Il contributo fa il punto sulle principali trasformazioni in atto nella funzione amministrativa, tra teoria e prassi, identificando una essenziale linea di sviluppo della funzione amministrativa che si può così riassumere: dalla “assenza” di rapporto (una funzione che non entrava in relazione con i soggetti durante il suo svolgimento, ma lo faceva solo a valle, sul piano statico della produzione degli effetti della dinamica giuridica o della imputazione delle fattispecie) alla “essenza” di rapporto, in cui la funzione è conformata e caratterizzata dall’interno dal paradigma di relazionalità.


Coalescences in administrative functions
This contribution takes stock of the main transformations taking place in administrative functions, between theory and practice. It identifies a line of development from the “absence” of relationship to the “essence” of relationship, in which the administrative function in practice conforms to and is characterized by, a relationship to theory.
Summary: 1. Nuove sfide per la funzione amministrativa.- 2. Crisi della funzione amministrativa?- 2.1. La discrezionalità: una nozione “impolverata”?- 2.2. Il procedimento: una nozione spuntata?- 2.3. La dimensione organizzativa: anomalie paradigmatiche e spiegazioni ad hoc.- 3. La funzione amministrativa: una teoria recessiva?- 4. Le diverse accezioni (e nozioni) di funzione amministrativa. Loro ricomposizione (nel fenomeno sostanziale e) nella nozione giuridica dell’attività amministrativa.- 5. Attività amministrativa e processo decisionale.- 6. Caratteri (costituzionali) del processo decisionale.- 7. Dalla riserva di procedimento alla riserva di operazione.- 8. Complessità e (forme di) razionalità strategica.- 9. Il paradigma di relazionalità.

1. Nuove sfide per la funzione amministrativa[1]

Risale al 1979 il “Rapporto Giannini” sui «Principali problemi» dell’Amministrazione pubblica in Italia, il quale – come è noto – affrontava le questioni «dell’aziendalistica pubblica, della produttività, dei costi, delle tecnologie, dei mezzi e del personale, delle strutture e dei controlli»[2] e suggeriva per un verso di mettere ordine nelle riforme precedenti, per altro delineava e poneva le basi, per il futuro, di un ampio disegno riformatore di carattere generale.

Siamo oggi nel futuro e la gran parte delle riforme suggerite in quel Rapporto risulta ormai varata[3].

L’amministrazione contemporanea è quella immaginata da Massimo Severo Giannini quarantatré anni fa?

Può ritenersi finalmente realizzato l’auspicato passaggio dall’amministrazione “per atti” all’amministrazione di servizio e “di risultato” (che è poi l’amministrazione tout court)?

Quale che sia la risposta che si ritenga di poter dare a questa domanda (e il nuovo Codice dei contratti pubblici – Art. 1, «Principio del risultato», offre argomenti a favore sia della risposta positiva che di quella contraria), certo è che, dinanzi alle numerose e mutevoli nuove sfide che la Pubblica Amministrazione è chiamata ad affrontare (e malgrado gli andamenti poco coerenti della legislazione)[4], torna in prima linea, puntualmente chiamata in causa, la nozione di funzione amministrativa[5].

Essa appare per sua vocazione proiettata al futuro, ed è quasi unanimemente ritenuta nozione tuttora centrale e vitale, capace di intercettare e assorbire i mutamenti strutturali più significativi del diritto amministrativo.

Un esempio al riguardo è offerto dal campo sempre più vasto delle “funzioni amministrative” disciplinate al di fuori dell’esperienza statuale, che coinvolgono congiuntamente apparati interni e enti sovranazionali (il richiamo più immediato è naturalmente all’area delle funzioni comuni dell’Unione europea)[6]: un fenomeno che ha preso piede con più chiara insistenza nell’ultimo trentennio in concomitanza all’avanzata del processo di integrazione europea, segnando una netta discontinuità rispetto al modo usuale di concepire la distribuzione dei compiti esecutivi tra gli apparati amministrativi[7].

Si pensi poi ai settori in cui per la prima volta si avverte il bisogno di introdurre norme che regolino l’intervento dell’amministrazione per mediare il conflitto sociale[8]; qui si assiste per contro alla nascita di funzioni amministrative in branche dell’ordinamento dapprima sconosciute. Un esempio su tutti è fornito dalla recente disciplina dell’Unione europea sul mercato unico dei servizi digitali (regolamento sui servizi digitali)[9] e, più in generale, dall’erompere del diritto della transizione (e dell’amministrazione pubblica) digitale[10], da ricostruire sistematicamente come «diritto dei dati»[11].

2. Crisi della funzione amministrativa?

Dinanzi a queste ed altre (più o meno nuove) sfide per la pubblica amministrazione, peraltro, è avvertita e segnalata da più parti l’esigenza di revisione e/o di aggiornamento di alcune nozioni di fondo, costitutive della (o strettamente legate alla) funzione amministrativa: la discrezionalità (profilo sostanziale), il procedimento (profilo formale), nonché la dimensione organizzativa del fenomeno della funzione.

2.1. La discrezionalità: una nozione “impolverata”?

Il primo aspetto è stato ampiamente dibattuto nell’ambito del recente annuale Convegno Nazionale della Associazione Italiana dei Professori di Diritto Amministrativo[12].

Secondo una prima linea interpretativa (proposta da Aldo Sandulli[13] e da Sabino Cassese[14]) la discrezionalità (intesa nel senso fissato da Giannini, quale ponderazione di interessi)[15] sarebbe nozione «impolverata», una teoria da ripensare in «termini nuovi», per una serie di fattori che ne condizionano le modalità di svolgimento[16].

La proliferazione di «coacervi di disposizioni», di diversa natura e livello, stratificate e contraddittorie, costringerebbe la discrezionalità «a cambiare pelle», e a diventare discrezionalità «interstiziale», la cui essenza consisterebbe nel «mettere ordine tra regole» (piuttosto che interessi) e nel «muoversi tra regole, condizionamenti e controllori». Un mutamento morfologico della nozione? O, piuttosto, un ampliamento dello spazio (mai scomparso dalla scena) della discrezionalità interpretativa, specificativa e/o integrativa della fattispecie[17], da situare eventualmente a monte della discrezionalità ponderativa di interessi?[18]

Diversa lettura è offerta da Franco Gaetano Scoca[19]: non c’è bisogno di ripensare ex novo la nozione e la teoria (il nucleo duro di entrambe resta valido), ma si tratta semmai di aggiornarle ed evolverle in alcuni punti. L’attenzione al risultato comporta infatti, come sua premessa logica, che non si consideri più l’attività dell’amministrazione in modo atomistico, ossia provvedimento per provvedimento, procedimento per procedimento, ma si arrivi a una considerazione unitaria di tutta l’attività amministrativa che serve perché sia realizzato l’interesse pubblico. Rammenta, a questo proposito, che gli interessi pubblici, all’inizio, erano oggetto di valutazioni separate e indipendenti, anche se concernevano un medesimo obiettivo da raggiungere. Successivamente, dalla valutazione disaggregata si è passati alla loro valutazione congiunta: e la spinta più forte in questa direzione l’ha impressa proprio Giannini, con la sua teoria dell’interesse primario e degli interessi secondari, e con la elaborazione della nozione di interesse pubblico concreto[20]. Anche se il passaggio (successivo) alla regola della valutazione congiunta di interessi primari che si confrontano nella loro consistenza oggettiva fa entrare parzialmente in crisi la distinzione tra interessi primari e secondari, che è di carattere relativo.

Una linea di possibile sviluppo evolutivo della nozione è indicata da Alberto Zito, il quale propone di perfezionare la teoria della discrezionalità, distillandone l’oggetto e l’ambito preciso di operatività, attraverso l’espunzione (o, se si preferisce, il travaso) dalla stessa di momenti che ben possono essere attratti invece nell’ambito dell’istruttoria, orientata alla razionale costruzione del caso concreto e al contempo alla verifica in fatto della sussistenza del bisogno di cura in concreto dell’interesse pubblico[21].

2.2. Il procedimento: una nozione spuntata?

Il termine procedimento non viaggia più da solo. Il legislatore lo vuole di regola “accompagnato” (da aggettivi, qualificazioni, specificazioni): procedimento accelerato, semplificato, integrato, composto, concentrato, unico!

Forse che il procedimento normale, irrelato e privo di qualificazioni, sia da ritenersi, in tesi (e per sua natura), lento, complicato, disaggregato, scomposto, deconcentrato, scisso? Irrazionale rispetto allo scopo (e quindi incostituzionale)?

Eppure la Corte costituzionale ripone in esso grande e rinnovata fiducia, definendolo «pilastro insostituibile» del nostro ordinamento: il riferimento è alle recenti cinque sentenze sulla riserva di procedimento, sulle quali mi soffermerò tra breve.

2.3. La dimensione organizzativa: anomalie paradigmatiche e spiegazioni ad hoc

La dimensione organizzativa[22] è quella in cui appare da molto tempo ormai conclamata la crisi (della capacità esplicativa) dello strumentario teorico elaborato nel vigore di un modello ormai perento di amministrazione, all’ombra rassicurante – ma distorcente e «mutilante»[23] – della unitarietà statuale, poi stato-centrica. In tema basti richiamare la voce «Organizzazione amministrativa» di Giuseppe Di Gaspare[24], che già nel 1995 rilevava una situazione di «stallo» dell’elaborazione teorica, soprattutto con riguardo alla configurazione delle cd. relazioni di equiordinazione, di dubbia ed incerta consistenza giuridica[25]. Esse sembrano evaporare nell’assenza di relazione (organizzativa) giuridicamente rilevante, palesandosi così quali spiegazioni ad hoc chiamate a fronteggiare “anomalie” che appaiono inoltrepassabili ove inquadrate dall’interno di una determinata (e parzialmente recessiva) tradizione disciplinare[26].

