L’udienza di discussione nel contenzioso amministrativo come diritto umano: un confronto tra il sistema sloveno e quello italiano

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2/2023

L’udienza di discussione nel contenzioso amministrativo come diritto umano: un confronto tra il sistema sloveno e quello italiano

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Il contributo vuole approfondire il ruolo dell’udienza nel sistema processuale amministrativo sloveno e in quello italiano, mettendoli a confronto. In entrambi gli ordinamenti, infatti, in tempi recenti pare essersi posto in discussione il ruolo del confronto tra le parti avanti al collegio ed al pubblico quale momento ineludibile di celebrazione del processo. Lo studio, pertanto, ambisce a individuare gli elementi comuni nei diversi sistemi processuali al fine di determinare un unitario contenuto dell’udienza come diritto umano.


The hearing of argument in administrative litigation as a human right: a comparison of the Slovenian and Italian systems
The article aims to explore the role of oral hearing in Slovenian and Italian administrative procedural law. In both countries the oral hearing is a pivotal moment in the judicial review of administrative decisions. The study aims to identify common elements in each system to determine a unitary content of oral hearing as a human right.

Sommario. 1. Introduzione.- 1.1. Il diritto alla celebrazione di una udienza di discussione in Slovenia ed in Italia.- 1.2. Strutture processuali a confronto.- 2. Udienza di discussione nel contenzioso amministrativo in Slovenia.- 2.1. Basi giuridiche e prassi per lo svolgimento delle udienze di discussione nel contenzioso amministrativo.- 2.2. L’importanza di tenere un’udienza di discussione in una controversia amministrativa.- 2.3. Restrizioni costituzionalmente ammesse al diritto a un’udienza nel contenzioso amministrativo.- 2.4. Udienza in una controversia amministrativa de lege ferenda.- 3. Udienza di discussione nel diritto processuale amministrativo in Italia.- 3.1. La disciplina dell’udienza di discussione nel diritto processuale amministrativo italiano.- 3.2. L’importanza dell’udienza dibattimentale nel processo avanti a T.A.R. e Consiglio di Stato.- 3.3. Le eccezioni all’udienza pubblica: il problema del c.d. “giudizio immediato”.- 3.4. Le prospettive di riforma: l’udienza come un “rallentamento” della macchina della giustizia?.- 4. Conclusione.- 4.1. L’importanza dell’udienza di discussione nel sistema processuale sloveno e nel diritto processuale italiano: un dialogo possibile tra gli Stati confinanti del nord Adriatico.

1. Introduzione[1]

1.1. Il diritto alla celebrazione di una udienza di discussione in Slovenia ed in Italia

Il diritto ad essere ascoltati nell’ambito di una udienza è parte integrante del diritto a un processo equo garantito dall’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU)[2]. Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU), il diritto a un’udienza di discussione, proprio in quanto parte integrante del c.d. “fair trial”, è collegato a quattro ulteriori diritti: il diritto di essere ascoltati e di essere presenti personalmente davanti al giudice, il diritto a una partecipazione effettiva, il diritto a essere ascoltati dal pubblico e il diritto a che le sentenze siano pronunciate pubblicamente o siano pubblicate successivamente alla relativa emanazione[3].

La Costituzione della Repubblica di Slovenia (Ustava RS)[4] garantisce il diritto alle udienze pubbliche e il diritto al pronunciamento pubblico delle sentenze all’articolo 24. Il diritto alle udienze pubbliche viene esercitato nel sistema giuridico sloveno attraverso lo svolgimento delle cosiddette udienze principali nei procedimenti giudiziari: si tratta di un principio che trova diretta applicazione anche al contenzioso amministrativo. La Corte costituzionale della Repubblica di Slovenia (Ustavno sodišče Republike Slovenije) nelle sue recenti decisioni ha ritenuto che il diritto a un’udienza pubblica davanti a un giudice sia un diritto umano dotato di una propria autonomia, che conferisce all’udienza pubblica nei procedimenti giudiziari un peso estremamente elevato.

Anche in Italia, come noto, trova applicazione l’art. 6 CEDU. Nondimeno, il fatto che tale norma preveda che il diritto alla celebrazione di una udienza pubblica attenga alle controversie che riguardano “diritti e doveri di carattere civile”, ha fatto sì che nel tempo si sia addirittura posta la questione se una tale disposizione possa trovare applicazione anche presso il giudice amministrativo – avanti al quale, in linea generale, trovano tutela gli interessi legittimi[5], mentre si fa questione di diritti soggettivi solo nei casi di giurisdizione esclusiva[6]. Se a questo si aggiunge la natura nel tempo eminentemente cartolare del giudizio amministrativo[7], si comprende come il principio generale ora enunciato, nella materia processuale de qua, sia stato declinato con diverse sfumature rispetto a quanto avviene, ad esempio, in ambito penalistico[8].

Sennonché, a fronte di queste problematiche, derivanti da come a livello interno il giudizio amministrativo è strutturato, la giurisprudenza della Corte EDU contrappone la propria autonoma – ed autentica – interpretazione della norma. In tale prospettiva, allora, ai fini dell’applicazione dell’art. 6 risulta irrilevante la qualificazione nel diritto interno della controversia e la natura dell’autorità competente per la materia[9] di cui si dibatte[10]. Vi è così che anche nel processo avente ad oggetto l’impugnazione di un provvedimento amministrativo lesivo di un diritto fondamentale, si è ritenuto con costanza invocabile il diritto ad un fair trial[11].

A livello normativo interno, non vi è però una previsione costituzionale di portata generale che codifichi il diritto alla pubblica udienza[12], che è proprio espressione del principio generale del giusto processo sulla base della predetta interpretazione. L’art. 111 afferma che ogni giudizio si svolge nel contraddittorio tra le parti e, con riferimento al giudizio penale, che la prova si forma in maniera dialettica tra accusa e difesa avanti al giudice[13]. La – solo apparente – limitatezza della disposizione, di contro, non ha tuttavia impedito alla Corte costituzionale di affermare che «la pubblicità del giudizio, specie di quello penale, costituisce principio connaturato ad un ordinamento democratico fondato sulla sovranità popolare, cui deve conformarsi l’amministrazione della giustizia, la quale, in forza dell’art. 101, co. 1, Cost., trova in quella sovranità la sua legittimazione»[14].

È proprio sulla base di queste direttrici ermeneutiche che il Codice del processo amministrativo attualmente vigente in Italia, all’art. 87, prevede la regola generale della discussione della causa in pubblica udienza quale momento non sostituibile del giudizio avanti a T.A.R. e Consiglio di Stato[15]. A questo principio si accompagnano però subito le eccezioni, costituite dalle udienze cautelari, e dai giudizi in materia di silenzio, accesso agli atti, ottemperanza e opposizione ai decreti che pronunciano l’estinzione o l’improcedibilità del giudizio[16], che vengono invece discusse a porte chiuse in camera di consiglio. Essenzialmente, però, in ogni caso lo svolgimento dell’udienza – pubblica o camerale che sia – nel sistema italiano avviene attraverso il confronto tra ricorrente e resistente avanti al giudice. Quest’ultimo, peraltro, e protagonista del dialogo quanto i contraddittori: a mente dell’art. 73 c.p.a. che, ove ritenga di porre alla base della propria decisione una questione rilevabile d’ufficio, deve obbligatoriamente confrontarsi con le parti sulla stessa[17] e, in ogni caso, è libero di dialogare con i contendenti per avere un quadro il più possibile completo che gli consenta di arrivare alla decisione.

Insomma, si può dire che nel diritto processuale italiano in generale, e nel processo amministrativo in particolare, esista oggi un principio immanente di diritto all’udienza – pubblica – dal contenuto in effetti non dissimile a quanto previsto a livello costituzionale in Slovenia. In entrambi i casi, questo principio generale si esplica sotto la previsione generale dell’art. 6 CEDU.

1.2. Strutture processuali a confronto

Il presente articolo, quindi, mira ad approfondire quale sia il significato dell’udienza di merito nei sistemi di contenzioso amministrativo sloveno e italiano. L’obiettivo è quello di mostrare le somiglianze e le differenze nel modo di intendere e celebrare il dibattimento avanti al giudice speciale. Per fare ciò, ci si è basati sull’ipotesi di lavoro per cui lo svolgimento delle udienze nel contenzioso amministrativo e l’attività del tribunale che si svolge nell’ambito di una effettiva cooperazione tra tutte le parti coinvolte sia un contributo indispensabile alla definizione più rapida ed equa dei giudizi.

In Slovenia, l’udienza di discussione in una controversia amministrativa non è semplicemente uno degli atti procedurali a disposizione del tribunale, ma è un diritto umano indipendente, il cui esercizio consente l’attivazione di altri diritti umani che, in quanto garanzie procedurali costituzionali, costituiscono il nucleo di un equo procedimento giudiziario.

In Italia, di converso, non si giunge ad affermare in senso così assoluto la consistenza di diritto umano della facoltà garantita a tutte le parti di essere udite avanti alla corte. Piuttosto, nel generale sistema del diritto processuale è considerato un diritto assoluto quello al contraddittorio[18]. Lo studio, quindi, mira a comprendere se nell’ambito di questo diritto possa essere inclusa come sua parte fondamentale la celebrazione della pubblica udienza e se, da questa generale premessa, possano dedursi criticità rispetto all’attuale legislazione e alla prassi in opera presso T.A.R. e Consiglio di Stato[19].

2. Udienza di discussione nel contenzioso amministrativo in Slovenia

2.1. Basi giuridiche e prassi per lo svolgimento delle udienze di discussione nel contenzioso amministrativo

La legge di base che disciplina il contenzioso amministrativo in Slovenia è la Legge sul contenzioso amministrativo (ZUS-1)[20]. Essa prevede che il contenzioso amministrativo sia deciso in prima istanza dopo un’udienza di dibattimento c.d. “principale” (articolo 51 ZUS-1) come regola, e un processo c.d. “in sessione” – senza udienza – come eccezione (articolo 59 ZUS-1). Nella sua prassi passata, il Tribunale amministrativo, che decide il contenzioso amministrativo in Slovenia in prima istanza, nella stragrande maggioranza dei casi ha deciso in sessione, e solo in una minoranza di casi ha deciso dopo un’udienza[21]. Questa tendenza è cambiata negli ultimi anni verso una decisione significativamente più frequente nelle controversie amministrative dopo un’udienza. A questo proposito, è estremamente interessante notare dalle statistiche giudiziarie che il Tribunale amministrativo della Repubblica di Slovenia ha tenuto solo 85 udienze all’anno nel 2016 e nel 2017, mentre nel 2018 ha tenuto 144 di queste udienze. Successivamente, il numero di udienze ha iniziato ad aumentare in modo significativo. Nel 2021 si sono tenute 636 udienze, sebbene il numero di cause portate davanti al Tribunale amministrativo in ciascuno degli anni in esame sia numericamente costante[22].

Una ragione fondamentale per il cambiamento della prassi verso una maggiore frequenza delle udienze dibattimentali principali nelle controversie amministrative è stata la posizione assunta dalla Corte costituzionale della Repubblica di Slovenia, dalla Corte suprema della Repubblica di Slovenia (Vrhovno sodišče Republike Slovenije) e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, che hanno attribuito grande importanza allo svolgimento delle udienze nelle controversie amministrative. Nelle cause Cimperšek contro Slovenia[23] e Mirovni inštitut contro Slovenia[24], la Corte europea dei diritti dell’uomo ha infatti stabilito che la Slovenia ha violato l’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU non avendo tenuto un’udienza in un giudizio amministrativo di primo grado davanti al Tribunale amministrativo della Repubblica di Slovenia, peraltro non avendo reso note le ragioni per cui aveva omesso il contraddittorio. Una violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU per non aver tenuto un’udienza è stata riscontrata anche nella causa Produkcija Plus storitveno podjetje d.o.o. contro Slovenia[25], per analoghe ragioni. Anche la Corte costituzionale della Repubblica di Slovenia, nelle sue decisioni più recenti, ha attribuito particolare importanza all’udienza nelle controversie amministrative, definendola addirittura un «diritto umano indipendente»[26]. Ha inoltre ritenuto che l’udienza in una controversia amministrativa non sia solo un mezzo per l’assunzione di prove, ma che la sua importanza risieda anche nel fatto che essa consente alle parti e all’autorità di incontrarsi su un piano di parità nel procedimento[27]. La posizione della Corte Costituzionale della Repubblica di Slovenia, secondo cui l’udienza principale in una controversia amministrativa ha la stessa natura e lo stesso scopo di un’udienza davanti a qualsiasi altro tribunale, è condivisa anche dalla Corte Suprema della Repubblica di Slovenia, che ritiene che qualsiasi deroga alla regola generale che impone la celebrazione dell’udienza dibattimentale principale debba essere soggetta a un’espressa norma di legge costituzionalmente conforme e interpretata nella giurisprudenza in modo restrittivo eccezione[28].

2.2. L’importanza di tenere un’udienza di discussione in una controversia amministrativa

L’obbligo di tenere un’udienza è parte integrante della maggior parte dei procedimenti giudiziari. Il contenzioso amministrativo si differenzia dagli altri procedimenti giudiziari in Slovenia in quanto generalmente segue, in termini di tempo, il procedimento amministrativo, in cui l’autorità amministrativa deve (o almeno dovrebbe) prendere una decisione definitiva sull’oggetto della causa, dopo che è stata espletato un procedimento amministrativo. Il contenzioso amministrativo è quindi concepito come un controllo giurisdizionale della legalità del processo decisionale amministrativo, che lo distingue da altri procedimenti giudiziari in Slovenia, in cui sono solo i tribunali di prima istanza a stabilire per primi i fatti rilevanti per la decisione del caso.

