Gli accessi speciali: variazioni sul diritto alla conoscenza

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3/2024

Gli accessi speciali: variazioni sul diritto alla conoscenza

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Il contributo raccoglie e analizza i diversi esempi di accessi speciali presenti nell’ordinamento con l’obiettivo di individuarne differenze e tratti comuni. La disciplina degli appalti pubblici, quella recata nel Codice di giustizia contabile e quella tributaria vengono quindi esaminate al fine di comprendere se esista una categoria unitaria dell’accesso agli atti o, quantomeno, degli “accessi speciali”. L’obiettivo finale è quello di scoprire se le discipline settoriali possano rendere elementi utili per stabilire l’esistenza e la consistenza del “diritto di conoscere”.


Special access: variations on the right to know
The purpose of this paper is to highlight the distinctions and common aspects among the many types of access to documents that now exist in the Italian legal system. The legal framework on public procurement, the provisions of the Code of Accounting Justice and Tax Law are therefore examined in order to understand whether it is possible to identify a unitary category of access to documents held by public administration or, at least, of “special accesses”. The paper aims to ascertain whether sectoral disciplines can contribute to the establishment and coherence of the “right to know”.
Summary: 1. L’incerto perimetro del “diritto” di accesso.- 2. L’interesse servente alla conoscenza.- 3. Il Codice dei contratti pubblici, d.lgs. n. 36/2023.- 4. Segue. L’accesso al “fatto” sostanziale.- 5. Il giudizio di responsabilità erariale.- 6. Segue. L’accesso al “fatto” processuale.- 7. Spigolature sull’accesso in materia tributaria: la natura e i limiti alla conoscibilità nel procedimento impositivo.- 8. Elementi di sintesi: diversa natura degli accessi speciali o innumerevoli nature dell’accesso agli atti?- 9. Conclusioni.

1. L’incerto perimetro del “diritto” di accesso

Il tema dell’accesso agli atti amministrativi è oramai da lungo tempo e con viva profondità d’interesse dibattuto nella scienza giuspubblicistica[1]. L’interesse degli studiosi e dei giudici, per vero, si è in tempi relativamente recenti ancor ravvivato rivolgendo l’attenzione verso il c.d. accesso civico e l’accesso civico generalizzato, nuove forme di controllo democratico dell’azione amministrativa[2]. L’idea di fondo, ben nota sin dalla l. n. 241/1990, è quella di evolvere l’attività amministrativa in senso partecipativo muovendo da un sistema fondato sul principio di segretezza[3] per arrivare verso il compiuto inveramento dei principi di pubblicità prima e trasparenza poi[4].

Questa marcia verso la trasparenza[5] subisce però, e qui veniamo all’oggetto precipuo del presente studio, delle alterazioni in alcuni procedimenti amministrativi o con riferimento ad alcune tipologie di provvedimenti. O, per meglio dire, subisce delle alterazioni in ragione degli interessi coinvolti nell’azione amministrativa.

È questo il caso di quelli che potrebbero essere definiti degli “accessi speciali”, ossia alcune discipline particolari riferite al diritto di accesso che si caratterizzano, oltre che per l’applicazione settoriale, per la singolarità della relativa fisionomia procedurale[6] e processuale. Si tratta per vero di una specialità che invita lo studioso a porre mente alla reale consistenza della posizione giuridica soggettiva sottesa al diritto di accesso stesso[7].

Le discipline speciali cui ci si riferisce, in particolare, sono quella recata dal “nuovo” Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36/2023)[8] e quella relativa ai documenti necessari alla difesa del soggetto attinto da invito a dedurre nell’ambito del procedimento giurisdizionale avanti alla Corte dei conti per responsabilità amministrativo contabile (d.lgs. n. 174/2016)[9]. Entrambe fattispecie sono accumunate, come si anticipava, da una più o meno ampia alterazione della disciplina sostanziale e processuale. Una alterazione a tal punto significativa, come si vedrà, da portare a ridefinire i tradizionali indici utilizzati per perimetrare la situazione giuridica soggettiva tutelata dall’ostensione documentale ed i relativi strumenti di tutela procedimentale e processuale. A completare il quadro, si accosta poi la disciplina tributaria dello Statuto del contribuente (l. n. 212/2000) recentemente innovata per favorire un ulteriore apertura alla conoscenza in un ambito tradizionalmente restio a garantire l’ostensione degli atti e la partecipazione al procedimento.

Proprio in ragione di ciò, il presente studio vuole approfondire i profili caratterizzanti di questi accessi speciali per trarre alcuni spunti in ordine alla loro effettiva autonomia concettuale e giuridica rispetto alle tipologie di accesso agli atti oramai definibili come “tradizionali”[10].

2. L’interesse servente alla conoscenza

Preliminarmente all’approfondimento delle discipline settoriali, occorrono alcune precisazioni generali circa la – controversa – natura dell’accesso per come si configura nel suo assetto “tradizionale”.

Per lungo tempo dottrina e giurisprudenza amministrativa si sono interrogate in ordine alla natura giuridica di ciò che la l. n. 241/1990 definisce “diritto” di accesso[11]. Pur senza potersi soffermare nel dettaglio circa l’evoluzione delle diverse posizioni susseguitesi nel tempo, è bene precisare anzitutto che laddove l’attività amministrativa si presenta come altamente tecnica e specialistica, così come ove si rinvengono margini anche significativi di discrezionalità nell’esercizio del potere, le ragioni del segreto istruttorio e procedurale sono da tempo venute meno[12]. Di converso, più si fa conoscibile, più l’azione amministrativa diviene al tempo stesso legittimata nelle proprie scelte[13] e apprezzabile all’esterno (anche in sede giudiziaria)[14]. Insomma, se nel diritto di accesso tradizionale l’istituto è una fondamentale fonte di prova che veicola una più piena tutela procedimentale e processuale dell’interesse legittimo[15], negli accessi civici esso diviene una delle espressioni del diritto di cittadinanza di ogni individuo e della collettività nel suo insieme[16].

Per queste ragioni, quando si tratta di queste tipologie di accesso agli atti, si ritiene che la posizione sottesa abbia consistenza di interesse di natura strumentale rispetto ad un interesse legittimo principale (o un diritto) che è il vero oggetto di tutela, solo mediatamente protetto attraverso l’ostensione documentale[17]. Nondimeno, con riferimento specifico all’accesso civico, pare invece trattarsi di una posizione maggiormente connotata di autonomia, poiché non collegata ad un interesse individuale tutelabile[18]. E questo proprio perché tale tipologia di accesso non è direttamente preordinata all’esercizio di facoltà o diritti che possono incidere in via immediata sulla sfera giuridico-patrimoniale del relativo titolare[19].

In questo quadro che pare nel tempo essersi progressivamente consolidato, sebbene con diverse sfaccettature ancora esistenti[20], si sono inserite recentemente due diverse tipologie di accesso agli atti, che si potrebbero definire “speciali”, in materia di contratti pubblici[21] e in materia di giudizio di responsabilità amministrativo-contabile[22]. La specialità delle discipline, se in primo luogo può sembrare derivante dal semplice perimetro applicativo[23] delle stesse, si disvela in realtà più profondamente legata al regime giuridico degli interessi (pubblici e privati) coinvolti[24].

3. Il Codice dei contratti pubblici, d.lgs. n. 36/2023

Il primo corpo di disposizioni che viene in rilievo nell’analisi che ci occupa è quello recato dal d.lgs. n. 36/2023 e, specificamente, dei relativi art. 35 e 36.

Non è una novità che l’accesso agli atti nella materia della contrattualistica pubblica sia disciplinato da disposizioni ad hoc[25]. Nondimeno, tradizionalmente la disciplina di settore aveva due funzioni: la giustificazione del differimento dell’ostensione documentale e l’individuazione puntuale dei motivi (di riservatezza) all’incorrere delle quali era possibile rigettare l’istanza dell’impresa concorrente[26]. Si trattava, peraltro, di norme ritenute speciali e di stretta interpretazione[27], che si ponevano in rapporto di complementarità con le disposizioni generali di cui alla l. n. 241/1990. Insomma, non vi era dubbio alcuno circa il fatto che le due discipline si ponessero tra loro in rapporto di genere (l. n. 241/990) a specie (Codice dei contratti pubblici) in ragione della funzionalizzazione della conoscenza alla tutela giurisdizionale a fronte di decisioni sfavorevoli assunte dalla P.A. in sede di procedura di gara[28].

La prospettiva sembra oggi cambiare andando a leggere il precitato art. 35[29]. Il primo comma della disposizione fa espresso rinvio alla disciplina ordinaria dell’accesso procedimentale e dell’accesso civico[30]; il secondo comma stabilisce di contro i casi di differimento conoscitivo, con una elencazione non dissimile a quella in precedenza recata dall’art. 53 del d.lgs. n. 50/2016[31]; il terzo comma, infine, esclude la possibilità di ostendere la documentazione dalla quale si potrebbero ritrarre segreti commerciali degli offerenti[32]. Il dipanarsi di queste previsioni concatenate l’una all’altra, insomma, non reca novità significative rispetto a quanto sino ad oggi noto.

4. Segue. L’accesso al “fatto” sostanziale

Ad essere realmente – e radicalmente – innovativo, di contro, è il compendio di previsioni di carattere procedimentale e processuale di cui al successivo art. 36. Vi si prevede, infatti, anzitutto che nel comunicare l’avvenuta aggiudicazione l’amministrazione debba subitaneamente indicare quali informazioni e documenti ritenga, sulla base delle indicazioni fornite dal partecipante[33], contenere segreti di natura commerciale non divulgabili. Avverso questa – e solo questa – specifica decisione, il concorrente che voglia contestare la secretazione deve opporre ricorso, con il rito di cui all’art. 116 c.p.a. Si tratta però di un ricorso in materia di accesso sui generis, perché il termine ad impugnare è ridotto a soli dieci giorni, entro i quali il gravame deve pure essere depositato[34] e, ulteriormente, il termine a costituirsi per le parti intimate è, a sua volta, ridotto a dieci giorni dal perfezionarsi nei propri confronti della notifica[35]. Già a questo passo risulta evidente la specialità del trattamento processuale di questo accesso agli atti: viene infatti da chiedersi quali siano le ragioni di un termine così breve e se queste siano riconnesse alla semplicità della decisione – cosa prima facie improbabile – o piuttosto alla natura giuridica della posizione soggettiva azionata o, ancora, alla natura della pronuncia che chiude il giudizio, di carattere accertativo-dichiarativo[36]. Vi sono poi le interferenze di questo ricorso per l’accesso con l’impugnazione delle evidenze di gara: invero, data la perentorietà del termine, pare potersi dire che in assenza di tempestivo sindacato da parte del concorrente, non potrà essere poi richiesta l’ostensione dei documenti in un successivo momento o, eventualmente, nel corso della causa di merito nell’ambito della quale vengano dedotti vizi circa i provvedimenti della procedura ad evidenza pubblica. Vi è così che la disciplina sull’accesso ai segreti commerciali perimetra in maniera piuttosto evidente tanto il thema decidendum quanto il thema probandum del successivo ricorso meritale e il concreto diritto di – accesso alla – prova del concorrente[37]. D’altronde, non pare potersi dubitare che il termine a ricorrere sia perentorio e decadenziale: si tratta di una conseguenza direttamente riconnessa alla qualificazione in termini di interesse legittimo del c.d. diritto di accesso[38], che il legislatore ha voluto senz’altro confermato nella disposizione in parola. È invero oltremodo evidente, nel caso dei segreti commerciali, che l’amministrazione spenda potere discrezionale valutativo[39] nell’affermare la secretabilità o meno di una determinata componente dell’offerta tecnica o, più in generale, delle informazioni delle quali viene a conoscenza in ragione della procedura selettiva.

Questa, quindi, è una prima informazione che effettivamente si può ritrarre dalla disciplina degli appalti pubblici: ivi l’accesso è trattato[40] – donde ritenuto – un interesse legittimo fortemente comprimibile, in primis avendo riguardo alla relativa tutela giurisdizionale[41]. E, si badi bene, tale compressione di tutela vale sia quando l’amministrazione abbia oscurato documenti dei quali necessita il concorrente vincitore per proporre ricorso, tanto nel caso in cui decida di rendere disponibili atti che invece la parte voleva oscurati, come riprova lo stand still sostanziale imposto dal comma 5 dell’art. 36 in esame[42]. Dunque, è una compressione che, a valle, incide anche sul diritto alla riservatezza e la competitività commerciale del concorrente[43].

La specialità di questo accesso agli atti viene peraltro confermata dalla ulteriore disciplina processuale che si legge contenuta direttamente nel Codice appalti, laddove si prevede che il ricorso sia chiamato a discussione d’ufficio in camera di consiglio con termini dimidiati rispetto a quelli dell’udienza cautelare di cui all’art. 55 c.p.a.[44]. La vertenza viene quindi decisa con sentenza in forma semplificata, la cui motivazione può anche limitarsi ad un mero richiamo delle argomentazioni di causa, da depositarsi in ogni caso entro cinque giorni dalla celebrazione dell’udienza. Dell’art. 116 c.p.a., ai sensi del quale il ricorso dovrebbe essere spiccato, insomma, rimane ben poco, o quasi nulla. Anzi, può proprio dirsi che il rito super-speciale di cui al Codice dei contratti pubblici risulti del tutto alternativo rispetto alla disciplina processuale ordinaria recata dal d.lgs. n. 104/2010, dal momento che l’art. 36 in esame si perita pure di estendere l’applicazione delle proprie disposizioni anche ai gradi di impugnazione[45]. Resta in vita del c.p.a. solamente la possibilità di nomina di un commissario ad acta, forse peraltro già implicitamente consentita dalle disposizioni processuali generali, e la natura accertativo/dichiarativa della sentenza. Ma, a ben vedere, la pronuncia nel caso in esame più che accertare il diritto di conoscere, accerta dal punto di vista tecnico la natura di segreto commerciale delle informazioni: è proprio questo l’oggetto della decisione amministrativa contestata. E, in tal senso, appare allora maggiormente corretto individuare la natura del ricorso come impugnatoria[46], perché l’espediente processuale è costruito in questo caso al fine di contestare la decisione discrezionale della P.A.

