L’intervento di contrasto pubblico della povertà. Notizie di un resoconto di studio

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1/2022

L’intervento di contrasto pubblico della povertà. Notizie di un resoconto di studio

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Nell’ambito dell’iniziativa “Book Forum” del CERIDAP si è tenuto lo scorso 27 gennaio 2022 l’incontro di studi su “L’intervento di contrasto pubblico della povertà”, in occasione del quale è stato presentato l’omonimo volume di cui è autore il Prof. Claudio Franchini (Editoriale Scientifica, Napoli, 2021). Il contributo intende ripercorrere gli interventi dell’incontro.


L’intervento di contrasto pubblico della povertà. Short notes on a study meeting
As part of CERIDAP's "Book Forum" initiative, a study meeting to present the book "L’intervento pubblico di contrasto della povertà"(Editoriale Scientifica, Naples, 2021), written by Prof. Claudio Franchini, was held on 27th of January 2022. The contribution aims to review the interventions of the meeting.

Lo scorso 27 gennaio 2022 il Centro di Ricerca Interdisciplinare sul Diritto delle Amministrazioni Pubbliche ha dedicato uno degli incontri organizzati nella cornice dei “Book-Forum CERIDAP” al volume “L’intervento di contrasto pubblico della povertà” (Editoriale Scientifica, Napoli, 2021) del Prof. Claudio Franchini. Durante l’evento, svoltosi sulla piattaforma Microsoft Teams, la Prof.ssa Diana-Urania Galetta (Ordinario di diritto amministrativo nell’Univerità degli studi di Milano e direttore del CERIDAP) ha moderato, nello spirito interdisciplinare del Centro, gli interventi di illustri giuristi e politologi: prof. Marco Dugato (Ordinario di diritto amministrativo nell’Università degli studi di Bologna), Prof. Marco Sica (Ordinario di diritto amministrativo nell’Università degli studi di Milano), Prof.ssa Ilaria Madama (Associato di Scienze politica nell’Università degli studi di Milano), dott. Stefano D’Ancona (Ricercatore di diritto amminstrativo nell’Università degli studi di Milano).

Il Prof. Dugato ha dapprima fornito alcune indicazioni introduttive sull’opera, evidenziandone la sottile metodologia utilizzata per affrontare il tema. L’Autore, infatti, ha fatto ricorso nella prima parte dell’opera a una ricostruzione storica degli istituti giuridici e degli organi amministrativi deputati al contrasto della povertà per meglio comprenderne l’attuale conformazione. In questa prima parte l’A. fornisce i dati sulla povertà, ne offre alcune definizioni utili e rilevanti per l’analisi giuridica. Viene evidenziata, ad esempio, la dirimente differenza tra povertà quantitativa, tradizionale oggetto delle analisi economiche, e povertà qualitativa la quale, posta come parametro, consente di rinvenire diverse e nuove tipologie categorie di “poveri”, quali i “working poors”. Permette altresì di mostrare sfaccettature del fenomeno della povertà, quale la disoccupazione giovanile, e di individuare le criticità dei classici interventi in materia, tutti concentrati a porre una soluzione sul singolo problema, invece di intercettare le cause per rimuoverle e rompere la ripetibilità dell’evento. In questa prima parte, più statica secondo la ricostruzione del Prof. Dugato, viene costruito il “motore”, che verrà avviato nella seconda parte dell’opera, più dinamica e dedicata all’attività amministrativa. Con riferimento alla seconda parte dell’Opera, invece, il Prof. Dugato ha evidenziato le critiche mosse alle tradizionali attività di contrasto del bisogno, individuando nella confusione, da parte degli attori pubblici, tra povertà economica e vulnerabilità, come campi di interventi, la principale delle cause dell’inefficienza dell’intervento. Infatti, concentrandosi sulla singola risposta al bisogno, la risposta monoculare perde di vista la necessità di approntare tutele a quelle fasce di popolazione meglio definibili come vulnerabili, perché abbienti secondo gli standard economici, ma insicuri nel godimento dei loro diritti. Questa sarebbe la matrice dell’attenzione pubblica tutta rivolta all’assistenza agli anziani e ai malati, che avrebbe generato, in materia di welfare, molta spesa ma poco risolutiva. Integrando dunque nell’analisi il concetto di situazione di vulnerabilitià, così come inteso all’interno dell’Opera, il Prof. Dugato ha concluso il suo intervento osservando come la risposta a tale contingenza possa generare due distinti tipi di intervento. Il primo è quello dello Stato che provvede: conduce a un intervento immediato, breve; predefinibile, dai risultati pressoché certi con riguardo alla riduzione del bisogno; tuttavia, non durevole perché non incide sulla disuguaglianza come processo. Il secondo modello, invece, è quello dello Stato che induce alle modifiche: questo costa molto di più, richiede leve finanziarie, produce effetti alla lunga e non nell’immediato e non è certo, perché risente di contesti mutevoli nel tempo che non garantiscono la permanenza nel tempo delle intenzioni originarie. Tra i due modelli non necessariamente vi è concordanza e compatibilità: le due vie possono essere mediate al ribasso oppure richiedono una scelta.