Si impone un’esigenza di generale “rilettura delle relazioni organizzative”[27], avendo di mira la revisione della teoria giuridica della organizzazione amministrativa, che richiede di essere messa a punto portando in primo piano proprio le interrelazioni adattative tra gli elementi del sistema, piuttosto che i singoli elementi: alle regole dell’attività si richiede, infatti, di disegnare le linee costitutive dell’organizzazione dinamica di un’amministrazione complessa[28]. Recenti studi muovono finalmente nella direzione attesa[29] (si segnalano in particolare le opere monografiche di Fulvio Cortese[30], di Filippo D’Angelo[31] e di Salvatore Dettori[32]), nella quale viene intercettata anche la dimensione rimediale (delle relazioni organizzative che “non hanno funzionato”): il riferimento è ai recenti contributi di Mauro Renna e Stefano Vaccari[33], Antonio Cassatella[34], Sabrina Tranquilli[35] e, in precedenza, di Mario Spasiano, sui conflitti e sulle controversie tra amministrazioni[36], indagate anche in prospettiva storica da Marco Mazzamuto[37] e, da ultimo, da Guido Melis, in un approfondito saggio sulla “preistoria” del procedimento amministrativo[38].

3. La funzione amministrativa: una teoria recessiva?

È bene prendere sul serio le criticità passate rapidamente in rassegna, considerato che esse interessano tutti i componenti fondamentali della teoria della funzione.

È innegabile che il concetto di “funzione” – e il suo intimo legame col potere e col procedimento – sia saldamente ancorato negli enunciati della scienza pubblicistica e della giurisprudenza da quando Feliciano Benvenuti, nei primi anni Cinquanta, ne ha lumeggiato le coordinate ermeneutiche e ne ha svelato la capacità euristica[39]. Uno sguardo retrospettivo al lungo cammino percorso conferma la feconda circolarità generativa del sistema dei concetti strettamente imbricati nella concezione funzionale: un concetto ha a lungo illuminato l’altro, vicendevolmente, aprendo nuovi campi e potenzialità di sviluppo, aumentando progressivamente l’estensione (la portata) e l’intensione (la profondità) della teoria.

In linea generale c’è da rammentare ed essere consapevoli del fatto, tuttavia, che, oltre un certo grado di complessità del sistema (teorico), il programma di ricerca (proprio in quanto sistema) rischia di virare ed entrare in crisi, diventare recessivo e a rischio di entropia: l’accumularsi di anomalie e di spiegazioni ad hoc è considerato a livello epistemologico un indice della emergenza di tale situazione, che merita di essere considerato, quanto meno come possibilità o oggetto di (auto) riflessione[40].

Riguardo alle relazioni organizzative, in particolare, sembrerebbero ricorrere in effetti in modo esemplare, per così dire, le “figure sintomatiche” (che segnalano la ricorrenza) di programma di ricerca recessivo e “in crisi”, come individuate in particolare da Imre Lakatos: in queste situazioni i dogmi, i concetti e le categorie teoriche (anziché pregiudizi che illuminano) diventano pregiudizi che accecano, lenti deformanti[41].

4. Le diverse accezioni (e nozioni) di funzione amministrativa. Loro ricomposizione (nel fenomeno sostanziale e) nella nozione giuridica dell’attività amministrativa

È noto che il nucleo duro (comunemente accolto, anche se in varie accezioni e declinazioni) della nozione di funzione amministrativa è una «entità reale la cui esistenza spiega il rilievo esterno dell’attività, oltre che dell’atto»[42]; e come «mezzo giuridicamente necessario e sufficiente per portare lo scopo (astratto) alla sua realizzazione (concreta)»[43].

È su questo aspetto essenziale – che pone in primo piano il dato reale e al contempo giuridico della attività – che è bene incentrare (riportare) l’attenzione.

Il termine “funzione” designa un dato di realtà (materiale e giuridica) ben preciso: vale a dire che l’attività amministrativa è rivolta a un fine e che sul piano giuridico essa rileva in ogni momento del suo svolgimento. È questo il significato più intimo che si riallaccia a quello “originario” della nozione: deputatio ad finemattività resa idonea a un fine»), e che descrive la situazione (non solo fenomenico-esistenziale ma anche di “dover essere” costituzionale) di necessaria aderenza di tutti i poteri assegnati agli apparati pubblici a uno scopo predeterminato[44].

Intorno a codesta dimensione concettuale[45] non pare esservi discordia presso la dottrina pubblicistica e d’altronde la formulazione dell’art. 1, co. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 non lascia spazio a particolari fraintendimenti: la «attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge»: i quali poi altro non sono se non la soddisfazione degli interessi pubblici (del pubblico), un aspetto coessenziale alla concezione dell’amministrazione. Si tratta di un’evoluzione ormai acquisita, che «ha investito direttamente e precipuamente il ruolo dell’Amministrazione e la giustificazione profonda dell’attività amministrativa; rispetto alla quale laccento, inizialmente posto sul potere (azione intesa come esercizio di potere sovrano), è stato alla fine spostato sull’interesse pubblico (attività finalizzata alla soddisfazione di interessi pubblici)»[46].

È dunque la nozione di attività amministrativa a porsi in primo piano e a conquistare il centro della scena, dopo essere stata a lungo trascurata ovvero lasciata in ombra e poco approfondita dalla dottrina pubblicistica[47] (con illustri eccezioni: il riferimento è agli autori per i quali l’emersione sul piano giuridico dell’attività amministrativa è stata a lungo meta agognata e faticosamente perseguita: valga per tutti il richiamo agli studi di Giovanni Marongiu sulla funzione e sull’attività direttiva)[48], a differenza di quella di estrazione privatistica (soprattutto commercialistica)[49].

La voce Attività amministrativa di Franco Gaetano Scoca del 2002 può essere assunta a livello stipulativo quale “punto di ripartenza”: momento di approdo di un lungo cammino e, insieme, di rilancio, riorientamento e snodo del programma di ricerca disciplinare, che lo stesso Autore definisce un «contributo per la discussione comune», nella speranza che possa stimolare «la elaborazione di una (vera) teoria dell’attività amministrativa (in senso proprio), da affiancare (ovvero innestare) sulla teoria del procedimento e del provvedimento»[50].

La nozione di funzione è pertanto chiamata a “lavorare” nell’ambito di un programma di ricerca teorico più ampio e abbracciante, al centro del quale (nel cui nucleo duro) è posta la nozione di attività amministrativa.

L’emersione sul piano giuridico della nozione giuridica di attività riesce finalmente a liberare la funzione dalle «strettoie del potere e dell’atto»[51], in modo da rendere apprezzabile sul piano giuridico (in modo non disaggregato) l’attività amministrativa in quanto tale[52].

5. Attività amministrativa e processo decisionale

L’attività amministrativa decisionale è manifestazione emblematica, ancorché particolare, del fenomeno dell’attività, a cui è bene rivolgere lo sguardo per almeno tre ragioni di opportunità euristica.

Si consideri in primo luogo che l’emersione della sostanza di processo decisionale (razionale) che si snoda nel (e attraverso il) procedimento è uno degli esiti più rilevanti del percorso di elaborazione dottrinaria generato dal fecondo innesto della concezione funzionale sulle tematiche (e le teoriche) del potere discrezionale e del procedimento amministrativo (soprattutto a partire dagli anni ‘960, sull’onda della “scoperta della Costituzione” da parte della dottrina e la conseguente valorizzazione del ruolo strumentale e di servizio della P.A. nell’ordinamento democratico)[53]. La dottrina successiva alla legge n. 241 del 1990 non si è limitata a sottolineare il dato, per così dire, sociologico, dello snodarsi “nel” procedimento di un processo decisionale, ma ha messo gradualmente a fuoco anche il modo in cui giuridicamente l’attività amministrativa “è” (e deve essere) processo decisionale[54]: il riferimento alla teoria della razionalità limitata di Herbert M. Simon[55] nonché alla teoria dell’indagine di John Dewey[56] è chiaro e dichiarato[57].

La razionalità necessaria del processo decisionale vanta, inoltre, un solido fondamento costituzionale nel principio di buon andamento (inteso quale efficienza amministrativa: idoneità a raggiungere il risultato perseguito)[58]. Una prospettiva questa che tiene insieme decisione e organizzazione, regola di commisurazione dei mezzi giuridici ai fini; principio di «elasticità e puntualità» dell’azione amministrativa che trova due linee di sviluppo: con riguardo al contenuto dell’attività, dando vita alla discrezionalità, e con riferimento al suo modo di farsi, dando vita all’attività di autorganizzazione[59].

Si noti, infine, come tale ambito di analisi, posto sul limitare di organizzazione e attività, consenta di intercettare modificazioni più generali e profonde dell’amministrazione: un processo di riorganizzazione della stessa alla ricerca di equilibri dinamici e di contesto tra bisogni compresenti, ma contrapposti (il «paradosso costitutivo» dell’organizzazione come «unitas multiplex»)[60]: incremento di differenziazione e di autonomie decisionali vs. incremento del bisogno di coordinamento e di integrazione funzionale[61].

Nella dimensione in esame la sopra menzionata “liberazione” della funzione dalle “strettoie” del potere e dell’atto ha operato (ed opera) secondo due direttrici:

– a. in senso verticale/longitudinale: quale razionalizzazione del processo decisionale che è contenuto (e trova forma adeguata) nel singolo procedimento. L’esempio di razionalizzazione più importante da citare è rappresentato ovviamente dalla apertura del processo decisionale alla partecipazione degli interessati[62];

– b. in senso orizzontale/laterale: quale razionalizzazione del processo decisionale che fuoresce dai confini del singolo procedimento, per abbracciare e tessere insieme pluralità coordinate di procedimenti e poteri nell’ambito di operazioni amministrative complesse[63].

6. Caratteri (costituzionali) del processo decisionale

L’attività amministrativa per la decisione è (e deve essere) un comportamento legale, razionale, relazionale, che si svolge in forma operazionale.