Il Tribunale amministrativo della Repubblica di Slovenia, che decide le controversie amministrative in prima istanza, ha lo status di tribunale specializzato ai sensi della Legge sui tribunali[29]. Secondo l’articolo 12(2) della ZUS-1, il giudice di appello è la Corte Suprema della Repubblica di Slovenia, tuttavia, similmente a quanto avviene in Italia, il Tribunale amministrativo della Repubblica di Slovenia ha lo status di corte superiore[30]. Tale qualifica nei due paesi non è determinata dal grado di giudizio al quale si ha accesso – il Tribunale amministrativo è infatti giudice di prima istanza – bensì dal trattamento giuridico che la struttura[31] e i suoi giudici[32] hanno nell’ordinamento giudiziario, che è del tutto analogo a quello delle Corti d’appello. In Slovenia, il processo decisionale delle corti qualificate come “superiori” è caratterizzato per la maggior parte da procedimenti in camera di consiglio in assenza delle parti piuttosto che da una decisione dopo un’udienza in pubblico dibattimento. Ciò potrebbe spiegare come mai il Tribunale amministrativo della Repubblica di Slovenia decida le controversie amministrative in camera di consiglio riservata piuttosto che dopo un’udienza pubblica. Tale conclusione, tuttavia, non appare corretta. La Corte costituzionale della Repubblica di Slovenia ritiene infatti che l’udienza pubblica in una controversia amministrativa abbia la stessa natura e lo stesso scopo di un’udienza davanti a qualsiasi altro tribunale.[33]

L’udienza nel contenzioso amministrativo in Slovenia è di fondamentale importanza per bilanciare la posizione delle parti, ovvero il ricorrente e il convenuto nel contenzioso amministrativo. I procedimenti amministrativi sono caratterizzati da un rapporto unilaterale tra l’autorità amministrativa e la parte, in cui la parte è nettamente subordinata all’autorità amministrativa che emana il provvedimento. Il contenzioso amministrativo, invece, è caratterizzato dal fatto che l’autorità (in qualità di convenuto in una controversia amministrativa) e la parte (in qualità di ricorrente in una controversia amministrativa) sono su un piano di parità in termini procedurali e la loro controversia è decisa da un tribunale, che è un organo indipendente e imparziale[34].

Nell’udienza il tribunale e le parti approfondiscono le questioni di diritto e di fatto, il che consente al tribunale di conoscere direttamente gli aspetti giuridici e fattuali della controversia. Alle parti è data così la possibilità di persuadere il tribunale della correttezza delle loro argomentazioni. La decisione dopo l’udienza aumenta anche la prevedibilità del corso del procedimento e del suo esito. È qui che si evidenzia lo stretto legame tra il ruolo dell’udienza e la gestione sostanziale del procedimento amministrativo. Inoltre, il contraddittorio consente pure una maggiore prevedibilità dei tempi per le parti del procedimento: se il tribunale è riunito in seduta privata, infatti, le parti in causa non possono mai sapere con certezza quando possono aspettarsi una decisione sulla loro causa[35].

L’udienza garantisce inoltre che l’esercizio delle funzioni giudiziarie sia aperto al pubblico. Questo aspetto può contribuire in modo significativo a preservare la reputazione della magistratura, a rendere evidente all’opinione pubblica la legittimità dell’esercizio del potere giudiziario così costruendo un legame di fiducia tra cittadini e sistema giudiziario.

Come si anticipava, l’articolo 51, paragrafo 2, della ZUS-1 prevede che il tribunale assuma le prove nell’udienza se e nella misura in cui esse siano necessarie per la decisione della controversia e tuttavia non siano già state assunte nel corso del procedimento amministrativo oggetto del contendere. Allo stesso modo, debbono essere assunte le prove se altri fatti indichino che quanto valutato in sede di procedimento debba esser invece diversamente apprezzato rispetto alla valutazione effettuata dall’autorità che ha adottato l’atto amministrativo impugnato. Questa disposizione è stata probabilmente la ragione principale per cui la giurisprudenza, ormai superata, ha ritenuto che l’udienza dibattimentale principale in una controversia amministrativa sia essenzialmente un mezzo di assunzione probatoria[36]. La Corte costituzionale della Repubblica di Slovenia, nella sua giurisprudenza più recente, ha invece dimostrato di avere superato questa posizione. Nella decisione Up-360/16 del 18 giugno 2020, il Giudice delle leggi ha infatti sottolineato che l’udienza non è solo un mezzo per l’assunzione di prove, ma ha anche la fondamentale funzione di consentire all’autorità e alla parte di incontrarsi su un piano di parità procedurale al fine di raccogliere, sulla base di un’audizione diretta e pubblica, le prove necessarie per la valutazione che deve essere effettuata dal Tribunale amministrativo della Repubblica di Slovenia. La valutazione delle osservazioni e degli argomenti delle parti, l’assunzione delle prove proposte in merito all’esistenza di fatti giuridicamente rilevanti e la libera valutazione delle prove in relazione a tali fatti sono gli elementi centrali del processo decisionale giudiziario. In tale situazione, il giudice può, di norma, valutare liberamente il valore di singole affermazioni, argomentazioni e prove solo se riceve egli stesso le affermazioni e ascolta direttamente le argomentazioni dalla parte in causa, oltre a percepire la natura e il carattere delle prove e la sostanza delle stesse attraverso l’esperienza diretta[37].

La posizione della Corte costituzionale della Repubblica di Slovenia, secondo cui l’udienza in una controversia amministrativa ha la stessa natura e lo stesso significato dell’omologa udienza che si celebra davanti a qualsiasi altro tribunale, è stata condivisa anche dalla Corte suprema della Repubblica di Slovenia nella sua decisione X Ips 22/2020 del 26 agosto 2020. Tale sentenza ha invero affermato che, oltre all’accertamento dei fatti, l’udienza deve compendiare anche una discussione completa delle argomentazioni di fatto e di diritto delle parti, che deve essere guidata dal tribunale in conformità ai principi dell’equo processo.

L’udienza in una controversia amministrativa, per vero, può svolgersi anche davanti alla Corte Suprema della Repubblica di Slovenia. L’articolo 74(3) ZUS-1 regola tale udienza nei casi in cui la Corte Suprema agisca quale giudice di seconda istanza (appello). La Corte Suprema della Repubblica di Slovenia può anche, di propria iniziativa, convocare un’udienza pubblica quando decide su un ricorso per revocazione, che è un rimedio straordinario nel sistema sloveno di contenzioso amministrativo. La Corte, inoltre, può convocherà un’udienza pubblica su un ricorso per revocazione se ritiene che la decisione sia importante per garantire la certezza del diritto e lo sviluppo della legge attraverso l’interpretazione giurisprudenziale delle norme, ovvero se ritiene che vi sia un interesse generale alla celebrazione della pubblica udienza.

Tuttavia, occorre sottolineare che l’udienza pubblica per decidere in grado di appello non ha lo scopo di stabilire o valutare la situazione di fatto, poiché la revisione delle sentenze di primo grado come rimedio straordinario non può essere proposta ponendo a base della censura della pronuncia del tribunale un accertamento errato o incompleto della situazione di fatto[38].

Infine, la Corte Suprema della Repubblica di Slovenia può tenere un’udienza anche in altre cause da essa decise e disciplinate da leggi settoriali[39].

2.3. Restrizioni costituzionalmente ammesse al diritto a un’udienza nel contenzioso amministrativo

Il diritto a un’udienza nei procedimenti giudiziari non ha valenza assoluta nell’ordinamento giuridico sloveno. Tuttavia, le eccezioni al principio generale che si è sopra richiamato sono ammissibili solo ove espressamente previste dalla legge e solo nel caso superino i test costituzionali di legittimità (di cui all’articolo 15, paragrafo 3, della Costituzione della Repubblica di Slovenia) e di proporzionalità (articolo 2 della Costituzione della Repubblica di Slovenia)[40]. Di seguito sono riportati alcuni esempi di casi in cui è possibile rinunciare allo svolgimento di un’udienza pubblica in Slovenia.

Si può rinunciare all’udienza se le parti della controversia amministrativa vi rinunciano per iscritto ai sensi dell’articolo 279 della Legge sulla procedura civile (ZPP)[41] , che si applica alle controversie amministrative, a meno che non sia previsto diversamente nel ZUS-1.

La maggior parte dei casi in cui si può rinunciare all’udienza sono per vero indicati nell’articolo 59 della legge processuale slovena. Ai sensi dell’articolo 59, paragrafo 1, della ZUS-1, il Tribunale amministrativo della Repubblica di Slovenia può decidere senza sentire le parti se la situazione di fatto su cui si basa l’atto amministrativo non è contestata tra il ricorrente e il convenuto. Per quanto riguarda questa eccezione, la Corte Suprema della Repubblica di Slovenia ha dichiarato nella sua decisione X Ips 22/2020 del 26 agosto 2020 che la legittimità della mancata celebrazione dell’udienza va valutata nel singolo caso. Si dovrà quindi ritenere illegittima la decisione senza contraddittorio quando questo sarebbe invece stato necessario per garantire un’efficace tutela giurisdizionale in caso di situazione giuridica controversa.

L’articolo 59, paragrafo 4, della legge processuale slovena stabilisce poi la regola secondo cui il tribunale si riunisce sempre in camera riservata nelle controversie riguardanti la legittimità degli atti degli organi elettorali. La Corte costituzionale della Repubblica di Slovenia ha sottoposto a vaglio questa disposizione nella sua decisione Up-135/19-23, U-I-37/19-12 del 5 giugno 2019[42]. In esito, ha affermato che la previsione dell’esclusione di un’udienza si applica solo alle controversie che hanno luogo prima delle elezioni (cioè alle controversie relative alla ammissibilità candidatura), ma non anche alle controversie instaurate le elezioni. In queste ultime, tutte le irregolarità elettorali possono essere sollevate e il tribunale deve quindi dare piena tutela giudiziaria al diritto di voto[43].

L’articolo 59, paragrafo 2, secondo trattino, ZUS-1, prevede che il Tribunale amministrativo della Repubblica di Slovenia possa decidere anche senza un’udienza se la situazione di fatto tra l’attore e il convenuto è controversa, ma le parti presentano solo nuovi fatti e prove che non possono essere presi in considerazione dal tribunale in base alla legge processuale vigente, o se i nuovi fatti e prove proposti non sono ritenuti rilevanti per la decisione. La Corte Suprema della Repubblica di Slovenia, nella sua decisione X Ips 22/2020 del 26 agosto 2020, ha ritenuto che questa disposizione di legge sia in effetti incostituzionale e che la mancata celebrazione di un’udienza sulla base di questa eccezione costituisca una violazione del diritto umano delle parti a un’udienza pubblica. Questa posizione è una conseguenza della decisione della Corte costituzionale del 18 giugno 2020 nella causa Up-360/16, secondo la quale il diritto all’udienza non è finalizzato solo all’assunzione di prove, ma anche alla raccolta, attraverso un’udienza diretta e pubblica, degli elementi di prova necessari per la valutazione da parte del giudice nella controversia amministrativa. Ciò significa che il contraddittorio orale in una controversia amministrativa ha anche lo scopo di decidere quali prove devono essere prodotte per chiarire la situazione di fatto e che è nell’udienza principale che deve essere effettuata la valutazione. Poiché l’eccezione di cui all’articolo 59, paragrafo 2, secondo trattino, della legge processuale amministrativa slovena impedisce tale procedura, la Corte Suprema ritenuto la disposizione incostituzionale e ne ha vietato l’ulteriore applicazione.

Un processo in seduta riservata sulla base dell’articolo 59, paragrafo 1, del ZUS-1 e del primo[44] e terzo[45] trattino dell’articolo 59, paragrafo 2, del ZUS-1 è, fatte salve le limitazioni di cui all’articolo 59, paragrafo 3, del ZUS-1[46], invece, per il momento risulta un’eccezione costituzionalmente ammissibile alla regola generale di decidere le controversie amministrative in prima istanza dopo un’udienza[47].

Un aspetto fondamentale da tenere in considerazione, è che qualunque sia l’eccezione costituzionalmente ammessa su cui si basa la decisione di non tenere un’udienza principale in una causa amministrativa, deve essere motivata. La mancata indicazione dei motivi per cui non è stata tenuta l’udienza pubblica in una controversia amministrativa costituisce una violazione del diritto costituzionalmente garantito alla motivazione di una decisione giudiziaria (articolo 22 della Costituzione della Repubblica di Slovenia)[48].