Ulteriormente, ed in chiusura, la norma stabilisce l’autonomia dell’impugnativa rispetto all’esito della gara: la mancata conoscenza dei segreti commerciali non solleva comunque il concorrente dalla tempestiva impugnazione dell’aggiudicazione, poiché il relativo termine di gravame decorre comunque dalla comunicazione degli esiti della gara[47]. Resterebbe, allora, ulteriormente da comprendere se e come gli esiti del giudizio sull’accesso possano essere quindi trasfusi all’interno di un processo che giocoforza avviene al buio, poiché attivato con la fisiologica possibilità dell’assenza delle informazioni ritenute strumentali alla difesa[48].

Insomma, se si è detto che una delle funzioni proprie dell’accesso agli atti ordinario, in ambito di tutela giudiziale dei cittadini, è quella di consentire la costruzione del sedime probatorio nel processo sui provvedimenti, è evidente che il giudizio sui segreti commerciali negli appalti pubblici limita fortemente questa capacità di fornire materiale utile al giudice per valutare il fatto amministrativo[49]. Viepiù, ciò avviene comprimendo la tutela degli interessi finali, comunque potenzialmente attinti dalla decisione amministrativa volta a consentire l’accesso, poiché la relativa tutela passa per questo rito “superspeciale”[50].

5. Il giudizio di responsabilità erariale

Diverso[51] istituto che viene all’attenzione quale forma “speciale” di accesso agli atti è l’accesso defensoriale[52] disciplinato nel Codice del processo contabile, d.lgs. n. 174/2016.

La sedes materiae è singolare, poiché si tratta di un testo di diritto processuale, che nulla ha a che vedere con la disciplina di procedimenti amministrativi sostanziali o la tutela giurisdizionale dell’interesse legittimo. Ulteriore singolarità, la circostanza che le disposizioni sull’accesso agli atti non sono dirette a disciplinare il comportamento dell’amministrazione che ha formato o detiene stabilmente il provvedimento, bensì, come si vedrà, quello di un organo giurisdizionale requirente. E, ancora, la necessità di accesso agli atti non gemma fisiologicamente dal procedimento presso il quale l’atto del quale si richiede ostensione viene generato o prodotto, ovvero presso un procedimento allo stesso comunque ricollegato, bensì dall’esercizio dello ius postulandi della Procura[53]. Si tratta di singolarità che plasmano la disciplina di diritto positivo.

La prima disposizione che viene in rilievo è l’art. 56 del Codice, che norma i poteri istruttori del Pubblico Ministero, prevedendo in suo favore, tra l’altro, la possibilità di accesso presso gli uffici delle amministrazioni interessate con acquisizione della eventuale documentazione ivi presente[54]. Questo compendio documentale, poi, concorre a formare il fascicolo istruttorio sulla base del quale la procura istruisce il procedimento spiccando l’invito a dedurre. Invero, l’art. 71 prevede quindi che colui che sia successivamente attinto da invito a dedurre possa accedere al fascicolo così formato prendendo visione ed estraendo copia dei documenti ivi presenti. Le locuzioni utilizzate dal legislatore non sono casuali, poiché in effetti riproducono quelle di diritto sostanziale relative all’accesso agli atti[55]. Ed il referente non è casuale, ove si ricordi che l’attività istruttoria svolta presso le P.A. può essere delegata dal Procuratore anche a dirigenti delle pubbliche amministrazioni. In questo modo, insomma, si realizza quasi una sorta di “accesso indiretto” a questi documenti.

6. Segue. L’accesso al “fatto” processuale

Qui però arriviamo ad una porzione della disposizione che, anche in questo caso, si allontana molto dal diritto di accesso tradizionale. Il comma terzo dell’art. 71 prevede, infatti, il diritto dell’incolpato ad avere accesso ulteriore a tutti i documenti – non presenti a fascicolo ma – “ritenuti rilevanti” alla difesa. La disposizione segna un distacco notevole dall’accesso difensivo di cui all’art. 24 della legge fondamentale sul procedimento amministrativo, ove si prevede invece che l’accesso sia sempre consentito per fini defensoriali solo ove il documento di cui è chiesta ostensione si ponga in rapporto di stretta necessità. La necessità sembrerebbe avere a riferimento una imprescindibilità in termini di mezzo a fine della conoscenza[56]; la semplice rilevanza parrebbe, di contro, riferirsi ad un legame di minore intensità[57]. Ulteriore singolarità del Codice di rito sta poi nella definizione della platea dei legittimati passivi rispetto a questo diritto di accesso esteso. Essi sono infatti individuati nelle pubbliche amministrazioni[58], negli enti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti e nei terzi contraenti o beneficiari di provvidenze finanziarie a carico di bilanci pubblici. Se con riguardo alla prima categoria vi può essere analogia rispetto alla disciplina ordinaria dell’accesso agli atti, le altre due sono oltremodo singolari: una è di creazione pretoria[59], l’altra di creazione amministrativo-contabile, siccome perimetrata al novero degli individui che ricevono sovvenzioni pubbliche. Dal punto di vista attivo, non varia, però, la modalità definitoria della posizione giuridica che l’incolpato avanza rispetto ai documenti la cui conoscenza è ritenuta rilevante al fine della difesa: anche in questo caso la norma la definisce come “diritto” tout court[60].

Ad essere davvero singolare, tanto da costituire un unicum nel panorama normativo, è il procedimento da attuarsi nel caso in cui i soggetti che detengono i documenti rifiutino l’ostensione. Dando per presupposta l’istanza di accesso, dapprima, il comma 4 dell’art. 71 del d.lgs. n. 174/2016 prevede la dimidiazione dei termini generali per l’accesso agli atti, dando così ad intendere che ci si troverebbe innanzi ad un accesso procedimentale ordinario, con applicazione in toto della l. n. 241/1990 e di cui al d.lgs. n. 33/2013[61]. Dopodiché, la norma fa salvi i sistemi ordinari di difesa avverso il diniego o il silenzio delle amministrazioni intimate, così lasciando impregiudicata la possibilità di adire il T.A.R. o, se del caso, il difensore civico regionale[62]. In ultimo, tuttavia, la disposizione concede uno specifico mezzo di tutela all’incolpato, consentendogli di istare presso il procuratore contabile acciocché questi eserciti i poteri di cui agli articoli 58 e 62 del Codice. Ossia, si consente all’incolpato di presentare una richiesta al P.M. di disporre con decreto la trasmissione degli atti ovvero il sequestro di questi ultimi per il tramite degli organi di polizia giudiziaria. Si tratta invero di strumenti particolarmente efficaci poiché, anche in caso di semplice richiesta della procura, si potrebbe configurare, in caso di ulteriore inerzia dell’amministrazione, di reato di cui all’art. 328 c.p.[63].

Ancora particolare pure il procedimento – tutto interno alla giurisdizione erariale – applicabile al caso in cui il Pubblico Ministero, pur sollecitato, non ritenga di dare seguito all’istanza del privato. La decisione del P.M., anzitutto, pare essere vincolata alla verifica di un primo requisito – negativo – circa la non presenza del documento richiesto all’interno del fascicolo istruttorio. Dopodiché, vi deve essere il vaglio del requisito positivo, costituito invece come visto dalla “rilevanza” del documento ai fini defensoriali[64]. Se la Procura non ritiene quindi sussistente uno o entrambi dei requisiti dell’istanza, deve provvedere entro tre giorni a comunicarlo alla Corte, la quale entro cinque giorni si pronuncerà sulla fondatezza della richiesta dell’incolpato. Non è nota la modalità né della decisione[65], né le eventuali formule con la quale quest’ultima possa essere contestata. È certo però che a pronunciarsi sul “diritto” di accedere ai documenti è in questo caso il giudice erariale, ed al di fuori della sua giurisdizione esclusiva[66]. Il binario di tutela, peraltro, alla luce del disposto dell’art. 71 d.lgs. n. 174/2016 che fa salvi in ogni caso gli strumenti di tutela ordinari in materia di accesso, si pone potenzialmente in parallelo giurisdizionale con il giudizio amministrativo, con il rischio di bis in idem. La velocità della decisione della Corte dei conti, in questo caso però, tendenzialmente scongiura all’atto pratico questa possibilità[67] quantomeno in una prima fase. Resta, ad ogni modo, l’incertezza sulla tutela dei terzi, che anche ove menzionati nell’atto del quale è richiesta ostensione; dunque, controinteressati[68] non vedono garantito alcun contraddittorio nella decisione della Corte (o del P.M.), con una evidente alterazione del sistema archetipico delle tutele che bilanciano diritto alla riservatezza e diritto alla conoscenza. A questa alterazione non v’è riparo nemmeno nel successivo svolgimento del processo, posto che il controinteressato sostanziale non ha una posizione processuale nell’alveo del giudizio di responsabilità erariale: egli non è infatti una parte del processo[69]. Nulla vieta, ben vero, che vi sia un successivo giudizio risarcitorio per una riparazione dei danni provocati dall’intervenuta conoscenza del documento in questa sede. Nondimeno, è ben difficile che si possa ravvedere una illegittimità della mera acquisizione delle informazioni nella sfera conoscitiva dell’incolpato, poiché ciò è avvenuto in ossequio ad un pronunciamento dell’autorità giudiziaria. Tale danno – immediato – pertanto, non potrà avere ristoro alcuno[70].

Insomma, più si scorrono le disposizioni contenute nel Codice del processo contabile, più ci si avvede della singolarità della disciplina dell’accesso documentale con finalità difensiva nel giudizio di responsabilità erariale. Pare essere in questo caso la finalità dell’accesso a plasmarne la disciplina, dando in definitiva maggiore pregio e consistenza alla posizione dell’incolpato – che vanta due diverse possibilità di tutela, peraltro non coordinate tra loro – onde consentirgli di ottenere i documenti dei quali ha necessità per difendersi. E questo, pur nella perdurante presenza del principio generale della l. n. 241/1990 che, come noto, impone di garantire sempre l’accesso agli atti allorquando questo sia motiva dall’esigenza di proteggere la propria sfera giuridico-patrimoniale – indipendentemente dal tipo di giurisdizione presso la quale detta necessità venga ad emergere.

In definitiva, tuttavia, anche questo accesso è funzionale alla ricostruzione del “fatto” processuale, in maniera non difforme da quanto avviene nel rito super-speciale appalti. È rilevante, però, come avanti al giudice erariale l’ostensione sia favorita attraverso uno sviluppo incrementale delle possibilità di tutela[71], mentre pare che con riguardo ai pubblici incanti si disveli una tendenza a limitare l’accessibilità sull’altare della necessità di garantire un giudizio spedito[72].

7. Spigolature sull’accesso in materia tributaria: la natura e i limiti alla conoscibilità nel procedimento impositivo

Un ulteriore tassello può contribuire a delineare il quadro di insieme, ed è costituito dalla disciplina concernente «la garanzia del contradditorio e dell’accesso alla documentazione amministrativa tributaria»[73]. La rilevante novità della recente riforma dello Statuto del contribuente, invero, è costituita dalla previsione della possibilità di accesso procedimentale preventivo rispetto all’emissione del provvedimento: così si è slegato l’interesse ostensivo alla necessità di difendersi[74]. In altri termini, l’accesso agli atti viene “sostanzializzato” come diritto partecipativo nel procedimento impositivo, che trova nuova democraticità nella compartecipazione conoscitiva del privato.

Anche in questo caso, però, le disposizioni sull’ostensione documentale deviano significativamente dall’accesso di cui alla l. n. 241/1990 e al d.lgs. n. 33/2013. Invero, il nuovo art. 6-bis dello statuto del contribuente, pur riconoscendo l’accessibilità degli atti del fascicolo tributario, esclude la possibilità di contraddittorio ogniqualvolta il procedimento impositivo sia automatizzato[75]. Appare anzitutto significativo che si limiti il perimetro dell’interesse conoscitivo senza giustificazione alcuna: se l’interesse è strumentale alla tutela di una posizione finale, questa è lesa a prescindere dalla tipologia del procedimento e della discrezionalità applicati. Di contro, la scelta legislativa conferma la distinzione da sempre operata tra accesso difensivo – ossia funzionale alla tutela in giudizio – e accesso sostanziale, che rimane non sempre garantito. Dunque, si conferma in altre parole che l’accesso agli atti del procedimento tributario non è (sempre) un accesso che vive nel procedimento[76], come l’interesse legittimo di cui alla l. n. 241/1990, ma varia geometricamente a seconda che la posizione finale tutelata sia il diritto di difesa o meno. La novità sta nel fatto che si è prevista una ulteriore variabile all’assetto, data dall’utilizzo di strumenti decisionali automatizzati: in questi casi, il legislatore opera una presunzione assoluta circa la inutilità di qualsivoglia apporto privato. Il che porta però a domandarsi, dato che l’interesse conoscitivo è in sé sempre lo stesso – recte può dirsi strumentale in ogni caso alla tutela avverso il potere – se l’automatizzazione della decisione non modifichi anche a valle la situazione giuridica sostanziale protetta attraverso la conoscenza degli elementi che hanno portato all’assunzione della decisione amministrativa. Ossia se il destinatario dell’imposizione tributaria meccanizzata sia un quid minus di chi patisce il potere impositivo in virtù di una decisione umana.