Un agire formalizzato, manifestazione di razionalità pratica[64], limitata e situazionale (aderente ai fatti e allo scenario degli interessi in gioco), funzionale alla adeguata rilevazione della situazione problematica e alla traduzione congruente della stessa in problema amministrativo[65]. L’agire per la decisione punta infatti prima di tutto alla razionale costruzione (determinazione) dell’interesse pubblico concreto, all’esito di un’attività di indagine partecipata (aperta ai portatori di interessi secondari) e, se del caso, complessa (condotta in modo coordinato da una pluralità di decisori).

Il buon andamento entra in gioco quale precetto di ottimizzazione e di doverosa razionalizzazione dinamica dell’amministrazione in relazione ai risultati da perseguire e ai caratteri del problema amministrativo, operanti quali “attrattori” della forma della funzione[66]. In senso conforme si esprime anche l’art 1 del nuovo Codice dei contratti pubblici: «il principio del risultato costituisce attuazione (…) del principio del buon andamento (…)» (co.3); «Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto» (co. 4).

7. Dalla riserva di procedimento alla riserva di operazione

Con cinque importanti pronunce intervenute negli ultimi cinque anni (sentenze nn. 69/2018[67], 28/2019[68], 116/2020[69], 121/2022[70], 186/2022[71]) la Corte costituzionale ha preso posizione sul concetto di «riserva di procedimento amministrativo»[72], nel tentativo di delimitare uno spazio proprio (costituzionalmente riservato) all’agire amministrativo. Il procedimento è stato dalla Corte individuato quale strumento (di garanzia, di efficienza, di controllo giurisdizionale) da cui non si può prescindere tutte le volte in cui occorre acquisire, ponderare e confrontare interessi in conflitto. In altre parole, quando occorre esercitare un potere discrezionale per individuare la regola del caso concreto dinanzi a situazioni di vita ogni volta differenti, l’articolazione procedimentale è ritenuta «ineliminabile»[73], quale garanzia che l’attività amministrativa volgerà al suo fine naturale: la cura dell’interesse pubblico.

Le pronunce citate hanno suscitato un ampio dibattito e stimolato la produzione di un cospicuo numero di commenti e contributi di approfondimento, portando nuova luce e rinnovati interesse ed attualità[74] sui temi della “riserva di procedimento” e della “riserva di amministrazione” (sul quale la Corte non ha peraltro preso posizione)[75].

È bene peraltro evidenziare e portare alla luce anche un aspetto ulteriore e diverso, che va oltre (o, se si preferisce, appare sotteso a) le formule linguistiche utilizzate dalla Corte, sulla base della seguente constatazione: tutte le fattispecie da cui la Corte ha preso le mosse per pronunciarsi sono fattispecie complesse (impianti energetici, rifiuti, sistema sanitario, opere di particolare complessità quali impianti fotovoltaici ed eolici di grande dimensione). Fattispecie, cioè, che coinvolgono una massa rilevante di interessi pubblici e una pluralità di poteri, procedimenti, amministrazioni, da convogliare e raccordare in processi decisionali complessi unificati dal perseguimento di risultati unitari: operazioni amministrative.

La Corte esige, a ben vedere, che non sia pretermessa la «procedura amministrativa» richiesta dal caso: il processo decisionale adeguato. Ricorre pertanto a una sineddoche laddove si riferisce alla parte (il procedimento) per indicare il tutto (l’operazione). Nelle fattispecie indicate l’operazione è unitaria, ma i procedimenti necessari per compierla sono eterogenei e rientrano nella competenza di enti e organi diversi. Ad assumere rilievo giuridico è l’insieme di tutte le attività (anche se collocate topograficamente in procedimenti distinti) necessarie a risolvere un problema amministrativo unitario e conseguire un unico risultato e la loro connessione sistemica. Ed è in questo senso che si può dire che la funzione amministrativa assume carattere complesso, perché serve a ricompattare sul piano operativo (ossia sul piano dell’esercizio in concreto dei diversi poteri da versare nell’operazione) il pluralismo degli enti pubblici e la frammentazione delle competenze. Nella dimensione dell’operazione amministrativa trova posto il fenomeno, giuridicamente rilevante nella sua globalità, della collaborazione giuridica di più figure giuridiche soggettive alla dinamica di produzione di diritto amministrativo[76]. In essa si realizza quell’obiettiva unificazione relazionale e teleologica di atti e di figure soggettive che razionalizza l’agire amministrativo secondo il principio del buon andamento e comprova come nell’amministrazione contemporanea l’unità vada ricercata sul piano concreto dell’attività e dei risultati giuridici (valutabili in termini di assetti di interessi) cui essa mira[77].

8. Complessità e (forme di) razionalità strategica

Con il passaggio dalla razionalità semplice e lineare (dominata dal risalente principio della solitudine dell’organo decidente) – in cui l’organo ha il dominio completo sia sulla disposizione dei termini del problema sia sulla disciplina dell’assetto di interessi, attraverso un procedimento a conduzione unilaterale e segreta – al processo decisionale aperto alla complessità e all’interdipendenza, emergono due diversi livelli di razionalità limitata e “situata”:

– a. razionalità amministrativa strategica (complessità di prim’ordine): il procedimento si apre alla partecipazione; il decisore co-determina, insieme ai portatori di interessi secondari, la costruzione del problema amministrativo[78], ma conserva l’ultima parola nella disposizione finale dello schema di assetto di interessi o quanto meno nel momento costitutivo. La razionalità diviene strategica[79] perché il decisore entra (o comunque tiene conto di operare) in un contesto dl interdipendenza con altri attori;

– b. razionalità amministrativa complessa (complessità di secondo ordine)[80]: l’attività decisionale diviene espressione congiunta di un sistema coordinato di decisori. Alla co-determinazione (del problema amministrativo) si aggiunge la co-decisione.

In questa ipotesi siamo nel campo proprio del fenomeno (formale e sostanziale) dell’attività (oltre il segmento procedimentale irrelato e fuori dalle strettoie del singolo potere e del singolo atto), ma entrano maggiormente in tensione e torsione le nozioni di fondo. Una sorta di «meta-principio di relatività generalizzata dei punti di vista»[81] – orientato (in senso oggettivante) alla costruzione situazionale del «geometrale delle prospettive»[82] adeguato al (e dal) caso concreto – si insinua nel cuore della razionalità amministrativa e della dinamica giuridica[83]. A proposito di tale modello decisionale vi è chi ha parlato di «gerarchie aggrovigliate» e di modello «escheriano» di organizzazione[84]. Qui si stempera la rilevanza operativa della distinzione tra interessi primari e secondari ed entra in gioco un più alto e sofisticato livello di proceduralizzazione, che si incunea, erodendolo, nell’ambito della ponderazione in senso stretto. Il procedimento lascia spazio all’operazione (gioca il suo ruolo nell’ambito di questa) e la funzione amministrativa si fa complessa.

9. Il paradigma di relazionalità

Quanto appena accennato mostra una linea di sviluppo della funzione amministrativa che si può così riassumere: dalla “assenza” di rapporto (una funzione che non entrava in relazione con i soggetti durante il suo svolgimento, ma lo faceva solo a valle, sul piano statico della produzione degli effetti della dinamica giuridica o della imputazione delle fattispecie) alla “essenza” di rapporto: la funzione è conformata e caratterizzata dall’interno dal paradigma di relazionalità[85].

Essa trova svolgimento attraverso veri rapporti giuridici, intercorrenti tra figure e situazioni giuridiche soggettive che si confrontano e dialogano nel processo decisionale. Tutta la storia dell’interesse legittimo come situazione sostanziale che vive nel procedimento è il primo riflesso di questa vicenda evolutiva[86]. Ma nell’ambito della evoluzione più recente, di rapporti operazionali complessi e multipolari, è da approfondire la realtà dei rapporti tra poteri, e tra (più) poteri e (più) interessi protetti.

Tornano alla mente le parole di Antonio Romano Tassone: all’interno di un sistema complesso e policentrico, che include e riconosce centri di riferimento di interessi contrapposti, posti su un piano di tendenziale equiordinazione, «l’unità dell’ordinamento non esiste a priori», ma «è concepibile soltanto quale risultante del confronto dinamico di tali centri, che avviene volta per volta, episodio per episodio senza esiti predeterminati. In tale contesto risultano superate le traduzioni in termini assoluti della vicenda giuridica; questa va colta nella sua (relativa) aleatorietà e nel suo carattere di problematicità». Si impone cioè l’esigenza di spiegare in termini di rapporti giuridici e di situazioni giuridiche soggettive la dinamica giuridica e le relazioni tra figure giuridiche soggettive: è questa la prospettiva che permette di perseguire obiettivi di unificazione e integrazione del sistema nei loro effettivi risvolti operativi. È necessario riempire la dinamica giuridica di carattere precettivo, da un lato valorizzando il principio del buon andamento, dall’altro costruendo «strutture giuridiche relazionali» all’interno della produzione giuridica, «che traducano in forme razionali il confronto tra la pluralità dei centri di interesse, organizzando ed indirizzando lagire in reciproca dipendenza delle forze sociali attive che intervengono a comporre l’ordinamento»[87].

Il senso più profondo del paradigma di relazionalità si intravede proprio nel riconoscimento e nella garanzia della relazione quale essenza (vera unità elementare) del fenomeno amministrativo[88]: una dimensione operazionale o, se si preferisce, «topologica»[89], foggiata da campi di forze, integrazioni funzionali, coalescenze di situazioni soggettive, regole che permettano l’organizzarsi delle relazioni[90]: la pubblica amministrazione come «opera aperta»[91].