2.4. Udienza in una controversia amministrativa de lege ferenda

La nuova prassi sullo svolgimento delle udienze nelle controversie amministrative rappresenta un importante sviluppo in termini di garanzia procedurale fondamentale per le parti in causa. Da un punto di vista organizzativo, la nuova prassi ha rallentato il lavoro del Tribunale amministrativo della Repubblica di Slovenia. Infatti, il processo decisionale in una controversia amministrativa dopo l’udienza richiede più tempo rispetto alla risoluzione dei casi e al processo in camera di consiglio senza la presenza delle parti in causa[49]. Era prevedibile che questo cambiamento avrebbe aumentato il tempo richiesto ai giudici amministrativi per decidere e, di conseguenza, il numero di cause pendenti nel corso degli anni, mettendo a rischio il diritto a un processo in tempi ragionevoli[50]. Per tutti questi motivi, si sono proposte delle modifiche all’attuale regime giuridico del contenzioso amministrativo. Le modifiche mirano ad aumentare l’efficienza del processo decisionale nel contenzioso amministrativo, pur mantenendo lo stesso standard di certezza del diritto.

Al momento in cui si scrive, la Legge sugli emendamenti e le aggiunte alla Legge sulle controversie amministrative (di seguito ZUS-1C) è sottoposta alla procedura legislativa[51]. La novità più importante proposta dalla ZUS-1C è la modifica della composizione del tribunale per la decisione delle controversie amministrative, che risulta a parere di chi scrive ragionevole ed efficace per far fronte all’aumento del volume di lavoro della magistratura amministrativa.

L’attuale legge che disciplina la composizione e il funzionamento delle corti amministrative stabilisce la regola del processo in camera di consiglio, ma secondo le nuove norme proposte, il processo in camera di consiglio è sostituito dalla regola del giudice unico[52]. È previsto che il Tribunale amministrativo della Repubblica di Slovenia possa continuare a trattare le cause in camera di consiglio se la causa è complessa in diritto o in fatto o se si prevede che la decisione sul ricorso risolva un’importante questione di diritto, in particolare se riguarda una questione di diritto sulla quale non esiste o non è uniforme la giurisprudenza, o se un’altra legge lo prevede. Se tali condizioni sono soddisfatte, il giudice unico a cui la causa è stata deferita proporrà al Presidente della Corte che la causa sia esaminata da una sezione collegialmente.

In base alle norme attuali, la Corte suprema della Repubblica di Slovenia decide su ricorsi e procedimenti per revocazione nelle controversie amministrative in una camera a tre giudici. Secondo il regime proposto, la composizione della Corte Suprema della Repubblica di Slovenia, quando deciderà su un appello in una controversia amministrativa, dipenderà dal fatto che la prima istanza (cioè il Tribunale amministrativo della Repubblica di Slovenia) sia stata decisa da una camera o da un giudice singolo. Pertanto, la Corte Suprema della Repubblica di Slovenia deciderà sull’appello in una camera a tre giudici, come nel regime attuale, se ciò è avvenuto anche in primo grado; se invece il primo grado è stato definito avanti ad un giudice unico, la Corte Suprema deciderà anche sull’appello in una camera a giudice unico. Presso la Corte Suprema della Repubblica di Slovenia, il giudice unico avrà anche la possibilità, con un’ordinanza, di rinviare una causa a un collegio di tre giudici per la decisione se ritiene che la causa sia complessa su questioni di diritto o di fatto o se ci si aspetta che la decisione sull’appello risolva un’importante questione di diritto, in particolare se si tratta di una questione di diritto su cui non esiste o non è uniforme la giurisprudenza. In base alle norme proposte, la composizione della Corte Suprema non sarà più determinata dalla ZUS-1 quando la Corte Suprema deciderà su un ricorso per revocazione come rimedio straordinario. A questo proposito si applicherà l’articolo 38 della Legge sulla procedura civile (ZPP)[53], che prevede che la Corte Suprema della Repubblica di Slovenia decida su una richiesta di revocazione in un collegio di tre giudici e su una revocazione in un collegio di cinque giudici.

La seconda modifica più importante introdotta dallo ZUS-1C è una diversa regolamentazione dell’obbligo di tenere un’udienza. Secondo la proposta di regolamento, il tribunale potrà decidere senza udienza non solo quando la situazione di fatto alla base dell’atto amministrativo non è controversa tra le parti, ma anche quando la situazione di fatto tra il ricorrente e il convenuto è controversa, nei seguenti casi:

  • se dal ricorso, dall’atto impugnato e dal fascicolo amministrativo risulta chiaramente che il ricorso deve essere accolto e l’atto amministrativo annullato sulla base dell’articolo 64, paragrafo 1, della legge sulle cause, e se la parte con un interesse opposto non ha partecipato al procedimento amministrativo,
  • se le parti presentano solo nuovi fatti e prove che il tribunale non può prendere in considerazione ai sensi della legge processuale (articolo 52 ZUS-1), o se i nuovi fatti e prove proposti non sono rilevanti per la decisione,
  • se le parti propongono solo le prove non necessarie per verificare i fatti contestati, che possono essere accertati senza l’assunzione delle prove proposte,
  • se la controversia ha una base fattuale e giuridica simile a quella di una diversa controversia già decisa in via definitiva da un tribunale,
  • se il tribunale deciderà solo sulla base dei documenti e le parti hanno concordato di non tenere un’udienza di discussione, dove il tribunale non sarà vincolato dai fatti stabiliti nel procedimento di emissione dell’atto amministrativo.

La proposta di modifica normativa è stata criticata dagli addetti ai lavori perché la nuova disciplina delle eccezioni all’obbligo di tenere un’udienza dibattimentale principale si discosta per alcuni aspetti dalle posizioni consolidate della giurisprudenza (ad esempio, per quanto riguarda il requisito secondo cui l’ammissibilità delle prove in una controversia amministrativa deve essere decisa appunto in un’udienza di discussione). La proposta rappresenterebbe quindi, in quest’ottica, un passo indietro nello sviluppo del concetto di decisione di una controversia amministrativa dopo un’udienza di discussione. Il proponente dello ZUS-1C, invece, sostiene che la proposta di regolamento segue le recenti decisioni della Corte costituzionale della Repubblica di Slovenia. Tuttavia, siccome lo ZUS-1C è ancora in fase di elaborazione legislativa, il regime di modifiche proposte è soggetto a modifiche. Tuttavia, la formulazione finale dell’articolo, che sarà adottato e che regolerà le eccezioni all’obbligo di tenere un’udienza principale, avrà senza dubbio un impatto significativo sull’ulteriore sviluppo del concetto di processo decisionale nel contenzioso amministrativo dopo un’udienza in Slovenia.

3. Udienza di discussione nel diritto processuale amministrativo in Italia

3.1. La disciplina dell’udienza di discussione nel diritto processuale amministrativo italiano

Il diritto processuale amministrativo italiano prevede due tipi di udienze: udienze in camera di consiglio, che si celebrano alla presenza dei soli giudici e difensori delle parti, e udienze aperte al pubblico[54]. Nella fisiologia del processo, l’udienza pubblica dovrebbe sempre essere l’esito necessitato del ricorso[55]. Tale è il luogo ove le parti si confrontano e la giustizia diviene percepibile nel suo esercizio anche ab externo, stante lo svolgimento a porte aperte[56]. Di contro, l’udienza in camera di consiglio, nel rito ordinario, dovrebbe celebrarsi solo nel caso in cui vi sia una istanza cautelare[57], salvo, come si vedrà, la possibilità recentemente introdotta del c.d. “giudizio immediato generalizzato”. Diversamente dal diritto processuale sloveno, pertanto, non è previsto alcun caso in cui il giudice possa decidere nel merito della controversia, definendola[58], senza avere ascoltato le parti. Nemmeno è prevista, invero, l’eventualità che ad emettere decisioni destinate a produrre effetti sostanziali per tutta la durata del processo possa essere un organo monocratico. Ci si riferisce, in particolare, alle misure cautelari, che possono certo essere disposte in via d’urgenza dal presidente del tribunale o dal magistrato delegato ed anche inaudita altera parte, ma che debbono in ogni caso essere “ratificate” dal plenum del collegio[59]. Né, del pari, è in effetti ammessa la possibilità di una decisione definitiva[60] a opera di T.A.R. e Consiglio di Stato in composizione diversa da quella collegiale loro propria.

Anzi, come si è detto, il contraddittorio trova una specifica tutela pure nell’obbligo per la corte di sottoporre alle parti eventuali questioni che ritiene rilevare d’ufficio e porre alla base della decisione[61]. Tanto è vero che, in caso ciò non avvenga, si apre la via ad una specifica ipotesi di lesione del contraddittorio che, secondo una certa corrente di pensiero, giustifica la remissione della vertenza al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 105 c.p.a.[62].

Insomma, costituisce principio generale ed acquisito nel sistema italiano non solo quello dell’obbligo della discussione della vertenza in udienza – pubblica – prima della decisione del ricorso, ma anche quello – per certi versi contermine – della deliberazione collegiale delle sentenze e dei provvedimenti cautelari. È il collegio, infatti, che assiste nel suo insieme all’esplicazione del contraddittorio; è parimenti il collegio che, nel suo insieme, deliba sulla vertenza decidendola in esito all’udienza. Si tratterebbe, come sostiene parte della dottrina, di un coacervo di principi concatenati «a è stata reputata dai padri costituenti talmente tanto evidente da non renderne neppure necessaria un’esplicita affermazione nel nuovo testo costituzionale, con una scelta ‘di rottura’ rispetto a quanto era avvenuto sotto la vigenza dello Statuto Albertino, ove, per contro, il principio (della pubblica udienza ndr.) era stato espressamente enunciato»[63].

Tant’è vero che durante il periodo più intenso della crisi pandemica, ove le udienze si tenevano in modalità da remoto, erano sorti non pochi dubbi circa la legittimità di ricorsi discussi tramite videocollegamento online in assenza di meccanismi che consentissero al pubblico di assistervi[64]. Del pari, ci si è domandati se fosse corretto che la volontà del collegio si formasse del pari all’interno di una stanza virtuale, anziché nel contatto diretto della camera di consiglio[65]. Sono stati temi superati con lo svaporare dell’emergenza ma che sono destinati, come si vedrà, a riproporsi ove si ritenesse che la celebrazione virtuale dell’udienza possa essere un valido strumento di accelerazione del contenzioso e riduzione dell’arretrato. Si deve però ricordare, in chiusura sul punto, come nell’unico caso in cui il giudice amministrativo è stato chiamato incidentalmente a valutare la legittimità delle disposizioni che di fatto impedivano il contraddittorio orale, ha espresso forti perplessità[66].

3.2. L’importanza dell’udienza dibattimentale nel processo avanti a T.A.R. e Consiglio di Stato

Il motivo di dibattito circa la legittimità di celebrare l’udienza da remoto e, ancor più, circa la possibilità di ometterla del tutto, nasce dal ruolo centrale che la dialettica orale ha progressivamente assunto nel sistema processuale amministrativo italiano.

È cosa nota che il processo amministrativo si è emancipato progressivamente da un sistema cartolare di diritto obbiettivo per muovere verso una compiuta dialettica tra i contendenti, governata dal principio dell’impulso di parte[67]. Si tratta di una evoluzione naturale che, per certi versi, è andata di pari passo con la rivalutazione in termini sostanzialisti dell’interesse legittimo[68].

Questa evoluzione, tuttavia, non ha fatto venire meno la necessità di controbilanciare la disparità delle parti, rendendo evidente, pur nell’ambito del generale principio dispositivo[69], come fosse indispensabile introdurre alcune mitigazioni in favore del privato[70]. Proprio per questo il giudice può disporre incombenti probatori con un certo margine di autonomia[71], onde verificare la verità processuale: si suole così dire che l’onere probatorio del ricorrente è mitigato da un principio moderatamente acquisitivo ancora attualmente presente nel giudizio amministrativo[72].

Nondimeno, proprio per poter esercitare questa supplenza in favore della parte svantaggiata, è fondamentale che questa sia posta in condizione di indicare positivamente gli elementi di prova dei quali è necessaria l’assunzione. Di converso, stante la pervasività dei poteri officiosi, l’amministrazione intimata deve potersi specularmente difendere attraverso la propria narrazione della vicenda. È solo così, dal dialogo tra le parti, che emerge la fisionomia del fatto processuale[73] sul quale si deve incentrare l’indagine e rispetto al quale, appunto, il giudice è chiamato a fare domande, chiedere chiarimenti, disporre acquisizione di documenti ed espedienti probatori[74]. In questa dinamica che coinvolge le parti ed il collegio giudicante si esprime quindi il valore pieno del contraddittorio nell’ambito di un processo di diritto soggettivo come quello italiano. È così, pertanto, che l’udienza di discussione assume un significato non dissimile a quello previsto nel sistema sloveno, ove si è visto che la dialettica viene ad assumere in prima battuta una valenza essenzialmente istruttoria.

Ulteriormente, l’udienza è come detto anche il luogo ove il giudice è tenuto[75] a sottoporre alle parti le questioni rilevate d’ufficio che ritiene porre a base della propria decisione[76]. Si tratta di un momento di confronto particolarmente rilevante poiché, se il dibattimento istruttorio ha il fine di determinare l’oggetto del giudizio – o meglio il fatto amministrativo – il contraddittorio sulle questioni rilevate d’ufficio determina il convincimento del giudice sulle questioni di diritto dibattute[77].

Per queste ragioni, insomma, si può dire che anche nel sistema di diritto processuale amministrativo italiano l’udienza di discussione si un momento centrale ed ineludibile del giudizio.

