Concorrenza e regolazione alla luce del principio di residualità, in un mondo che cambia

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2/2023

Concorrenza e regolazione alla luce del principio di residualità, in un mondo che cambia

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Il contributo suggerisce l’affermarsi di un moderno principio di residualità non limitato ad informare il rapporto tra regolazione e concorrenza, ma che richiede una giustificazione dell’intervento pubblico in termini di effettiva necessità e ragioni specifiche che ne sono alla base, per spingersi ad informare contenuto regolatorio. Le ragioni risultano non solo arricchite rispetto a quelle tradizionali, ma anche disancorate da problemi già concretizzatisi per abbracciare una visione prospettica e anticipatoria.


Competition and regulation informed by residuality principle, in a changing world
The paper suggests the rise of a modern principle of residuality, which exceeds the balance between regulation and competition. This principle calls for the justification of regulation in terms of necessity. Problem drivers should be also taken into consideration, as well as the regulatory content. The problem drivers appear to be enriched compared to the traditional ones, whilst also being disentangled from problems that have already materialized so as to embrace a prospective and anticipatory approach.

Sommario. 1. Intervento pubblico sotto forma di regolazione e residualità.- 2. Origini ed evoluzione del principio della residualità.- 2.1 Residualità come necessità della regolazione.- 2.2 Declinazione della residualità nelle ragioni che giustificano la regolazione.- 3. Residualità come principio informatore del contenuto regolatorio.- 4. Come interpretare un moderno principio di residualità?

1. Intervento pubblico sotto forma di regolazione e residualità

Nel XXI secolo, lo Stato è tornato al centro della scena, trascinato dalle crisi che si sono succedute dal 2008[1].

In un intervento del 2011, Luisa Torchia evidenziava che «il nuovo ruolo economico dello Stato sarà sicuramente uno fra i temi di maggior interesse per la ricerca nei prossimi anni»[2]. E così è stato: il “ritorno dello Stato in economia” porta oggi la dottrina (non solo giuridica) a discutere delle ragioni, delle forme e delle relative prospettive[3]. Senza alcuna pretesa di completezza, per descrivere le ragioni si sono utilizzate le metafore dello Stato “salvatore”[4], “assicuratore”[5], “promotore”[6] e, da ultimo, lo Stato “digitale”[7]. Le prospettive restano quanto mai aperte[8].

Quanto alle forme, gli strumenti attraverso cui si manifesta il ritorno dello Stato (peraltro mai ritiratosi davvero) vanno dalle incentivazioni delle attività private, all’ingresso pubblico nel capitale di imprese[9], al controllo di settori strategici attraverso golden power[10], alla pianificazione per obiettivi a livello sovranazionale (si pensi al green deal europeo[11] e alla digital transition[12]) e – a cascata – nazionale (ad esempio, con il PNRR elaborato dal Governo italiano in attuazione del programma di finanziamenti europei Next Generation EU)[13].

Un ulteriore strumento di intervento pubblico è costituito dalle regolazioni[14]. Come noto, nel tempo si è affermata l’esigenza di passare da una regolazione finalistica (espressione di uno Stato “finanziatore”[15] e “dirigista”), a una di tipo condizionale e residuale (emblema di uno Stato “regolatore”[16] e “arbitro”[17]).

Dagli anni Novanta del secondo scorso, proprio la residualità ha costituito la chiave di volta tra concorrenza e regolazione dell’economia, non tanto in termini di alternativa tra concorrenza o regolazione[18], quanto di fondamento dell’intervento di regolazione a bilanciamento della concorrenza (quando questa può compromettere stabilità, sicurezza, salute)[19] o a supporto di questa (si pensi alle regolazioni asimmetriche dei servizi a rete[20] e a quelle recentissime dei regolamenti europei sui mercati [21] e i servizi digitali[22]).

Il presente contributo si interroga sull’affermarsi di un moderno principio di residualità, suggerendo che questo non si limiti ad informare il rapporto tra regolazione e concorrenza, ma richieda una giustificazione dell’intervento pubblico in termini di effettiva necessità di questo (par. 2.1) e delle ragioni che ne sono alla base (par. 2.2), per spingersi ad informare anche il contenuto regolatorio dell’intervento che dovrebbe al contempo essere adeguato a risolvere il problema (le ragioni) che lo giustificano, non eccessivamente gravoso e di facile comprensione (par. 3).

2. Origini ed evoluzione del principio della residualità

2.1 Residualità come necessità della regolazione

Di residualità della normativa «come necessità di tener presente sempre anche la possibilità di «non» adottare una legge»[23] parlava già nel 1955 R. Lucifredi[24], che in una articolata lezione al primo corso per funzionari direttivi dell’amministrazione dello Stato, raccomandava di evitare di «mettere a fuoco materiale legislativo, dove non c’è necessità». Così anche A.M. Sandulli nel 1960[25], per cui il «procedimento logico del legislatore (…) può eventualmente anche tradursi in una decisione di non fare, o perché l’eventuale innovazione legislativa sarebbe controproducente, o perché l’ordinamento vigente già offra strumenti idonei per il conseguimento dello scopo».

Nel tempo, si sono affermati strumenti tecnici per dare attuazione alla residualità (e non solo): l’analisi di impatto della regolazione per le fonti primarie e secondarie, che obbliga a confrontare opzioni alternative rispetto al “non intervento” (opzione zero)[26], e l’istruttoria legislativa, tenuta a considerare la necessità dell’intervento (come previsto dal regolamento della Camera[27] e che al Senato rientra tra le prerogative del Comitato per la legislazione introdotto da una recentissima modifica del relativo regolamento)[28].