  1. Il presente contributo, con l’aggiunta di note, riproduce il testo della Relazione presentata nel convegno su «La Pubblica Amministrazione nel Nuovo Millennio» tenutosi il 15-16 dicembre 2022 presso l’Università degli studi di Milano, in occasione dei tre anni dalla costituzione di CERIDAP.
  2. Così S. Cassese, Giannini, Massimo Severo, in Dizionario Biografico degli Italiani Treccani, 2012.
  3. In tema cfr. B. Di Giacomo Russo, L’amministrazione dello Stato a quarant’anni dal Rapporto Giannini (16 novembre 1979), Bari, 2020.
  4. Puntualmente segnalati da F. Liguori, La funzione amministrativa. Aspetti di una trasformazione, Napoli, 2013, pp. 13-ss.
  5. M. R. Spasiano, Funzione amministrativa e legalità di risultato, Torino, 2003. Più di recente Id., Nuove riflessioni in tema di amministrazione di risultato, in Scritti per Franco Gaetano Scoca, V, Napoli, 2020, p. 4845. Sulle innovative declinazioni del concetto di funzione amministrativa cfr. anche L. Giani, Funzione amministrativa ed obblighi di correttezza. Profili di tutela del privato, Napoli, 2005.
  6. Su cui ampiamente si soffermano G. della Cananea – C. Franchini, I principi dell’amministrazione europea, Torino, 2017, pp. 140-ss.
  7. Ne dà atto M.P. Chiti, I procedimenti amministrativi composti e l’effettività della tutela giurisdizionale, in Giorn. dir. amm., 2, 2019, p. 188.
  8. In tema il recente volume tematico sulle Funzioni amministrative diretto da B.G. Mattarella – M. Ramajoli, in Enc. dir., III, Milano, 2022.
  9. Il Regolamento (UE) 2022/2065 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022 relativo a un mercato unico dei servizi digitali e che modifica la direttiva 2000/31/CE (regolamento sui servizi digitali), è pubblicato in Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 27 ottobre 2022. In tema cfr. ex multis: F. D’Angelo, La proposta di regolamento sui «servizi digitali» dell’Unione europea: profili procedimentali (brevi note), in Giustizia Insieme, 2021, pp. 1-ss.
  10. La produzione dottrinaria in tema è molto ampia. Tra le monografie si segnalano G. Carullo, Gestione, fruizione e diffusione dei dati dell’amministrazione digitale e funzione amministrativa, Torino, 2018; G. Pesce, Funzione amministrativa, intelligenza artificiale e blockchain, Napoli, 2021; G. Gallone, Riserva di umanità e funzioni amministrative. Indagine sui limiti dell’automazione decisionale tra procedimento e processo, Padova, 2023. Tra i lavori non monografici cfr. Cavallo Perin e D.U. Galetta (a cura di), Il diritto dell’amministrazione pubblica digitale, Torino, 2020; L. Golisano, Il governo del digitale: strutture di governo e innovazione digitale, in Giornale Dir. Amm., 2022, pp. 824-ss.; N. Paolantonio, Il potere discrezionale della pubblica automazione. Sconcerto e stilemi (sul controllo giudiziario delle “decisioni algoritmiche”), in Dir. amm., 2021, pp. 813-ss.; P.P. Forte, Diritto amministrativo e data science. Appunti di intelligenza amministrativa artificiale (AAI), in Persona e P.A., 2021, pp. 247-ss.; R. Cavallo Perin, Ragionando come se la digitalizzazione fosse data, in Dir. amm., 2020, pp. 3025-ss.; G. Sorrentino, Funzione amministrativa, Costituzione e algoritmi. Divagazioni minime, in AA.VV., Scritti per Franco Gaetano Scoca, Napoli, 2020, vol. V, p. 4790; D.U. Galetta, Algoritmi, procedimento amministrativo e garanzie: brevi riflessioni, anche alla luce degli ultimi arresti giurisprudenziali in materia, ibidem, vol. III, pp. 2265-ss.; A. Zito, Decisione amministrativa e principio di razionalità nella teoria giuridica dell’agire amministrativo, ibidem, vol. V, pp. 5381-ss: nonché la raccolta di contributi nel volume speciale della Rivista Ceridap, diretta da Diana-Urania Galetta, su «Public Administration facing the challenges of digitalisation» e le Sezioni monografiche pubblicate nella European Review of Digital Administration & Law, diretta da Angelo Giuseppe Orofino e Julián Valero Torrijos, in partic: Vol. 1 – Issue 1-2 – 2020, su «The Use of Artificial Intelligence by Public Administration»; Vol. 2 – Issue 2 – 2021, su «Blockchain and Public Administration»; Vol. 3 – Isse 1 – 2022 , su «Digitalisation and Good Administration Principle».
  11. S. Orlando, Data vs capta: intorno alla definizione di dati, in Il nuovo diritto civile, 4, 2022, pp. 14-ss. , il quale osserva che «Nessun’area del diritto è estranea al diritto dei dati» e che «La ricerca accademica, se vuole aspirare a risultati fruibili e continuare a coltivare un’idea di ordinamento giuridico che rifletta significati coerenti e razionali (un ordine, per l’appunto), deve comprendere la necessità di sistemare questa enorme mole di nuove norme attraverso categorie generali e concetti giuridici affidanti ed adeguati ai tempi. Altrimenti si rischia di assecondare una corsa all’esegesi dell’ultima norma, priva di quei raccordi razionali che consentono di continuare a riferirsi alla nostra ricerca in termini di scienza» (così in V. Montani, Intervista al Prof. Salvatore Orlando. Diritto privato e nuove tecnologie: i contenuti degli insegnamenti sul Diritto dei dati, in Diritto Mercato Tecnologia: www.dimt.it). Nello stesso senso, in termini più generali, cfr. L.R. Perfetti, Analisi economica, amministrazione di risultato e metodo giuridico in Antonio Romano Tassone, in F. Astone, M. Caldarera, F. Manganaro, F. Saitta, N. Saitta, A. Tigano, Studi in memoria di Antonio Romano Tassone, Vol. III, Napoli, 2017: «Il giurista (…) orfano del sistema è uno specialista estremamente competente, facilmente sostituibile e non il portatore di un pensiero in grado di creare valore e definire un sistema affidabile. La mancanza del sistema, in ultima analisi, è perfettamente funzionale al far divenire il diritto ancillare al potere, sia per l’incapacità di governarlo, sia per il mostrarsi come tecnica ampiamente disponibile e non come sapere. È più che ovvio che un simile ruolo del giurista – sia dello studioso che del pratico – (…), sia gradito al potente e, tuttavia, mentre costituisce un’abdicazione alla propria responsabilità, determina anche la perdita del proprio ruolo e rilievo. Se, quindi, il sistema può essere costruito e non solo abbandonato, sembrano sussistere ragioni serie che militano per l’opportunità e non solo per la possibilità di riprendere un simile lavoro di edificazione».
  12. Ci si riferisce al Convegno Nazionale AIPDA 2022 sul tema «Discrezionalità e amministrazione», tenutosi a Bologna presso la sede della SPISA nei giorni 7 e 8 ottobre 2022, i cui Atti sono pubblicati nell’omonimo Annuario 2022, Editoriale Scientifica, Napoli, 2023.
  13. Relazione dal titolo «Alle origini della discrezionalità».
  14. Intervento alla Tavola rotonda su «Politica, tecnica, discrezionalità».
  15. M.S. Giannini, Il potere discrezionale della pubblica amministrazione. Concetto e problemi, Milano, 1939. È da rammentare che nella dottrina italiana è presente anche la diversa impostazione proposta da Luigi Benvenuti (cfr. L. Benvenuti, La discrezionalità amministrativa, Padova, 1986), che opta per la riconduzione della discrezionalità nella categoria dell’interpretazione, sulla base peraltro della più generale adesione alla concezione teorica di Gadamer, che critica la divisione dei diversi generi dell’interpretazione proposta da Betti e afferma il principio originario della unità di interpretazione-applicazione (cfr. H. Gadamer, Verità e metodo, trad. it. a cura di G. Vattimo, Milano, 1972, p. 360; G. Zaccaria, L’arte dell’interpretazione. Saggi sull’ermeneutica giuridica contemporanea, Padova, 1990). Cfr. anche L. Benvenuti, Interpretazione e dogmatica nel diritto amministrativo, Milano, 2002, in cui sono contenuti importanti chiarimenti e sviluppi del suo pensiero. Si rinvia a questa opera anche per ulteriori indicazioni bibliografiche in tema di discrezionalità.
  16. Sono individuate a grandi linee tre concause. La prima sarebbe costituita dalla «penetrazione di norme costituzionali nel diritto amministrativo, nonché dalla partecipazione dell’ordinamento italiano ad un più vasto ordinamento sovranazionale»; tale per cui è «difficile che una scelta amministrativa non sia regolata in precedenza da un principio di diritto». Altro fattore andrebbe ravvisato nelle leggi-provvedimento che realizzano un’invasione parlamentare negli spazi dell’azione amministrativa e lo spostamento di una notevole quantità di decisioni amministrative nell’area legislativa; ciò determina la «riduzione del potere di decisione delle amministrazioni; la necessità di sempre nuove leggi per modificare quelle precedenti; marginalizzazione dell’amministrazione; abuso di funzione legislativa». Infine, si dovrebbe tener conto della presenza di forti condizionamenti e controlli con cui la legge decide «cosa, come, quando l’amministrazione deve provvedere»; questo avverrebbe spesso con regole ‘negative’ la cui verifica spetta a organi esterni all’apparato amministrativo (come le procure penali e contabili): la «nuova discrezionalità, quindi, consiste nel muoversi tra regole, condizionamenti e controllori» che influiscono sulle scelte di fondo dei corpi amministrativi. Così S. Cassese, La nuova discrezionalità, in Intervento alla tavola rotonda su “Politica, tecnica, discrezionalità”, pubblicato anche in Giornale di Diritto amm., 6, 2022, pp. 725-ss.