La seconda relazione, affidata alla Prof.ssa Madama, si è concentrata su due aspetti diversi. L’analisi, infatti, si è spostata sulla dimensione sociale dell’Unione europea e sulle dinamiche politiche che hanno plasmato le policies di contrasto al fenomeno della povertà nel contesto nazionale. Sul primo piano, la prof.ssa Madama ha sottolineato come la recente instaurazione del cd. terzo pilastro sociale induca a rivedere le precedenti critiche mosse all’Unione per le sue carenze nel settore delle politiche sociali. Su questo fronte la Prof.ssa Madama registra una rottura tra la precedente “strategia di Lisbona” e la nuova “strategia Europea 2020”, nella quale si è adottata una governance ibrida che vede associarsi target quantitativi la destinazione di fondi a specifici qualitativi. Nell’attuazione di questa nuova strategia, si è osservato come nei Paesi con una maggiore tradizione di politiche di welfare si sia manifestato un sovranismo “sociale”, espressosi in una maggiore resistenza all’intervento europeo in materia di politiche sociali. Con riferimento al fronte istituzionale nazionale, invece, alle critiche mosse nel volume ai ritardi nell’adozione di policies universalistiche, la prof.ssa Madama associa altre due considerazioni che vede innanzitutto nelle policies di stampo sociale una connaturata “debolezza”, dovuta al fatto che esse hanno ad oggetto fasce della popolazione i cui interessi trovano scarsa rappresentanza. In secondo luogo, tali policies necessitano di una lettura comprensiva delle evoluzioni politiche che le hanno accompagnate, per potere essere pienamente comprese. Così solamente può spiegarsi l’introduzione di una misura come il reddito di cittadinanza, adottata con un ritardo di circa dieci anni rispetto ad altri Paesi dell’Unione europea, e che trova una prima giustificazione proprio nell’estensione della base degli interessi sociali rappresentati, dovuta a una maggiore integrazione delle posizioni dei sindacati negli indirizzi di governo e dall’affermarsi del “Movimento 5 Stelle”.

L’intervento del Prof. Sicasi è soffermato invece, in un primo momento, su una conseguenza peculiare della povertà che emerge dalla lettura del volume e che consiste nella generazione di un circolo vizioso che rende il povero non solo privo di risorse materiali, ma altresì privo della consapevolezza delle opportunità di tutela. Il mancato ricorso ai rimedi apprestati concorre poi al radicamento della situazione di povertà, con le conseguenti maggiori difficoltà di interrompere il processo. In secondo luogo il Prof. Sica ha sottolineato la necessità di ripensare gli strumenti di accesso alle tutele giurisdizionali per consentire di individuare strumenti azionabili da soggetti collettivi per gli interessi di soggetti che altrimenti resterebbero emarginati in zone franche. Un ultimo rilievo il Prof. Sica lo ha rivolto all’opportunità di razionalizzare la disciplina normativa dei controlli, per consentire alle pubbliche amministrazioni di intervenire con maggiore efficacia nel contrasto a quegli abusi che spesso vanificano gli interventi di contrasto alla povertà.