8. Elementi di sintesi: diversa natura degli accessi speciali o innumerevoli nature dell’accesso agli atti?

Più si approfondiscono diverse fattispecie, tutte ricondotte al nomen iuris di “diritti di accesso” più emergono vivaci le loro differenze. Differenze che attengono la tutela processuale – in alcuni casi ridotta ma pur sempre da celebrarsi innanzi al plesso giurisdizionale amministrativo, in altri ampliata ma ascritta ad una giurisdizione diversa – ma anche quella stessa operazione di bilanciamento degli interessi che è la discrezionalità propria delle decisioni afferenti l’ostensione documentale[77]. In tutto ciò, non pare potersi individuare uno schema unitario o una intenzione omogenea del legislatore che abbia radici nei principi generali dell’ordinamento. Invero, se si trova ragione dell’accesso difensivo nella tutela del diritto costituzionale al contraddittorio nei confronti dell’esercizio del potere[78], non si comprende come mai nel caso del giudizio di responsabilità avanti alla Corte dei conti il diritto di accesso si estenda ai documenti anche solo ritenuti rilevanti mentre nell’alveo del diritto tributario ci si trovi innanzi a limitazioni ulteriori rispetto a quelle generalmente previste, in particolare con riferimento alle procedure automatizzate. In questa seconda direzione riduttiva per così dire delle tutele, peraltro, pare andare anche la disciplina processuale afferente ai contratti pubblici, ove il d.lgs. n. 36/2023 irregimenta le tutele attraverso passaggi molto stretti.

Questa diversità di discipline riverbera inevitabilmente sulla consistenza della posizione giuridica sottesa all’accesso agli atti. Anzitutto, se si guarda al giudizio di responsabilità erariale ci si avvede che la posizione differenziata del richiedente è in re ipsa[79] e, da qui, deriva l’assenza di necessità di motivazione dell’istanza ostensiva, il cui unico limite è quello piuttosto labile della “rilevanza” dei documenti rispetto alla difesa (o, meglio, alla vicenda di cui è processo)[80]. In questo caso, non pare venire quindi in gioco alcuna ponderazione di interessi o valutazione di opportunità, bensì un giudizio più prettamente “tecnico” in ordine alla pertinenza delle informazioni contenute nella documentazione rispetto alla res litigiosa[81]. Pertinenza che, a sua volta, altro non è che la rilevanza astratta dell’atto ai fini del giudizio. Sembra, insomma, che in questo caso ci si avvicini molto alla fattispecie delineata dal d.lgs. n. 195/2005 in tema di accesso ai dati ambientali[82] come a quella dettata dal d.lgs. n. 33/2013 in materia di accesso civico (semplice e generalizzato) laddove non si richiede del pari l’individuazione di una posizione legittimante[83] ad opera del richiedente. Sebbene con riguardo alla materia ambientale a volte le considerazioni in merito alla natura sostanziale dell’accesso siano più sfumate[84], si è invece piuttosto concordi nel ritenere che l’accesso civico corrisponda ad una posizione di diritto pubblico indiviso dei cittadini[85]. Questa qualificazione è diretta conseguenza del fatto che non vi sia necessità di motivazione, individuazione di una posizione legittimante o connessione diretta di interesse con l’atto del quale è richiesta ostensione. L’unica valutazione opponibile è il non contrasto con altre posizioni fondamentali di interesse per lo Stato o i cittadini. Ebbene, nell’accesso difensivo erariale, la valutazione ha lo stesso percorso logico, trattandosi di rilevare l’esistenza di una eventuale condizione escludente piuttosto che delle condizioni positive di esercizio del diritto: a cambiare è il fatto che la condizione escludente non riguarda la sussistenza di un interesse confliggente, bensì di un legame di funzionalità defensoriale del documento[86]. Si tratta quindi di un elemento – l’assenza di una ponderazione di interessi – che aliena in maniera significativa questa ipotesi di accesso speciale dalle categorie tradizionali ove, seppur con soluzioni alterne nei presupposti e nel risultato, vi si ritrova sempre la caratteristica del bilanciamento di posizioni confliggenti di interesse[87].

Si tratta, insomma, di un coacervo di disposizioni che paiono incompatibili con una reductio ad unum, ove le specialità reciproche portano di volta in volta a trovare un elemento di alterità delle discipline. E, cionondimeno, si può dire che però tutti gli accessi speciali sono variazioni intorno all’esigenza conoscitiva finalizzata all’esercizio di diritti. Questa pare essere la linea rossa che riconnette le disposizioni. A variare sono gli interessi pubblici contrapposti: speditezza negli appalti, tutela della regolarità erariale, protezione di interessi fondamentali dello Stato e riservatezza sono solo alcuni di questi[88]. Ciò consente anzitutto di affermare che la funzionalizzazione dell’accesso agli atti, più che al diritto sottostante che si mira a tutelare con la conoscenza, dovrebbe dirsi principalmente ricondotta all’interesse pubblico nel cui alveo si inserisce la domanda del privato (giudizio erariale, procedura di appalto etc.): è quest’ultimo, infatti, che a ben vedere plasma la disciplina, proprio perché il diritto sottostante è mediato nella sua realizzazione dal pubblico potere[89]. Di qui ne deriva che la posizione finale del privato si apprezza sempre in termini di conciliabilità rispetto agli interessi della collettività[90].

Quanto detto è vero persino nel caso dell’accesso defensoriale in sede erariale, laddove la possibilità di reperire elementi utili a discarico dell’incolpato si inserisce in un procedimento contezioso attivato ex officio per la tutela delle pubbliche finanze[91]. In questo caso l’accesso è sì più “garantito”, ma la tutela giurisdizionale nasce e si esaurisce all’interno del processo nel quale il singolo è incolpato. In questi termini, insomma, si esprime quella funzione di “intermediazione” tra posizione giuridica astratta e suo esercizio che è costituita dall’attività amministrativa di inveramento di quelli che, quantomeno sulla carta, vengono definiti quali diritti fondamentali[92]. Anzi, ciò appare in definitiva coerente con l’approdo, oramai piuttosto condiviso, per il quale non può postularsi alcuna incompatibilità tra diritti fondamentale ed esercizio del potere[93]. È tuttavia singolare che il risultato finale sia la sovversione dei termini di partenza, ove il protagonista non è l’interesse privato, bensì quello pubblico.

9. Conclusioni

Proprio dalla consapevolezza della “capacità modellante” dell’interesse pubblico nelle diverse discipline dell’accesso agli atti si può partire a trarre le conclusioni del discorso. Sebbene ogni disciplina delle attività attinte dal pubblico potere disveli inevitabilmente l’influenza del potere stesso verso la sfera giuridica del privato, nel caso degli accessi speciali la ragione – pubblica – della specialità diviene cartina tornasole per proporre valutazioni in ordine alla disciplina ordinaria. Secondo un ragionamento che può apparire per certi versi controintuitivo, insomma, è dalle species che si può ritrarre qualche conclusione per il genus.

Secondo una teorica autorevole quanto oramai risalente[94], ogni libertà o diritto fondamentale può essere in definitiva declinato «in molteplici situazioni giuridiche soggettive»[95].

In altri termini, da un singolo nucleo fondamentale promanano diverse posizioni giuridiche attive, che sono alternativamente richieste di prestazioni o pretese di non ingerenza ab externo. Già solo per questo, la risposta al quesito circa l’effettiva esistenza di una unitarietà di fondo nelle diverse tipologie di accesso agli atti che si basi sulla posizione sostanziale tutelata potrebbe essere risolta in maniera relativistica affermando che la consistenza giuridica soggettiva del “diritto alla conoscenza” dipenda in realtà dal punto prospettico dell’osservatore[96]. In altri termini, allora, quello stesso diritto alla conoscenza si atteggia in maniera diversa ove attenga alla necessità di difendersi in giudizio (quale promanazione del diritto al contraddittorio) ovvero nel caso in cui derivi dall’interesse alla regolarità della procedura di appalto pubblico (essendo qui proiezione di un interesse economico d’impresa) ovvero ancora nel caso in cui pertenga la tutela patrimoniale avverso la pretesa impositiva dello Stato (anche in questo caso, essendo proiezione della sfera patrimoniale del singolo). D’altro canto, la dottrina ha pure sottolineato come l’unitarietà della disciplina di tutela giurisdizionale in materia di accesso[97] cozza con le diversità – di legittimazione anzitutto – intrinseche dei “diritti” di accesso, portando le tensioni sostanziali all’interno del processo in giurisdizione esclusiva[98].

A questa spinta verso il relativismo che pare giustificarsi sulla base della tipologia di interesse sostanziale[99], deve tuttavia opporsi un rilievo che pare emergere come un filo rosso nello studio che giustappone tra loro gli accessi speciali. Per questi ultimi la “gradazione” delle situazioni soggettive sottese all’interesse alla conoscenza si opera non già sulla base della natura della posizione giuridica fondamentale tutelata[100] bensì piuttosto sull’intensità del potere che la confronta. In altre parole, sembra quasi che la geometria dell’accesso speciale sia meglio definita dall’interesse pubblico che lo contrasta piuttosto che dal perimetro espansivo di un diritto fondamentale all’apparenza tutelato (diritto che finisce con l’avere talmente tante sfaccettature da divenire piuttosto inafferrabile). D’altro canto, se si potesse affermare che il diritto alla conoscenza ha la propria massima espressione allorquando strumentale alla tutela giurisdizionale, non si spiegherebbe la disciplina processuale superspeciale in materia di appalti, che finisce per provocare addirittura una decadenza probatoria sui generis[101]. Non può infatti dirsi che la necessità defensoriale abbia una diversa consistenza a seconda della giurisdizione azionata, ancorché questa sarebbe la conclusione necessitata ove si guardasse la diversità di trattamento della fattispecie nell’accesso difensivo erariale[102], ove il diritto alla conoscenza trova di contro massima espressione.

Insomma, una prima conclusione cui si può giungere è anzitutto costituita dal fatto che esistono nell’ordinamento accessi speciali di pari dignità rispetto all’accesso documentale “tradizionale”, all’accesso civico e all’accesso civico generalizzato. Si tratta di forme espressive di questo “diritto alla conoscenza” dotate di tale specificità da non poter essere ricondotte così facilmente in termini di specie a genus nell’alveo di disciplina di cui alla l. n. 241/1990[103].

Una seconda conclusione, invece, attiene alla perdurante attualità ed interesse del dibattito in ordine alla natura dei diversi “diritti” di accesso. Interesse dovuto alle ricadute in termini di soluzioni pratiche prospettabili, perché la qualificazione reale di ciò che sulla carta è chiamato “diritto” riverbera inevitabilmente su una serie di fattori conseguenti: sulla discrezionalità operabile dalla P.A. (che, a sua volta, comunque incide sulla profondità del sindacato giurisdizionale)[104]; sulla proponibilità della domanda oltre il termine decadenziale ad agire; sulla qualificazione in termini di azione di accertamento oppure di carattere impugnatorio del giudizio ex art. 116 c.p.a.[105]. Rimane però insoluta la questione intorno alla reale consistenza del “diritto” di accesso, che appare certo più “diritto” con riferimento all’accesso difensivo contabile, posto che non vi si ravvede alcun bilanciamento di interessi, né valutazione della legittimazione, né perimetrazione oggettiva degli atti, ma anche considerando che a decidere è un magistrato e non la pubblica amministrazione.

Insomma, le discipline degli accessi speciali rendono questi “diritti” troppo diversi per poter essere ricondotti ad una unitarietà reale, ossia una unica situazione giuridica soggettiva preordinata alla conoscenza che possa dirsi comune base sostanziale per tutte le fattispecie. Peraltro, forse la mancanza di unitarietà deriva proprio dal fatto che la situazione sottostante è troppo liquida e influenzata da decisioni contingenti di bilanciamento dell’interesse pubblico – comunque sempre presenti – per poter essere considerata essa stessa un diritto nel senso reale del termine. E ciò, anche quando la conoscenza “serve” diritti fondamentali, come quello alla difesa.