  17. Cfr. S. Cognetti, Profili sostanziali della legalità amministrativa. Indeterminatezza della norma e limiti della discrezionalità, Milano, 1993.
  18. La prospettiva riassunta nel testo, pur di notevole interesse, congiunge nell’analisi il profilo della definizione teorica di discrezionalità con quello relativo all’individuazione in concreto di cause di restrizione delle scelte amministrative (già segnalate da G. Azzariti, Premesse per uno studio sul potere discrezionale, in Scritti in onore di Massimo Severo Giannini, III, Milano, 1988, pp. 91-ss.). Si tratta di profili distinti: la stratificazione e la proliferazione normativa, l’invasione parlamentare nell’amministrazione, l’incremento dei controlli sono elementi che di per sé attengono a vicende (che si potrebbero definire) esterne o esogene alla teoria della discrezionalità, ma che non ne intaccano l’essenza concettuale. È condivisibile l’osservazione di E. Codini, Scelte amministrative e sindacato giurisdizionale. Per una ridefinizione della discrezionalità, Napoli, 2008, p. 33: il «moltiplicarsi delle regole sulla scelta comunque non può per sua natura implicare necessariamente il venire meno della scelta stessa».
  19. Intervento alla Tavola rotonda su «Politica, tecnica, discrezionalità».
  20. Franco Gaetano Scoca rammenta che il «grande merito di Giannini è di aver posto al centro della nozione di discrezionalità esclusivamente (la valutazione de) l’interesse pubblico» (così già in F.G. Scoca, La discrezionalità nel pensiero di Giannini e nella dottrina successiva, in Riv. trim. dir. pubbl., 4, 2000, p. 1053). Cfr. in particolare M.S. Giannini, Il potere discrezionale, cit. 48: «l’esercizio di un potere discrezionale è (…) collegato, con una relazione di identico contenuto, all’esplicazione di una determinata attività amministrativa, e alla cura di uno specifico pubblico interesse».
  21. La riflessione di Alberto Zito muove da una preliminare opzione (teorica e di metodo): portare al centro della riflessione il concetto di razionalità (amministrativa) in un’ottica che non risolva (o dissolva) questo nell’ambito della ragionevolezza (cfr. S. Civitarese Matteucci, Ragionevolezza (dir. Amm.), in Diritto online, Treccani, 2017; F. Trimarchi Banfi, Ragionevolezza e razionalità delle decisioni amministrative, in Dir. proc. amm., 2019, pp. 313-ss.) né lo assuma come un semplice sinonimo di questa. Cfr. A. Zito, Decisione amministrativa e principio di razionalità nella teoria giuridica dell’agire amministrativo, in Scritti per Franco Gaetano Scoca, Napoli, V, 2020, pp. 5381-ss. Cfr. anche Id., Teoria della scelta razionale e teoria giuridica della discrezionalità amministrativa: prolegomeni per un inquadramento sistematico, in Nuove Aut., 1, 2022, p. 95, lavoro nel quale è affinata la tesi secondo cui la «specificazione e concretizzazione dell’interesse pubblico primario non derivi dal gioco comparativo con gli altri interessi coinvolti nella situazione problematica, ma sia l’esito di un’autonoma indagine che, muovendo dal (ed interrogando il) dato normativo, pervenga sulla base della situazione problematica ad individuare la necessità di cura dell’interesse pubblico nel caso concreto». Non distante è la posizione espressa da Vincenzo Caputi Jambrenghi, Lineamenti sulla discrezionalità amministrativa pura, Intervento alla tavola rotonda sul tema «Politica, tecnica, discrezionalità», Convegno nazionale AIPDA, Bologna, 8 ottobre 2022 (pubblicato nel Forum Aipda: www.aipda.it), argomentando dal principio di proporzionalità ed evocando il lavoro di S. Cognetti., Principio di proporzionalità. Profili di teoria generale e di analisi sistematica, Torino, 2010, p. 168.
  22. La dimensione organizzativa è troppo spesso rimasta in ombra nelle elaborazioni teoriche in tema di funzione amministrativa. Essa ne costituisce invece un tratto saliente e significativo (ben evidenziato di recente, ex multis, da G. Bottino, Amministrazione e funzione organizzatrice, Milano, 2008 e F. Merloni, Organizzazione amministrativa e garanzie dell’imparzialità. Funzioni amministrative e funzionari alla luce del principio di distinzione tra politica e amministrazione, in Dir. pubbl., 1, 2009, p. 68): il profilo organizzatorio attesta infatti che la funzione è un mezzo giuridico per allocare poteri, per assicurare la collaborazione tra enti pubblici in un’organizzazione composita e per razionalizzare la complessità amministrativa in risposta al crescente pluralismo istituzionale. La funzione amministrativa, infatti, «cuce dinamicamente soggetti (in senso ampio) e interessi in una trama che è anzitutto organizzativa» (così M. Nigro, Amministrazione pubblica (organizzazione giuridica dell’), in Enc. giur., II, Roma, 1988, 1). Sia consentito richiamare anche D. D’Orsogna, Principio di uguaglianza e differenziazioni possibili nella disciplina delle autonomie territoriali, in F. Astone, M. Caldarera, F. Manganaro, A. Romano Tassone, F. Saitta (a cura di), Principi generali del diritto amministrativo ed autonomie territoriali, Torino, 2007, p. 40.
  23. Mutuo qui il termine e l’ordine concettuale da E. Morin, Introduction à la pensée complexe, 1990 (trad. it. di Monica Carboni, Introduzione al pensiero complesso, Milano, Sperling § Kupfer, 1993).
  24. Nella voce citata nel testo, pubblicata in Dig. disc. Pubbl, vol. X, Torino, 1995, pp. 513-ss., l’Autore osserva lucidamente che la teoria giuridica dell’organizzazione amministrativa si imbatte da molto tempo in una «fase di stallo», nel segno della contraddizione «tra l’insufficienza esplicativa del modello legalitario-burocratico di amministrazione pubblica e la persistente egemonia del quadro teorico statocentrico che lo sostiene». Su posizioni analoghe si attesta anche la dottrina più recente: osserva S. Dettori, Il dovere d’ufficio nella teoria giuridica della funzione amministrativa, Padova, 2022, p. 115, in nota 219, che «nonostante una messe di contributi anche di grande valore, la riflessione sulla natura delle relazioni organizzative non è giunta ad approdi sistematici che possano dirsi definitivi»; segnala un’esigenza di generale «rilettura» della teoria delle relazioni organizzative D’Angelo, Pluralismo degli enti pubblici e collaborazione procedimentale. Per una rilettura delle relazioni organizzative nell’amministrazione, Torino, 2022, pp. 175-ss. Nello stesso senso cfr. anche M. Trimarchi, Premesse sistematiche sulle relazioni organizzative, in P.A. Persona e Amministrazione, 1, 2021, pp. 249-270. In tema si veda altresì il quadro d’insieme e le riflessioni critiche di L.R. Perfetti, Costruire e decostruire i concetti dell’organizzazione pubblica. Ragioni di un percorso e tracce per la sua prosecuzione, in Persona e P.A., 1, 2021, pp. 15-48.
  25. D. D’Orsogna, Le relazioni organizzative, in F.G. Scoca (a cura di), Diritto amministrativo, Torino, VII ed., 2021, pp. 112-ss.
  26. Si consenta il rinvio a D. D’Orsogna, Contributo allo studio dell’operazione amministrativa, Napoli, 2005, in part. Cap. IV.
  27. F. D’Angelo, Pluralismo degli enti pubblici, cit. passim.
  28. In tal senso già G. Berti, Sussidiarietà e organizzazione dinamica, in Jus, 2, 2004, e Sala G., Sui caratteri dell’amministrazione comunale e provinciale dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, in Le Regioni, 2004, pp. 11-ss. L’operazione amministrativa si palesa sempre più quale la sede fisiologica dei collegamenti giuridici propri di un’organizzazione complessa, per sua natura frastagliata e disaggregata. Di tutto ciò ci offre un esempio calzante il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – PNRR, che segue la logica del risultato. Nel disegnare le varie missioni che lo compongono, il piano valorizza la discrezionalità assegnata alle amministrazioni responsabili della sua attuazione e soprattutto esalta la loro sinergia organizzativa, a chiara trazione operazionale, in vista di uno scopo comune. Nel PNRR si può rilevare una plastica esemplificazione concreta della rilevanza anche organizzativa dell’operazione amministrativa: cfr. L. Giani, L’amministrazione tra appropriatezza dell’organizzazione e risultato: spunti per una rilettura del dialogo tra territorio, autorità e diritti, in Nuove autonomie, 3, 2021; F. Butera, Governance policentrica partecipata del PNRR e Patti Territoriali per il lavoro, in Riv. el. Dir, econ. Manag., 2021, pp. 9-ss. In senso critico rispetto ad alcuni sviluppi della normazione positiva in direzione verticistica cfr. P.L Portaluri, L’«incanto che non so dire»: unicità e unicismi procedimentali nel governo del territorio, in Federalismi, 29, 2021.
  29. In linea di sviluppo di un’impostazione già tratteggiata, seppur da prospettive diverse, in G.D. Comporti, Il coordinamento infrastrutturale. Tecniche e garanzie, Milano, 1996; M. Bombardelli, La sostituzione amministrativa, Padova, 2005; D. D’Orsogna, Contributo allo studio dell’operazione, cit., con riferimento in particolare all’idea della «doppia rilevanza» dell’operazione amministrativa, sul piano dell’attività e sul piano dell’organizzazione.
  30. F. Cortese, Il coordinamento amministrativo. Dinamiche e interpretazioni, Milano, 2012.