Questa accezione del principio di residualità come necessarietà non sembra aver contribuito a contenere l’inflazione regolatoria, così che il conseguente «disordine normativo»[29] e l’instabilità del quadro regolamentare sono tra le cause dell’ineffettività del diritto amministrativo[30]. Si pensi, guardando alle riforme delle attività produttive e commerciali che si sono susseguite in Italia dal 2010 ad oggi, alle numerosissime norme inutili perché già esistenti o perché incapaci di incidere in modo significativo sulla realtà[31], ma sempre introdotte con decreto-legge, come se ci fosse urgenza di riaffermare l’ovvio[32].

2.2 Declinazione della residualità nelle ragioni che giustificano la regolazione

Se si volge l’attenzione dalla necessità alle ragioni che giustificano un intervento sotto forma di regolazione (o meglio della fonte del diritto o dell’atto amministrativo a contenuto regolatorio) la declinazione del principio di residualità appare alquanto articolata.

Il principio di residualità della regolazione è stato sviluppato dalla teoria economica, che ha richiesto una giustificazione in termini di fallimento del mercato[33]. Ciò significa che la motivazione dell’intervento pubblico sotto forma di regolazione va ricercata nell’esistenza di monopoli, nella mancata o insufficiente informazione (asimmetria informativa), nelle esternalità negative legate a produzioni di beni o prestazione di servizi, nella fornitura inadeguata dei beni pubblici in senso economico (come la difesa nazionale o il servizio meteorologico nazionale)[34]. Un’altra ragione dell’intervento è porre rimedio a una regolazione inadeguata, che non ha raggiunto gli obiettivi voluti (in ragione, ad esempio, della scarsa attuazione) o è diventata obsoleta, vale a dire il fallimento della regolazione[35].

La teoria della regolazione richiama, poi, tra le ragioni dell’intervento anche obiettivi prioritari del decisore pubblico, come nel caso in cui una regolazione sia introdotta per rispondere ad esigenze di solidarietà sociale o di equità[36]. Di centrale importanza è inoltre il principio di precauzione che, soprattutto nell’Europa continentale, arricchisce il principio di residualità identificando un’altra ragione per l’intervento pubblico a tutela delle persone o dell’ambiente in situazioni di pericolo, anche se i dati scientifici non consentono una valutazione completa del rischio[37]. Se il principio di precauzione guida il processo decisionale quando l’incertezza scientifica è alta, là dove le conoscenze aumentano i regolatori possono basare i loro interventi su evidenze scientifiche, così evitando ricadute negative connesse – ad esempio – ad una eccessiva prudenza (che potrebbe ostacolare in modo non giustificato la libertà di impresa o l’innovazione). È questa l’impostazione della regolazione informata al rischio, che porta a consigliare un intervento di regolazione solo se necessario alla luce di una valutazione del danno potenziale, della sua probabilità e delle relative implicazioni. Vi è da dire che il regolatore valuta l’adozione o meno dell’intervento e il tipo di intervento anche alla luce del principio di precauzione. L’analisi del rischio, quale strumento tecnico, va infatti completata con una lettura “politica”; ad esempio, il regolatore potrebbe decidere di concentrarsi su pericoli che presentano un maggior grado di rischio (inteso come magnitudo di un eventuale effetto), o di affrontare – con le stesse risorse – rischi di grado inferiore ma con un livello di probabilità superiore[38]. La regolazione informata al rischio[39], che nasce negli ambiti della salute e dell’ambiente, si estende oggi alla tutela dei dati personali, ai servizi digitali, all’intelligenza artificiale. In alcune ipotesi la valutazione del rischio è effettuata dal legislatore (si pensi alla sottoposizione a divieti o obblighi diversi in base al grado di rischio delle applicazioni di intelligenza artificiale[40]); in altri casi la regolazione impone ai destinatari privati di effettuare una valutazione del rischio a fronte del quale adottare poi misure di mitigazione[41] (come in base ai regolamenti europei sulla protezione dei dati[42], sui servizi digitali[43]). Per inciso, la regolazione informata al rischio che interessi ambiti di frontiera – come le tecnologie digitali (intelligenza artificiale, blockchain, internet delle cose), biotecnologie o nuovi materiali (per esempio i nanomateriali) – è chiamata a bilanciare attentamente (alla luce del principio di residualità, oltre a quello di proporzionalità) tutela dei diritti e innovazione[44], perché in nome dei primi non sia ostacolata in modo ingiustificato la seconda[45][46].

In tempi recenti, la teoria della regolazione si è aperta alle scienze comportamentali, tanto che parte della dottrina è giunta ad indentificare un’ulteriore e nuova fattispecie di fallimento del mercato che giustifica l’intervento pubblico[47], vale a dire la presenza di bias diffusi che induce gli individui ad agire “in modo non razionale”. Questa è diventata una indicazione concreta al legislatore europeo (così infatti recita il Better Regulation Toolbox della Commissione UE del 2021)[48] e a quello italiano (in base alla Guida all’analisi di impatto della regolazione del 2018)[49]. Tra le applicazioni concrete, il Toolbox menziona la direttiva europea sui diritti dei consumatori nelle vendite on line[50], che ha introdotto un default (cioè un nudging) per l’acquisto del solo servizio principale e l’esigenza del consenso espresso per qualsiasi pagamento supplementare (ad esempio, l’assicurazione della perdita di bagagli nel trasporto aereo)[51]; di recente, la Commissione europea ha inoltre vietato l’uso di dark patterns (che fanno leva sui limiti cognitivi degli individui) da parte delle piattaforma on line[52]. Le scienze comportamentali arricchiscono anche i motivi all’origine dei fallimenti della regolazione: non solo (ad esempio) la cattura dei regolatori[53], ma anche il loro essere affetti da bias molto simili a quelli che interessano gli individui: ad esempio, eccessivo ottimismo, inerzia, confirmation bias, tunnel vision, bias della crescita esponenziale (che, con tutta probabilità, ha giocato un ruolo nel ritardo con cui si è reagito alla pandemia)[54].