  1. Senza pretesa di esaustività, si rinvia a F. Caringella, La plenaria riscrive le regole sostanziali e processuali dell’accesso, in Diritto processuale amministrativo, I, 2000, pag. 149 e ss., N. Paolantonio, L’accesso alla documentazione amministrativa, in F.G. Scoca (a cura di), Diritto amministrativo, Torino, 2014, pag. 271 e ss., A. Romano, L’accesso ai documenti amministrativi, in A. Romano (a cura di), L’azione amministrativa, Torino, 2016, pag. 910 ss., A. Simonati, I principi in materia di accesso, in M.A. Sandulli (a cura di), Codice dell’azione amministrativa, Milano, 2017, pag. 1209 e ss., F. Manganaro, Evoluzione ed involuzione delle discipline normative sull’accesso a dati, informazioni ed atti delle pubbliche amministrazioni, in Diritto Amministrativo, 4, 2019, pag. 743 ss., S. Sergio, Il diritto d’accesso procedimentale e il diritto d’accesso civico, in Federalismi.it, 20, 2020, G. Gallone, A.G. Orofino (a cura di), L’accesso civico: morfologia e tutela, in Giurisprudenza italiana, 3, 2021, pag. 725 e ss. Per una lettura alternativa, in termini di diritto di accesso come interesse legittimo, si veda pure G.P. Cirillo, Lezioni di diritto civile pubblico, Roma, 2005, pag. 149 e ss. Anche la giurisprudenza, pur con alterni orientamenti si è nel tempo vivacemente occupata del tema. Si ricorda, per tutti, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 16/1999 che ha affermato la natura di interesse legittimo della posizione giuridica vantata del privato che istava per l’ostensione documentale, cui ha fatto seguito a stretto giro la sentenza della sez. VI, n. 2983/2003 che ha invece affermato, in senso radicalmente difforme, come «il diritto di accesso ai documenti amministrativi ha natura di diritto soggettivo, in quanto la legge ne disciplina minutamente l’attribuzione e l’esercizio e perché non è correlato all’esistenza di un potere amministrativo, potendo trovare un limite solo in specifiche e tassative esigenze di riservatezza».
  2. Cfr. per tutti, S. Villamena, Il c.d. Foia (o accesso civico 2016) ed il suo coordinamento con istituti consimili, in Federalismi.it, 23, 2016. Con riferimento specifico al principio di trasparenza amministrativa in correlazione con le diverse tipologie di accesso agli atti si veda I.A. Nicotra, La dimensione della trasparenza tra diritto alla accessibilità totale e protezione dei dati personali: alla ricerca di un equilibrio costituzionale, in Federalismi.it, 11, 2015, nonché, del medesimo Autore, La trasparenza e la tensione verso i nuovi diritti di democrazia partecipativa, in L’Autorità nazionale anticorruzione, Torino, 2016, pag. 143 e ss. In senso critico vedasi invece F. Tigano, A chi serve la trasparenza: libere riflessioni su un saggio di Antonio Romano, in F. Astone, M. Caldarera, F. Manganaro, F. Saitta, N. Saitta, A. Tigano (a cura di), Scritti in memoria di Antonio Romano Tassone, Napoli, 2018, pag. 2601 e ss.
  3. Si utilizza l’espressone di G. Arena, Il segreto amministrativo, Profili storici e sistematici, Milano, 1983. Cfr. anche G. Corso, Potere politico e segreto, in F. Merloni (a cura di), La trasparenza amministrativa, Milano, 2008, pag. 267 e ss.
  4. Insomma, si vuole progredire secondo un movimento che rende sempre più conoscibile quanto succede negli interna corporis amministrativi: così I.F. Caramazza, Dal principio di segretezza al principio di trasparenza. Profili generali di una riforma, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 3, 1995, pag. 941 e ss. In particolare, l’Autore pone in rilievo come il movimento che – al tempo – portava alla progressiva conoscibilità all’esterno dell’azione amministrativa era analogo a quanto già a suo tempo avvenuto in materia di urbanistica ed edilizia, dove il processo decisionale era esternalizzato nella sua stessa formazione proprio in ragione degli interessi ivi coinvolti e, nella decisione stessa, contemperati.
  5. Si utilizza qui la felice espressione di A. Corrado, Conoscere per partecipare: la strada tracciata dalla trasparenza amministrativa, Napoli, 2018.
  6. Specie quanto a presupposti e limiti.
  7. E questo perché, come sottolinea F. Francario, Il diritto di accesso deve essere una garanzia effettiva e non una mera declamazione retorica, in Federalismi.it, 10, 2019, le diverse tipologie di accesso sottendono a situazioni giuridiche soggettive diverse, che necessitano pertanto, a loro volta, di modalità di tutela differenziate, anche nel procedimento amministrativo.
  8. In riferimento alla disciplina previgente, per tutti, si rinvia a S. Mezzacapo, Commento all’art 53. Accesso agli atti e riservatezza, in G.M. Esposito (a cura di), Codice dei contratti pubblici. Commentario di dottrina e giurisprudenza, Vicenza, 2017, pag. 648 e ss. oltre a G.D. Comporti, Il procedimento e il responsabile (artt. 31, 32, 33, 40, 44, 52, 53), in M. Clarich (a cura di), Commentario al codice dei contratti pubblici, Torino, 2019. Per una introduzione generale sul principio di trasparenza nella contrattualistica pubblica, invece, il riferimento corre a AA.VV., Studi sui principi del codice dei contratti pubblici, Napoli, 2023, in particolare pag. 285 ss., oltre alla relativa introduzione a cura di F.G. Scoca.
  9. In punto, cfr. M. Occhiena, Il procedimento preliminare al giudizio dinanzi alla Corte dei Conti, Napoli, 2009, e A. Vetrò, Analisi del decreto legislativo 26 agosto 2016 n. 174, codice di giustizia contabile, adottato ai sensi dell’art. 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in LexItalia.it.
  10. Vi si includono, in particolare, l’accesso ex l. n. 241/1990, l’accesso civico e l’accesso civico generalizzato, come noto, entrambi disciplinati dal d.lgs. n. 33/2013. Si utilizza per queste tipologie l’attributo “tradizionali” a dare conto del fatto che si tratta di ipotesi da tempo conosciute ed oggetto di particolare approfondimento ad opera della giurisprudenza e della dottrina.
  11. Oltre ai riferimenti di cui alla nota 1, si vedano ulteriormente sul punto D.U., Galetta, Transparency and Access to Public Sector Information In Italy: a Proper Revolution?, in Italian Journal of Public Law, 2, 2014, Id., Accesso civico e trasparenza della Pubblica Amministrazione alla luce delle (previste) modifiche alle disposizioni del D.Lgs. n. 33/2013, in Federalismi.it, 5, 2016, pag. 17 e ss.
  12. E. Carloni, L’amministrazione aperta. Regole strumenti limiti dell’open government, Santarcangelo di Romagna, 2008, afferma in particolare che «Né il segreto dell’autoritarismo, né quello del paternalismo, possono avere cittadinanza quali criteri idonei a reggere i rapporti tra amministrazione, potere pubblico e popolo», pag. 52, cit. Del medesimo Autore si veda anche La «casa di vetro» e le riforme. Modelli e paradossi della trasparenza amministrativa, in Diritto pubblico, 3, 2009, pag. 806 e ss.
  13. Poiché solo mettendo i cittadini in grado di conoscere quelle che sono le ragioni delle decisioni assunte o, quantomeno, i relativi risultati sulla macchina amministrativa – in questo caso ci si riferisce specificamente alle istanze di accesso civico e accesso civico generalizzato – si può attuare quel percorso di “amministrazione condivisa” attraverso la conoscenza, come ben illustrato da A. Corrado, op. cit. Vedasi anche, per spunti analoghi, M. Savino, Il Foia italiano. La fine della trasparenza di Bertoldo, in Giornale di diritto amministrativo, 9, 2013, pag. 593 e ss.
  14. Come noto, ormai da tempo risalente (cfr. in particolare le intuizioni fondamentali di F. Benvenuti, L’istruzione nel processo amministrativo, Padova, 1953, come pure, recentemente, M.A. Sandulli (a cura di), Il giudizio amministrativo. Princìpi e regole, Napoli, 2024, in specie pag. 701 e ss.), larga parte della tutela giurisdizionale del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione si gioca sulla capacità di questi di produrre in giudizio le carte che consentano la valutazione della vicenda procedimentale. Ossia, che consentano la ricostruzione del fatto amministrativo. Così G. De Giorgi Cezzi, La ricostruzione del fatto nel processo amministrativo, Napoli 2003; vedasi anche, con riguardo ai risvolti che questa ricostruzione assume in punto effettività della tutela, M. Renna, Giusto processo ed effettività della tutela in un cinquantennio di giurisprudenza costituzionale sulla giustizia amministrativa: la disciplina del processo tra autonomia e “civilizzazione”, in G. Della Cananea, M. Dugato (a cura di), Diritto amministrativo e Corte costituzionale, Collana Cinquanta anni della Corte costituzionale della Repubblica italiana, Napoli 2006, pag. 573 e ss. e a F. Saitta, Vicinanza alla prova e codice del processo amministrativo: l’sperienza del primo lustro, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, 3, 2017, pag. 911 e ss.
  15. In questa precipua caratteristica si rammostra la strumentalità del “diritto di accesso” rispetto alla situazione giuridica principale tutelata, cfr. sul concetto di strumentalità già M.A. Sandulli, voce Accesso ai documenti amministrativi, in Enciclopedia del diritto, 2000, agg. 6, pag. 6. Appare nondimeno chiaro sin d’ora che assumere la sussistenza di un diritto quale posizione giuridica servente rispetto ad un interesse legittimo risulti quasi controintuitivo, sebbene, laddove di diritto in senso proprio si possa parlare, la sussistenza dello stesso quale posizione perfetta correlata alla mera conoscenza del documento non sarebbe di per sé incompatibile con la soggezione della posizione giuridica principale (l’interesse legittimo) all’esercizio del potere pubblico. Ciò è coerente con ciò che già T. Miele, Il procedimento amministrativo e il diritto di accesso. Lo stato di attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, Torino, 1995, definiva come «passaggio dal concetto di amministrazione-autorità a quello di amministrazione-servizio», pag. 181, cit. Tanto sebbene si legga nelle sentenze come Consiglio di Stato, sez. VI, 15 novembre 2018, n. 6444, in Foro amministrativo, 11, 2018, pag. 1953 e ss., che «a fronte della chiara indicazione – così come formulata dalla parte istante – sia della documentazione richiesta sia delle esigenze connesse all’esercizio del diritto di accesso ex art. 24 comma 7 cit., oltre che coerente coi termini indicati dalla giurisprudenza sovranazionale sopra esaminata, all’Amministrazione non è consentito andare oltre una valutazione circa l’esistenza della situazione soggettiva da tutelare e di una concreta necessità di tutela, non potendo la stessa apprezzare nel merito la fondatezza della pretesa o le strategie difensive dell’interessato», così di fatto ridimensionando fortemente la componente discrezionale nella valutazione quanto alla effettiva sussistenza dei presupposti dell’istanza di accesso. Sotto il profilo probatorio si rinvia nuovamente a F. Saitta, op. cit.
  16. Un riferimento significativo in punto si ricava dalle linee guida ANAC di cui alla delibera n. 1309/2016 che affermano come «nell’ordinamento dell’Unione Europea, soprattutto a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (cfr. art. 15 TFUE e capo V della Carta dei diritti fondamentali) il diritto di accesso non è preordinato alla tutela di una propria posizione giuridica soggettiva, quindi non richiede la prova di un interesse specifico, ma risponde ad un principio genarle di trasparenza dell’azione dell’Unione ed è uno strumento di controllo democratico sull’operato dell’amministrazione europea, volto a promuovere il buon governo e garantire la partecipazione della società civile». Alla luce di ciò l’Autorità conclude affermando che «il diritto di accesso civico generalizzato si configura – come il diritto di accesso civico disciplinato dall’art. 5, comma 1, come diritto a titolarità diffusa». Di per sé, tuttavia, l’espressione diritto è anodina: ad esempio il T.A.R. per la Campania, sede di Napoli, n. 2486/2019, ha affermato, nel rigettare il ricorso avverso il diniego all’accesso, come «l’istanza proposta, secondo recente giurisprudenza, non sarebbe rispondente al soddisfacimento di un interesse che presenta una valenza pubblica, ma resta confinato ad un bisogno conoscitivo esclusivamente privato (cfr. TAR Lazio, Roma, n. 7326/2018)».
  17. Vedasi G. Delle Cave, L’accesso difensivo post Adunanza Plenaria n. 4/2021 tra potere valutativo della P.A. e apprezzamento del giudice (nota a Consiglio di Stato, Sez. III, 25 febbraio 2022, n. 1342), in Giustizia Insieme, 28 aprile 2022, come pure, per tutti, G. Tropea, Forme di tutela giurisdizionale dei diritti d’accesso: bulimia dei regimi, riduzione delle garanzie?, in Il Processo, I, 2019, pag. 71 e ss.
  18. Si pensi, ad esempio, agli studi operati in materia di accesso ai dati ambientali, ove si pone in rilievo la circostanza per cui la conoscenza è veicolo di tutela dell’interesse – giocoforza adespota – alla salute e all’ambiente. Cfr. I.A. Nicotra, Dall’accesso generalizzato in materia ambientale al “Freedom of information act”, in Federalismi.it, 12, 2018, o G. Pizzanelli, Il contributo dell’accesso alle informazioni ambientali alla tutela del patrimonio pubblico, in Nuove Autonomie, 1, 2020, pag. 71 e ss., così come F. Manganaro, L’evoluzione sul principio di trasparenza amministrativa, in Scritti in memoria di Roberto Marrama, Napoli, 2012. In giurisprudenza, ex multis, occorre segnalare T.A.R. per la Lombardia, sede di Milano, sez. I, 17 marzo 2020, n. 510, secondo cui nell’accesso civico (e nell’accesso civico generalizzato) «la posizione sostanziale tutelata è comunque altra rispetto al mero interesse o diritto alla informazione o trasparenza, concretandosi nello status di cittadino e nel correlato interesse, di “valenza metaindividuale” al controllo sull’utilizzo delle risorse pubbliche e alla partecipazione al dibattito pubblico».