  31. F. D’Angelo, Pluralismo degli enti pubblici cit., pp. 175-ss.
  32. S. Dettori, Il dovere d’ufficio, cit.
  33. M. Renna – S. Vaccari, La proiezione processuale dei dissensi tra gli enti territoriali, in Dir. proc. amm., 2021, IV, pp. 677-ss.
  34. A Cassatella, La transazione amministrativa, Napoli, 2020.
  35. S. Tranquilli, Malum discordiae del potere amministrativo. Contributo allo studio dei conflitti e delle liti tra Pubbliche Amministrazioni, Napoli, Editoriale scientifica, 2022.
  36. M.R. Spasiano, Il conflitto giurisdizionale fra interessi pubblici nel prisma del sindacato sull’eccesso di potere, in Dir. Proc. Amm., 2020, p. 209.
  37. M. Mazzamuto, Liti tra pubbliche amministrazioni e vicende della giustizia amministrativa nel secolo decimonono, in Dir. proc. amm., 2019, pp. 344-ss.
  38. G. Melis, Per una storia del procedimento amministrativo prima della legge sul procedimento, in Riv. Trim. di diritto pubblico, 2, 2021, pp. 571-ss.
  39. Lo ricordava già F. Ledda, Lattività amministrativa, in Il diritto amministrativo degli anni ’80, Milano, 1987, p. 117; in senso analogo di recente cfr. L.R. Perfetti, Lazione amministrativa tra libertà e funzione, in Riv. trim. dir. pubbl., 1, 2017, p. 113.
  40. In. D. D’Orsogna, Una terapia sistemico-relazionale per la pubblica amministrazione: l’operazione amministrativa, in M. Immordino e A. Police (a cura di), Principio di legalità e amministrazione di risultati (Atti del Convegno di Palermo, 27-28 febbraio 2002), Torino, 2003, osservavo che «Anche nel campo delle scienze giuridiche, nella fasi di straordinario rinnovamento di un ambito disciplinare o, se si preferisce, di suo “rivolgimento” o “transizione”, può accadere che la teoria venga a scontrarsi con i limiti di ciò che i suoi concetti sono in grado di cogliere. Quando tale vicenda si realizza, gli studiosi, chiamati ad uno sforzo di autoriflessione, non possono non prendere le mosse dalla “problematizzazione” dell’apparato teorico e concettuale tramandato dalla tradizione disciplinare» (287/288). In senso analogo già R. Ferrara, Introduzione al diritto amministrativo, Bari, 2002, lavoro che si apre (p. VIII dell’Introduzione) rilevando che «nessun dubbio può (…) esservi in ordine al fatto che molti fra gli istituti nevralgici e centrali del diritto amministrativo debbano essere in qualche modo ripensati, fino al limite stremo di doverne eventualmente “testare” la perdurante vitalità e, soprattutto, la persistente utilità strumentale».
  41. I. Lakatos – P. K. Feyerabend, Sull’orlo della scienza. Pro e contro il metodo (a cura di Matteo Motterlini), 1995, Raffaello Cortina Editore, Milano, p. 144: «Se (…) un programma di ricerca elimina le anomalie solo con trucchi verbali, esso è regressivo e sta diminuendo di contenuto».
  42. Così A. Piras, Discrezionalità amministrativa, in Enc. dir., XIII, Milano, 1964, p. 81.
  43. Così G. Marongiu, Funzione, II) Funzione amministrativa, in Enc. giur., XIV, Roma, 1989, p. 6.
  44. Si confronti M.S. Giannini, Istituzioni di diritto amministrativo, Milano, 1981, p. 27.
  45. Dimensione che enfatizza il carattere della funzione come «attività globalmente rilevante, cui accede una situazione di potere, attribuita a un ufficio, relativa ad un determinato oggetto, formalizzata nel contenuto, rivolta ad un fine prestabilito»: così F. Modugno, Funzione, in Enc. dir., XVIII, Milano, 1969, p. 307.
  46. Il rilievo è di F.G. Scoca, Il coordinamento e la comparazione degli interessi nel procedimento amministrativo, in Convivenza nella libertà. Scritti in onore di Giuseppe Abbamonte, II, Napoli, 1999, p. 1263, il quale precisa che il senso di tale evoluzione consiste proprio nel diverso rilievo che viene dato alle caratteristiche del potere e poi alle esigenze dell’interesse pubblico.
  47. F.G. Scoca F.G., Attività amministrativa, cit., 76; nello stesso senso già E. Casetta, Attività amministrativa, in Digesto, disc. pubbl., I, Torino, 1987, p. 522.
  48. Cfr. in particolare Marongiu G., L’attività direttiva nella teoria giuridica dell’organizzazione, Milano, 1969, ripubblicato in Padova, 1989; G. Marongiu G., La direzione nella teoria giuridica dell’organizzazione amministrativa, Milano, 1965, G. Marongiu, Funzione amministrativa e ordinamento democratico, in G. Marongiu – G.C. De Martin (a cura di), Democrazia e amministrazione, Milano, 1992, ora in G. Marongiu, La democrazia come problema, I. Diritto, amministrazione ed economia, Tomo 2, cit., lavori attentamente considerati e valorizzati nel meditato lavoro monografico di S. Dettori, Il dovere d’ufficio, cit., al quale si rinvia. Per una compiuta ed aggiornata ricostruzione della prospettiva della funzionalizzazione dell’organizzazione e dell’attività amministrative all’attuazione dei diritti fondamentali della persona cfr. P. Forte, Enzimi personalistici nel diritto amministrativo, in Persona e P.A., 1, 2017, pp. 63-ss.; L.R. Perfetti, L’organizzazione amministrativa come funzione della sovranità popolare, in Il diritto dell’economia, 1, 2019, pp. 43-70; A. Zito, Dall’epoca del cambiamento al cambiamento d’epoca: il ruolo delle pubbliche amministrazioni nella prospettiva del giurista, in P.A. Persona e amministrazione, 1, 2019.
  49. In tema cfr., per tutti, U. Rondinone, L’“attività” nel codice civile, Milano, 2001.
  50. F.G. Scoca, voce Attività amministrativa, in Enc. dir., Aggiornamento, vol. VI, Milano, 2002.
  51. Così U. Allegretti, Pubblica amministrazione e ordinamento democratico, in Foro it., 1984, V, p. 2079.
  52. L’attività amministrativa consiste in un comportamento (complessivo e continuativo) che si innalza a fattispecie allorché viene globalmente o unitariamente presa in considerazione dal diritto. La nozione benvenutiana di funzione (presupposta alla teoria del procedimento), pertanto, è senz’altro nozione di funzione in senso proprio (attività globalmente rilevante verso lo scopo assegnato), ma è riferita a (un ritaglio di attività che considera solo) la serie conchiusa degli atti del procedimento: il segmento di trasformazione di un (singolo) potere in un (singolo) atto. Si consenta di rinviare a Contributo allo studio dell’operazione, cit., in part. Cap. IV. Cfr. per tutti M. Spasiano, La funzione amministrativa. Dal tentativo di frammentazione allo statuto unico dell’amministrazione, in Dir. amm., 2014, p. 297.
  53. Ci si riferisce alla generale rilettura della disciplina (e dello statuto) costituzionale dell’amministrazione che in quel periodo ebbe luogo, verso il superamento di quella visione autoreferenziale ed autoritativa del fenomeno amministrativo che aveva caratterizzato l’esperienza precedente e che appariva in qualche modo “cristallizzato” nella lettera delle poche e scarne norme che la Costituzione italiana dedica specificamente alla amministrazione pubblica: cfr. per tutti le pagine di R. Marrama, I principi regolatori della funzione di organizzazione pubblica, in AA.VV. (a cura di L. Mazzarolli, – G. Pericu – A. Romano, – F.A. Roversi Monaco, – F.G. Scoca), Diritto Amministrativo, Bologna, 1998, e la riflessione di Giovanni Marongiu, la cui prospettiva è colta lucidamente da Filippo Satta (F. Satta, Lo sviluppo della nozione di funzione pubblica nel pensiero di Giovanni Marongiu, in AA.VV., Atti del Convegno di studi in ricordo di Giovanni Marongiu, Roma, 10 novembre 1990, Centro di ricerca sulle amministrazioni pubbliche “Vittorio Bachelet”, Milano, 1997, pp. 41-ss., il quale osserva che secondo Marongiu, «l’essenziale della pubblica amministrazione è l’agire, irriducibile ad un mero esercizio del potere attraverso atti formali, (…). La funzione amministrativa è il proprium di tutta l’amministrazione, in quanto mira a realizzare l’ordinamento, a concretizzarlo in termini di democrazia, di libertà e di giustizia: in termini, di nuovo, di valori, dei valori che la Costituzione esprime» (pp. 43-44). In senso analogo anche U. Allegretti, Pubblica amministrazione e ordinamento democratico, in Foro it., vol. 107, 7-8, 1984 e, Id., L’imparzialità amministrativa, Padova, 1965.
  54. Sull’evoluzione dalla teoria del provvedimento a quella della decisione si vedano F. Ledda, L’attività amministrativa, cit.; A. Police, La predeterminazione delle decisioni amministrative. Gradualità e trasparenza nell’esercizio del potere discrezionale, Napoli, 1997.
  55. Il modello della razionalità limitata (bounded rationality) è stato elaborato da H.A. Simon (cfr. in particolare il saggio, A Behavioral Model of Rational Choice, in Quarterly Journal of Economics, 1955, p. 69, 1, pp. 99-118). Le basi per l’elaborazione del modello di razionalità limitata risultavano peraltro già poste dall’autore già nella prima edizione del volume, intitolato Administrative Behavior, New York, 1947 (trad. it. Il comportamento amministrativo, Bologna, 1958).
