto ex art. 36, comma 2, d.lgs. n. 50/2016 dell’appalto di fornitura dei kit di esame alla società Diasorin S.p.a., i cui test sierologici presentano marcatura di conformità CE e sono oggetto di sperimentazione e miglioramento presso la Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia.

Quest’ultima, mediante determinazione del 23 marzo 2020, ha infatti concluso un accordo quadro di ricerca finalizzata all’elaborazione di nuovi test, sierologici ma anche molecolari, per la diagnosi di infezione da SARS-CoV-2 con la suddetta società Diasorin S.pa.

Contro la decisione assunta dall’Ente pubblico ospedaliero pavese ha presentato ricorso innanzi al T.A.R. Lombardia la società Tecnogenetics S.r.l., operatore economico anch’egli produttore di kit per diagnosi da SARS-Cov-2, lamentando la illegittimità del provvedimento con il quale il Policlinico San Matteo ha scelto di rivolgersi in via esclusiva alla Diasorin S.p.a. per lo studio e la sperimentazione di nuovi test.

La ricorrente ha chiesto l’annullamento della determinazione dell’Ente, previa sospensione cautelare dell’efficacia, in quanto lesivo dei principi di libera concorrenza e non discriminazione e tale da determinare una ingiustificata posizione privilegiata della Diasorin S.p.a. sul mercato.

Per analoghe ragioni, la Tecnogenetics S.r.l. ha altresì presentato esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Pavia, nonché alla Commissione Nazionale per le Società e alla Borsa (CONSOB) e all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM).

In sede di pronuncia cautelare monocratica, il T.A.R. Lombardia, con decreto del 22 aprile 2020, n. 596 ha rigettato la richiesta di sospensione in via d’urgenza della determina del Direttore Generale del Policlinico San Matteo, con la quale è stato concluso l’accordo quadro.

La decisione è stata assunta a motivo del fatto che la parte ricorrente non avrebbe dedotto circostanze indicative dell’ “estrema gravità e urgenza”, ai sensi dell’art. 56 c.p.a., del rischio di subire un grave danno irreparabile, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data di trattazione collegiale della domanda in camera di consiglio.

Al contempo, in punto di fumus boni iuris, il Presidente della Sezione I del T.A.R. ha dato atto di come la domanda cautelare sembri presentare profili sostanziali meritevoli di approfondimento.

In particolare il T.A.R. ha rilevato che tale partenariato pubblico-privato non sembra esaurirsi in un puro accordo di collaborazione scientifica, ma presenta «contenuti sinallagmatici con precisi vantaggi economici e conseguente valore di mercato sottratto al confronto concorrenziale». A tale conclusione si perverrebbe altresì analizzando il contenuto della prestazione ad oggetto: non si tratta della semplice valutazione clinica di un dispositivo diagnostico già pronto, bensì dell’elaborazione di nuovi test molecolari e sierologici «sulla base di un prototipo Diasorin di imprecisata consistenza», da sottoporre a sviluppo e da migliorare, con contestuale «riconoscimento dei diritti economici riguardanti la titolarità dell’invenzione per i ricercatori che hanno preso parte al progetto da cui è derivata l’invenzione medesima»[9].

Ciò premesso si è affermato che, anche a voler ricondurre l’accordo di cui trattasi nel novero delle ipotesi di collaborazione di ricerca di cui all’art. 8, comma 5, d.lgs. n. 288/2003 (finalizzati a trasferire i risultati ottenuti in ambito industriale e salvaguardando al contempo la finalità pubblica della ricerca), detta qualificazione non sottrae comunque l’accordo tra il Policlinico San Matteo e la Diasorin S.p.a. al rispetto dei principi di diritto interno e di diritto europeo in materia di contratti pubblici, tra cui spicca evidentemente quello di libera concorrenza.

La pronuncia del T.A.R. Lombardia, con la quale è stata respinta l’istanza cautelare, è stata impugnata dalla ricorrente Tecnogenetics S.r.l. innanzi al Consiglio di Stato. Quest’ultimo, con decreto n. 2129 emesso il 23 aprile 2020, ha dichiarato inammissibile il ricorso in appello, in quanto nel caso di specie difetterebbe la dimostrazione di un «pericolo concreto di irreversibile perdita di un “bene della vita” tutelato da norme costituzionali», unica condizione che consenta l’appello avverso un decreto presidenziale del T.A.R., secondo prevalente orientamento giurisprudenziale[10].