  19. In questi termini, infatti, si intende l’accesso civico quale “diritto di cittadinanza”, siccome afferente alla conoscenza del funzionamento della macchina burocratica che risulta preordinata all’esercizio delle facoltà democratiche dell’individuo. Cfr. A. Corrado, op. cit.
  20. Si pensi, a mero titolo di esempio, alle tesi sostenute da autori stranieri come S. Fernandez Ramos, El derecho de acceso a los documentos administrativos, Madrid, 1997, secondo il quale, alla luce dell’architettura della Grande Europa e del diritto unionale, il diritto di accesso si qualificherebbe come diritto fondamentale in quanto diretto predicato del diritto alla trasparenza amministrativa. Oppure a tesi come quella formulata da A.G. Orofino, Forme elettroniche e procedimenti amministrativi, Bari, 2008 (ma anche, del medesimo Autore, Sull’obbligo di pubblicazione in internet di bandi ed avvisi di gara ex art. 24, l. 20 novembre 2000 n. 340, in Foro Amministrativo – TAR, 3, 2003, pag. 678 e ss.), secondo il quale possono considerarsi livelli essenziali delle prestazioni anche servizi di natura burocratica come quelli direttamente attinenti al rilascio dei documenti amministrativi in sede di accesso agli atti.
  21. Di cui al recente d.lgs. n. 36/2023, Codice dei contratti pubblici.
  22. Di cui al d.lgs. n. 174/2016, Codice di giustizia contabile.
  23. Essendo, per l’appunto, le due architetture normative specificamente applicabili in via esclusiva ai settori disciplinari di afferenza, con priorità e conseguente deroga rispetto alle norme d’ordine generale della l. n. 241/1990 e al d.lgs. n. 33/2013. Per tutti, M.M. Fracanzani, Analogia e interpretazione estensiva nell’ordinamento giuridico, Milano, 2003, in tema di limiti applicativi delle disposizioni speciali.
  24. In altri termini, la natura della posizione sottostante, protetta in via indiretta dalle norme sugli accessi speciali, pare subire a sua volta alterazioni ove venga a rilevanza per queste discipline.
  25. Si pensi ad esempio all’art. 53 d.lgs. n. 50/2016 come pure all’art. 13 del d.lgs. n. 163/2006 (del quale il primo è essenzialmente riproduttivo). Cfr. in dottrina C. Villanacci, La trasparenza nei contratti pubblici, in M. Corradino – S. Sticchi Damiani (a cura di), I nuovi appalti pubblici. Commento al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e successive modifiche, Milano, 2021, pag. 33 e ss., come pure A. Moliterni, Pluralità di accessi, finalità delle trasparenze e disciplina dei contratti pubblici, in Giornale di diritto amministrativo, 4, 2020, pag. 505 e ss.
  26. In altri termini, le disposizioni si occupavano precipuamente di specificare le cause di esclusione di cui all’art. 24 l. n. 241/1990.
  27. Chiaro sul punto il Consiglio di Stato, sez. V, 27 ottobre 2014, n. 5280, nell’affermare, con riguardo al Codice del 2006 che «detto articolo, nella parte in cui prevede il differimento del diritto di accesso a documenti relativi ai contratti pubblici, deve essere interpretato in modo restrittivo, rappresentando una norma eccezionale, derogatoria rispetto alle ordinarie regole in materia di accesso». Peraltro, tale principio di stretta “eccezionalità” con le conseguenti regole interpretative è stato successivamente confermato dal medesimo Consesso, nella sede dell’Adunanza Plenaria 2 aprile 2020, n. 10, con riguardo alle esclusioni dell’operatività dell’accesso civico generalizzato di cui all’art. 5-bis, d.lgs. n. 33/2013, laddove i Giudici di Palazzo Spada hanno ricordato che le esclusioni non possono operare per intere materie dell’ordinamento (sentenza commentata da F. Manganaro, La funzione nomofilattica dell’Adunanza plenaria in materia di accesso agli atti amministrativi, in Federalismi.it, 20, 2020).
  28. Sebbene, per la precisione, successivamente la giurisprudenza sembra avere a volte virato verso una natura “partecipativa” dell’accesso agli atti, valorizzando la collaborazione tra pubblico e privato nell’individuazione dell’offerta migliore che è veicolata da pubblicità e trasparenza piuttosto che incentrarsi nel valorizzare la funzione probatoria di carattere giurisdizionale che il diritto di accesso viene ad assumere nelle procedure di gara. Così, vedasi P. Rubechini, Appalti pubblici e diritto di accesso (commento a Cons. St., sez. V, 2 agosto 2019, n. 5503), in Giornale di diritto ammnistrativo, 2, 2020, pag. 232 e ss., come pure F. Manganaro, L’evoluzione del principio di trasparenza, in Astrid – Rassegna, 22, 2009 e La funzione, op. cit., in cui, in particolare, l’Autore afferma l’ontologica differenza tra accesso procedimentale e accesso civico, laddove quest’ultimo, però, può anche connotarsi di venature latamente defensoriali. L’Autore conferma, comunque, sulla base della sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 10/2020, che l’accesso nell’ambito dei Contratti pubblici non appartiene ad un genere differente rispetto all’accesso procedimentale e all’accesso civico.
  29. Interessante, ad una prima esegesi della disciplina, quanto affermato da T.A.R. per la Puglia, sede di Bari, sez. II, 1° dicembre 2023, n. 1388, ove, nel ricostruire storicamente la disciplina in tema di accesso, il giudice rileva che «il nuovo Codice Appalti 2023 (cfr. D.Lgs. n. 36/2023) ha introdotto una nuova disciplina dell’accesso agli atti di gara che … è oltre modo significativo rispetto alle tendenze ideologico culturali, oltre che ovviamente giuridiche, verso le quali il sistema sta evolvendo. Una novità rilevante è sicuramente prevista all’art. 36: con la comunicazione digitale dell’aggiudicazione, verranno rese note anche le decisioni assunte dalla Stazione appaltante sulle richieste di oscuramento di parti delle offerte, formulate dagli offerenti a tutela dei loro segreti tecnici o commerciali. In tal modo si vuole palesemente accelerare la procedura; gli operatori non dovranno più formulare alcuna istanza di accesso. Inoltre, ai primi cinque classificati in graduatoria, sarà consentito visionare reciprocamente le rispettive offerte, sempre attraverso le piattaforme informatiche. Ma si noti che tutto verrà deciso in autonomia dalla Stazione appaltante al momento di valutazione delle offerte: non è previsto un preliminare avviso all’offerente, quale controinteressato, circa l’intenzione di rendere visibili le parti di offerte indicate come segrete, né viene disciplinato un contraddittorio sul punto prima dell’aggiudicazione. Le decisioni sulle richieste di oscuramento, comunicate appunto contestualmente all’aggiudicazione, potranno essere impugnate solamente per le vie giudiziali, nel breve termine – ai limiti del giugulatorio – di dieci giorni. Il quadro che emerge è, per l’appunto, quello della pubblicizzazione integrale della gara pubblica e l’eradicazione, si spera definitiva di tutto il contenzioso sviluppatosi negli ultimi anni sulla, spesso strumentale, difesa del c.d. know how industriale e commerciale». Sul punto vedasi anche G. Caringella, Il nuovo codice dei contratti pubblici: riforma o rivoluzione?, in giustizia-amministrativa.it, ove l’Autore rileva proprio la sussistenza di questa linea evolutiva nell’applicazione di principi che non vengono creati ex novo quanto piuttosto consolidati.
  30. Rispettivamente, art. 22, l. n. 241/1990 e art. 5 e 5-bis, d.lgs. n. 33/2013.
  31. Ivi compresa, peraltro, l’esplicitazione che la rivelazione dei segreti anteriormente al momento nel quale il Codice ritiene ostensibili i documenti concreta una ipotesi di rivelazione o utilizzazione di segreto d’ufficio ai sensi dell’art. 326 del Codice penale. Sul punto cfr. L. Capozzo, A. Gorga, I delitti contro la pubblica amministrazione nell’ambito del d.lgs. n. 50/2016 – Codice dei contratti pubblici: fattispecie incriminatrici e loro applicazione, in Amministrazione e contabilità dello Stato e degli enti pubblici, 15 aprile 2021. Peraltro, la ricerca di un punto di contemperamento tra le esigenze di conoscibilità riconnesse alla tutela giurisdizionale dei concorrenti e la necessità di proteggere i segreti industriali e, ancor più, la regolarità della procedura di gara, era stata oggetto di approfondimento già a partire dalla ancor previgente disciplina del d.lgs. n. 163/2006. Nello specifico, il riferimento corre a V. Veneziano, La trasparenza dell’azione amministrativa tra tutela del diritto di accesso e tutela del diritto alla riservatezza: alla ricerca di un equilibrio, in M.P. Chiti, G. Palma (a cura di), I principi generali dell’azione amministrativa, Napoli, 2006, nonché, del medesimo Autore, La trasparenza dell’azione amministrativa tra tutela del diritto di accesso e tutela del diritto alla riservatezza: alla ricerca di un equilibrio, in F. Merloni, G. Arena, G. Corso, G. Gardini, C. Marzuoli (a cura di), La trasparenza amministrativa, Milano, 2008.
  32. Per tutti, senza pretesa di esaustività, A. Gandino, Sulla pubblicità delle sedute di gara: riflessioni a margine della trasparenza amministrativa nel codice dei contratti pubblici (e non solo), in Foro amministrativo – TAR, 2009, pag. 1276 ss. nonché, in senso parzialmente difforme nell’ammettere, comunque, l’estrazione in copia in caso di necessità afferenti alla tutela giurisdizionale, Consiglio di Stato, sez. VI, 19 ottobre 2009, n. 6393.
  33. Sulla scorta del precedente art. 35, comma 4, lett. a), del Codice dei contratti pubblici.
  34. Si tratta per vero di una disposizione simile a quanto previsto in materia elettorale dall’art. 129 c.p.a., riguardante nello specifico i provvedimenti di esclusione dalla competizione. In tale rito, E. Romano, Il contenzioso elettorale, in G.P. Cirillo (a cura di), Il nuovo diritto processuale amministrativo, Milano, 2014, pag.1277 e ss. e, nello specifico, pag. 1283, sottolinea in particolare che la tutela giurisdizionale è stata disegnata ricercando una sintesi tra le esigenze di tutela immediata dei partecipanti alla competizione elettorale, che non trovava inizialmente una pronta risposta, e l’interesse – immanentemente pubblico – al celere svolgimento della competizione medesima. Vedasi anche C.E. Gallo, L’ambito del giudizio elettorale nella decisione dell’Adunanza plenaria n. 10 del 2005, in Foro amministrativo – Consiglio di Stato, 10, 2005, pag. 3244 e ss., nonché, con riflessioni analoghe, R. Chieppa, Riflessi della sentenza n. 236 del 2010 sulla tutela degli atti e il procedimento preparatorio alle elezioni (codice del processo amministrativo e procedimento elettorale politico), in Giurisprudenza costituzionale, 11, 2010, pag. 2905 e ss. Si può sin d’ora affermare, tuttavia, che le esigenze imperative sottese alla necessità di definizione immediata dei giudizi elettorali (ossia in buona sostanza non lasciare sospeso il vertice rappresentativo politico) non possono dirsi comuni alla materia degli appalti pubblici.
  35. Termini che fanno luogo di quelli ordinari della predetta norma, e cioè, quanto all’impugnazione, 30 giorni dal rigetto o dal perfezionarsi del silenzio-rifiuto e, a sua volta, quanto alla costituzione in giudizio, 30 giorni dal perfezionarsi della notifica in ragione della dimidiazione generale dei termini processuali operanti per il rito camerale. Sul punto, quanto all’iter processuale “ordinario” e la relativa applicazione, si rinvia a S. Fiorenzano, Il rito in materia di accesso ai documenti amministrativi, in G.P. Cirillo (a cura di), Il nuovo diritto processuale amministrativo, Milano, 2014, pag. 1111 e ss. nonché R. De Nictolis (a cura di), Codice del processo amministrativo commentato, Milano, 2012, sub art. 116, pag. 1799 e ss. In giurisprudenza, in ordine alla dimidiazione generale dei termini processuali fatto salvo quello introduttivo, vedasi T.A.R. per la Campania, sede di Napoli, sez. VI, 10 febbraio 2012, n. 18.
  36. Cfr. Consiglio di Sato, sez. V, 7 novembre 2008, n. 5573, ove si sostiene che il giudizio sia «volto ad accertare la sussistenza o meno del titolo all’accesso nella specifica situazione alla luce dei parametri normativi, indipendentemente dalla maggiore o minore correttezza delle ragioni addotte dall’amministrazione per giustificare il diniego». Contra, però, S. Fiorenzano, op. cit., pag. 1113, il quale sostiene invece che il rito ex art. 116 c.p.a. abbia natura essenzialmente impugnatoria.
  37. Nella misura in cui all’operatore economico saranno sottratti i mezzi per dare prova dei vizi attinenti al contenuto dell’offerta laddove questi siano dichiarati segreti commerciali. Il senso dell’espressione «con ricorso notificato e depositato entro dieci giorni», infatti, non lascia adito a dubbi circa la natura decadenziale dell’adempimento ai fini della propria tutela giurisdizionale: cfr. B. Grasso, Sulla distinzione tra prescrizione e decadenza, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, 6, 1970, pag. 886 e ss., nonché, del medesimo Autore, Prescrizione e decadenza (diritto civile), in Enciclopedia Treccani, Milano, 2015
  38. Tale è, secondo N. Durante, La decadenza, tra principi generali ed applicazioni amministrative e tributarie, Relazione svolta al convegno di studi sul tema “Le decadenze nel sistema tributario” celebratosi il 28 aprile 2021 in giustizia-amministrativa.it, 2021, il trattamento processuale naturale ove la posizione giuridica abbia la consistenza dell’interesse legittimo all’interno dell’ordinamento. Vedasi in punto, su posizioni analoghe, anche A. Marra, Il termine di decadenza nel processo amministrativo, Milano, 2012.