Di recente, tra le priorità delle istituzioni europee è entrato un obiettivo trasversale: l’esigenza di guardare a tutti gli ambiti attraverso una “visione strategica”[55] capace di individuare “megatrend”[56], che possono segnalare l’esigenza di un intervento pubblico sotto forma di regolazione. Si tratta, all’evidenza, di un approccio di tipo pro-attivo (“anticipatory regulation”)[57], in radicale controtendenza rispetto alla regolazione re-attiva di tipo tradizionale[58], che al contempo dovrebbe tendere a formulare regolazioni che non risultino obsolete in breve tempo (“a prova di futuro”)[59]. In altre parole, lo “strategic foresight” può giustificare un intervento anticipato rispetto al verificarsi di un fallimento del mercato o della regolazione[60]. Espressione di “visione strategica” sono i già menzionati digital single market e green deal (twin transition)[61], obiettivi “politici” prioritari (e non frutto di una valutazione in termini, ad esempio, di fallimento del mercato o della regolazione)[62], che non solo giustificano interventi di programmazione[63] e di regolazione[64], ma influenzano il contenuto regolatorio in tutti i settori. Ad esempio, l’assenza di impatto negativo sull’ambiente (do not significant harm principle) e la coerenza con il digital by default principle[65] vanno valutate rispetto alle opzioni alternative nell’ambito di un’analisi preventiva di impatto della regolazione svolta in qualsiasi settore[66].

3. Residualità come principio informatore del contenuto regolatorio

All’inizio di questo secolo, con l’affermarsi a livello europeo di una politica per la qualità delle regole[67], l’attenzione si concentra anche sul contenuto delle regolazioni, non solo a rilevanza economica. Le regole dovrebbero in particolare essere necessarie, residuali ed adeguate (in risposta a un’esigenza di qualità sostanziale), coerenti, chiare e comprensibili (in quanto espressione di qualità in senso formale)[68].

Il principio di residualità sembra aver guidato anche l’approccio alle semplificazioni a livello nazionale (per cui “una regola interviene solo quando è indispensabile e se i benefici da ottenere sono superiori ai costi”)[69] ed europeo (come declinato dalla direttiva servizi del 2006[70] che ha subordinato le restrizioni all’accesso ai mercati alla sussistenza di specifici motivi imperativi di interesse generale)[71].

Agli strumenti per l’attuazione di questa lettura ad ampio spettro già menzionati (istruttoria normativa e analisi di impatto della regolazione)[72], si aggiungono i nuovi poteri di advocacy dell’Autorità garante della concorrenza: con riferimento agli atti amministrativi, l’art. 21bis della legge 287/1990 presidia il principio di residualità, sia quanto ai confini dell’intervento pubblico sotto forma di regolazione (rispetto della libera concorrenza e del corretto funzionamento del mercato)[73], che al contenuto (meno restrittivo possibile) della regolazione stessa.

Gli ambiti in cui sperimentare questa impostazione del principio di residualità che guarda anche ai contenuti della regolazione sono particolarmente ampi, se si pensa alle numerose semplificazioni e liberalizzazioni previste dall’Agenda per la semplificazione 2020/2026[74] e dalla legge annuale per la concorrenza[75].

4. Come interpretare un moderno principio di residualità?

Crisi economiche, finanziarie, sociali, pandemia, conflitto armato hanno portato a un ritorno dello Stato. Al contempo, «a causa della crisi del debito sovrano (…), gli apparati amministrativi dispongono di risorse sempre minori (…). Si tratta, insomma, di conciliare esigenze opposte: più e meno Stato, allo stesso tempo» [76], anche sotto forma di regolazione. Inoltre, attraverso la regolazione vengono affrontate nuove sfide legate agli obiettivi nodali della sostenibilità e della digitalizzazione.

Alla ricerca di un difficile equilibrio tra più e meno Stato, le giustificazioni dell’intervento pubblico in cui si declina un moderno principio di residualità restano attuali e contribuiscono a delineare i confini e la giustificazione dell’intervento. Oltre a fallimento del mercato, dello Stato, equità, precauzione, il principio di residualità si arricchisce di nuove specificazioni delle ipotesi che giustificano l’intervento pubblico sotto forma di regolazione (ad esempio, i bias dei destinatari delle regole e dei regolatori) la cui rilevanza va comunque dimostrata per giustificare un intervento. Si afferma inoltre l’esigenza di una visione strategica, che non solo anticipi i problemi, ma sia anche in grado di definire obiettivi prioritari e trasversali (come la transizione digitale e verde). Al contempo, la residualità diventa anche principio informatore del miglioramento della qualità del contenuto regolatorio, in termini di disciplina idonea ad affrontare il problema che ne giustifica l’adozione, ma al contempo chiara e non eccessivamente gravosa: «la mano del diritto, se non riesce ad essere invisibile, deve essere almeno leggera»[77].