6. Riflessioni conclusive

Nelle pronunce cautelari monocratiche analizzate la valutazione della estrema gravità ed urgenza del pericolo di danno, che il ricorrente possa subire con la mancata sospensione dell’atto impugnato, avviene attraverso la “lente di ingrandimento” dell’interesse pubblico alla protezione della salute.

La decisione di concedere o no la tutela cautelare d’urgenza al ricorrente sembra, almeno in parte, dipendere dalla maggiore o minore capacità, di tale misura, di contenere il contagio da SARS-CoV-2.

Sarà interessante verificare se i Tribunali amministrativi citati perverranno alle stesse conclusioni anche in sede di pronuncia cautelare a seguito di trattazione collegiale.

Da ultimo, dubbi di legittimità, resi alquanto evidenti dalla pronuncia cautelare del T.A.R. Lombardia, si profilano in relazione alle modalità di utilizzo e di sviluppo di nuovi strumenti diagnostici approntati sinora in Lombardia, la quale ha scelto di impiegare i soli test della società Diasorin S.p.a.

  1. «Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale», il quale integra e in parte sostituisce le disposizioni del D.P.C.M. 10 aprile 2020 («Ulteriori disposizioni attuative del D.L. 25 marzo 2020, n. 19, recante misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale»), salvo misure di contenimento più restrittive adottate dalle Regioni, anche d’intesa con il Ministro della Salute, relativamente a specifiche aree del territorio regionale.
  2. COVID-19 EU recommendations for testing strategies, 18 marzo 2020, reperibile al seguente link: https://ec.europa.eu/info/live-work-travel-eu/health/coronavirus-response/latest-documents_it
  3. Laboratory testing strategy recommendations for COVID-19, 21 marzo 2020, reperibile al seguente link: https://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/331509/WHO-COVID-19-lab_testing-2020.1-eng.pdf
  4. Focalizzando l’identificazione del rischio in coloro che hanno avuto dei contatti con certi o probabili casi COVID-19 nelle quarantotto ore precedenti l’insorgenza dei sintomi e fino al momento della diagnosi e dell’isolamento di costoro, così come indicato nella Circolare del Ministero della Salute 20 marzo 2020, n. 9774.
  5. Così, sempre Circolare del Ministero del 3 aprile 2020, n. 11715 («Aggiornamento delle indicazioni sui test diagnostici e sui criteri da adottare nella determinazione delle priorità. Aggiornamento delle indicazioni relative alla diagnosi di laboratorio»), reperibile al seguente link: http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/archivioNormativaNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&iPageNo=1
  6. «Indicazioni ad interim per la prevenzione ed il controllo dell’infezione da SARS-CoV-2 in strutture residenziali e sociosanitarie».
  7. Cfr. nota 3.
  8. Il Ministero della Salute nella circolare n. 11715/2020 precisa che «la rilevazione della presenza degli anticorpi, infatti, non sarebbe comunque indicativa di un’infezione acuta in atto, e quindi della presenza di virus nel paziente e rischio associato a una sua diffusione nella comunità. Inoltre detto test presenta il rischio di fornire risultati non precisi per ragioni di possibile cross-reattività con altri patogeni affini come altri coronavirus».
  9. Così il decreto del T.A.R. Lombardia oggetto di analisi.
  10. Sul punto cfr. anche di recente Cons. St., 11 gennaio 2019, n. 39, in Foro it., 2019, 3, III, p. 117, che precisa come «nel processo amministrativo, il Consiglio di Stato è incompetente a confermare o revocare la misura cautelare concessa con decreto del presidente del Tar, in quanto, ai sensi dell’art. 62 cod. proc. amm., la pronuncia cautelare collegiale del Consiglio di Stato non può precedere quella del Tar, essendo configurata esclusivamente quale decisione avente ad oggetto una decisione cautelare assunta in primo grado nella sede collegiale».

Francesca Roncarolo

Ordinary Magistrate and subject expert in Administrative Law at the University of Milan