3.3. Le eccezioni all’udienza pubblica: il problema del c.d. “giudizio immediato”

Le eccezioni generali al principio di celebrazione della pubblica udienza sono note e tassativamente elencate all’art. 87 del Codice del processo amministrativo[78]. Tra queste ve ne è una, tuttavia, che fisiologicamente può portare ad una compressione, in una certa misura, del contraddittorio: ci si riferisce al c.d. “giudizio immediato” in esito alla discussione in camera di consiglio della domanda di misura cautelare[79]. Si tratta di una ipotesi prevista dall’art. 60, d.lgs. n. 104/2010, in linea generale anche per fare fronte al cronico problema della lunga durata dei giudizi amministrativi nel sistema italiano: anche un processo troppo lungo, infatti, è violativo del diritto fondamentale previsto dall’art. 6 CEDU, che trova peraltro oggi il suo contrappunto di diritto interno all’art. 111 Cost.[80]. L’istituto, un tempo ristretto a determinate materie, come quella degli appalti[81], è oggi esteso alla generalità delle controversie decise dal giudice di amministrativo, rendendo così la sua applicazione possibile ogniqualvolta il ricorrente presenti una domanda cautelare.

La forma processuale con la quale il giudizio viene definito è quella di cui all’art. 74 c.p.a., ossia una sentenza in forma semplificata. Si tratta di una pronuncia che, ravvisata la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso, lo decide, anche indicando in maniera sintetica il punto di fatto o di diritto risolutivo o un precedente giurisprudenziale conforme[82].

Ora, sebbene il codice di rito limiti la possibilità di definire in via immediata il giudizio ai soli casi in cui sia accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, e solo dopo avere sentito sul punto le parti[83], è evidente che la soluzione del giudizio in camera di consiglio rappresenta una eccezione alla regola generale della discussione in pubblica udienza nel rito ordinario. Eccezione che non è giustificata, come avviene nel rito avverso silenzio o in materia di accesso ai documenti, dalla intrinseca semplicità della res in iudicio deducta, bensì che è rimessa alla discrezionalità del giudice. Per di più, la disposizione impone al collegio la verifica della “completezza” del contraddittorio[84], non già l’espletamento del contraddittorio nella sua pienezza, ossia lo svolgimento della dialettica processuale nel corso del giudizio. Il che, indubbiamente, invita a riflettere sulla capacità che lo strumento processuale finisca con il provocare una compressione del diritto alla difesa e del diritto dei terzi – il pubblico – alla conoscenza dei fatti di causa, posto che entrambi si esplicano appieno solamente nella celebrazione di una udienza pubblica.

Anzitutto, la decisione immediata preclude la possibilità di intervento dei soggetti terzi. Si ricorda, infatti, che l’intervento delle parti può avvenire sino a trenta giorni prima dell’udienza pubblica di discussione[85]: è tuttavia evidente che se tale udienza non si tiene, l’intervento non potrà esplicarsi[86]. Questa possibile compressione del contraddittorio diviene ancor pi evidente ove vi sia un c.d. “controinteressato occulto”[87], ossia un soggetto che, pur avendo la veste sostanziale del controinteressato, non è immediatamente percepibile come tale dal giudicante. In questo caso, il collegio, proprio per la sommarietà della decisione immediata, potrebbe non avere contezza dall’oggetto processuale della possibile esistenza di tale soggetto, quindi procedere alla decisione senza integrare il contraddittorio con una parte invece necessaria. Stante la natura, appunto, occulta, di questo controinteressato, è tanto più improbabile la sua emersione quanto meno si esplica il contraddittorio processuale. Dacché, la pronuncia che non lo consideri quale parte necessaria non potrà che essere rimessa in discussione successivamente attraverso l’istituto della opposizione di terzo[88]. Il che, in esito, porta al risultato contrario a quello cui si aspira con il giudizio immediato, ossia una decisione veloce e stabile che possa indirizzare l’amministrazione nella sua attività e dare soddisfazione al privato della propria pretesa[89].

Il caso del controinteressato occulto pretermesso, invero, sembra apparire al più una residualità: nella maggior parte dei giudizi chi potrebbe subire un effetto pregiudizievole diretto dall’accoglimento del ricorso è ben individuato[90]. Nondimeno, nella generalità dei casi la decisione immediata è comunque potenzialmente idonea[91] a comprimere lo svolgimento della dialettica processuale, quand’anche tutte le parti che è necessario evocare siano regolarmente presenti avanti al T.A.R. Come sottolineato dalla dottrina[92], la decisione immediata introduce due aspetti fondamentali nel sistema processuale amministrativo: in primo luogo, consente al giudice di prescindere nella decisione dall’ordine logico delle questioni che dovrebbe essere indicato dalle parti[93], da altro punto di vista si solleva il collegio in toto dall’onere di motivare le proprie opinioni qualora si possa fare riferimento ad un precedente per relationem, non essendo nemmeno necessario trattarsi di un orientamento giurisprudenziale consolidato[94].

Il punto nevralgico, tuttavia, proprio alla luce della funzione sopra adombrata dell’udienza pubblica quale esito dello scambio di memorie è il fatto che, pur non incidendo di per sé sulla congruenza logico-motivazionale della decisione, il giudizio immediato limita la possibilità di guardare alla vicenda processuale e sostanziale nel suo complesso. Infatti, lo spettro visivo a disposizione del giudice è solo quello – giocoforza limitato – del ricorso introduttivo e della memoria di costituzione delle parti intimate, cui si assomma la rapida discussione nella camera di consiglio, che può essere fissata trascorsi appena venti giorni dalla notificazione del ricorso[95].

A fronte della riduzione della dialettica, le parti debbono essere espressamente avvisate della possibilità che il giudizio sia definito in via immediata, così da consentire loro una discussione sul merito delle questioni trattate e che non si limiti solamente agli aspetti cautelari. Nondimeno, la disposizione del Codice non concede il diritto ai contendenti di chiedere un rinvio, né il rinvio alla pubblica udienza è dovuto ove una delle parti rappresenti necessità istruttorie[96]. Tale ristrettezza del contraddittorio è funzionale ad una decisione che attiene, appunto, a casi di “manifesta” fondatezza o infondatezza, ovvero di rigetto in rito; dunque, potrebbe apparire del tutto congruente la previsione del Codice che limiti la potestà dispositiva del giudizio dei contendenti. Nondimeno, è ben difficile che il torto o la ragione, nella complessità dello scenario giuridico contemporaneo, si manifestino frequentemente con tanta evidenza.

Vero è che la pronuncia resa nel giudizio immediato è impugnabile con i mezzi ordinari avanti al Consiglio di Stato, che deciderà invece nelle forme ordinarie[97]. Ed è altrettanto vero che, in caso di incompletezza istruttoria, il d.lgs. n. 104/2010, art. 104, comma 2, prevede che il giudice possa disporre i mezzi di prova ritenuti indispensabili ovvero quelli dei quali la parte dimostri non aver potuto disporre per causa alla stessa non imputabile[98]. Tuttavia, questa soluzione rimette anzitutto alla decisione del giudice d’appello se introdurre prove o meno ma, soprattutto, in ogni caso elide un grado di giudizio qualora il Consiglio di Stato non ritenga rinviare la vertenza al giudice di primae curae bensì a sua volta decida dopo avere integrato l’istruttoria.

Insomma, dalla combinazione di questi diversi profili problematici, emerge come sicuramente il c.d. “giudizio immediato” è una misura acceleratoria che molte volte può far conseguire al cittadino il bene della vita cui aspira in via anticipata e diretta ovvero – o al contempo – dettare alla pubblica amministrazione la linea da seguire. Nondimeno si tratta di uno strumento, per così dire, da maneggiare con cura: la velocità, infatti, non deve mai andare a scapito della pienezza del diritto alla difesa delle parti ed alla completezza del quadro giuridico-fattuale sul quale si appunta la decisione. Quest’ultima, infatti, è essenziale per garantire il pieno esplicarsi anche del potere conformativo tipico delle pronunce del giudice amministrativo.

Resta poi la circostanza per cui, pur permanendo sempre la possibilità di essere sentiti in udienza, quest’ultima non è pubblica – luogo elettivo delle decisioni dei tribunali amministrativi nel sistema italiano – ma permane chiusa nella sede camerale, alla sola presenza di giudici e avvocati. E questa incongruenza rispetto alla regola generale dell’art. 87 c.p.a., a sua volta, può essere corretta solo appellando, ma con gli stessi limiti che si sono appena visti.

Il giudizio immediato, peraltro, da istituto riservato ai casi di ricorso assistito da istanza cautelare, diviene modus operandi ordinario in esito alle riforme per l’abbattimento dei tempi di giustizia ad opera del recentemente dell’art. 72-bis, del Codice del processo amministrativo, recentemente introdotto[99]. La norma, infatti, consente oggi, nelle cause “semplici”[100], nelle quali non è necessaria istruttoria ma che non sono assistite da una domanda di sospensione interinale degli atti gravati, di convocare le parti alla prima camera di consiglio utile scaduti venti giorni dall’ultima notificazione, per decidere la vertenza. È d’uopo notare che il termine a difesa è lo stesso previsto per l’udienza cautelare dall’art. 55 c.p.a., dunque la “compressione” del diritto di difesa è la medesima sopra lumeggiata. Medesimo è anche il provvedimento che decide il giudizio, ossia la sentenza semplificata, che diviene metodo privilegiato per la decisione dei casi non particolarmente complessi – e non più solamente di quelli dove torto o ragione sono manifesti.

3.4. Le prospettive di riforma: l’udienza come un “rallentamento” della macchina della giustizia?

Visti quali sono i punti critici della disciplina processuale amministrativa italiana vigente, ci si può brevemente intrattenere sue quelle che sono le prospettive, anche in questo sistema, de lege ferenda.

Con d.lgs. n. 149/2022, il Governo ha dato seguito alla delega omnibus per la riforma processuale nelle diverse giurisdizioni di cui alla l. n. 206/2021. In particolare, l’art. 127-ter, del Codice di procedura civile, come rinnovato in esito alla riforma, prevede ora in via generalizzata la possibilità che il giudice, discrezionalmente, sostituisca l’udienza con un collegamento da remoto o con il semplice scambio di note scritte tra le parti[101].

Nonostante vi sia stato dibattito[102] intorno alla possibilità ed opportunità di prevedere misure analoghe anche nel giudizio amministrativo, la decisione sulla quale ci si è assestati al momento è quella di non estendere la possibilità dell’udienza da remoto o cartolare avanti a T.A.R. e Consiglio di Stato. Troppo importante la celebrazione in presenza dell’udienza per poterla sostituire con l’ulteriore scambio di memorie o con un videocollegamento. Peraltro, non pare che la riforma civile possa produrre effetti sul processo amministrativo nemmeno ai sensi dell’art. 39 c.p.a. che riguarda, come noto, l’applicabilità al giudizio T.A.R. delle disposizioni in materia processuale civile ove queste siano espressione di principi generali. Di contro, infatti, l’art. 87 d.lgs. n. 104/2010 prevede espressamente che nel giudizio amministrativo le udienze sono pubbliche a pena di nullità: per applicare la disposizione civilistica occorrerebbe modificare allora espressamente il Codice di rito.

Insomma, le recenti riforme su udienze cartolari e da remoto non hanno trovato e non pare possano trovare ingresso nella materia processuale amministrativa. Tuttavia, queste proposte di modifica e le discussioni che le precedono sono indice di una linea di tendenza: nel novero delle riforme del PNRR[103], infatti, l’obbiettivo principale e più ambizioso nell’ambito del sistema giustizia è il tentativo di ridurre radicalmente la durata dei processi avanti a tutte le giurisdizioni. Ebbene, pare che tra i diversi rimaneggiamenti delle disposizioni processuali all’uopo predisposti, si finisca con il ritenere che l’udienza sia un incombente superfluo per la maggior parte dei casi o, altre volte, che un vero e proprio impedimento per la sollecita definizione del giudizio. Dunque, che sia un ostacolo che deve poter essere rimosso.

4. Conclusione

4.1. L’importanza dell’udienza di discussione nel sistema processuale sloveno e nel diritto processuale italiano: un dialogo possibile tra gli Stati confinanti del nord Adriatico

Il diritto a un’udienza di discussione nel contenzioso amministrativo in Slovenia si esercita sotto forma di udienza. L’udienza nel contenzioso amministrativo ha acquisito una notevole importanza negli ultimi anni. Ciò è stato facilitato da singole decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo, da posizioni più recenti della Corte costituzionale della Repubblica di Slovenia, che ha definito il diritto all’udienza come un diritto umano, e dalla giurisprudenza della Corte suprema della Repubblica di Slovenia, che ha aggiornato in modo sostanziale la vecchia giurisprudenza sullo svolgimento delle udienze e sugli istituti correlati. Il diritto umano all’udienza non è assoluto. Affinché un’interferenza con il diritto all’udienza sia costituzionalmente ammissibile, deve basarsi su un’esplicita disposizione di legge costituzionalmente conforme (l’interferenza deve essere prevista dalla legge, deve superare i test costituzionali di legittimità e proporzionalità) e quest’ultima, come eccezione, deve essere interpretata in modo restrittivo dalla giurisprudenza. Il diritto a un’udienza in una controversia amministrativa consente di attivare altri diritti umani che, in quanto garanzie procedurali costituzionali, costituiscono il nucleo di un processo equo.