  1. S. Cassese, Governare gli italiani. Storia dello Stato, Il Mulino, Bologna, 2014, p. 243.
  2. L. Torchia, La regolazione del mercato e la crisi economica globale, in F. Brescia, L. Torchia, A Zoppini, a cura di, Metamorfosi del diritto delle società. Seminario per gli ottant’anni di Guido Rossi, Editoriale scientifica, Napoli, 2012, p. 69.
  3. Sullo sviluppo storico dell’intervento pubblico dell’economia in Italia, M. Cafagno, F. Manganaro, Unificazione e intervento pubblico nell’economia, in M. Cafagno, F. Manganaro (a cura di), L’intervento pubblico nell’economia, p. 10 ss., vol. V di L. Ferrara e D. Sorace (a cura di), A 150 anni dall’unificazione amministrativa italiana, Firenze University Press, Firenze, 2016.
  4. G. Napolitano, Il nuovo Stato salvatore: strumenti di intervento e assetti istituzionali, in Giorn. dir. amm., 11, 2008, p. 1083 ss.
  5. S. Cassese (a cura di), La nuova costituzione economica, Laterza, VI ed., Roma-Bri, 2020, p. 402.
  6. F. Bassanini, G. Napolitano, L. Torchia, Lo Stato promotore. Come cambia l’intervento pubblico nell’economia, Il Mulino, 2021.
  7. “Lo sforzo dei governi e dei legislatori nazionali, negli Stati Uniti come in Europa, non è ancora approdato all’adozione di discipline organiche, ma ha prodotto una molteplicità di proposte, di regolamenti e di indirizzi” (L. Torchia, Lo Stato digitale, Una introduzione, Il Mulino, 2023, p. 30).
  8. Limitandoci ai lavori giuridici e senza pretesa di completezza si possono citare, tra i più recenti, G. Amato, Bentornato Stato, ma, Il Mulino, Bologna, 2022; W. Gasparri, Miele e l’intervento pubblico nell’economia, in Diritto amministrativo, 1, 2022, p. 115; L. Casini, Lo Stato (im)mortale, Mondadori, 2022; M. Dugato, L’intervento pubblico per l’inclusione, la coesione, l’innovazione e la sostenibilità ed il ruolo del servizio pubblico locale nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, in Munus, 1, 2022, p. 1 ss.; S. Amorosino, Note sulle regolazioni delle transizioni “economiche”, in Rivista della regolazione dei mercati, 1, 2022.
  9. G. Amato, Bentornato Stato, ma, cit., p. 45-49. M. Passalacqua, Numquam nega, raro adfirma: il rinnovato «intervento» dello Stato nell’economia, in Mercato, concorrenza, regole, 1, 2021, p. 55 ss. 
  10. A. Sandulli, La febbre del golden power, in Riv. trim. dir. pubbl., 3, 2022, p. 751; G. Napolitano, L’irresistibile ascesa del golden power e la rinascita dello Stato doganiere, in Giorn. dir. amm., 5, 2019, pp. 549 ss.
  11. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, e al Comitato delle regioni dell’11 dicembre 2019, Il Green Deal europeo, COM(2019) 640 e Regolamento n. 2019/1999/UE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2018 sulla Governance dell’Unione dell’energia e dell’azione per il clima. Sulle azioni per l’attuazione del green deal (energia, trasporti, industria, agricoltura, edilizia) e la loro attuazione a livello regionale e locale si veda European Committee of the Regions, Implementing the European Green Deal. Handbook for local and regional Governments, European Union, 2022; E. Bruti Liberati, L’intervento pubblico nell’economia in tempo di crisi, Intervento al IX convegno Internacional de Derecho Europeo- RIDE, Trento, 1° dicembre 2022.
  12. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, e al Comitato delle regioni del 9 marzo 2021, Bussola per il digitale 2030: il modello europeo per il decennio digitale, COM (2021) 118.
  13. Il PNRR costituisce espressione della «riappropriazione da parte dello Stato di un ruolo direttivo dell’economia» (B. Tonoletti, L’investimento pubblico nel Dispositivo di ripresa e resilienza e lo Stato come agente macroeconomico dell’economia di mercato, in Rivista della regolazione dei mercati, 1, 2022, p. 43) ed esempio di una pianificazione economica generale di carattere indicativo (M. D’Alberti, Diritto amministrativo e ripresa, in Giorn. dir. amm., 1, 2022, p. 5 ss.), da attuare attraverso leggi di riforma, pianificazioni specifiche, miglioramenti organizzativi, rafforzamento degli organici, investimenti (M. Clarich, Il Piano nazionale di ripresa e resilienza tra diritto europeo e nazionale: un tentativo di inquadramento giuridico, in Corriere giuridico, 8-9, 2021, p. 1030).
  14. G. Amato, Bentornato Stato, ma, cit., pp. 42-44.
  15. D. Serrani, Lo Stato finanziatore, Franco Angeli, Milano, 1971.
  16. G. Majone, The Rise of the Regulatory State in Europe, in West European Politics, 1994, pp. 77 ss.
  17. G. Corso, Attività amministrativa e mercato, in Rivista giuridica quadrimestrale dei servizi pubblici, 2, 1999, pp. 7 ss.
  18. L’irrealizzabilità di tale alternativa, già in W. Röpke («si nous désirons un marché libre, les conditions, les règles et les institutions doivent constituer un cadre d’autant plus solide. Laisser faire, certes, mais seulement à l’intérieur de ce cadre déterminé par une police du marché continue et intelligente», La crise de notre temps, Pétite bibliothèque Payot, Paris, 1962, p. 261) è ormai unanimemente riconosciuta. Come noto, l’idea che la concorrenza si sarebbe completamente sostituita alla regolazione pubblica se non in presenza di monopoli naturali si è ben presto rivelata irrealizzabile e, anzi, le “liberalizzazioni economiche” dell’accesso ai mercati sono state un moltiplicatore delle “regolazioni delle attività” che si sono rivelate tutt’altro che provvisorie (S. Cassese, Quattro paradossi sui rapporti tra poteri pubblici e autonomie private, in Riv. trim. dir. pubbl., 2, 2000, p. 389 ss.).
  19. G. Amato, Bentornato Stato, ma, cit., p. 42.