  56. Si deve in particolare a J. Dewey, Logic, the Theory of Inquiry, New York, 1938 (trad. ital. Logica, teoria dell’indagine, Torino, 1974) il concetto di «situazione problematica». Cfr., in partic. 139 (della edizione italiana), ove si osserva che «il primo risultato del promuovere l’indagine è che la situazione è riconosciuta come problematica. Avvertire che una situazione richiede un’indagine è il primo passo dell’indagine stessa». L’indagine, in Dewey, consiste infatti nella «trasformazione controllata o diretta di una situazione indeterminata in altra che sia determinata, nelle distinzioni e relazioni che la costituiscono, in modo da convertire gli elementi della situazione originale in una totalità unificata» (così a p. 135, in corsivo nel testo). Sul pensiero di Dewey cfr. G.M. Statera, Logica dell’indagine scientifico-sociale, Milano, 1997 e E. Campelli, Da un luogo comune. Elementi di metodologia delle scienze sociali, Roma, 1999, in particolare pp. 276-ss.
  57. Per una accurata ricostruzione di questa linea di pensiero cfr. S. Dettori, Il dovere d’ufficio, cit., in part. Capitolo III, pp. 83-ss. su “Il comportamento amministrativo nella prospettiva dell’agire razionale del funzionario pubblico”.
  58. Anche questo aspetto è ben illustrato in S. Dettori, Il dovere d’ufficio, cit.
  59. Così M. Nigro., Studi sulla funzione organizzatrice, cit., 86-88. che richiama espressamente il pensiero di H.A. Simon., Il comportamento amministrativo, trad. it., II ed., Bologna, 1958.
  60. Sull’organizzazione come «unitas multiplex», segnata da una contraddizione strutturale, costitutiva, tra l’esigenza di coordinamento e di riconduzione all’unitarietà propria dell’organizzazione come tale, che si traduce nell’imposizione di regole vincolanti, e le opposte esigenze di divergenza dei singoli elementi costitutivi, che si traducono nella richiesta di spazi di autonomia, cfr. Morin E., La méthode. La nature de la nature, Paris, 1977; tr. it. Il metodo. Ordine, disordine, organizzazione, Milano, 1983.
  61. In Lawrence P.R. – Lorsch J.W., Organization and Environment. Managing Differentiation and Integration, Harvard University Press, 1967, sono ben focalizzati i concetti di «differenziazione» e di «integrazione», riferiti ai due processi fondamentali su cui si fonda l’azione organizzativa e la costruzione degli assetti organizzativi. In altre parole: la differenziazione è studiata in coppia con l’integrazione. L’una e l’altra sono studiate quali processi dinamici caratteristici dell’azione organizzativa; un aumento eccessivo di differenziazione comporta un rischio di anarchia organizzativa: la fine della funzionalità dell’organizzazione per «eccesso di gioco». Un incremento eccessivo di integrazione produce invece il rischio opposto: la fine della funzionalità dell’organizzazione per eccesso di rigidità, ossia per «assenza di gioco». È esigenza organizzativa, pertanto, la ricerca costante di equilibri dinamici tra integrazione e differenziazione, in modo che l’organizzazione si collochi ad un livello adeguato di complessità, un livello in cui la sua funzionalità «ha gioco». La metafora del gioco è mutuata da M. van de Kerchove- F. Ost, Il diritto ovvero i paradossi del gioco, Milano, 1995.
  62. A. Zito, Le pretese partecipative del privato nel procedimento amministrativo, Milano, 1997.
  63. D. D’Orsogna, Contributo allo studio dell’operazione amministrativa, cit.
  64. Per un inquadramento generale del modello “classico” della razionalità e delle varie forme di razionalità pratica cfr. J.R. Searle, La razionalità dell’azione, Milano, 2003 (titolo originale, Rationality in action, 2001 Massachusetts Institute of Technology). Per il diritto amministrativo cfr. per tutti A. Zito, Teoria della scelta razionale, cit. e S. Dettori, Il dovere d’ufficio, cit.
  65. Sulla “traduzione” della situazione problematica in problema amministrativo cfr. F. Ledda, L’attività amministrativa, in Id., Scritti giuridici, Torino, 2002, p. 263: «il problema non è suscettibile di una semplice rilevazione oggettiva, ma è già in sé stesso il risultato d’ indagine, e si presenta in termini diversi secondo il modo in cui il soggetto osserva, seleziona e poi collega i vari fatti da lui considerati, almeno in termini ipotetici, come significativi in una certa situazione». L’A. si richiama a J. Dewey, Logica, teoria dell’indagine, cit. pp. 131-ss.
  66. La nozione di “attrattore”, elaborata nell’ambito delle teorie generali dei sistemi dinamici non lineari e della complessità, è utilizzata, con gli opportuni adattamenti, anche in campo giuridico: cfr., tra i primi, Ruhl J.B., Complexity Theory as a Paradigm for the Dynamical Law-and-Society System: a Wake Up for Legal Reductionism and the Modern Administrative State, in Duke Law Journal, 1996, pp. 849-ss. (in partic. pp. 862-875).
  67. Nella sentenza n. 69 del 5 aprile 2018 il giudice delle leggi ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una legge regionale veneta in materia di impianti energetici per violazione dell’art. 117, co. 3 Cost.; e questo perché la suddetta legge, «nello stabilire in via generale, senza istruttoria e valutazione in concreto dei luoghi in sede procedimentale, distanze minime per la collocazione degli impianti non previste dalla disciplina statale, non garantisce il rispetto di questi principi fondamentali e non permette un’adeguata tutela dei molteplici e rilevanti interessi coinvolti» (così Punto 6.2 della parte motiva in diritto).
  68. Nella sentenza n. 28 del 28 febbraio 2019, la Corte ha affrontato il problema di una legge regionale abruzzese che aveva adeguato il piano regionale per gestire i rifiuti attraverso lo strumento legislativo al posto di quello procedimentale. La sentenza ha precisato che non è consentito al legislatore regionale di sostituirsi alla sua amministrazione territoriale nel compimento di un’attività che la legge statale riserva alla sfera amministrativa; e ciò in quanto il «passaggio dal provvedere in via amministrativa alla forma di legge è più consono alle ipotesi in cui la funzione amministrativa impatta su assetti della vita associata, per i quali viene avvertita una particolare esigenza di protezione di interessi primari». (Punto 2.3 della parte motiva in diritto).
  69. Con sentenza n. 116 del 23 giugno 2020, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una norma statale che aveva approvato (o meglio: legificato) i contenuti di un programma di interventi economici straordinari in favore del servizio sanitario della regione Molise. Nel dichiarare incostituzionale la legge-provvedimento la Corte ha preso le mosse dal «ruolo svolto dal procedimento amministrativo nell’amministrazione partecipativa disegnata dalla legge 7 agosto 1990, n. 241» come «luogo elettivo di composizione degli interessi» (Punto 6.1 della parte motiva in diritto).
  70. Le conclusioni raggiunte nelle tre precedenti sentenze sono state tutte confermate con la pronuncia n. 121 del 13 maggio 2022 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una norma regionale lucana che – in contrasto con l’art. 117, co. 3 Cost., con la normativa di settore europea e col piano d’indirizzo energetico regionale – aveva introdotto requisiti tecnici più severi e inderogabili per il rilascio delle autorizzazioni ad aprire impianti fotovoltaici ed eolici di grandi dimensioni. Secondo la Corte tali previsioni implicherebbero una «cristallizzazione per legge di requisiti, che comprime la valutazione in concreto riservata al procedimento autorizzativo, in aperto contrasto con i principi fondamentali della materia» (energetica). Ma soprattutto «non rispettano la riserva di procedimento amministrativo e la relativa istruttoria, finalizzate a comporre gli interessi pubblici coinvolti e a garantire loro una corretta valorizzazione».
  71. Corte costituzionale 25 luglio 2022, n. 186, in Giornale di Dir. Amm. con nota di A. Sau, L’irragionevolezza delle leggi provvedimento: la riserva di amministrazione c’è ma non si vede.
  72. In tema già S. Spuntarelli, L’amministrazione per legge, Milano, 2007 e D. Vaiano, La riserva di funzione amministrativa, Milano, 1996.
  73. Così G. Morbidelli, Note sulla riserva di procedimento amministrativo, in Studi in memoria di Franco Piga, I, Milano, 1992, p. 694; ma in questi termini già M. Nigro, Studi sulla funzione organizzatrice della pubblica amministrazione, Milano, 1966, pp. 186-ss.
  74. Già a partire dalla sentenza 2 marzo 1962, n. 13, punto 3 della parte in diritto (con nota di V. Crisafulli, Principio di legalità e “giusto procedimento”, in Giur. cost., 1, 1966, pp. 130-ss.), infatti, la Corte costituzionale aveva avuto modo di rilevare che «quando il legislatore dispone che si apportino limitazioni ai diritti dei cittadini, la regola che il legislatore normalmente segue è quella di enunciare delle ipotesi astratte, predisponendo un procedimento amministrativo attraverso il quale gli organi competenti provvedano ad imporre concretamente tali limiti, dopo avere fatto gli opportuni accertamenti, con la collaborazione, ove occorra, di altri organi pubblici, e dopo avere messo i privati interessati in condizioni di esporre le proprie ragioni sia a tutela del proprio interesse, sia a titolo di collaborazione nell’interesse pubblico».
