L’art. 84 del d.l. n. 18/2020 al cospetto degli artt. 24 e 111 Cost.: va accolta l’istanza di differimento nel rispetto del principio della ragionevole durata del processo

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2/2020

L’art. 84 del d.l. n. 18/2020 al cospetto degli artt. 24 e 111 Cost.: va accolta l’istanza di differimento nel rispetto del principio della ragionevole durata del processo

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Con ordinanza n. 2539 del 21 aprile 2020, il Consiglio di Stato ha chiarito che l’art. 84, comma 5, del d.l. n. 18/2020, va interpretato nel senso che ciascuna delle parti ha facoltà di chiedere il differimento dell’udienza a data successiva al termine della fase emergenziale per discutere oralmente la controversia, quando il Collegio ritenga che dal differimento richiesto non sia compromesso il diritto della controparte ad una ragionevole durata del processo e quando la causa non sia di tale semplicità da non richiedere alcuna discussione potendosi, nel rito cartolare, con la necessaria prudenza, far prevalere esigenze manifeste di economia processuale.


Article 84 of Legislative Decree no. 18/2020 in the light of Articles 24 and 111 of the Constitution: the request for a hearing postponement shall be allowed in compliance with the principle of trial’s reasonable duration
By decision no. 2539 of 21 April 2020, the Council of State clarified that Article 84, paragraph 5, of Legislative Decree no. 18/2020 shall be understood as meaning that each of the parties has the right to request a postponement of the hearing to a date subsequent to the end of the emergency phase in order to discuss the dispute orally, when the Court deems that the requested postponement does not compromise the right of the other party to a reasonable duration of the trial and where the dispute is not so simple that it does not require any discussion, since it is possible, in the juridical deed procedure, with the necessary caution, to give priority to procedural economy requirements.

1. Il caso

Comincia a vacillare il principio secondo cui l’odierna situazione emergenziale può legittimare la compressione tout court delle libertà costituzionali. La vicenda, nello specifico, trae origine dalla richiesta dell’appellante di rinvio dell’udienza al fine della discussione orale della controversia, sulla scorta di alcuni asseriti aspetti di particolare complessità e delicatezza. Gli appellati, de contrario, si opponevano alla suddetta richiesta di rinvio, sul rilievo che l’interesse alla discussione orale, invocato dall’appellante, non sarebbe stato oggetto di previsione legislativa per la fase emergenziale a partire dal 15 aprile 2020, durante la quale il regime processuale prevederebbe il passaggio in decisione delle cause esclusivamente sulla base degli atti, con l’unica eccezione della rimessione in termini per il deposito di memorie e repliche.

2. La soluzione giuridica

Il Consiglio di Stato, nell’accogliere l’istanza di rinvio della trattazione della causa, ha preliminarmente specificato che il rito processuale emergenziale dettato dall’art. 84, comma 5, del d.l. n. 18/2020, per il periodo che va dal 15 aprile 2020 e fino al 30 giugno 2020, stabilisce che, in deroga alle previsioni del codice del processo amministrativo, tutte le controversie fissate per la trattazione, sia in udienza camerale sia in udienza pubblica, passano in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati, aggiungendo che le parti hanno facoltà di presentare brevi note sino a due giorni liberi prima della data fissata per la trattazione. L’art. 84 cit. dispone altresì che su istanza proposta entro lo stesso termine dalla parte che non si sia avvalsa della facoltà di presentare le note, il giudice dispone la «rimessione in termini» in relazione a quelli che, per effetto della sospensione dei termini processuali disposta dal comma 1 dello stesso art. 84, comma 1, «non sia stato possibile osservare e adotta ogni conseguente provvedimento per l’ulteriore e più sollecito svolgimento del processo». Orbene, dal tenore letterale delle norme, sembrerebbe che il giudice sia autorizzato a disporre il rinvio della trattazione della causa solo per consentire il compiuto esercizio del contraddittorio scritto di cui all’art. 73 c.p.a. (impedito dalla sospensione dei termini predisposta dal 8 marzo 2020 e fino al 15 aprile 2020), senza accordare alla parte alcuna facoltà di chiedere un differimento al solo fine di potere discutere oralmente la causa[1].