  20. Sul piano operativo, le liberalizzazioni europee dei servizi pubblici economici costituiscono attuazione del principio di residualità, quale giustificazione di un intervento di regolazione quando il mercato non offre risposte adeguate alle esigenze di interesse generale (art. 106, comma 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea). In questi ambiti, «la Commissione vigila sull’applicazione delle disposizioni del presente articolo rivolgendo, ove occorra, agli Stati membri, opportune direttive o decisione» (art. 106, comma 3). Similmente, il principio di sussidiarietà orizzontale come criterio di ripartizione di competenze tra enti locali e privati, giustifica un intervento dei primi quando i secondi non diano una risposta adeguata alle esigenze di interesse generale (art. 118, comma 4, Cost.).
  21. L’impresa designata come gatekeeper in base ai criteri di cui all’art. 2 (“a) ha un impatto significativo sul mercato interno; b) fornisce un servizio di piattaforma di base che costituisce un punto di accesso (gateway) importante affinché gli utenti commerciali raggiungano gli utenti finali; e c) detiene una posizione consolidata e duratura, nell’ambito delle proprie attività, o è prevedibile che acquisisca siffatta posizione nel prossimo futuro) deve osservare una serie di obblighi (art. 5 e 6, Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2022/1925 del 14 settembre 2022, relativo a mercati equi e contendibili nel settore digitale e che modifica le direttive (UE) 2019/1937 e (UE) 2020/1828, Regolamento sui mercato digitali).
  22. Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2022/2065/UE del 19 ottobre 2022 relativo a un mercato unico dei servizi digitali e che modifica la direttiva 2000/31/CE (Regolamento sui servizi digitali), introduce obblighi asimmetrici in capo alle piattaforme on line di dimensione molto grande, effettuando direttamente una valutazione del rischio.
  23. G. Corso, M. De Benedetto, N. Rangone, Diritto amministrativo effettivo. Una introduzione, Il Mulino, Bologna, p. 120.
  24. R. Lucifredi, Metodi pratici per preparare buone leggi e favorirne la migliore applicazione, in Rivista trimestrale per la massima efficienza dell’azione amministrativa, 1955, p. 6.
  25. A.M. Sandulli, A proposito della proposta fondazione di una «scienza della legislazione». Conoscere per legiferare, in Il diritto dell’economia, 1960, p. 977.
  26. Come evidenziato dal d.P.C.M. 16 febbraio 2018 (Approvazione della guida all’analisi e alla verifica dell’impatto della regolamentazione), l’analisi di impatto della regolazione «se ben condotta è in grado di contenere l’ipertrofia regolatoria, (…) di evitare di introdurre norme inutili o, peggio, dannose» (par. 4.2). Peraltro, l’analisi preventiva degli impatti è ora prevista anche per i decreti legge, che devono illustrare le esigenze e criticità della situazione attuale «che motivano l’intervento» (art. 10, comma 1, d.P.C.M. 15 settembre 2017, n. 169, Regolamento recante disciplina sull’analisi dell’impatto della regolamentazione, la verifica dell’impatto della regolamentazione e a la consultazione).
  27. Con riferimento al procedimento legislativo, il regolamento della Camera dispone che l’istruttoria prenda, tra l’altro, in considerazione la «necessità dell’intervento legislativo, con riguardo alla possibilità di conseguirne i fini mediante il ricorso a fonti diverse dalla legge» (art. 79, comma 4).
  28.  Nel 2022, con una modifica al regolamento del Senato è stato introdotto il Comitato per la legislazione, laddove la Camera ha istituito un omologo comitato nel 1997. In base all’art. 20bis, comma 3, il Comitato esprime «pareri sui disegni di legge discussi dall’Assemblea o dalle Commissioni in sede deliberante e sugli schemi di atti normativi del Governo» su richiesta delle Commissioni. Inoltre, «si esprime sulla valutazione d’impatto e sulla qualità dei testi, con riguardo alla loro omogeneità, alla semplicità, chiarezza e proprietà della loro formulazione, nonché all’efficacia di essi per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente» (art. 20bis, comma 5). Sembra dunque che potrebbe muoversi a presidio della residualità della legislazione.
  29. «Il disordine normativo insidia la rule of law, intesa come supremazia della legge e del diritto e come buon livello di osservanza delle norme» (M. D’Alberti, Il propagarsi della corruzione amministrativa, in M. D’Alberti (a cura di), Corruzione e pubblica amministrazione, Jovene, Napoli, 2017, p. 16).
  30. G. Corso, M. De Benedetto, N. Rangone, Diritto amministrativo effettivo. Una introduzione, cit., p. 161.
  31. L. Lorenzoni, Liberalizzazione e semplificazione dei procedimenti autorizzatori e razionalizzazione dei controlli amministrativi sui privati: obiettivi inconciliabili?, in Munus, 2, 2021, p. 307 e 309.
  32. Ne sono un esempio le previsioni che vanno dalla dichiarazione che è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato (art. 3, comma 1, d.l. n. 138/2011, «Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo», conv. con modificazioni dalla l. n. 148/2011), dichiarato incostituzionale nella parte in cui disponeva l’automatica soppressione delle norme in contrasto (Corte Cost., sentenza n. 200 del 2012). Un altro esempio è costituito dall’affermazione che ogni regime amministrativo deve essere giustificato da esigenze imperative di interesse generale; l’introduzione di una formula così generale ha comportato la sostanziale inattuazione e dunque l’esigenza di una ricognizione di queste ipotesi, richiesta nel 2011 (art. 34, comma 2, d.l. n. 201/2011, «Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici», conv. con modificazioni dall’art. 1, c. 1, l. n. 214/2011) e nuovamente nel 2020 (art. 15, d.l. n. 76/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 120/2020).