Al contempo, nel sistema italiano, se pur non si rinuncia ad una udienza avanti al giudice amministrativo quale luogo principale di costruzione del contraddittorio, sempre più spesso l’udienza pubblica viene sostituita da udienze in camera di consiglio. In questi casi, la sentenza che ne emerge, pur avendo la medesima “forza”, diviene “semplificata” nel contenuto, ossia nella propria motivazione. Si tratta di un sistema di accelerazione che prende le mosse da lontano[104] e che vede nella sentenza la migliore tutela che il sistema può garantire agli interessi di tutte le parti in gioco. Essa, infatti, consente al ricorrente di avere certezza della propria situazione giuridica soggettiva e, al contempo, detta una linea alla pubblica amministrazione, attraverso il noto effetto conformativo delle pronunce del giudice amministrativo[105]. Ciò che invita a riflessioni rispetto a questi condivisibili principi generali è tuttavia il grado di soddisfazione del diritto al contraddittorio e ad ottenere la migliore sentenza possibile che questo tipo di strumento è realmente in grado di garantire. Si tratta in entrambi i casi di situazioni giuridiche e presidiate dall’art. 6 della CEDU[106], quale declinazione del principio generale di fair trial che non può essere compresso sulla via della riduzione dei tempi del contenzioso e dello smaltimento dell’arretrato. La velocità nella decisione, infatti, deve sempre poter essere bilanciata con la necessità di dare adeguato spazio allo scambio tra le parti, ancor più considerando la natura tendenzialmente soggettivizzante che viene assumendo il processo amministrativo nel sistema italiano.

Volendo trarre le conclusioni del confronto tra le esperienze del nord Adriatico, in uno con i problemi che la recente giurisprudenza si è trovata e si trova ad affrontare, non si può che chiuder circolarmente prendendo a riferimento il punto di partenza da cui muovevano le riflessioni, ossia l’art. 6 CEDU. Si tratta di una disposizione di portata generale, quella che garantisce il c.d. “giusto processo”, e che trova declinazione in tutti gli stati sottoscrittori, seppur con diverse sfumature[107]. Dunque, è una norma programmatica che va applicata tanto in Slovenia quanto in Italia.

È ulteriormente elemento di comunanza tra i due Paesi, per vero, la circostanza che tanto in Italia quanto in Slovenia il giudizio amministrativo sia essenzialmente cartolare, perché nasce per apprezzare la legittimità dell’operato della P.A., la quale agisce – tendenzialmente – per provvedimenti formali. Da tale presupposto nasce la tendenza a volte comune dei due ordinamenti di vedere l’udienza come un quid pluris: non già approdo ineludibile della dialettica tra le parti ma incombente che può contribuire in maniera ulteriore a chiarire una situazione che potrebbe già essere piana dalla lettura di documenti e provvedimenti depositati nel fascicolo di causa.

Risulta tuttavia chiaro che, ove il processo migri da un giudizio di diritto obbiettivo verso un giudizio di diritto soggettivo il contraddittorio non è mai sostituibile. L’udienza pubblica, infatti, è il luogo elettivo dove le parti esercitano tutti i loro poteri tipici di impulso: precisano le domande, controdeducono alle ragioni avversarie, indicano mezzi di prova, rispondono ai chiarimenti che il giudice ritiene necessari, financo “costruiscono” le prove con il loro comportamento. Se nel sistema sloveno si è arrivati alla piena consapevolezza di quanto sia ampio il diritto al fair trial quale diritto autonomo assoluto, includendo all’interno delle facoltà che garantisce alla parte anche quella di essere ascoltata in pubblica udienza, nel diritto processuale italiano non si è mai realmente messo in dubbio il fatto che prima di decidere T.A.R. e Consiglio di Stato debbano celebrare collegialmente una udienza. Invece, si è posta la questione delle caratteristiche che tale udienza deve avere. Sotto questo aspetto, però, si registra un andamento divergente negli Stati confinanti: mentre in Slovenia vi è stata una progressiva riappropriazione della centralità dell’udienza pubblica, in Italia si è invece potenziato lo strumento del giudizio immediato – id est la decisione in forma semplificata in esito ad una udienza in camera di consiglio a porte chiuse.

Insomma, pur dimostrando analoga sensibilità al tema del contraddittorio, e similmente interrogandosi su quale ne sia il contenuto, i sistemi giuridici analizzati sembrano prendere strade diverse. Entrambi[108], però, rimettono alfine la gestione della pubblica udienza alla sensibilità del giudice, vero custode del processo amministrativo, e, così, dei diritti ed interessi legittimi che vi trovano tutela.