I giudici di Palazzo Spada hanno, poi, evidenziato come il processo amministrativo, a differenza del processo penale, «non è improntato al principio di oralità delle dichiarazioni e del contraddittorio in senso “forte” (ovvero, sia nella formazione della prova, sia come diritto dell’accusato di confrontarsi “de visu” con l’accusatore), ben potendo il confronto tra i litiganti e con il giudice avvenire in forma meramente cartolare e le parti decidere di neppure comparire in udienza». Cionondimeno, specifica il Consiglio di Stato, «il contraddittorio cartolare “coatto” ‒ cioè non frutto di una libera opzione difensiva, bensì imposto anche contro la volontà delle parti che invece preferiscano differire la causa a data successiva al termine della fase emergenziale, pur di potersi confrontare direttamente con il proprio giudice ‒ non appare una soluzione ermeneutica compatibile con i canoni della interpretazione conforme a Costituzione, che il giudice comune ha sempre l’onere di esperire con riguardo alla disposizione di cui deve fare applicazione»[2]. Premesso ciò, dunque, il contraddittorio cartolare “coatto” costituirebbe esclusivamente una deviazione irragionevole rispetto allo “statuto” di rango costituzionale che si esprime nei principi del giusto processo. Ed infatti, l’art. 111 Cost., nello stabilire che il «giusto processo» debba svolgersi «nel contraddittorio delle parti, in condizioni di parità», impone, non solo un procedimento nel quale tutti i soggetti potenzialmente incisi dalla funzione giurisdizionale devono esserne necessariamente “parti”, ma anche che queste ultime abbiamo la possibilità concreta di esporre puntualmente (e, ove lo ritengano, anche oralmente) le loro ragioni, rispondendo e contestando le quelle degli altri. Inoltre, rileva il giudice amministrativo, anche l’art. 24 Cost. ‒ comprendendo, oltre al diritto di accesso al giudizio, anche il diritto di ottenere dal giudice una tutela adeguata ed effettiva della situazione sostanziale azionata ‒ «non può che contenere anche la garanzia procedurale dell’interlocuzione diretta con il giudice». Sotto altro profilo, infine, sarebbe evidente, a detta del Consiglio di Stato, il contrasto anche con il principio della pubblicità dell’udienza. Sul punto, come evidenziato anche dalla giurisprudenza comunitaria[3], occorre mettere in evidenza come «alcune situazioni eccezionali, attinenti alla natura delle questioni da trattare (quale, ad esempio, il carattere “altamente tecnico” del contenzioso) possano giustificare che si faccia a meno di un’udienza pubblica, purché l’udienza a porte chiuse, per tutta o parte della durata, deve essere “strettamente imposta dalle circostanze della causa”». Pertanto, la pubblicità del giudizio non ha valore assoluto, potendo cedere in presenza di particolari ragioni giustificative, purché, tuttavia, obiettive e razionali[4].

3. In conclusione

Alla luce di quanto sopra, secondo il Consiglio di Stato, l’art. 84, comma 5, del d.l. n. 18/2020, va interpretato nel senso che ciascuna delle parti ha facoltà di chiedere il differimento dell’udienza a data successiva al termine della fase emergenziale allo scopo di potere discutere oralmente la controversia, quando il Collegio ritenga che dal differimento richiesto da una parte non sia compromesso il diritto della controparte ad una ragionevole durata del processo e quando la causa non sia di tale semplicità da non richiedere alcuna discussione potendosi pur sempre, nel rito cartolare, con la necessaria prudenza, far prevalere esigenze manifeste di economia processuale[5]. Pertanto, il Consiglio di Stato ha ritenuto che un rinvio della causa in un arco temporale che non superi l’anno in corso (tenuto conto della durata del rito cartolare fino a fine giugno, della sospensione feriale dei termini e del carico delle udienze già aggravato dall’emergenza pandemica da COVID-19) «può costituire un giusto contemperamento delle posizioni delle parti ed evitare di ledere il diritto di difesa».

  1. In tal senso, secondo il giudice amministrativo, un elemento di riscontro sembrerebbe offerto anche dalla differente formulazione della primigenia configurazione del rito emergenziale, come tratteggiato dall’articolo 3, comma 4, del d.l. n. 11/2020 poi abrogato, il quale nello stabilire che «tutte le controversie fissate per la trattazione, sia in udienza camerale sia in udienza pubblica, passano in decisione sulla base degli atti», faceva comunque salva la possibilità per ognuna delle parti di chiedere «la discussione in udienza camerale o in udienza pubblica con apposita istanza da notificare alle altre parti costituite e da depositare almeno due giorni liberi prima della data fissata per la trattazione».

  2. Secondo il costante insegnamento della Corte costituzionale, «di una disposizione legislativa non si pronuncia l’illegittimità costituzionale quando se ne potrebbe dare un’interpretazione in violazione della Costituzione, ma quando non se ne può dare un’interpretazione conforme a Costituzione» (ex plurimis, sent. n. 46 del 2013 e n. 77 del 2007 nonché ord. n. 102 del 2012 e nn. 212, 103 e 101 del 2011).

  3. Ex plurimis, sent. 13 novembre 2007, Bocellari e Rizza contro Italia e sent. 26 luglio 2011, Paleari contro Italia.

  4. Corte cost., sent. nn. n. 212 del 1986 e n. 12 del 1971.

  5. E ciò «in particolare nella fase cautelare, mentre la pretermissione della discussione nel giudizio di merito va valutata anche alla luce di potenziali effetti irreversibili sul diritto di difesa che andrebbero per quanto possibile evitati stante la necessaria temporaneità e proporzionalità delle misure processuali semplificate legate alla situazione pandemica “acuta”».

Gianluigi Delle Cave

PhD student and subject expert in Administrative Law at the University of Brescia