  39. Nemmeno propriamente tecnico, dovendo valutare, come da giurisprudenza costante (ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 7 gennaio 2020, n. 64, T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, sez. I, 11 agosto 2021, n. 9363, nonché 22 luglio 2021, n. 8858) la capacità di quel segreto di essere una fonte di produzione di reddito per l’impresa che ritiene vantarlo.
  40. Si usa questo termine per precisare che lo stesso è disciplinato come una posizione giuridica che si confronta con il potere e non con una mera valutazione-riscontro di tipo tecnico sulla sola sussistenza di requisiti puntualmente predeterminati dalla legge. Così la teoria generale del diritto amministrativo già in S. Romano, Poteri, potestà, in Frammenti di un dizionario giuridico, Milano, 1947.
  41. Va da sé, infatti, che un diritto soggettivo pieno a conoscere dei documenti invece indebitamente secretati, specie ove ulteriormente riconnesso alle esigenze di difesa, non potrebbe andare oggetto invece di una disciplina tanto limitante rispetto ai termini di difesa. Ciò sulla base degli insegnamenti generali ritratti dalla Corte costituzionale, sentenza 5 luglio 2004, n. 204.
  42. Ciò si deduce, infatti, dalla circostanza che, in ogni caso, i documenti non possono essere messi a disposizione degli operatori economici fintantoché non sia trascorso il termine ad impugnare di dieci giorni.
  43. Ossia, in altri termini, sulla relativa sfera giuridico patrimoniale, in quanto le conoscenze che possono essere rese note potenzialmente sono idonee a determinare la capacità commerciale dell’impresa di produrre reddito. Così, in ultimo ed ex multis, T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, sez. I-bis, 26 febbraio 2024, n. 3811.
  44. Sebbene non sia del tutto chiaro, in questi casi, se i termini di cui all’art. 55 siano a loro volta dimidiati siccome ci si trova nell’ambito di un rito appalti ove verrebbe applicato l’art. 120 c.p.a. Nondimeno, data la significativa specialità di questo particolare rito in materia di accesso, dovrebbe darsi preferibilmente risposta negativa.
  45. Se si va a leggere, infatti, l’art. 116 c.p.a., l’unica norma che può trovare residua applicazione è quella relativa alla possibilità di nominare un commissario ad acta. In ultimo, circa la residua ambiguità della disciplina del commissario ad acta e il regime giuridico dei relativi atti, vedasi A. Crismani, Il risiko dei termini e ambiguità sulla disciplina del reclamo avverso gli atti del commissario ad acta nel rito del silenzio (nota a Consiglio di Stato, sez. III, 8 gennaio 2024, n. 254), in Giustizia Insieme, 6 marzo 2024, oltre a N. Durante, I rimedi contro l’inerzia dell’amministrazione: istruzioni per l’uso, con un occhio alla giurisprudenza e l’altro al codice del processo amministrativo, in giustizia-amministrativa.it, 13 settembre 2010 e L. Viola, Le azioni avverso il silenzio della P.A. nel nuovo codice del processo amministrativo: aspetti problematici?, in Il Foro Amministrativo – TAR, 10, 2010, pag. 3393 e ss.
  46. Nei termini già ricordati di S. Fiorenzano, op. cit., ancora, pag. 1113.
  47. Comunicazione prescritta dall’art. 90 del Codice dei contratti pubblici.
  48. Pur restando ferma, evidentemente, la possibilità di stendere motivi di censura o gravare ulteriori atti attraverso l’istituto dei motivi aggiunti propri ed impropri. Cfr. per un inquadramento generale dell’istituto, C. Mignone, I motivi aggiunti nel processo amministrativo, Padova, 1984, C.E. Gallo, La modificazione della domanda nel processo amministrativo, Torino, 1985, oltre, più recentemente, a C. Cacciavillani, Sul ricorso per motivi aggiunti di cui all’art. 21 della legge TAR, come modificato dalla legge n. 205 del 2000, in Diritto processuale amministrativo, 1, 2001, pag. 191 e ss. e F. Trimarchi, I motivi aggiunti nel codice del processo amministrativo, in Diritto processuale amministrativo, V, 2010, pag. 949 e ss. In casi come quello in esame, tuttavia, forte è il rischio che il nuovo ricorso venga eccepito come “integrativo” ossia come una impropria integrazione fuori termine di motivi di ricorso che già avrebbero dovuto essere enucleati tempestivamente entro il previsto dies ad quem decadenziale della censura avverso l’intercorsa aggiudicazione. Sul punto, ci si riferisce alla ricostruzione teorica di C. Mignone, Il ricorso integrativo (ovvero falsi motivi aggiunti) nel processo dinanzi ai tribunali amministrativi, in Foro amministrativo – TAR, 12, 2002, pag. 4174 e ss.
  49. Ci si rifà in punto al pensiero di M.A. Sandulli, La consulenza tecnica d’ufficio, in Foro amministrativo – TAR, 12, 2008, pag. 3533 e ss.
  50. Laddove, invece, il rito seguito non dovrebbe incidere sulla effettività della tutela garantita dal sistema processuale, cfr. G. Morbidelli (a cura di), Codice della giustizia amministrativa, III ed., Milano, 2015.
  51. Non solo per la collocazione normativa e per l’oggetto specifico di disciplina, ma anche per il periodo di emanazione della norma, di quasi dieci anni anteriore rispetto al Codice dei contratti pubblici oggi vigente.
  52. Si utilizza questa espressione per dare conto del fatto che si tratta di una forma di accesso ai documenti eminentemente preordinata al soddisfacimento di finalità, appunto, defensoriali nel corso di un giudizio di responsabilità erariale attivato a seguito di un invito a dedurre spiccato da una Procura presso la Corte dei conti. In ordine alle modalità generali di svolgimento del processo di responsabilità amministrativo contabile si rinvia a M. Sciascia, Manuale di diritto processuale contabile, Milano, 2018.
  53. Come meglio si dirà, il legame tra la necessità di tutelare la propria posizione giuridica soggettiva e l’esigenza conoscitiva si ritrae direttamente dalla circostanza che la Procura ha attinto il richiedente l’accesso con invito a dedurre. Tra le varie tutele che il Codice processuale contabile prevede in favore dell’incolpato, infatti, vi è pure la possibilità di accedere ai documenti necessari alla difesa. Si tratta, con tutta probabilità, di uno dei diretti predicati del diritto di difesa costituzionalmente garantito, di cui all’art. 24 e 111 Cost. Cfr. ex multis, G. Lauricella, Il diritto costituzionale alla difesa tra funzione di governo ed esercizio dell’azione penale, in Quaderni costituzionali, 21 febbraio 2011, così come L.P. Comoglio, Il II comma dell’art. 24, il diritto di difesa nel processo civile, in G. Branca (a cura di) Commentario, Milano, 1981, pag. 53 e ss. e, con specifico riguardo alla giurisdizione speciale, M. Sanino, Codice del processo amministrativo, Torino, 2011.
  54. Nello specifico, peraltro questa tipica attività inquisitoria può essere dal Pubblico Ministero delegata anche agli organi di polizia. Di contro, evidentemente non potrà essere delegata alcuna attività che imponga valutazione o decisione sulle risultanze istruttorie, come tra le altre affermato da Corte di Cassazione, Sez. Lav., 20 dicembre 2018, n. 33020, seppur in diversa materia. La sentenza non è tuttavia impertinente, poiché una delle particolarità dell’istruttoria nel processo di responsabilità erariale è che essa può altresì essere delegata «ai dirigenti o funzionari di qualsiasi pubblica amministrazione individuati in base a criteri di professionalità», come previsto altresì dallo stesso art. 56.
  55. Nello specifico, ci si riferisce all’art. 22, comma 1, l. n. 241/1990, che definisce il “diritto di accesso”, «il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi». La definizione recata nel Codice processuale contabile, quindi, è analoga sia con riferimento al diritto garantito (presa visione ed estrazione di copia), quanto con riguardo al suo oggetto (costituito da documenti amministrativi).
  56. È noto, infatti, che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 19 del 25 settembre 2020, ha stabilito che «L’accesso documentale difensivo può essere esercitato indipendentemente dalla previsione e dall’esercizio dei poteri processuali di esibizione istruttoria di documenti amministrativi e di richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione» con l’ulteriore precisazione per cui, in linea generale, nell’accesso difensivo trovano alternativamente applicazione i criteri di indispensabilità o, con riferimento ai diritti supersensibili eventualmente pregiudicati dalla conoscenza del documento, della indispensabilità combinata alla parità di rango del diritto che in tesi deve essere tutelato a mezzo dell’accesso. Questi criteri, pur in obiter dicta, vengono confermati come regola generale di interpretazione del principio di necessarietà correlato all’accesso che attenga a documenti contenenti informazioni riservate ogniqualvolta detto bilanciamento non sia già stato operato dalla fonte normativa primaria. Su questa linea M. Ricciardo Calderaro, Diritto d’accesso e acquisizione probatoria processuale (nota a Adunanza Plenaria n. 19/2020), in Giustizia Insieme, 25 novembre 2020. I termini della questione ora succintamente riassunta erano però già chiari: cfr. F. Figorilli, Alcune osservazioni sui profili sostanziali e processuali del diritto di accesso ai documenti amministrativi, in Diritto processuale amministrativo, 1, 1994, pag. 206 e ss. Occorre peraltro ulteriormente precisare che la giurisprudenza del Consiglio di Stato è stata successivamente specificata dall’Adunanza Plenaria n. 4 del 18 marzo 2021, ove si è affermata la necessità di circostanziare puntualmente le esigenze difensive in relazione alle quali l’istanza di accesso agli atti viene rassegnata. Ciò pare in effetti confermare la particolare forza del vincolo di “necessità” di cui si discute, sebbene alcuni commentatori, tra cui G. Delle Cave, L’accesso difensivo post Adunanza Plenaria n. 4/2021 tra potere valutativo della P.A. e apprezzamento del giudice (nota a Consiglio di Stato, Sez. III, 25 febbraio 2022, n. 1342), in Giustizia Insieme, 28 aprile 2022, abbiano dato una lettura parzialmente diversa sostenendo che il vincolo di necessità rispetto alla tutela giurisdizionale si porrebbe invece il solo limite della manifesta irrilevanza defensoriale del documento. Il che, però, porta la valutazione da operarsi da parte della P.A estremamente vicina al merito della questione sulla rilevanza estrinseca del documento per il privato.
  57. M. Taruffo, Prova giuridica, in Enciclopedia delle scienze sociali, Roma, 1997, specifica invero che con riguardo al concetto di rilevanza, questo sta a significare che «la prova, per essere ammessa nel processo, dev’essere utile per l’accertamento della verità circa i fatti della causa». Si tratta all’evidenza di un rapporto – quello della utilità rispetto alla decisione – che pare giocoforza risultare meno intenso rispetto a quello definibile in termini di necessità.
  58. Essendo l’espressione generica, non ci si può riferire in via tassativa all’elenco contenuto nel d.lgs. n. 165/2001, ma si deve, invece, avere riguardo alla definizione dottrinaria e giurisprudenziale della nozione di P.A. Cfr., per tutti, U. Allegretti, Pubblica amministrazione e ordinamento democratico, in Foro amministrativo, 1984, ora in Amministrazione pubblica e Costituzione, Padova, 1996, pag. 100 e ss., M. Cammelli, La pubblica amministrazione, Bologna, 2014, G.M. De Francesco, voce Persona giuridica (diritto privato e pubblico), in Novissimo Digesto, 12, Milano, 1965, pag. 1035 e ss., nonché C. Franchini, voce Enti pubblici, in Il diritto. Enciclopedia giuridica del Sole 24 ore, 6, Milano, 2007, pag. 48 e ss., M.S. Giannini, Il pubblico potere. Stati e amministrazioni pubbliche, Bologna, 1986, oltre a G. Miele, La distinzione tra ente pubblico e privato, in Rivista di diritto commerciale, 1942, ora in Scritti giuridici, 1987, pag. 365 e ss. e G. Napolitano, Pubblico e privato nel diritto amministrativo, Milano, 2003, nonché, del medesimo Autore, Pubblica amministrazione in Italia, in AA.VV., XXI Secolo, Roma, 2009.
  59. Dal momento che, come noto, la giurisprudenza della Corte dei conti definisce, con l’avallo – o meno – della Corte di Cassazione il perimetro del proprio potere cognitorio in relazione alle singole ipotesi di danno erariale che possono venire ad esserle sottoposte dalle Procure. In ultimo si veda Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 13 gennaio 2023, n. 976, in riferimento alla perseguibilità per responsabilità amministrativo-contabile dei dipendenti della società ANAS s.p.a., ove si reperiscono spunti per individuare i referenti sulla base dei quali i giudici perimetrano appunto la giurisdizione erariale.
  60. In analogia, dunque, all’art. 22 della l. n. 241/1990, sebbene, come si avrà modo di vedere, in questo caso probabilmente il nomen ha più a che fare con la circostanza di essere l’accesso una posizione direttamente correlata al diritto di difesa della parte. Per approfondire il tema, cfr. A. Carbone, Potere e situazioni soggettive nel diritto amministrativo, Torino, 2020.
  61. In effetti, piuttosto singolarmente, la disposizione, pur riferendosi al diritto di difesa – dunque dando per scontato che la legittimazione e l’interesse all’ostensione documentale derivino dalla necessita di produrre gli atti in giudizio – si opera di seguito un rinvio anche all’accesso civico, sebbene quest’ultimo all’evidenza non trovi ragione in necessità di difesa dell’istante, come sottolineato tra gli altri da A. Corrado, op. cit.