  1. Sono attribuibili a B. Žuber, i par. 2.1, 2.2, 2.3, 2.4 e 3; a G. Biasutti, i par. 3.1, 3.2, 3.3 e 3.4; i par. 1.2. e 4.1 sono attribuibili ad entrambi gli Autori.
  2. Gazzetta ufficiale della Repubblica di Slovenia, n. 33/94.
  3. D. Vitkauskas – G. Dikov, Protecting the right to a fair trial under the European Convention on Human Rights, Council of Europe, Strasbourg, 2012, p. 51.
  4. Gazzetta ufficiale della Repubblica di Slovenia 33/91, 42/97, 66/00, 24/03, 69/04, 68/06, 47/13 e 75/16.
  5. Come chiarito nella ricostruzione storica operata da F.G. Scoca, La genesi del sistema delle tutele nei confronti della pubblica amministrazione. La formazione del sistema, in F.G. Scoca (a cura di), Giustizia amministrativa, Giappichelli, Torino, 2023. Con specifico riferimento al tema in esame, invece, vedasi M. Chiavario, sub art. 6, in S. Bartole – B. Conforti – G. Raimondi (a cura di), Commentario alla Convenzione europea per la tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, Cedam, Padova, 2001, pag. 154 ss., ove peraltro si specifica in linea generale che il termine “trial” usato dalla Convenzione si riferisce al solo giudizio, non invece alle fasi preliminari che, nell’ambito del diritto amministrativo, possono preludere alla emanazione del provvedimento poi impugnato (come avvenuto nel famoso caso Grande Stevens c. Italia del 2014, in senso critico, però, M. Allena, Art. 6 CEDU. Procedimento e processo, Editoriale Scientifica, Napoli, 2012, ove evidenzia i limiti dell’approccio “compensativo” operato dalla giurisprudenza della Corte EDU per recuperare ex post nel processo sul provvedimento amministrativo le lacune che si sono create nel procedimento sostanziale).
  6. Di cui all’art. 133 d.lgs. n. 104/2010: cfr., ex multis, F. Benvenuti, Consiglio di Stato (competenza e giurisdizione), in Enciclopedia del diritto, vol. IX, Giuffré, Milano, 1961, p. 325 ss. nonché M.S. Giannini – A. Piras, Giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria nei confronti della Pubblica Amministrazione, in Enciclopedia del Diritto, vol. XIX, Giuffré, Milano, 1970, V. Domenichelli, Giurisdizione esclusiva e pienezza della tutela giurisdizionale, in Diritto processuale amministrativo, IV, 1989, pag. 625 ss. e B. Sassani, La giurisdizione esclusiva, in S. Cassese (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, Giuffré, Milano, 2000, pag. 2585 ss.
  7. Retaggio, quest’ultimo, della natura obbiettiva del processo amministrativo, che atteneva essenzialmente alla legittimità del provvedimento su di un piano generale, cfr. A. Police, L’epifania della piena giurisdizione nella prima stagione della “giurisdizione propria” del Consiglio di Stato, in P.A. Persona e amministrazione, II, 2018, p. 263.
  8. E questo anche perché la Corte eur. dir. uomo, 23 giugno 1981, nn. 6878/75 e 7238/75, Le Compte, Van Leuven et De Meyere v. Belgium, con oggetto una sanzione disciplinare irrogata a un medico, già affermava che «Whilst Article 6, par. 1, embodies the “right to a court”, it nevertheless does not oblige the Contracting States to submit “contestations” (disputes) over “civil rights and obligations” to a procedure conducted at each of its stages before “tribunals” meeting the Article’s various requirements. Demands of flexibility and efficiency, which are fully compatible with the protection of human rights, may justify the prior intervention of administrative or professional bodies and, a fortiori, of judicial bodies which do not satisfy the said requirements in every respect; the legal tradition of many member States of the Council of Europe may be invoked in support of such a system». Cfr. P. Craig, The Human Rights Act, Article 6 and procedural rights, in Public law, IV, 2003, pag. 753 ss.
  9. Si essa un giudice speciale o di altro tipo.
  10. Così Corte eur. dir. uom., 29 maggio 1997, n. 21522/93, Georgiadis v. Grecia, § 34, 5 febbraio 2015, n. 2251/08, Bochan v. Ucraina (n. 2) (GC), § 43 e 15 marzo 2018, n. 51357/07, Naït-Liman v. Svizzera (GC), § 106. Questo sebbene in un’altra decisione, sent. 12 luglio 2001, n. 44759/98, Ferrazzini v. Italia, la Corte abbia ulteriormente avuto modo di affermare che le nozioni autonome presenti nella Convenzione non possono in ogni caso conferire un potere creativo alla giurisprudenza. Il Giudice di Strasburgo, insomma, non può decidere come se determinate limitazioni non fossero presenti nel testo convenzionale.
  11. Corte eur. dir. uom., 16 dicembre 1992, n. 12964/87, De Geouffre de la Pradelle v. Francia.
  12. Sul punto, con specifico riferimento al processo amministrativo, A. Crismani, Le udienze nel processo amministrativo, in giustamm.it, IX, 2012, pone in relazione questa mancanza con la legislazione estremamente scarna sulle modalità concrete dello svolgimento dell’udienza, che pone problemi di gestione dell’incombente processuale, le cui modalità sono molte volte rimesse alla discrezionalità del collegio giudicante.
  13. Sono disposizioni che, evidentemente, si può affermare che al limite sottintendano il diritto all’udienza avanti ad un giudice, ma non ad una udienza pubblica propriamente intesa come nel sistema sloveno. Cfr. S. Furfaro, Il diritto alla pubblicità dell’udienza tra sistema interno e giusto processo europeo, in Giurisprudenza italiana, VI, 2008, p. 1765. Nondimeno, la stessa Corte costituzionale non è granitica nel riferire a tale articolo l’obbligo di pubblicità delle udienze. Alcune sentenze, infatti, lo ricollegano invece all’art. 101, comma 1, Cost., (es. Corte Cost., sent. 14 aprile 1965, n. 25, in Giurisprudenza costituzionale, X, 1965, p. 241, sent. 2 febbraio 1971, n. 12, in Giurisprudenza costituzionale, I, 1971, p. 83, 10 febbraio 1981, n. 17, in Giurisprudenza costituzionale, I, 1981, p. 87. In dottrina è dello stesso avviso anche M. Ciappi, Pubblicità (principio della), in Digesto delle discipline penalistiche, X, Giappichelli, Torino, p. 457.
  14. Così Corte Corst., sent. 29 gennaio 1971, n. 12. In termini anche Corte Cost. sent. 9 febbraio 1989, n. 50, sent. 29 gennaio 1991, n. 69 e sent. 9 luglio 1992, n. 373. Cfr. M. Cecchetti, La riforma dell’articolo 111 cost.: tra fonti preesistenti, modifica della Costituzione, diritto intertemporale ed esigenze di adeguamento della legislazione ordinaria, in Osservatorio sulle Fonti, I, 2001, p. 35, ove in particolare l’Autore afferma che «si può giungere ad un rafforzamento dell’idea che l’intervento del legislatore costituzionale sia stato necessario o quantomeno opportuno, a conferma di quella tesi secondo cui quando si tratti di dare diretta e immediata specificazione-attuazione a valori costituzionali attinenti all’essenza della forma di Stato o a principî fondamentali dell’ordinamento costituzionale è sempre preferibile ed auspicabile un intervento di primo impianto nella forma della legge costituzionale», pag. 52, cit. In altre parole, l’Autore sostiene che le previsioni oggi incorporate nella nuova formulazione dell’art. 111 – comprese quelle relative alla celebrazione dell’udienza pubblica – altro non siano che la specificazione di valori costituzionali immanenti.
  15. Peraltro, prevedendo espressamente che, in caso di violazione di questo principio, il provvedimento che venisse emesso in esito all’udienza dovrebbe considerarsi nullo ope legis.
  16. Le ragioni che stanno alla base della scelta di celebrare in camera di consiglio queste udienze sono essenzialmente riconducibili alla specialità dei riti di relativa pertinenza: alcuni di questi (cautelare) necessitano di peculiare speditezza, altri non hanno particolari esigenze istruttorie (accesso agli atti). Cfr. F. Volpe, In quanti modi il processo amministrativo giunge a sentenza?, in amministrativistiveneti.it. Di impostazione più marcatamente critica all’uso dello strumento nell’ambito della legislazione emergenziale M. Lipari, “Fase 2”. I giudizi camerali nel processo amministrativo, oltre la legislazione dell’emergenza: Riti speciali, camere di consiglio atipiche e funzione preparatoria della decisione di merito, in federalismi.it, XVIII, 2020.
  17. In difetto, peraltro, vi è una espressa comminatoria di nullità della sentenza con remissione della vertenza al primo giudice per lesione del contradditorio ai sensi dell’art. 105 c.p.a., come si avrà modo di vedere, cfr. M. Lipari, Annullamento con o senza rinvio al TAR, in Il Libro dell’anno del diritto 2019, Treccani, Milano, 2019. In punto vedasi anche la decisione, antesignana del codice di procedura attualmente vigente, Cons. St., Ad. Plen., 24 gennaio 2000, n. 1.
  18. Diritto che, come detto, trova le sue basi costituzionali nell’ambito dell’art. 111 della Costituzione. G. Vignera, Il “giusto processo” nell’art. 111, comma 1, Cost.: nozione e funzione, in AmbienteDiritto.it, sostiene vi possa essere una interpretazione riduttiva (minimalista) o a fortemente estensiva (massimalista) della nozione di giusto processo. Per parte propria, tuttavia, l’Autore ritiene che la disposizione possa far trovare ingresso a tutta una serie di tutele che, attraverso il medio dell’art. 111, vengono ad essere costituzionalizzate.
  19. In punto, occorre partire dalle premesse operate da M. Lipari, “Fase 2”, op. cit.
  20. Gazzetta ufficiale della Repubblica di Slovenia, n. 105/06, 107/09 – Decreto degli USA, 62/10, 98/11 – Decreto degli USA, 109/12 e 10/17 – ZPP-E.
  21. Sulla prassi del Tribunale amministrativo in merito allo svolgimento delle udienze principali, si B. Žuber, Pomen glavne obravnave v upravnem sporu, in M. Kambič – K. Škrubej (a cura di), Odsev dejstev v pravu: da mihi facta, dabo tibi ius: liber amicorum Janez Kranjc, Pravna fakulteta Univerze v Ljubljani, Ljubljana, 2019, p. 487 e 489; e B. Žuber, The Slovenian perspective of a main hearing in an administrative dispute, in Admìnìistrativne pravo ì proces, št., 1/2019, p. 60.
  22. Fonte Tribunale amministrativo della Repubblica di Slovenia, Comunicazione del 19 gennaio 2019 e Relazione annuale sull’efficienza e l’efficacia dei tribunali 2021, disponibile all’indirizzo: https://sodisce.si/mma_bin.php?static_id=2022051615093292 (4 marzo 2023). Sulla prassi del Tribunale amministrativo in merito allo svolgimento delle udienze principali, si veda B. Žuber, Pomen glavne obravnave v upravnem sporu, in M. Kambič – K. Škrubej (a cura di), Odsev dejstev v pravu: da mihi facta, dabo tibi ius: liber amicorum Janez Kranjc, Pravna fakulteta Univerze v Ljubljani, Ljubljana, 2019, p. 487 e 489; e B. Žuber, The Slovenian perspective of a main hearing in an administrative dispute, in Admìnìistrativne pravo ì proces, št. 1/2019, p. 60.
  23. Corte eur. dir. uom., 30 giugno 2020, n. 58512/16, Cimperšek contro Slovenia. In questo caso, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto che il Tribunale amministrativo della Repubblica di Slovenia non avesse spiegato adeguatamente la sua decisione di non tenere l’udienza di dibattimento.
  24. Corte eur. dir. uom.,13 marzo 2018, n. 32303/13, Mirovni inštitut contro Slovenia. In questo caso, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha osservato che il Tribunale amministrativo della Repubblica di Slovenia non ha menzionato affatto la richiesta del ricorrente di tenere un’udienza pubblica, se non nel riassunto delle memorie, né ha fornito alcuna motivazione per non tenere un’udienza principale.
  25. Corte eur. dir. uom., 23 ottobre 2018, n. 47072/15, Produkcija Plus storitveno podjetje d.o.o. contro Slovenia. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha osservato che in quel caso la Corte suprema della Repubblica di Slovenia era il primo e unico tribunale ad ascoltare il caso della società ricorrente, e pertanto sarebbe stata obbligata a esaminare non solo gli aspetti giuridici ma anche quelli fattuali della controversia. La Corte Suprema della Repubblica di Slovenia non ha preso in considerazione la richiesta di un’udienza principale da parte della ricorrente e non ha fornito motivazioni per non tenerla.
  26. Si vedano le decisioni della Corte Cost. della Repubblica di Slovenia Up-135/19-23, U-I-37/19-12, 5 giugno 2019, paragrafo 22, Up-1135/17, 21 novembre 2019, paragrafi 5 e 6, Up-582/17, 21 novembre 2019, paragrafi 13 e 14, e Up-360/16-22, 18 giugno 2020, paragrafo 11.
  27. Decisione della Corte Cost. della Repubblica di Slovenia Up-360/16-22, 18 giugno 2020, p.to 16.
  28. Si veda la decisione della Corte Cost. della Repubblica di Slovenia Up-360/16-22, 18 giugno 2020, p.to 1,7 e la decisione della Corte suprema della Repubblica di Slovenia X Ips 22/2020, 26 agosto 2020.
  29. Gazzetta ufficiale della Repubblica di Slovenia, n. 94/07 – Testo ufficiale consolidato, 45/08, 96/09, 86/10 – ZJNepS, 33/11, 75/12 – ZSPDSLS-A, 63/13, 17/15, 23/17 – ZSSve, 22/18 – ZSICT, 16/19 – ZNP-1, 104/20, 203/20 – ZIUPOPDVE e 18/23 – ZDU-1O.
  30. Si veda l’articolo 97, paragrafo 2, in combinato disposto con l’articolo 98, paragrafo 2, p.to 3, ZS.
  31. Si legge, infatti, all’art. 98 ZS che la qualifica di corte superiore non dipende dal grado di giudizio affidato al tribunale. Tale qualifica, ad esempio, è attribuita a tutte le corti le cui sentenze sono appellabili avanti alla Corte Suprema.
  32. Ci si riferisce in questo caso, ad esempio, al relativo inquadramento nell’ordinamento della magistratura ed al trattamento pensionistico.
  33. Decisione della Corte Cost. della Repubblica di Slovenia Up-360/16, 18 giugno 2020, p.to 17.
  34. Si veda anche la decisione della Corte Cost. della Repubblica di Slovenia Up-360/16,18 giugno 2020, p.ti 12 e 16.
  35. B. Žuber, Ustavna izhodišča javne obravnave v upravnem sporu, in B. Žuber (a cura di), Glavna obravnava pred upravnim sodnikom, Pravna fakulteta Univerze v Ljubljani, Ljubljana 2020, p. 21. Per approfondire i vantaggi della decisione di una controversia amministrativa dopo l’udienza principale, si veda B. Žuber, Pomen glavne obravnave v upravnem sporu, in M. Kambič – K. Škrubej (a cura di), Odsev dejstev v pravu: da mihi facta, dabo tibi ius: liber amicorum Janez Kranjc, Pravna fakulteta Univerze v Ljubljani, Ljubljana 2019, pp. 488-491; e B. Žuber, The Slovenian perspective of a main hearing in an administrative dispute, in Admìnìistrativne pravo ì proces, št. 1/2019, pp. 61-63.
  36. Decisione della Corte Cost. della Repubblica di Slovenia Up-1055/05, 19 gennaio 2006.
  37. Decisione della Corte Cost. della Repubblica di Slovenia Up-360/16, 18 giugno 2020, p.ti 16 e 17.
  38. Sulle udienze pubbliche davanti alla Corte Suprema della Repubblica di Slovenia come tribunale dei giudizi per revocazione, si veda E. Kerševan (a cura di), Zakon o upravnem sporu (ZUS-1) s komentarjem. Lexpera (GV Založba), Ljubljana 2019, p. 470.
  39. Ad esempio, la Corte suprema della Repubblica di Slovenia, in conformità con la decisione della Corte Cost. della Repubblica di Slovenia U-I-191/17, 25 gennaio 2018, ha deciso sulla controversia referendaria dopo l’udienza principale. A questo proposito, si veda la sentenza e la decisione della Corte suprema della Repubblica di Slovenia Uv 10/2017-67, 14 marzo 2018.
  40. Per una discussione generale sulle restrizioni costituzionalmente ammissibili ai diritti umani, si veda E. Kerševan – M. Avbelj (a cura di), Komentar Ustave Republike Slovenije. I. del. Nova univerza, Evropska pravna fakulteta, Ljubljana 2019, pp. 126-127.
  41. US, 75/12 – decl. US, 40/13 – decl. US, 92/13 – decl. US, 10/14 – decl. US, 48/15 – decl. US, 6/17 – decl. US, 10/17, 16/19 – ZNP-1 e 70/19 – decl. US.
  42. La Corte costituzionale della Repubblica di Slovenia ha adottato un’interpretazione identica nella sua decisione Up-676/19-25, U-I-7/20-7 del 4 giugno 2020, p.to 33. In tale decisione, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionali gli articoli 100, 101 e 102 della legge sulle elezioni locali (Gazzetta ufficiale della Repubblica di Slovenia, n. 94/07 – testo ufficiale consolidato, 45/08, 83/12 e 68/17).
  43. Si veda la decisione della Corte Cost. della Repubblica di Slovenia Up-135/19-23, U-I-37/19-12, 5 giugno 2019, paragrafi 18 e 20.
  44. Esso prevede che il tribunale possa decidere senza un’udienza principale se dal ricorso, dall’atto impugnato e dal fascicolo amministrativo risulta che il ricorso deve essere accolto e l’atto amministrativo annullato ai sensi dell’articolo 64, paragrafo 1, della legge, e se nessuna parte con un interesse contrario ha partecipato al procedimento amministrativo.
  45. La norma prevede che il tribunale possa decidere senza udienza se la controversia è tra le stesse parti, comporta una questione di fatto e di diritto simile ed è già stata decisa in via definitiva dal tribunale.
  46. Il testo recita: «In deroga al paragrafo 1 del presente articolo, il giudice decide all’udienza principale se:– una persona che avrebbe dovuto partecipare come parte o come interveniente al procedimento amministrativo non ha avuto questa possibilità, e non si tratta di un caso ai sensi dell’articolo 229, paragrafo 2, della ZUP o di una disposizione sostanzialmente identica di un altro regolamento che disciplina la procedura di emanazione di un atto amministrativo,

    – una parte o un interveniente nel procedimento per l’adozione di un atto amministrativo non ha avuto la possibilità di essere ascoltato su fatti e circostanze rilevanti per l’adozione della decisione».