  33. Per una ricostruzione, si veda H. Hovenkamp, The invention of antitrust, in University of Pennsylvania, Institute for Law & Econmic Research Paper, 22-05, 2022.
  34. G. Corso, M. De Benedetto, N. Rangone, Diritto amministrativo effettivo. Una introduzione, cit., p. 30.
  35. L. Von Mises, Kritik des Interventionismus, Jena, Gustav Fischer, 1929; trad. it. I fallimenti dello Stato interventista,Rubbettino, Soveria Mannelli, 1997, 261-263. R. Baldwin, M. Cave, M. Lodge, Understanding regulation. Theory, Strategies and Practice, Oxford, Oxford University Press, 2012, p. 68-77.
  36. “Cioè per modificare una distribuzione delle risorse considerata non accettabile dal decisore pubblico” (d.P.C.M. 16 febbraio 2018, cit., par. 5.1).
  37. Il principio di è affermato a livello internazionale (Dichiarazione di Rio dell’ONU 1992), poi europeo (oggi trasfuso negli artt. 11 e 191 del TFUE) e nazionale (ad esempio, art. 301 Codice dell’ambiente). Sul principio di precauzione come giustificazione dell’intervento pubblico, European Commission, Better Regulation Toolbox, 2021, pp. 90-91).
  38. R. Baldwin, M. Cave, M. Lodge, Understanding regulation. Theory, Strategies and Practice, cit., p. 22-23.
  39. R. Baldwin, M. Cave e M. Lodge, Understanding regulation. Theory, Strategies and Practice, cit., p. 202-295; R. Baldwin, M. Cave, Taming the Corporation. How to regulate for success, Oxford University Press, Oxford, 2021, pp. 104-109.
  40. Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce regole armonizzate sull’intelligenza artificiale (legge sull’intelligenza artificiale, del 21 maggio 2021, COM(2021) 206.
  41. G. Finocchiaro, La regolazione dell’intelligenza artificiale, in Riv. trim. dir. pubbl., 4, 2022, p. 1096.
  42. Il titolare del trattamento gestisce e valuta la diversa probabilità e gravità dei rischi per i diritti e le libertà delle persone fisiche per poi introdurre «misure tecniche e organizzative adeguate» (art. 24, Regolamento n. 2016/679/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE).
  43. I fornitori di piattaforme di motori di ricerca on line di dimensioni molto grande sono tenuti ad effettuare regolarmente una valutazione dei rischi connessi ai servizi offerti in termini di gravità e probabilità, e ad adottare conseguenti misure di mitigazione (art. 34 e 35, Regolamento n. 2022/2065/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022, cit.).
  44. R. Baldwin and M. Cave, Taming the corporation. How to regulate for success, cit., p. 109 ss.; C. Coglianese, Regulating New Tech: Problems, Pathways, and People, TechReg Chronicle, 12, 2021.
  45. L. Allio e N. Rangone, Agencies regulating risks, in M. Maggetti, F. Di Mascio, A. Natalini (a cura di), The Handbook on Regulatory Authorities, Edward Elgar Publishing, 2022, p. 165.
  46. R. Baldwin and M. Cave, Taming the corporation. How to regulate for success, cit., pp. 109 ss. «without foresight, regulators are vulnerable to ill-timed or disproportionate interventions that may fail to maximize the potential of new ideas, products and business models or mitigate risks to citizens and the environment» (World Economic Forum, Agile Regulation for the Fourth Industrial Revolution. A toolkit for regulators, cit., p. 9). La delicatezza del compito di regolare (quando necessario) l’innovazione ha portato a delineare uno strumento specifico, espressione di regolazione “agile” e finalizzata a un “visione strategica”: la “regulatory sandbox”, per testare prodotti, servizi, ma anche regole, in ambiente controllato (pochi utilizzatori/destinatari) e sotto il controllo pubblico (tra i molti contributi sul tema, cfr. H.J. Allen, Regulatory sandboxes, in Geo. Wash. Law Review, vol. 87, 2019, p. 579 ss.; S. Ranchordas, Experimental regulation and regulatory sandboxes: law without order?, in Law & Method, 2021).
  47. R. Bubb e R.H. Pildes, How Behavioural Economics Trims Its Sails and Why, in Harvard Law Review, 127, 2014, 1603. Altri ritengono che la rilevazione di limiti comportamentali non costituirebbe un fallimento del mercato in sé e un intervento pubblico sarebbe giustificato solo se questi limiti fossero così diffusi da portare una regolazione al fallimento (F. Di Porto e N. Rangone, Behavioural Sciences in Practice: Lessons for EU Policymakers, A. Alemanno and A.-L. Sibony (a cura di), Nudge and the Law: A European Perspective?, Hart Publishing, Oxford, 2015, p. 32).
  48. «Behavioural bias influence our decision-making process in a non-rational way, e.g. consumers act on incomplete or incorrect information or on the basis of nontraditional economic considerations» (European Commission, Better Regulation Toolbox, 2021, pp. 90-91, corsivo aggiunto, che dimostra come la Commissione si muova ancora nell’orbita della teoria della perfetta razionalità). È stato un lungo cammino, se pensiamo che il Nobel a Herbert Simon per i suoi studi sulla bounded rationality risale al 1978 e i lavori di Sunstein e Thaler che ne traggono conseguenze in termini di regolazione sono del 2008. E’ dunque un po’ paradossale se solo nel 2021 la Commissione europea definisce i “behavioural insight” come “metodo emergente” di better regulation (European Commission, Better Regulation Toolbox, cit., p. 593; così anche OECD, Regulatory Policy Outlook 2021, Parigi, 2021, cap. 1 “regulatory policy 2.0”).