  62. Peraltro, l’impugnativa del diniego di accesso avanti al difensore civico regionale, nel caso in esame, si porrebbe per certi versi in linea con quella polimorficità della figura del difensore stesso, che lo vede accorpare e al contempo trascendere divere funzioni dell’ordinamento. Per un approfondimento nell’ottica della prospettiva ora sommariamente richiamata, si veda N. Posteraro, Contributo allo studio della difesa civica quale strumento di risoluzione alternativa delle controversie, Napoli, 2023.
  63. Ossia il rifiuto di atti d’ufficio. Il P.M. impone infatti in capo all’amministrazione un ordine reso per ragioni di giustizia al quale il destinatario non può deliberatamente sottrarsi. In termini la giurisprudenza, che addirittura ritiene configurarsi il reato, ove sussista la posizione legittimante dell’istante, anche in caso di richiesta direttamente proveniente dal cittadino, come si legge in Core di Cassazione penale, sez. VI, 13 novembre 2013, n. 45629 e 24 novembre 2009, n. 7348. In dottrina si rinvia, invece, all’analisi critica di G. Veltri, Gli ordini istruttori del giudice amministrativo e le conseguenze del loro inadempimento, in giustizia-amministrativa.it, 2014.
  64. Ben chiaro, evidentemente, che tale requisito deve essere letto nella prospettiva dell’incolpato. Ossia, in altri termini, il P.M. dovrebbe astrattamente porsi nella posizione della propria controparte e, altrettanto astrattamente, valutare se i documenti dei quali è richiesta ostensione possano essere in qualche modo suscettibili di creare materiale rilevante ai fini della difesa. In questi termini, peraltro, ed in analogia a quanto la giurisprudenza afferma in relazione all’accesso difensivo ex l. n. 241/1990, il Pubblico Ministero non dovrebbe entrare nel merito della effettiva rilevanza dell’atto alla difesa ma dovrebbe limitarsi ad una valutazione esclusivamente ab externo di carattere quasi meramente teorico.
  65. Anche se appare plausibile che, facendo la norma riferimento al Presidente della Corte, questi avrà ad emettere un decreto monocratico.
  66. Il cui riferimento corre all’art. 133 c.p.a., ove l’accesso agli atti è elencato tra le materie che sono devolute in via esclusiva alla cognizione del giudice amministrativo. Come noto, peraltro, le ragioni dell’ascrizione al plesso giurisdizionale speciale hanno nel tempo trovato e concretamente oggi trovano diverse giustificazioni, che vanno dalla elevata competenza tecnica necessaria per il discernimento delle questioni, all’essere queste posizioni giuridiche soggettive significativamente diminuite dal – o vicine al – potere, ovvero infine per essere avvinte in maniera inestricabile alle posizioni di diritto soggettivo pieno, sì da non consentire una loro ripartizione tra i giudici secondo le regole ordinarie. Vedasi, in questi termini, A. Police, La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in G.P. Cirillo (a cura di), Il nuovo diritto processuale amministrativo, Milano 2014, il quale a sua volta si richiama al pensiero tra gli altri, di F. Ledda, La giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, in AA.VV., Atti del V seminario della sezione umbra del C.I:S.A. (Perugia 1970), Firenze, 1972, pag. 21 ss.
  67. Ricordando peraltro che, sebbene il giudizio ex art. 116 d.lgs. n. 104/2010 si svolga con rito camerale e termini dimidiati, comunque vanno garantiti quindici giorni dalla notifica del ricorso prima della fissazione dell’udienza (ciò come detto in ragione dell’ulteriore dimidiazione generale dei termini operata dall’art. 71 del Codice di giustizia contabile già più volte citato).
  68. Viepiù, vien da dire, controinteressati particolarmente qualificati ove si pensi ad esempio al caso affatto remoto in cui ad essere domandata in ostensione sia la denuncia operata da un whistleblower, cfr. G. Cossu, L. Valli, Il whistleblowing: dalla Direttiva 1937/2019 al Decreto Legislativo 24/2023, in Federalismi.it, 19, 2023, nonché G. Grasso, A. Ripepi, Il whistleblowing: un istituto in evoluzione nel disegno (dai tratti incerti) del legislatore, in Giurisprudenza penale, 7/8, 2023.
  69. Giudizio ove, peraltro, il controinteressato all’accesso potrebbe non avere nemmeno un qualsivoglia interesse indiretto nell’ambito della thema decidendum che non necessariamente lo tocca per il sol fatto della presenza di un documento che lo riguarda. Con riferimento alle parti del giudizio si veda R. Pepe, Il diritto di difesa tra vecchio e nuovo processo contabile, Milano, 2020, pag. 56 e ss. nonché F. Landolfi, Il nuovo codice della giustizia contabile. Novità e problematiche irrisolte, in contabilitàpubblica.it, 25 settembre 2019, ove l’Autore sottolinea che l’assenza di ulteriori parti (in particolare si riferisce all’amministrazione danneggiata) nel processo di responsabilità erariale costituirebbe un’occasione mancata nella redazione dell’attuale Codice. Per vero si tratta di un tema noto da tempo in dottrina, dacché proponevano riflessioni per certi versi analoghe anche S. Ristuccia, D. Viscogliosi, Giurisdizione della Corte dei conti e giusto processo secondo Costituzione: un puzzle incomponibile?, in Astrid online, 2007. Cfr. poi F.G. Scoca, Il contenzioso contabile dopo la dichiarazione di incostituzionalità dei Consigli di prefettura, in Giurisprudenza costituzionale, 1966, pag. 1487 e ss.
  70. Ben evidente, invece, che laddove chi ottiene il documento di interesse ne faccia un uso illegittimo, si potranno attivare azioni risarcitorie di varia natura e contenuto. Tale però è una condotta ulteriore e diversa da quella che porta alla conoscenza dell’atto, che è invece l’effetto realmente lesivo che l’accesso difensivo contabile può potenzialmente avere in comune con l’accesso tradizionale ex l. n. 241/1990. Vedasi in punto pure Consiglio di Stato, sez. III, 13 novembre 2012, n. 5714, ove si faceva specifica questione del possibile danno morale patito dal privato in esito al procedimento di accesso ai documenti amministrativi (seppure in quel caso il danno era riconnesso ad un diniego all’ostensione anziché ad un illegittimo assenso, le riflessioni possono essere traslate alla questione de qua).
  71. Data specificamente dalla circostanza per cui l’incolpato si vede garantiti due diversi procedimenti con i quali tutelare giurisdizionalmente la propria posizione.
  72. È, d’altro canto, questa la ragione principale di tale rito accelerato, come sottolinea M.M. Fracanzani, Il rito in materia di contratti pubblici, come pure, Il rito abbreviato speciale comune a determinate materie e il rito abbreviato in materia di infrastrutture strategiche, in G.P. Cirillo (a cura di), Il nuovo diritto processuale amministrativo, Milano, 2014, pag. 1229 e pag. 1261.
  73. Così l’art. 1, comma 3-bis, l. n. 212/2000, c.d. Statuto del contribuente. Per vero, questo specifico ruolo della legge contenente le garanzie fondamentali del contribuente ha trovata ingresso nel diritto positivo grazie alla recente riforma di cui al d.lgs. n. 219/2023. Per una panoramica generale della riforma E. della Valle, La “valorizzazione” dell’affidamento del contribuente, in Rivista di diritto tributario – supplemento online, 16 aprile 2024. Con riguardo alla giurisprudenza, risulta particolarmente significativo quanto affermato da Consiglio di Stato, sez. VI, 4 maggio 2021, n. 3492, e cioè che «il contribuente ha diritto (…) ad accedere a tutta la documentazione che attiene alla gestione del rapporto di imposta, dalla cui conoscenza possano emergere vizi sostanziali o procedimentali dell’atto di accertamento (nella specie già impugnato avanti la giustizia tributaria)». Con riguardo ai rapporti tra disciplina tributaria e disciplina comune, la medesima pronuncia precisa altresì che «la giurisprudenza di questo Consiglio è consolidata nel ritenere che l’esclusione del diritto di accesso nei procedimenti tributari sancita dall’art. 24, comma 1, lettera b), della legge 7 agosto 1990, n. 241, va interpretato nel senso che, soltanto nella fase di pendenza del procedimento tributario, gli atti relativi ad un accertamento fiscale sono inaccessibili, non rilevando, al contrario, alcuna esigenze di segretezza nella fase che segue la conclusione del procedimento, con l’adozione del provvedimento definitivo di accertamento, essendo tale fase deputata alla tutela in giudizio delle proprie situazioni giuridiche soggettive, ritenute lese dal provvedimento impositivo (ex plurimis, Sez. IV, 3 dicembre 2018, n. 6825; Sez. IV, 22 giugno 2018, n. 3847; Sez. III, 11 ottobre 2017, n. 4724 … in definitiva, dopo la notifica dell’avviso di accertamento deve riconoscersi al soggetto sottoposto a controllo fiscale la piena manifestazione del suo diritto di difesa e non sono ammesse deroghe all’accesso, al di fuori di specifiche e circostanziate esigenze di salvaguardia dell’ordine pubblico e di repressione della criminalità, che non possono essere invece motivate in modo stereotipato (…) tale assunto si giustifica altresì in ragione del principio di parità delle armi, tenuto conto che l’Amministrazione finanziaria, destinataria dell’istanza di accesso documentale, è portatrice di un proprio interesse, diretto ed opposto rispetto a quello del contribuente, cosicché a quest’ultimo va riconosciuta, sia nel procedimento (art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212) che nel processo (art. 111 della Costituzione), ampia facoltà di prova contraria». Significativo, insomma, che la disciplina dell’accesso nella materia de qua venga per la giurisprudenza ad essere plasmata da interessi processuali direttamente attinenti alla capacità defensoriale del richiedente, che non può essere menomata dal diniego ostensivo della sua stessa controparte.
  74. Necessità che era ritenuta dalla giurisprudenza ragione unica, per quanto sufficiente, per superare quel principio generale di segretezza del procedimento tributario che aveva nel tempo trovato l’avvallo anche della giurisprudenza sovranazionale (vedasi, in particolare, Corte di giustizia UE, 4 giugno 2020, SC C.F. S.r.l., C-430/19, 16 ottobre 2019, Glencore Agriculture Hungary, C-189/18, 9 novembre 2017, Ispas, C-298/16). In particolare, la disposizione rilevante è costituita dal neointrodotto art. 6-bis, che vuole attuare nella materia il principio del contraddittorio.
  75. Peraltro, la norma si riferisce anche a procedimenti definiti come “sostanzialmente automatizzati” così lasciando intendere l’applicabilità dell’esclusione anche a procedure non specificamente definite vincolate dalla norma. Si è – pare volutamente – lasciata così aperta la strada a interpretazioni anche ampliative nella limitazione dell’ostensibilità documentale.
  76. Si usa l’espressione per semplicità, il riferimento teorico corre a F.G. Scoca, L’interesse legittimo. Storia e teoria, Torino, 2017.
  77. Si è visto infatti poc’anzi come l’accesso agli atti in materia tributaria venga ad escludere del tutto la possibilità conoscitiva degli atti istruttori in caso di automatizzazione rilevante del procedimento impositivo. Ulteriormente, però, si è visto che il procedimento opposto si individua nel caso dell’accesso dell’incolpato innanzi alla Corte dei conti, poiché questi può ottenere gli atti anche solo rilevanti alla propria difesa in giudizio e senza limitazioni di sorta. In punto generale sulla discrezionalità operata dall’amministrazione nel riscontrare le istanze di accesso agli atti, vedasi Consiglio di Sato, sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1121. La sentenza risulta di particolare interesse perché giunge ad affermare come la discrezionalità sarebbe talmente ampia che «che non di rado può involgere – ratione materia – profili di insindacabile merito politico». La conseguenza è che il sindacato giurisdizionale su tali decisioni non può che essere meramente estrinseco e di stretta legittimità, come sottolineato del pari dalla costante giurisprudenza (in particolare, il riferimento corre a titolo esemplificativo a T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, sez. III-ter, 28 ottobre 2019, n. 12349). In dottrina vedasi anche M. Sinisi, I diritti di accesso e la discrezionalità amministrativa, Bari, 2020, ove l’Autore pone in rilievo come i diversi interessi sottesi alla richiesta di ostensione documentale finiscono con l’incidere anche sulla tipologia di discrezionalità operata dall’Amministrazione nell’apprezzare domanda del cittadino. Con riguardo all’accesso civico, invece, utile il riferimento a D.U. Galetta, Accesso (civico) op. cit.
  78. Così come sancita dall’art. 111. In punto, ex multis, cfr. G. Vignera, Il “giusto processo” nell’art.111, comma 1, Cost.: nozione e funzione, in AmbienteDiritto.it, oltre a L.P. Comoglio, Le garanzie fondamentali del “giusto processo”, in Nuova giurisprudenza civile commentata, I, 2001, pag. 6 e ss. e, del medesimo Autore, Il giusto processo, vent’anni dopo, in Rivista di Diritto Processuale, 3, 2021. Peraltro, occorre sottolineare che la tutela del contraddittorio non subisce variazioni, quanto a principio generale, a seconda della tipologia di potere dal quale il cittadino si deve proteggere. Anzi, maggiore è la pervasività dell’autorità amministrativa, maggiore sarà la tutela che deve trovare il privato attraverso controbilanciamenti di carattere procedurale prima e processuale poi.
  79. Dal momento che colui che è attinto dall’invito a dedurre diviene automaticamente legittimato all’accesso per il solo fatto di assumere la qualifica di incolpato.