  47. Questa è anche la decisione della Corte Suprema della Repubblica di Slovenia X Ips 22/2020, 26 agosto 2020.
  48. Si vedano, ad esempio, le decisioni della Corte Cost. della Respubblica di Slovenia Up-164/14, 17 settembre 2015 e Up-434/14, 8 gennaio 2015.
  49. Pubblicazione della Corte Suprema della Repubblica di Slovenia “Apertura dell’anno giudiziario 2021”, disponibile all’indirizzo: https://www.sodisce.si/mma_bin.php?static_id=2021021709564790, 5 marzo 2023, p. 22.
  50. Ibidem.
  51. Materiale legislativo disponibile all’indirizzo: Izbran zakon / akt (dz-rs.si).
  52. Sul confronto tra processi camerali e processi a giudice unico nel contenzioso amministrativo in Slovenia, si veda B. Žuber – M. Tilen, Zborno sojenje v upravnem sporu, in Podjetje in delo, Vol. 48, št. 2, 2022, pp. 211-234.
  53. Gazzetta ufficiale della Repubblica di Slovenia, n. 73/07 – Testo ufficiale consolidato, 45/08 – ZArbit, 45/08, 111/08 – Decreto degli USA, 57/09 – Decreto degli USA, 12/10 – Decreto degli USA, 50/10 – Decreto degli USA, 107/10 – Decreto degli USA. US, 75/12 – decl. US, 40/13 – decl. US, 92/13 – decl. US, 10/14 – decl. US, 48/15 – decl. US, 6/17 – decl. US, 10/17, 16/19 – ZNP-1, 70/19 – decl. US, 1/22 – decl. US e 3/22 – ZDeb.
  54. Art. 87 d.lgs. n. 104/2010.
  55. Pur dovendo ancor oggi le parti presentare apposita istanza di fissazione dell’udienza a tal fine – e onde in concreto dimostrare di avere interesse alla decisione. Si tratta di un incombente processuale, peraltro, la cui concreta utilità è assai dibattuta, cfr. V. Domenichelli, Il ruolo dell’udienza cautelare come sede per orientare e definire la causa, Relazione tenutasi al convegno dal titolo Dal processo al procedimento: ruolo e prospettive della tutela cautelare e del rito camerale nel rapporto tra giudice amministrativo e amministrazione, svoltosi a Venezia il 2 dicembre 2019, presso Cà Vendramin Calergi, in amministrativistiveneti.it.
  56. A. Crismani, op. cit. sottolinea la centralità dell’udienza, per l’imprescindibile legame tra la stessa e il processo nella sua interezza quale insieme di atti ordinati al raggiungimento di un risultato finale che è la sentenza.
  57. Art. 55, d.lgs. n. 104/2010. Questo, sebbene come si vedrà il procedimento cautelare è da molti ritenuto “centrale” nell’ambito delle tutele che possono essere garantite dal giudice amministrativo, quale reale cartina tornasole dell’effettività giurisdizionale. In termini F. Merusi, Le ragioni dell’economia: diritto e processo tra azioni cautelari e riti speciali amministrativi, Relazione al convegno sul tema: “La tutela cautelare nel processo amministrativo”, Siena, 25 ottobre 2002, in Nuove autonomie, IV-V, 2005, nonché M. Bove, La tutela cautelare nel processo amministrativo, in Diritto processuale amministrativo, I, 2011, p. 43, e A. Andreis, Tutela sommaria e tutela cautelare nel processo amministrativo, Giuffré, Milano, 1996, già antesignano della successiva evoluzione giurisprudenziale e dottrinaria sul tema. Peraltro, alla luce delle recenti modifiche al codice di rito, l’udienza a porte chiuse potrebbe non essere più una esclusiva conseguenza della proposizione di una istanza cautelare, cfr. art. 72-bis, c.p.a. e infra.
  58. Se si eccettuano i decreti cautelari inaudita altera parte per somma urgenza, previsti dagli artt. 56 e 61 c.p.a. Anche in questi casi, tuttavia, è prassi consolidata che il presidente del T.A.R. o il magistrato delegato consulti informalmente le parti prima della emissione della misura: cfr. S.S. Scoca, Tutela monocratica: nel D.Lgs. n. 104/2010 residua qualche lacuna, in Giurisprudenza italiana, I, 2011, p. 192. In particolare, l’Autore ritiene che la fase cautelare monocratica sia nient’altro che una sottofase cautelare, poiché comunque destinata a confluire nella delibazione collegiale in udienza della misura. Una diversa ipotesi di misura emessa senza l’ascolto delle parti in udienza è costituita dal decreto che dispone l’estinzione del ricorso, come previsto dall’art. 85, d.lgs. n. 104/2010. In questi casi, però, la pronuncia in assenza di contraddittorio è provocata dal comportamento delle parti processuali e, in ogni caso, l’udienza potrà in seguito essere celebrata – nelle forme della camera di consiglio, come previsto dall’art. 87 del codice di rito – qualora le parti contestassero il decreto. In questi termini, A. Cerreto, L’estinzione del processo per inattività, con particolare riferimento al giudizio amministrativo, in giustamm.it, nonché, con riferimento all’interpretazione giurisprudenziale delle disposizioni sopra ricordate, Cons. St., Ad. Plen., 23 marzo 2004, n. 6.
  59. Trattasi di un principio generale già chiaro a F.G. Scoca, Processo cautelare amministrativo e Costituzione, in Diritto processuale amministrativo, I, 1983, p. 311, quello per cui anche l’urgenza di provvedere non può portare ad una deroga generalizzata dell’obbligo di delibazione collegiale della questione. Del medesimo Autore, anche il coevo Modello tradizionale e trasformazione del processo amministrativo dopo il primo decennio di attività dei Tribunali Amministrativi Regionali, in Diritto processuale amministrativo, I, 1985, p. 255, secondo cui «il processo amministrativo è rimasto tuttavia, per struttura ed oggetto, quello che era» prima della introduzione dei T.A.R. Tra i principi trasposti avanti ai tribunali regionali, quello della collegialità della decisione. Vedasi, più recentemente, G. Vercillo, La tutela cautelare nel processo amministrativo ed il paradigma imposto dalla Corte di Giustizia nell’ottica del giudizio sul rapporto, in Diritto e processo amministrativo, II, 2009, p. 625.
  60. Ossia che si caratterizzi per la capacità di passere in giudicato ai sensi degli art. 342 c.p.c. e 2909 del Codice civile.
  61. Ancora, art. 73 c.p.a. Sul punto, cfr. Cons. St., 26 aprile 2022, n. 3124, ove con chiarezza si è ribadito che «Questo Consiglio di Stato, già a partire, tra le altre, dalla sentenza n. 14 del 5 settembre 2018 dell’Adunanza plenaria, da tempo viene ribadendo in modo costante e uniforme che costituisce violazione del diritto del contraddittorio processuale e del diritto di difesa, in relazione a quanto dispone l’art. 73, comma 3, c.p.a., porre a fondamento di una sentenza di primo grado una questione rilevata d’ufficio, senza la previa indicazione in udienza o l’assegnazione di un termine alle parti per controdedurre al riguardo. … Da ciò consegue l’obbligo, per il giudice di appello, di annullare la sentenza stessa e di rimettere la causa al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a., per evitare sentenze “a sorpresa” (v., ex plurimis, Cons. St., sez. II, 13 dicembre 2021, n. 8277, Cons. St., sez. VI, 30 gennaio 2020, n. 757, Cons. St., sez. VI, 1° aprile 2019, n. 2151)».
  62. Questo sulla base della necessità di rispettare il principio non scritto, ma immanente nel diritto processuale amministrativo italiano, del doppio grado di giudizio. Principio, peraltro, che la dottrina sottolinea estendersi anche alla fase cautelare, tanto è ampia la sua portata, cfr. A. De Siano, Tutela cautelare monocratica e doppio grado di giudizio, in federalismi.it, I, 2020. In senso parzialmente difforme, però, vedasi G. Serges, Doppio grado di giurisdizione (diritto costituzionale), in Digesto delle discipline pubblicistiche, Aggiornamento, 2017, Torino, p. 297, in specie pag. 300, ove l’Autore richiama la giurisprudenza costituzionale secondo la quale, in realtà, l’art. 24 della Costituzione italiana garantirebbe il diritto di difesa in ogni stato e grado, ma non un secondo grado di giudizio ex se. In tema di diritto processuale generale, invece, il riferimento corre a A. Proto Pisani, Rilevanza costituzionale del principio secondo cui la durata del processo non deve andare a danno dell’attore che ha ragione, in Foro italiano, I, 1985, p. 1881.
  63. J. Ferracuti, L’emergenza Covid-19 e l’udienza pubblica ‘da remoto’. Profili di costituzionalità, in Nomos, III, 2021, p. 3, cit. L’Autore, peraltro, sottolinea nondimeno come tale scelta è stata non poco sofferta in sede di Assemblea costituente.
  64. Così, ancora, J. Ferracuti, op. cit, p. 29, cit. L’Autore, proprio alla luce dell’anomalia costituita da tale modus procedendi, ritiene si sia abusato delle previsioni eccezionali, sostituendo con udienze da remoto l’ordinario modo di procedere anche dopo la cessazione del periodo emergenziale che le aveva imposte.
  65. Si fa riferimento all’art. 221 del d.l. n. 34/2020. La questione è poi stata risolta legittimando le c.d. “camere di consiglio telematiche”, il cui svolgimento è stato normato con provvedimenti del direttore generale della D.G.S.I.A. (vedasi ad esempio l’art. 83, comma 12-quinquies, del d.l. n. 18/2020).
  66. Ci si riferisce all’ordinanza del Cons. St., 21 aprile 2020, n. 2539 e n. 2538, ove il giudice ha ritenuto difficilmente compatibile con i principi generali che governano il processo amministrativo il potere dato al giudice di rigettare la richiesta di discussione orale della controversia in allora prevista dalla disciplina emergenziale.
  67. In punto, vedasi F.G. Scoca, L’evoluzione del sistema, in F.G. Scoca (a cura di), Giustizia amministrativa, Torino, 2014, p. 32 ss. Sul punto, peraltro, concorda M. Clarich, Manuale di diritto amministrativo, Il Mulino, Bologna, 2019, p. 486, Corollario a questo principio, peraltro, l’applicazione dell’art. 112 c.p.c. che prevede il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, cfr. Cons. St., 26 settembre 2022, n. 8299, nonché, in dottrina, C. Cavallini, Eccezione rilevabile d’ufficio e struttura del processo, Jovene, Napoli, 2003.
  68. In questi termini legge l’evoluzione del processo V. Cerulli Irelli, Legittimazione “soggettiva” e legittimazione “oggettiva” ad agire nel processo amministrativo, in Diritto processuale amministrativo, II, 2014, p. 342. Secondo N. Paolantonio, La dicotomia tra giurisdizione soggettiva e oggettiva nella sistematica del codice del processo amministrativo, in Diritto processuale amministrativo, II, 2020, p. 237, invece, il richiamo ai principi generali del Codice di procedura civile (tra cui appunto l’art. 112 sul principio di rispondenza tra chiesto e pronunciato) operato dall’art. 39 del c.p.a. sia un chiaro indizio di come oramai il processo avanti a T.A.R. e Consiglio di Stato abbia assunto le sembianze del processo di diritto soggettivo. Vedasi su questa linea di pensiero anche M.C. Romano, Crisi della distinzione tra giurisdizione soggettiva e oggettiva nella prospettiva dell’Unione europea, in A. Carbone (a cura di), L’Amministrazione nell’assetto costituzionale dei poteri pubblici. Scritti per Vincenzo Cerulli Irelli, 2021, p. 1004.
  69. Confermato, peraltro, dagli artt. 63 e 64 c.p.a., come sottolinea A. Police, La riunione la discussione e la decisione dei ricorsi, in G.P. Cirillo (a cura di), Il nuovo diritto processuale amministrativo, Cedam-Wolters Kluver, Milano, 2014, p. 531, cit.
  70. Sul punto, è stato un precursore F. Benvenuti, L’istruzione nel processo amministrativo, Cedam, Padova, 1953.
  71. Potendo ad esempio acquisire informazioni e documenti utili ai fini del decidere che siano nella disponibilità della pubblica amministrazione (art. 64, comma 3, c.p.a.), chiedere chiarimenti o documenti alle parti, ovvero ordinare anche a terzi l’esibizione di documenti o altro ritenga necessario (art. 63, comma 1 e 2, c.p.a.) e, qualora lo reputi utile, può disporre la verificazione e affidare una consulenza tecnica d’ufficio (art. 63, comma 4, c.p.a.). Si veda ancora A. Police, La riunione, op. cit.
  72. Principio che, per l’appunto, costituisce un retaggio dei sistemi di diritto obbiettivo, ove lo scopo del processo era la verifica della legittimità del provvedimento amministrativo, rispetto alla quale il ricorso era una mera occasione di giudizio. Così R. Chieppa, Il processo amministrativo dopo il correttivo al Codice, Giuffré, Milano, 2011, pag. 438.
  73. Si fa riferimento a A. Police, L’epifania della piena giurisdizione nella prima stagione della “giurisdizione propria” del Consiglio di Stato, in P.A. – Persona e amministrazione, II, 2018, p. 263: l’accesso al fatto, inteso come oggetto concreto del procedimento amministrativo è il proprium della giurisdizione amministrativa, ossia il vero modo di intendere il “merito” del provvedimento della P.A.
  74. D. D’Orsogna, Lo svolgimento del processo di primo grado. La fase decisoria, in F.G. Scoca (a cura di), Giustizia amministrativa, Giappichelli, Torino, 2014.
  75. L’utilizzo del verbo al tempo presente all’art. 73 c.p.a. non lascia margini a dubbi circa la doverosità dell’incombente di cui si dirà poco oltre, come sottolineato da A. Police, La riunione, op. cit., in specie pag. 531.
  76. Sin dalla sentenza del Cons. St., Ad. Plen., 24 gennaio 2000, n. 1, infatti, si il giudice amministrativo ha specificato che “rilevare d’ufficio” equivale a dover indicare alle parti il profilo di fatto o di diritto invitandole al contraddittorio sul punto. Peraltro, la violazione di tale obbligo è considerata causa di nullità della sentenza, come da tempo chiarito dalla Cass. civ., s.u., 30 settembre 2009, n. 20935. Sulla stessa linea di pensiero, peraltro, si assesta il giudice europeo, cfr. Corte giust., sentenza 2 dicembre 2009, C-89/08, Commissione c. Repubblica d’Irlanda, ECLI:EU:C:2009:742.
  77. Ancora, R. Chieppa, op. cit., p. 438, cit.
  78. Posto che, come visto, non esiste di contro una eccezione al principio generale della celebrazione dell’udienza avanti al giudice amministrativo, che rimane un indefettibile momento di confronto tra le parti.
  79. Sul punto vedasi A. Police, Le decisioni in forma semplificata (cosiddetto giudizio immediato), in G.P. Cirillo (a cura di), Il nuovo diritto processuale amministrativo, Cedam-Wolters Kluver, Milano, 2014, p. 341, nonché G. Barbagallo, La decisione in forma semplificata, in giustizia-amministrativa.it, e S. Monzani, La tutela cautelare a contenuto decisorio, in RatioIuris, 12 novembre 2020. Altresì, si tratta di una fase ineludibile del processo, poiché se il giudice la omette la sentenza è nulla e, in sede di appello, il Consiglio di Stato dovrà rimettere la causa al T.A.R. perché si svolga nuovamente il processo nella pienezza del contraddittorio