  49. «Le ragioni per intervenire possono dipendere: (…) da problemi generati dalle limitazioni cognitive dei regolati che vengono esacerbati, o comunque non limitati dal mercato» (d.P.C.M. del 16 febbraio 2018, cit., par. 5.1).
  50. Art. 22, Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011, n. 2011/83/UE sui diritti dei consumatori.
  51. La direttiva è stata adottata sulla base di una review della letteratura che ha evidenziato che, a causa dello status quo bias, i consumatori tendono ad acquistare servizi accessori non voluti (European Comission, Better Regulation Toolbox, cit., p. 600).
  52. «I fornitori di piattaforme online non progettano, organizzano o gestiscono le loro interfacce online in modo tale da ingannare o manipolare i destinatari dei loro servizi o da materialmente falsare o compromettere altrimenti la capacità dei destinatari dei loro servizi di prendere decisioni libere e informate» (art. 25, Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2022/2065/UE, cit.).
  53. M.E. Levine e J.L. Forrence, Regulatory Capture, Public Interest, and the Public Agenda: Toward a Synthesis, in The Journal of Law, Economics, and Organization, vol. 6, n. 0, 1990, p. 167 ss.
  54. Per una sintesi M. De Benedetto, G. Corso, N. Rangone, Diritto amministrativo effettivo, cit., p. 202-204; oltre ai riferimenti bibliografici ivi contenuti si veda N. Rangone, Improving consultation to ensure the European Union’s democratic legitimacy. From traditional procedural requirements to behavioural insight, in European Law Journal, 2022, p. 1-18; R. Baldwin, M. Cave, Taming the Corporation. How to regulate for success, cit., 2021, p. 201-205 (che descrivono i “cognitive failings” come all’origine di “regulatory disasters”, p. 194).
  55. La Commissione von der Leyen ha affidato al Vice-President Šefčovič il compito di introdurre lo strategic foresight come elemento da considerare negli interventi europei. La prima relazione di previsione strategica viene adottata nel 2020: Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio del 9 settembre 2020, Previsione strategica: tracciare la rotta verso un’Europa più resiliente, COM(2020)493.
  56. European Commission, Better regulation toolbox, cit., TOOL#20.
  57. World Economic Forum, Agile Regulation for the Fourth Industrial Revolution. A Toolkit for Regulators, Cologny/Geneva, 2020, p. 9.
  58. «Law operates more comfortably in retrospect, when a risk has been realised, when it can react to the certitudes of things past rather than seek to anticipate what might happen in future»” (K. Hawkins, Law as last resort. Prosecution Decision-Making in a Regulatory Agency, Oxford, Oxford University Press, 2002, p. 438).
  59. Uno degli approcci per adottare “agile and future-proof regulation” consiste nel: “«1. developing or adapting governance frameworks and regulatory approaches so that they are forward-looking by developing institutional capacity and assigning clear mandates accordingly, conducting systematic and co-ordinated horizon scanning and scenario analysis, anticipating and monitoring the regulatory implications of high-impact innovations, and fostering continuous learning and adaptation. 2. Developing more outcome-focused regulatory approaches to enable innovation to thrive by harnessing the opportunities offered by digital technologies and big data. 3. Harnessing, under the condition that corresponding outcomes can be appropriately monitored, the opportunities provided by non-legally binding approaches either as an alternative or as a complement to other regulatory instruments. 4. Enabling greater experimentation, testing, and trialling to stimulate innovation under regulatory supervision» (OECD, Recommendation of the Council for agile regulatory governance to harness innovation, 6 ottobre 2021).
  60. Sul regulating for future needs, si veda R. Baldwin, M. Cave, Taming the Corporation. How to regulate for success, cit., p. 217.
  61. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio del 29 giugno 2022, Relazione di previsione strategica 2022. Abbinamento tra transizione verde e transizione digitale nel nuovo contesto geopolitico, COM(2022)289.
  62. «The digital single market and the green deal have been presented as political priorities rather than results of the application of better regulation principles. I am not saying that these are wrong priorities – not at all. But better regulation reasoning could have assisted. As set of principles, better regulation could have been used to test the assumptions of the high-level strategies for change. Here are some examples. (…) The Commission argues that the EU must reach the goal of 25% of agricultural land dedicated to organic farming. Good, but how will the costs and benefits of this commitment fall on different categories of firms and sectors?» (C. Radaelli, The state of play of better regulation strategy of the European Commission, in EUI School of transnational governance policy papers, 6, 2021).
  63. Si pensi al Piano nazionale di ripresa e resilienza, che reca «un rinnovato, forte, protagonismo dei pubblici poteri europei e nazionali nel sistema della produzione economica, identificato dal nuovo sintagma dello sviluppo sostenibile [i progetti in tema di Digital transition e Green new deal assorbono la più gran parte degli investimenti europei], vero e proprio programma di politiche industriali e produttive foriere di nuovi equilibri nelle relazioni tra mercato, istituzioni statali ed intervento pubblico nell’economia» (F. Bilancia, Indirizzo politico e nuove forme di intervento pubblico nell’economia in attuazione del Recovery and Resilience Facility, tra concorrenza e nuove politiche pubbliche, in Costituzionalismo.it, 1, 2022, p. 6).