In linea con le precedenti relazioni, i tre nuclei principali in cui il dott. D’Ancona ha articolato il suo intervento hanno posto in risalto quei passaggi del volume in cui la critica viene mossa alla frequente confusione tra interventi di contrasto alla povertà e politiche del lavoro. In questi casi, infatti, si assiste all’erogazione di un sussidio che viene vincolato a obbligazioni da parte dell’individuo, ponendo l’intervento in una dimensione sinallagmatica che lascia privo di tutela l’inadempiente.

Al termine delle relazioni previste, l’Autore ha voluto ribadire (nel suo intervento finale) l’assoluta scompostezza degli interventi di contrasto della povertà che non hanno mai preso in considerazione il concetto di povertà nella sua multidimensionalità e lo hanno sempre affrontato esclusivamente in chiave economica. L’Autore ha dedicato un passaggio del suo intervento ai potenziali effetti esclusivi che potrebbe avere la digitalizzazione della pubblica amministrazione, se non pensata e attuata avendo attenzione alle fasce più deboli della popolazione, che viceversa sarebbero condannate a rimanere escluse da servizi basilari per la conduzione della vita quotidiana. L’ultima considerazione è stata rivolta alla collaborazione tra soggetti pubblici e privati nell’attuazione di politiche efficienti di contrasto alla povertà. Secondo l’Autore, è indispensabile per l’attività pubblica coinvolgere i soggetti privati, perché depositari di patrimoni informativi e relazionali, in assenza dei quali è praticamente impossibile progettare un intervento che si prospetti efficiente.

Sollecitati da alcuni interrogativi del Prof. Gabriele Bottino, vicedirettore del Centro di ricerca, e dei partecipanti, gli autori hanno avuto modo di riprendere alcuni passaggi delle loro relazioni. Gli interrogativi rivolti ai relatori vertevano sulle relazioni intersoggettive tra le amministrazioni durante la pandemia, sulle situazioni meritevoli di tutela del “povero”, sulla concezione del pubblico servizio nell’ambito della riflessione sugli interventi di contrasto alla povertà e, infine, sul problema del lucro, potenzialmente emergente dal coinvolgimento dei privati.

Prendendo posizione su tali questioni il Prof. Franchini ha voluto innanzitutto escludere, nel momento presente, il rischio concreto di una partecipazione privata a scopo lucrativo; e, in secondo luogo, partendo dall’esperienza della pandemia, ha rilevato come le relazioni intersoggettive non siano di per sé un ostacolo all’attuazione di misure amministrative ma come queste risentano fortemente del moltiplicarsi dei decisori politici. Anche la Prof.ssa Madama, prendendo come spunto l’esperienza dell’assegno unico, ha rilevato l’importanza di chiarire gli obiettivi politici e i metodi di intervento, prima di dare mandato alle amministrazioni per provvedere alla loro attuazione. Il Prof. Sica, invece, con riferimento alle tutele ha considerato come il discorso debba spostarsi sull’individuazione di figure di rappresentanza collettiva prima di poter pensare alle singole fattispecie meritevoli di tutela. L’intervento conclusivo del Prof. Dugato si è concentrato particolarmente sul coinvolgimento dei privati, sottolineando l’opportunità del loro coinvolgimento e della neutralità dello scopo di lucro rispetto al fine dell’intervento. Partendo proprio da questo assunto ha paventato invece il rischio, spesso realizzatosi in passate esperienze, di “amministrativizzare” il privato sottoponendolo a controlli pubblici e non rispettando la cornice di quella che dovrebbe limitarsi a essere una “cooperazione per il risultato”.

Matteo Palma

PhD student in Public, International and EU (curriculum Administrative Law) at the University of Milan