  80. Il quale, peraltro, è stato riformato dalla legge costituzionale n. 2/1999 proprio al fine di fornire una migliore garanzia al cittadino di effettività del processo: una sentenza che arriva dopo troppo tempo, infatti, non è una sentenza utile e che rende reale giustizia alle ragioni del ricorrente. L’art. 60, pertanto, ha un diretto riferimento, oltre che al precetto costituzionale ora ricordato, anche all’art. 1 del medesimo Codice del processo amministrativo. Vedasi, in punto S. Bartole – B. Conforti – G. Raimondi, Commentario alla Convenzione europea per la tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, Cedam, Padova, 2001 nonché V. Fiasconaro, La ragionevole durata del processo amministrativo alla luce della Legge Pinto, in giustizia-amminsitrativa.it, 2011.
  81. Qui il rito immediato è stato introdotto dal d.l. 25 marzo 1997, n. 67, convertito con legge 25 marzo 1997, n. 135. L’istituto è poi stato generalizzato, anteriormente al d.lgs. n. 104/2010, ad opera della legge 12 luglio 2000, n. 205.
  82. La dottrina più autorevole, peraltro, ha sostenuto che la decisione non sia “semplificata” in senso proprio, poiché la semplicità della motivazione deriva dalla chiarezza della situazione di fatto e di diritto, cfr. A. Romano – R. Villata, Commentario breve alle leggi sulla giustizia amministrativa, Cedam, Padova, 2009, p. 885.
  83. In buona sostanza, come fa nel caso sopra illustrato in cui abbia a ravvisare una questione d’ufficio da porre a base della propria decisione. Vedasi in punto N. Paolantonio, Tutela differenziata e processo amministrativo, in Diritto processuale amministrativo, IV, 2001, p. 994, nonché, sebbene in altra materia, S. Ciampi, Alla ricerca di un procedimento camerale “giusto”: l’udienza pubblica tra esigenze di garanzia e obiettivi di funzionalità, in Diritto penale e procedura – Speciale CEDU e ordinamento interno, 2014, p. 13.
  84. In altri termini, la verifica che siano state evocate in giudizio tutte le parti necessarie.
  85. Ai sensi dell’art. 50, comma 3, c.p.a. Si ricorda, peraltro, che nemmeno il controinteressato-parte necessaria, viene evocato in giudizio laddove il T.A.R. ritenga il ricorso manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondato: in questi casi l’art. 49 d.lgs. n. 104/2010 prevede che il contraddittorio non venga integrato e che il giudice provveda direttamente con sentenza in forma semplificata, con ulteriore compressione della fisiologia del contraddittorio, cfr, ancora, A. Police, Le decisioni, op. cit. Se pure si può dire che ciò non avvenga in danno del controinteressato (che sicuramente in via principale ha interesse a vedere rigettato il ricorso) questo modus agendi potrebbe comunque comprimerne il diritto alla dialettica processuale, posto che anche questo soggetto, in teoria, potrebbe avere interesse a sottoporre a sua volta questioni al giudice acciocché le decida con effetto utile ulteriore rispetto al mero rigetto del ricorso. Dopodiché, una volta che il ricorso sia rigettato, sorge il problema della possibilità che il Consiglio di Stato giudichi diversamente sulla necessità di rigettare il ricorso, e questo potrebbe andare irrimediabilmente in danno del controinteressato, a cui a quel punto non resterebbe altra via della opposizione di terzo. Cfr. S. Perongini, La revocazione, l’opposizione di terzo e il ricorso per Cassazione, in G.P. Cirillo (a cura di), Il nuovo diritto processuale amministrativo, Cedam-WOlters Kluver, Milano, 2014, p. 995.
  86. È questo un aspetto di rilievo ove il giudizio amministrativo trova la propria piena esplicazione proprio nella dialettica tra almeno tre controparti, come suggerisce l’art. 40 c.p.a.
  87. Si tratta di una figura che ha ottenuto il riconoscimento nell’ordinamento ad opera della Corte costituzionale, laddove con sentenza 17 maggio 1995, n. 177 si è aperta la via alla proposizione della opposizione di terzo anche all’interno del giudizio amministrativo. La Corte ha infatti rilevato che «nonostante la regola generale dettata dall’art. 2909 c.c., circa l’inefficacia della sentenza nei confronti dei soggetti diversi dalle parti, nel processo è possibile che possano presentarsi casi in cui, per effetto della sentenza del giudice, venga a determinarsi una obiettiva incompatibilità fra la situazione giuridica definita dalla sentenza e quella di cui sia titolare un soggetto terzo rispetto ai destinatari della stessa». Peraltro, la pronuncia è stata commentata da A. Police, L’opposizione di terzo nel processo amministrativo: la Corte costituzionale anticipa il legislatore, in Giurisprudenza italiana, 1995, p. 513. Vedasi, in punto, W. Troise Mangoni, Controinteressato e opposizione di terzo nel processo amministrativo, in Diritto processuale amministrativo, III, 1998, p. 669, F. Trimarchi Banfi, Considerazioni sull’opposizione alla sentenza di annullamento, proposta dal terzo titolare di posizione “autonoma e incompatibile”, in Diritto processuale amministrativo, IV, 1998, p. 780, e E. Cannada Bartoli, In tema di controinteressato pretermesso, in Giurisprudenza italiana, III, 1990, p 186, nonché, dal punto di vista sostanziale, R. Villata, Riflessioni in tema di partecipazione al procedimento e legittimazione processuale, in Diritto processuale amministrativo, I, 1992, p. 200, e F. Merusi, Le avventure del contraddittorio nelle recenti riforme del procedimento amministrativo, in F. Merusi – A. Fioritto – G. Ciaglia – V. Giomi – A. Bertani (a cura di), Lezioni sul procedimento amministrativo, Plus-Università di Pisa, Pisa, 2009. In giurisprudenza il riferimento corre a Cons. St., 11 febbraio 2014, n. 652.
  88. Previsto agli artt. 108 e 109 del Codice del processo amministrativo e nato, come si è visto, proprio dalla esigenza di dare mezzi di tutela a questa categoria di parti necessarie pretermesse. Cfr S. Perongini, op. cit., pag. 996.
  89. Così F.F. Tuccari, Le decisioni in forma semplificata, in F. Caringella – M. Protto (a cura di), Il nuovo processo amministrativo dopo la legge 21 luglio 2000, n. 205, Giuffré, Milano, 2002, p. 976, ove in particolare l’autore ritiene che, proprio la finalità acceleratoria della funzione di giustizia propria dell’istituto, la sentenza “ordinaria” sarebbe divenuta quasi una residualità, ossia un modus agendi da utilizzare solo qualora non si possa fare diversamente.
  90. Oltre al fatto che, evidentemente, la questione della lesione della posizione di diritto del controinteressato avviene quando il ricorso sia accolto. Nondimeno, qualora il ricorso fosse rigettato e vi fosse un ribaltamento della decisione in appello, la quesitone si riproporrebbe tale e quale.
  91. Sebbene, evidentemente, come sottolineato da autorevole dottrina, il mezzo processuale non dovrebbe in linea generale mai essere la via per comprimere il principio di pienezza della tutela giurisdizionale ed il diritto di difesa, cfr. A. Police, Le decisioni, op. cit., pag. 546, cit. e, più ampiamente, Il ricorso di piena giurisdizione davanti al giudice amministrativo, I, Cedam, Padova, 2000.
  92. Vedasi R. Montefusco, Le decisioni in forma semplificata, in B. Sassani – R. Villata (a cura di), Il processo davanti al giudice amministrativo, Giappichelli, Torino, 2004, p. 358, con tesi peraltro condivisa da A. Police, Le decisioni, op. cit., pag. 548-549.
  93. Potendo infatti il giudice amministrativo decidere sulla base della “questione più liquida”.
  94. Sia esso, evidentemente, maggioritario o no.
  95. Con tempi di difesa degli intimati, pertanto, molto brevi e che si accorciano ancor più ove la materia trattata riguardi gli appalti pubblici, il cui rito a mente degli artt. 119 e 120 ss. c.p.a. prevede il dimezzamento generalizzato di tutti i termini di rito. Cfr. V. Salamone, I riti speciali nel nuovo processo amministrativo, in giustizia-amministrativa.it, 17 novembre 2010. Peraltro, la giurisprudenza ha specificato che gli unici termini a difesa che debbono essere rispettati per garantire la legittimità della decisione sono proprio e solo quelli della fase cautelare, cfr. Cons. St., 12 giugno 2009, n. 3692.
  96. Ed, infatti, le uniche eccezioni consentite alla decisione immediata sono quelle che attengono alla modifica del thema decidendum, ossia alla circostanza in cui una delle parti rappresenti la propria intenzione di proporre ricorso incidentale o ricorso per motivi aggiunti (ovvero revochi in dubbio il potere del giudice di decidere, rappresentando l’intenzione di proporre regolamento di giurisdizione o competenza).
  97. In effetti, il giudizio immediato non comporta una conversione del rito, che permane quello ordinario.
  98. Che, in effetti, potrebbe essere il caso in cui la parte abbia presentato una istanza istruttoria ma questa non sia stata accolta perché il T.A.R. ha invece preferito una decisione immediata sulla questione. Per l’applicazione dell’art. 104, invece, si fa riferimento a A. Quaranta – V. Lopilato (a cura di), Il processo amministrativo. Commentario al D.lgs. 104/2010, Giuffré, Milano, 2011, nonché S. Satta, Eccezioni nuove in appello, in Foro amministrativo – Consiglio di Stato, VI, 2002, p. 2168, F. D’Angelo, Prove nuove in appello e legittimità dell’azione amministrativa, nota a Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, 18 aprile 2007, n. 933, in Foro amministrativo – Consiglio di Stato, II, 2008, p. 612.
  99. Inserito dall’art. 17, comma 7, lett. a), legge n. 113/2021. Cfr. M.A. Sandulli, Il giudice amministrativo come giudice dell’emergenza, in giustiziainsieme.it, 2021, nonché C. Cacciavillani, Controcanto sulla disciplina emergenziale del processo amministrativo (con riferimento all’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28), in giustamm.it, 2020 e S. Tarullo, L’udienza telematica nel processo amministrativo: perché non si debba rimpiangere un’occasione perduta, in giustamm.it, 2020.
  100. Perché tali ritenute dal giudice.
  101. Per un commento si veda A. Carratta, Le riforme del processo civile, d.lgs 10 ottobre 2022, n. 149, in attuazione della L. 26 novembre 2021, n. 206, Giappichelli, Torino, 2023, nonché F. Corleo – R. Ionta, La trattazione scritta. La codificazione (art. 127-ter c.p.c.), in giustiziainsieme.it. La disposizione, in buona sostanza, consente al giudice di omettere la celebrazione dell’udienza ove ritenga che la presenza delle parti non sia necessaria. Qualora una delle parti si opponga alla decisione, il giudice decide con decreto non impugnabile. Con il che, evidentemente, è consegnato al giudice appunto il potere di far venire meno la necessità di celebrazione della pubblica udienza.
  102. Vedasi ad esempio F Machina Grifeo, Processo amministrativo, no alla discussione da remoto per “ragioni prudenziali” legate al Covid-19, in plusdiritto – Il Sole 24 ore, 7 gennaio 2022, ove si dà conto del vivo dibattito tra gli addetti ai lavori quanto alla opportunità ed utilità dell’udienza da remoto anche “a regime” dopo la pandemia.
  103. Che, come noto, dà attuazione per l’Italia al Next Generation EU, cfr. D.U. Galletta, Transizione digitale e diritto ad una buona amministrazione: fra prospettive aperte per le Pubbliche Amministrazioni dal PNRR e problemi ancora da affrontare, in Federalismi.it, VII, 2022. Nello specifico, peraltro, gli impegni assunti in sede europea prevedono l’abbattimento dell’arretrato del 90% con una riduzione dei tempi di decisione del 40% per il processo civile e del 25% per il processo penale.
  104. Un esempio ne è la possibilità, pure, che in luogo della misura cautelare l’art. 55 c.p.a. preveda possa essere disposta la sollecita fissazione dell’udienza: cfr. A. Panzarola, Il giudizio cautelare, in B. Sassani – R. Villata, Il codice del processo amministrativo. Dalla giustizia amministrativa al processo amministrativo, Giappichelli, Torino, 2012, p 858, nonché, in senso analogo anche se anteriormente alla introduzione del vigente Codice, D. Cintioli, Osservazioni sul nuovo processo cautelare amministrativo, in Urbanistica e appalti, I, 2001, p. 237.
  105. Per tutti, A.M. Sandulli, Consistenza ed estensione dell’obbligo delle autorità amministrative di conformarsi ai giudicati, in Rivista trimestrale di diritto processuale civile, I, 1960, p. 432. nonché C. Calabrò, Giudizio amministrativo per l’ottemperanza, in Enciclopedia giuridica, XV, Giuffré, Milano, 2003, ove in particolare il margine discrezionale residuo della pubblica amministrazione è declinato in relazione al giudizio di ottemperanza, che costituisce lo strumento processuale di determinazione e coercizione conseguente dell’obbligo della pubblica amministrazione di dare esecuzione alle sentenze del giudice amministrativo in particolare.
  106. Vi fanno riferimento tanto M. Allena, op. cit., quanto, A. Carbone, L’art. 6 CEDU e il giusto processo e procedimento amministrativo. Differenze applicative all’interno degli Stati europei, in DPCE online. III, 2019, p. 2137, laddove tuttavia l’Autore sottolinea come la portata generale del principio di cui all’art. 6 e della conseguente interpretazione che ne opera l giurisprudenza rende difficile stabilirne in maniera puntuale il contenuto. In termini anche M. Gnes, The Application of the European Convention on Human Rights in Italian Administrative Law, in European Review of Public Law, 2001, p. 529.
  107. In punto, vedasi ancora M. Gnes, op. cit. e K.C. Morrison, The dynamics of development in the European human rights convention system, Martinus Nijhoff, l’AIA, 1981.
  108. Anche il sistema processuale sloveno, nella prospettiva di riforma che si è analizzata in ultimo.

Bruna Žuber

Associate Professor of Administrative Law, University of Ljubljana.

Giacomo Biasutti

Research fellow in Administrative Law, University of Trieste.