  64. E. Chiti (Managing the ecological transition of the EU: the European Green Deal as a regulatory process, in Common Mark. Law Rev., 59, 2022, p. 36) definisce l’European Green Deal come «a regulatory process which enriches the traditional goals of the EU substantive constitution, opens the way to a model of policymaking that implies the balancing of different public interests by political and administrative institutions, and introduces the new objective of sustainability of ecosystems rather than growth and markets».
  65. In attuazione della comunicazione della Commissione UE, Bussola per il digitale 2030: il modello europeo per il decennio digitale, cit.
  66. Commissione europea, Better regulation guidelines, SDW (2021) 305, p. 32 e 35.
  67. Se già a partire dal 1992, in occasione del Consiglio europeo di Edimburgo, si comincia a parlare di esigenza di migliorare la qualità della regolazione europea, è solo dieci anni dopo, con il rapporto Manderlkern del 2001 (dal nome del presidente di un gruppo di esperti rappresentanti dei quindici Stati membri e la Commissione europea delegati dal Consiglio alla definizione, tra l’altro, di «a common method of evaluating the quality of regulation») che si afferma una vera e propria politica di riforma della regolazione (C.A. Dunlop e C.M. Radaelli, Better regulation in the European Union, in M. Maggetti, F. Di Mascio, A. Natalini, a cura di, The Handbook on Regulatory Authorities, Edward Elgar Publishing, Cheltenham-UK, Northampton-MA, USA, 2022, p. 303 ss.).
  68. Cons. St. ad gen. 25 ottobre 2004, n. 10548, Schema di decreto legislativo recante il “Codice dei diritti di proprietà industriale”, ai sensi dell’art. 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273. Sul punto M. de Benedetto e N. Rangone, La questione amministrativa dell’effettività: regole, decisioni e fatti, in Diritto pubblico, 3, 2019, p. 754.
  69. «La nuova fase di semplificazione delle procedure avviata dalla legge n. 50 del 1999 mira a svincolare la cultura della semplificazione da una considerazione eminentemente giuridica e burocratica e a cogliere la valenza economica del processo di semplificazione nel più generale contesto della riforma della regolazione». Dunque, la semplificazione non può essere scissa dall’obiettivo della qualità della normazione, che «implica sia coerenza e chiarezza da un punto di vista giuridico-formale (regole leggibili sia per gli operatori che per i cittadini) che essenzialità e minore onerosità da un punto di vista economico-sostanziale (una regola interviene solo quando è indispensabile e se i benefici da ottenere sono superiori ai costi») (Cons. Stato, adunanza generale 25 ottobre 2004, 10548, cit.).
  70. Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2006/123/Ce del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno.
  71. Art. 8, comma 1, lett. h), d.lgs. n. 59/2010 (Attuazione della dir. 2006/123/Ce relativa ai servizi nel mercato interno). Regimi «autorizzatori possono essere istituiti o mantenuti solo se giustificati da motivi imperativi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione e proporzionalità» (art. 14, d.lgs. 59/2010, cit.).
  72. L’analisi d’impatto concretizza il principio di residualità là dove impone sempre la ponderazione tra le opzioni di regolazione e quella di non intervento, consentendo di individuare la regola più adeguata e meno invasiva in risposta a specifiche esigenze di regolazione (M. De Benedetto, M. Martelli e N. Rangone, La qualità delle regole, Bologna, Il Mulino, 2011, p. 68 ss.).
  73. Anche quando si tratti di concorrenza “per” il mercato. Con riferimento alla proroga senza gara delle concessioni ad uso turistico balneare si veda, di recente, Cons. St. sez. VI, 1° marzo 2023, n. 2192. Con riferimento ai servizi pubblici locali, in caso di affidamento senza gara, l’Autorità per la concorrenza e del mercato potrebbe fare uso dell’art. 21bis e inviare il parere motivato (per poi eventualmente agire in giudizio), durante i 60 giorni di standstill dalla pubblicazione della delibera di affidamento in house nel sito dell’ANAC alla stipula del contratto di servizio, qualora non ritenga adeguata la motivazione del mancato ricorso al mercato o i benefici dell’affidamento diretto in termini di tutela dell’ambiente (art. 17, comma 3, d.lgs. n. 201/2022, Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica).
  74. «ll PNRR ha definito l’ambizioso traguardo di 200 procedure semplificate e reingegnerizzate entro la fine del 2024 e 600 entro il 2026» (Agenda per la semplificazione 2020/2026, aggiornamento del marzo 2022, p. 3).
  75. L’art. 26 delega il governo alla «ricognizione, la semplificazione e l’individuazione delle attività oggetto di procedimento di segnalazione certificata di inizio attività o di silenzio assenso nonché di quelle per le quali è necessario il titolo espresso o è sufficiente una comunicazione preventiva» e l’art. 27 alla riforma dei controlli (l. n. 118/2022, Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021).
  76. N. Lupo, call for panel and papers, I-CONS, Il futuro dello Stato, Bologna, 16-17 settembre 2022.
  77. M. Ramajoli, Concorrenza (tutela della), in Enc. Dir., I tematici, III-2022, Funzioni amministrative, diretto da B.G. Mattarella e M. Ramajoli) citando W. Röpke, La crise de notre temps.

Nicoletta Rangone

Full Professor of Administrative Law, LUMSA University.