  80. Rilevanza che, peraltro, come si ricordava non può sfociare in una valutazione circa la concreta utilità del documento alla difesa. E questo anche perché altrimenti si rischierebbe che il P.M. erariale o, in seconda battuta, il Presidente della Corte, anticipino di fatto valutazioni sull’esito potenziale del giudizio. Cfr. sul punto C.A. Manfredi Selvaggi, Il ruolo del terzo nel giudizio di responsabilità amministrativa: una questione riaperta dalla Corte costituzionale?, in Rivista Corte dei conti, I, 2023, pag. 44 e ss., laddove sottolinea che ogni potere ufficioso che prevarichi i limiti di un contraddittorio nella parità delle armi è «ormai incompatibile con la necessaria imparzialità del giudice pretesa dall’art. 111 Cost. (Corte conti, Sez. I centr. app., 13 luglio 2015, n. 435; Sez. III centr. app., 21 aprile 2010, n. 316, e 30 settembre 2002, n. 300)», pag. 54 cit. Vedasi in punto anche F. Perchiunno, L’evoluzione del principio del contraddittorio nel processo sulla legge, in Amministrazione e contabilità dello stato e degli enti pubblici, 17 dicembre 2021 per un inquadramento più generale della tematica de qua.
  81. Cfr. F. Saitta, A due anni dal codice di giustizia contabile, uno sguardo al «nuovo» giudizio di responsabilità: le attività preprocessuali di parte, tra poteri del pubblico ministero e garanzie di difesa del presunto responsabile, in giustamm.it, 2018.
  82. Vedasi in punto M. Lipari, L’accesso alle informazioni ambientali e la nuova trasparenza amministrativa, in Federalismi.it, 13, 2023, pag. 334 e ss., ove l’Autore rileva come anche in materia ambientale sussista la necessità di provvedere al bilanciamento degli interessi in gioco. E ciò pur in una prospettiva ove, alla luce della costituzionalizzazione della tutela dell’ambiente, parrebbe essere ipotizzabile un’elevazione del rango dell’interesse tutelato con la richiesta di accesso in subiecta materia.
  83. Particolarmente interessante la materia ambientale, che costituisce diretta applicazione della Convenzione di Arus secondo cui la sussistenza del diritto di accesso all’informazione non può essere ricollegato alla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti, laddove il comma quinto del relativo articolo art. 2 concede posizione sostanziale legittimante a tutti coloro che «subiscono o possono subire gli effetti dei processi decisionali in materia ambientale o che hanno un interesse da far valere al riguardo». Si tratta invero di una definizione talmente ampia da rendere di fatto superflua l’identificazione di un interesse realmente affetto dal procedimento decisionale nel quale si inseriscono gli atti dei quali è chiesta ostensione.
  84. Tanto che si discute, ad esempio, se la richiesta debba essere sorretta da un “genuino” interesse ambientale, cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 8 giungo 2022, n. 4679.
  85. Sul punto, sia consentito il rinvio alle chiare parole del Consiglio di Stato, sez. IV, 2 febbraio 2024, n. 1117: «L’accesso civico generalizzato, come noto, costituisce un diritto fondamentale che contribuisce al miglior soddisfacimento degli altri diritti fondamentali che l’ordinamento giuridico riconosce alla persona. La natura fondamentale del diritto di accesso generalizzato rinviene, infatti, fondamento, oltre che nella Carta costituzionale (artt. 1, 2, 97 e 117) e nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (art. 42), anche nell’art. 10 della CEDU, in quanto la libertà di espressione include la libertà di ricevere informazioni e le eventuali limitazioni, per tutelare altri interessi pubblici e privati in conflitto, sono solo quelle previste dal legislatore, risultando la disciplina delle eccezioni coperta da riserva di legge. L’accesso civico generalizzato si traduce nel diritto della persona a ricercare informazioni, quale diritto che consente la partecipazione al dibattito pubblico e di conoscere i dati e le decisioni delle amministrazioni al fine di rendere possibile quel controllo “democratico” che l’istituto intendere perseguire. La conoscenza dei documenti, dei dati e delle informazioni amministrative consente, infatti, la partecipazione alla vita di una comunità, la vicinanza tra governanti e governati, il consapevole processo di responsabilizzazione (accountability) della classe politica e dirigente del Paese. Ai fini dell’accesso civico generalizzato, inoltre, non occorre verificare, così come per l’accesso documentale, la legittimazione dell’accedente, né è necessario che la richiesta di accesso sia supportata da idonea motivazione». In dottrina, invece, il riferimento corre, ex multis, ad A. Moliterni, La natura giuridica dell’accesso civico generalizzato nel sistema di trasparenza nei confronti dei pubblici poteri, in Diritto amministrativo, 3, 2019, pag. 577 e ss. ove l’Autore, però, pone in rilievo come in realtà il grado di tutela garantito dall’accesso civico sia minore, posto che la relativa istanza non può superare attraverso il bilanciamento un contrapposto interesse alla riservatezza del controinteressato, ulteriormente ponendo in luce, peraltro, come nemmeno l’accesso civico sia avulso dal potere dell’amministrazione di bilanciare l’interesse conoscitivo con gli interessi fondamentali la cui sussistenza osti all’accoglimento dell’istanza. Cfr. pure E. Fidelbo, L’accesso civico “generalizzato”: i rischi di ineffettività della libertà di accedere ai dati e ai documenti delle pubbliche amministrazioni nell’ordinamento dell’Unione europea e nel diritto interno, nota a Corte di giustizia dell’Unione Europea, sez. IV, 11 maggio 2017, causa C-562/14, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 1, 2018, pag. 217 e ss. Contra vedasi invece G. Gardini, Il paradosso della trasparenza in Italia: dell’arte di rendere oscure le cose semplici, in Federalismi.it, 1, 2017, laddove evidenzia come sia stato di per sé contraddittorio innestare la disciplina dell’accesso civico su quella dell’accesso tradizionale, così finendo di fatto per depotenziare anche questo nuovo “diritto”.
  86. Legame che, come si è osservato, è particolarmente tenue poiché non può in ogni caso spingersi sino ad apprezzare la concreta utilità del documento nell’ambito del procedimento.
  87. Discrezionalità che è la tipica espressione dell’intermediazione amministrativa nella realizzazione dei diritti fondamentali (discrezionalità pura). Sul punto utile il richiamo, ex multis, a L. Iannotta, Merito, discrezionalità e risultato nelle decisioni amministrative (l’arte di amministrare), in Rivista di diritto processuale amministrativo, 1, 2005, pag. 1 e ss. Recentemente, seppur in materia settoriale, vedasi anche le riflessioni di M.R. Spasiano, Principi e discrezionalità nel nuovo codice dei contratti pubblici, in Federalismi.it, 24, 2023, ove l’Autore sottolinea come le condizioni attuali del Paese rendano imprescindibile un approccio sostanzialista alla decisione amministrativa.
  88. Leggasi in questo caso la disciplina dell’accesso civico generalizzato e le eccezioni previste alla possibilità ostensiva ricondotte ad esigenze pubbliche o di riservatezza.
  89. O, forse, verificato nella sua compatibilità con il pubblico interesse principale attraverso il procedimento di accesso agli atti amministrativi.
  90. Vedasi sul punto F. Saitta, Verso un “giusto procedimento amministrativo”, in Diritto amministrativo, 2013, 3, pag. 627 e ss.
  91. Ossia, in altri termini, in un procedimento nel quale l’interesse nettamente prevalente è quello di tutela della regolarità erariale; dunque, un interesse pubblico particolarmente qualificato, come sottolinea M. Sciascia, op. cit., pag. 19, nonché, del medesimo Autore, Diritto delle gestioni pubbliche: istituzioni di contabilità pubblica, Milano, 2013.
  92. Sebbene tale ricostruzione, come si ha già avuto modo di anticipare, non trovi piena condivisione nella dottrina contemporanea. Per una panoramica sui riverberi che il dibattito sulla questione ha con riguardo al riparto di giurisdizione – che di per sé è sintomatico rispetto alla ritenuta consistenza di queste posizioni giuridiche soggettive al di là delle questioni nominali – vedasi E. Scoditti, Questioni di giurisdizione e diritti fondamentali, Relazione tenuta al convegno su “Giurisdizione plurale: risorsa o problema”, organizzato dalla Camera amministrativa distrettuale degli avvocati di Bari nei giorni 29-30 settembre 2023, in Questione giustizia, 10 novembre 2023, oltre a Per una teoria costituzionale dell’interesse legittimo, in Il Foro italiano, 5, 2022, pag. 162 e ss., come pure R. Giani, Giudice amministrativo e giurisdizione esclusiva sui diritti fondamentali: il caso del sostegno scolastico ai disabili e i dubbi sul criterio di riparto di giurisdizione seguito dalla Cassazione, in Questione giustizia, 1, 2021.
  93. Così, in particolare, N. Pignatelli, I diritti inviolabili nel riparto di giurisdizione: la resistenza di un “falso” costituzionale, in Federalismi.it, 22, 2020, pag. 177 e ss. e dottrina ivi citata, in uno con M. Mazzamuto, La discrezionalità come criterio di riparto della giurisdizione e gli interessi legittimi fondamentali, in giustizia-amministrativa.it 13 gennaio 2020, M. Ramajoli, Sui molteplici criteri di riparto della giurisdizione in materia di servizi di sostegno scolastico alle persone con disabilità, in Diritto processuale amministrativo, 2, 2020, pag. 275 e ss., e F. Patroni Griffi, Diritti fondamentali e riparto di giurisdizione, in giustizia-amministrativa.it, 5 giugno 2017
  94. G. Amato, Individuo e autorità nella disciplina della libertà personale, Milano, 1967.
  95. G. Amato, op. cit., pag. 10, cit. Sul punto, con specifico riferimento alla dottrina amministrativistica, il riferimento corre invece a M.S. Giannini, Diritto amministrativo, Milano, 1970, in specie pag. 525 e ss., ove l’Autore pone in luce la circostanza per cui anche i diritti fondamentali in realtà possono essere fatti rientrare nella bipartizione diritto-interesse in ciascuna delle categorie, dacché sempre mediati, nella loro realizzazione, dal potere amministrativo.
  96. Poiché, come visto, a seconda della disciplina varia la tutela. Ciò, evidentemente, dando per confermato il presupposto che la normativa regolatrice dell’accesso sia plasmata sulla base della situazione giuridica soggettiva che questa tutela e non viceversa, cfr. F.G. Scoca, L’interesse legittimo, op. cit., per l’inquadramento generale della questione, nonché N. Paolantonio, L’accesso, op. cit., pag. 242, oltre a A. Simonati, M. Calabrò, Le modalità di esercizio del diritto di accesso e la relativa tutela, in M.A. Sandulli (a cura di), Codice dell’azione amministrativa, Milano, 2017, pag. 1320 ss. ed M.A. Sandulli, Accesso alle notizie e ai documenti amministrativi, in Enciclopedia del diritto, 4 aggiornamento, Milano, 2000, pag. 2 e ss.
  97. Riferita all’art. 116 c.p.a. che risulta applicabile tanto all’accesso tradizionale, quanto a quello civico e civico generalizzato.
  98. Così le conclusioni di V. Parisio, La tutela dei diritti di accesso ai documenti amministrativi e alle informazioni nella prospettiva giurisdizionale, in Federalismi.it, 11, 2018.
  99. E forse sorretta da buone ragioni nel caso degli accessi civici ove messi a confronto con quello ex l. n. 241/1990.
  100. Quella, in altre parole, sottesa all’accesso, che sarebbe il diritto fondamentale dal quale quest’ultimo trova scaturigine come posizione giuridica strumentale.
  101. La critica è in definitiva analoga a quella che veniva operata alla ricostruzione teorica dell’interesse legittimo quale forma degradata o diminuita del diritto soggettivo: risulterebbe paradossale che proprio nel momento in cui è massima l’esigenza di tutela della posizione giuridica soggettiva, questa subisca un affievolimento. Così F.G. Scoca, Le situazioni giuridiche soggettive dei privati, in F.G. Scoca (a cura di), Diritto amministrativo, Torino, 2011, in specie pag. 166, oltre a La “gestazione” dell’interesse legittimo, in AA.VV., Studi in onore di Leopoldo Mazzarolli, I, Padova, 2007, pag. 283 e ss. Vedasi anche, in termini sostanzialmente non dissimili, G. De Giorgi Cezzi, P.L. Portaluri, V. Tondi della Mura, F. Vetrò (a cura di), I poteri e i diritti: incontri sulla frontiera, Napoli, 2011.
  102. Nel cui ambito, in ogni caso, la situazione giuridica attinta dal potere ha comunque natura patrimoniale, per quanto ci si trovi innanzi ad un giudizio tradizionalmente caratterizzato da coloriture inquisitorie, come sottolineato da M. Rampini, La formazione della prova nella fase istruttoria del processo contabile, in Giustamm.it, 4, 2008, in specie pag. 9.
  103. Contra V. Parisio, op. cit., la quale ritiene invece che l’accesso in materia di appalti, quantomeno nella disciplina recata dal d.lgs. n. 50/2016, segua invece i binari tracciati dalla l. n. 241/1990. Tale conclusione, forse, appare oggi non più predicabile anche con riferimento alle disposizioni fortemente innovative contenute nel d.lgs. n. 36/2023.
  104. Cfr. ancora G. De Giorgi Cezzi, P.L. Portaluri, V. Tondi della Mura, F. Vetrò (a cura di), op. cit.
  105. Peraltro, rammentando l’importante insegnamento della già citata Adunanza Plenaria 2 aprile 2020 n. 10, ove si è affermato come solo in alcuni casi specifici l’amministrazione abbia il potere di qualificare la domanda di accesso documentale sulla base dei relativi elementi oggettivi anziché basarsi esclusivamente su quanto prospettato dal richiedente.