Consiglio di Stato, Sez. V, 22 marzo 2023, n. 2911

Tags: , , , ,

Consiglio di Stato, Sez. V, 22 marzo 2023, n. 2911

Tags: , , , ,

A fronte di una petizione o di una proposta avente ad oggetto la richiesta di revoca di un provvedimento non sorge un obbligo di provvedere in capo all’amministrazione e dunque non è configurabile un’ipotesi di silenzio inadempimento nel caso in cui essa non adotti alcun provvedimento in autotutela.


A request to revoke a measure by means of a petition does not give rise to an obligation on the part of the public administration to take any measure. Consequently, if the public administration does not adopt any act in self-defense its silence does not constitute a default.

La quinta sezione del Consiglio di Stato, con sentenza del 22 marzo 2023, ha avuto modo di pronunciarsi sulla non doverosità dell’autotutela a seguito della richiesta di riesame dell’atto di primo grado formulata attraverso strumenti di democrazia partecipativa quali la proposta e la petizione.

In primo grado i ricorrenti avevano chiesto l’annullamento del silenzio formatosi su petizione e proposta inoltrate ex artt. 33 e 34 dello Statuto Comunale del Comune di Varese Ligure, dal gruppo “Varese per l’acqua pubblica”. Ai sensi dei citati articoli era stato chiesto l’intervento dell’amministrazione comunale al fine di garantire la gestione pubblica e partecipata del servizio idrico integrato (S.I.I.), nonché la revoca della delibera del Consiglio comunale con la quale la concessione del S.I.I. veniva affidata alla società Sviluppo Varese s.r.l. Parte ricorrente asseriva, infatti, che a fronte di tale petizione e proposta non era stato seguito l’iter imposto dal regolamento comunale, poiché la petizione non era stata assegnata da parte del Sindaco all’esame dell’organo competente, né inoltrata ai Gruppi consiliari, e tantomeno l’organo competente si era pronunciato nel termine di trenta giorni come disposto dall’art. 33 del reg. comunale. Allo stesso modo, relativamente alla proposta non era stato acquisito il parere dei Responsabili dei Servizi interessati, né del Segretario Comunale, né era stato trasmesso l’atto all’organo competente e ai Gruppi consigliari e conseguentemente l’organo competente non aveva adottato alcun provvedimento. L’unico riscontro era stato una lettera del Sindaco, priva di data e numero di protocollo, recapitata ad alcuni cittadini del Comune.

Parte resistente sosteneva, invece, che la lettera del Sindaco, con cui si dava atto della mancanza dei presupposti per poter accogliere le richieste avanzate con petizione e proposta, rappresentasse l’atto conclusivo del procedimento.

Ai sensi dell’art. 31 c.p.a., dunque, i ricorrenti chiedevano la condanna dell’amministrazione ad adottare i provvedimenti di competenza e, in subordine, la nomina di un commissario ad acta.

In primo grado, il T.A.R per la Liguria ha respinto il ricorso per manifesta infondatezza, pur riconoscendo che la procedura prevista dagli art. 33 e 34 dello Statuto comunale non era stata rispettata. La causa è giunta, quindi, successivamente davanti al Consiglio di Stato, il quale, pur respingendo l’appello, ha posto a fondamento della sentenza ragioni diverse da quelle condivise dal Tribunale di primo grado.

In sede di appello il giudice ha evidenziato la necessità di coordinare gli strumenti partecipativi della petizione e della proposta e l’obbligo di provvedere sulle stesse con i principi generali del procedimento amministrativo contenuti nella legge 241 del 1990, i quali non sono derogabili da fonte subordinata.

A venire in evidenza è, innanzitutto, il principio di non doverosità dell’autotutela, salvo eccezioni espressamente previste. Esso rileva poiché l’oggetto della petizione consiste di fatto nella richiesta di revoca della delibera del Consiglio Comunale con cui la concessione del S.I.I. è stata conferita alla società Sviluppo Varese s.r.l. Dalla non doverosità dell’autotutela discende l’assenza di un obbligo di provvedere in capo al Comune e dunque l’impossibilità della formazione del silenzio inadempimento.

Questa ricostruzione si inserisce all’interno di un consolidato orientamento giurisprudenziale, espressamente richiamato nella sentenza in esame, che esclude l’obbligo di provvedere a fronte di un’istanza del privato volta a sollecitare il riesame di un atto inoppugnabile; l’esistenza di un tale obbligo generalizzato, infatti, minerebbe la certezza e la stabilità dei rapporti. Si deve inoltre considerare che la petizione e la proposta miravano ad ottenere un provvedimento di revoca disciplinato dall’art. 21-quinquies della L. 241/1990 connotato, per sua stessa natura, da ampia discrezionalità poiché postula una valutazione non già sulla legittimità dell’atto di primo grado, bensì sulla sua opportunità. I presupposti consistono, infatti, nella sopravvenienza di motivi di interesse pubblico, nel mutamento della situazione di fatto e in una rinnovata valutazione dell’interesse pubblico originario. Ne consegue che l’istanza presentata dai privati può avere, al più, una funzione sollecitatoria, ma nessun obbligo sorge in capo all’amministrazione, la quale è l’unica titolare del potere di valutare la sussistenza di un interesse che giustifichi la rimozione dell’atto. Tuttavia, proposta e petizione sono strumenti di democrazia partecipativa che permettono ai cittadini di sollecitare l’intervento pubblico relativamente a problematiche di rilievo sociale; ne discende che, pur non facendo sorgere un obbligo in capo alla pubblica amministrazione di agire in autotutela, tali atti devono essere trattati secondo quanto stabilito dalle fonti normative che li prevedono non potendo essere considerati tamquam non essent.

Giulia Re Ferrè

PhD student in Public, international and EU (curriculum Administrative Law) in the University of Milan