  75. B.G. Di Mauro, Una nuova stagione per le leggi provvedimento? Le leggi provvedimento nel panorama sociale e giuridico italiano dalla prospettiva dei diritti: dall’erosione del sindacato stretto di costituzionalità alla slatentizzazione della riserva di amministrazione, in P.A. Persona e Amministrazione, 2, 2021, pp. 310-ss.; F. Ferrari, Riserva di amministrazione o giudizio comparativo tra atti? Sul rapporto tra leggi-provvedimento regionali e atti amministrativi, in Le Regioni, 3, 2020, p. 474; A. Mitrotti, ‘Riserva di Amministrazione’ versus ‘Amministrazione per Legge’. Tendenze ed evoluzioni tra prassi politica, giurisprudenza ed una rilettura dogmatica, in Nomos, 3, 2020, p. 18; F. Cortese, Sulla riserva preferenziale di procedimento come strumento di garanzia, in Le Regioni, 4, 2018, pp. 759-ss.
  76. Sul principio di collaborazione cfr. i chiarimenti offerti nell’approfondito studio di F. D’Angelo, Pluralismo degli enti pubblici, cit., passim. Dello stesso Autore cfr. anche Note in tema di concerto, parere vincolante e cogestione di funzioni amministrative, in Giustizia insieme, 9, 2023. Sul principio di collaborazione anche S. Tarullo, Il principio di collaborazione procedimentale. Solidarietà e correttezza nella dinamica del potere amministrativo, Torino, 2008.
  77. La figura dell’operazione amministrativa risulta ampiamente accolta nella più recente dottrina sia quale figura di qualificazione sia quale nozione di diritto positivo, in molteplici settori e materie di intervento dei pubblici poteri. Si richiamano, senza pretesa di completezza: A. Bartolini, Matrici costituzionali del permesso di costruire, in Riv. giur. ed., 2006, II, pp. 145-ss.; D. D’Orsogna, Principio di uguaglianza e differenziazioni possibili nella disciplina delle autonomie territoriali, in F. Astone, M. Caldarera, F. Manganaro, A. Romano Tassone, F. Saitta (a cura di), Principi generali del diritto amministrativo ed autonomie territoriali, Torino, 2007, p. 40; Id., Note su conferenza di servizi, semplificazione, operazione, in Nuove Autonomie, 2008; S. Cimini, La colpa nella responsabilità civile delle Amministrazioni pubbliche, Torino, 2008; A. Romeo, L’impugnabilità degli atti amministrativi, Napoli, 2008; D. D’Orsogna, Buona amministrazione e sussidiarietà, in Diritto e storia, 9, 2010; M. Capantini, I grandi eventi. Esperienze nazionali e sistemi ultrastatali, Napoli, 2010; P. Lombardi, Le funzioni amministrative di governo del territorio nel nuovo assetto costituzionale, in Nuove Autonomie, 2, 2010, pp. 357-ss.; A. Massera, Il contributo originale della dottrina italiana al diritto amministrativo, in Dir. amm., 4, 2010, e in Aipda, Annuario 2010, E.S, 2011, pp. 41-ss.; M. D’Orsogna, Il diritto amministrativo italiano nel diritto europeo, Aipda, Annuario 2010, Esiste una via italiana al diritto amministrativo?, Napoli, 2011, p. 155; A. Romano Tassone, Esiste l’“atto autoritativo” della pubblica amministrazione? (in margine al recente convegno dell’AIPDA), in Dir. Amm., 4, 2011, p. 759; G.D. Comporti, Il principio di unità della funzione amministrativa, in M. Renna e F. Saitta, Studi sui principi del diritto amministrativo, Milano, 2012, pp. 307-ss.; E. Zampetti, Contributo allo studio del comportamento amministrativo, Torino, 2012; L. Giani, L’operazione amministrativa nella prospettiva del risultato: nel procedimento e nel processo, in Nuove autonomie, 2, 2012, pp. 197-ss.; F. Cortese, Il coordinamento amministrativo. Dinamiche e interpretazioni, Milano, 2012; G. D. Comporti, Il danno ambientale e l’operazione rimediale, in Dir. amm., 2013, p. 12; S. Menchini, La connessione nel processo amministrativo, in Dir. Proc. Amm., 4, 2014, p. 1101; M. Vaquer Caballería, La codificación del procedimiento administrativo en España, in Revista general de Derecho Administrativo, 42, 2016; D. D’Orsogna, Semplificazione e conferenza di servizi, in Antidoti alla cattiva amministrazione: una sfida per le riforme., in AA.VV., Antidoti alla cattiva amministrazione: una sfida per le riforme (Annuario AIPDA 2016)), Napoli, 2017, pp. 252-ss; W. Giulietti, Tecnica e politica nelle decisioni amministrative “composte”, in Dir. amm., 2, 2017, pp. 368-ss.; A. Police, Codificazione e semplificazione nell’amministrazione della complessità, in Città e diritto (a cura di G. Lobrano, D. D’Orsogna, P. Onida), Napoli, 2017, pp. 439-ss.; R. Dipace, L’attività di programmazione come presupposto di decisioni amministrative, in Diritto e società, 4, 2017, pp. 647-ss. ; M. Cafagno, D. D’Orsogna, F. Fracchia, Nozione giuridica di ambiente e visione sistemica, in Diritto e processo amm., 2018, pp. 713-ss; A. Bartolini, Piano regolatore generale: cronaca di una morte annunciata e sulle prove di una sua reincarnazione, in Riv. Giur. Ed., 2019, pp. 616-ss.; D. D’Orsogna, Considerazioni sul “trasferimento in concessione d’uso” ex art. 172, comma 6 del Codice dell’ambiente, in Dir. e proc. amm, 2019, Quaderni, pp. 907-918; A. Cassatella, La transazione amministrativa, Napoli, 2020; V. Di Capua, L’autorizzazione integrata ambientale. Verso una tutela sistemica dell’ambiente, Napoli, 2020; Id., Ambiente, complessità sistemica, semplificazione, in Dir. Amm., 4, 2020, p. 965; G.D. Comporti, Il metodo morelliano di Fabio Merusi e i suoi possibili sviluppi, in Dir. Amm., in Riv. Trim. Dir. Pubbl., 1, 2020, p. 3; G. Tropea, Imperatività, consenso e garanzie nell’attività di regolazione, in Dir. Amm., 2, 2020, p. 363; A. Zito, Decisione amministrativa e principio di razionalità nella teoria giuridica dell’agire amministrativo, in Scritti per Franco Gaetano Scoca, Napoli, V, 2020, pp. 5381-ss.; M. Lunardelli, Sanzioni e misure ripristinatorie: una rivalutazione del pensiero di Feliciano Benvenuti, in Riv. Giur. Ed., 4, 2021, p. 173; L. Giani, L’amministrazione tra appropriatezza dell’organizzazione e risultato: spunti per una rilettura del dialogo tra territorio, autorità e diritti, in Nuove autonomie, 3, 2021; M. Renna – S. Vaccari, La proiezione processuale dei dissensi, cit.; E. Guarnieri, Funzionalizzazione della vicenda contrattale negli appalti pubblici, Bologna, 2022; G. Biasutti, Il servizio culturale, Torino, 2022; N. Berti, La modifica dei provvedimenti amministrativi, Torino, 2022; .G. D. Comporti, Codice dell’ambiente e responsabilità ambientale, in RQDA, 1, 2022, pp. 14-ss.; F. D’Angelo, Pluralismo degli enti pubblici, cit.; S. Dettori, Il dovere d’ufficio, cit.; G. Fracchia, Certezza ordinamentale e blockchain: a partire da N. Luhmann, in Teoria e critica della regolazione sociale, 1, 2023, pp. 1-ss; D. D’Orsogna e S.S. Scoca, Note in tema di pianificazione idrografica e contratti di fiume, in Nuove autonomie, 2, 2023, pp. 461-ss. Nella manualistica cfr. per tutti F.G. Scoca (a cura di), Diritto amministrativo, VII edizione, Torino, 2021.
  78. F. Ledda, Problema amministrativo e partecipazione al procedimento, in Diritto amministrativo, 1993, pp. 133-ss.
  79. A proposito di tale modello di razionalità cfr. M. Crozier, E. Friedberg, L’acteur et le système. Les contraintes de l’action collective, Paris, 1977, trad. it., Attore sociale e sistema, Milano, 1978.
  80. Osserva S. Dettori, Il dovere d’ufficio, cit. (116/117) che «Oggi è indubbio che la complessità costituisca la cifra fondamentale dell’agire amministrativo, nonché, per certi aspetti, anche la regola positiva di questo. Sono infatti le norme ad imporre la costruzione di ambienti complessi, attraverso il coinvolgimento in ciascuna vicenda amministrativa di soggetti rappresentativi di interessi pubblici e privati il cui contributo è considerato necessario ai fini dell’adozione della decisione finale. In tal senso la complessità amministrativa è certamente una condizione necessaria, nel momento in cui garantisce al decisore la disponibilità di più punti di vista rispetto all’esigenza di soluzione del singolo problema amministrativo. L’agire amministrativo costruisce peraltro complessità che poi è chiamato a ridurre. La complessità è infatti massima nel momento in cui l’amministrazione, acquisita la piena contezza del quadro fattuale e degli interessi che assumono rilevanza nella vicenda che la impegna, formula le diverse opzioni tra le quali selezionerà quella ritenuta più adeguata alla risoluzione del problema posto. Ebbene, da quel momento l’amministrazione opera per ridurre quella complessità che ha virtuosamente creato. La scelta tra le opzioni a disposizione è infatti attività di riduzione di complessità, di cui l’individuazione della soluzione preferibile costituisce il momento culminante».
  81. Ost F. – van de Kerchove M., De la piramide au reseau? Pour une théorie dialectique du droit, Bruxelles, 2002, p. 17.
  82. Mutuo l’espressione da P. Bourdieu, Il mestiere di scienziato, Corso al Collège de France 2000-2001, Milano, 2003 (ed. orig. Science de la science et réflexivité, Cours du Collège de France, 2000-2001, Raisons d’agir, 2001), il quale fa leva su di essa nell’affrontare l’annosa questione della individuazione del “soggetto” delle scienze sociali (e della scienza in generale), tradizionalmente distinto tra sostenitori del punto di vista olistico e fautori del punto di vista individualistico: il «geometrale delle prospettive» – osserva l’Autore – «non è altro che il campo in cui (…) i punti di vista antagonisti si affrontano secondo procedure regolate e si integrano progressivamente, in virtù del confronto razionale» (così 118, 141, 142). Sulla nozione di «campo» e di «habitus» cfr. pp. 47-ss.; sul «camp» quale «soggetto» della impresa scientifica cfr. p. 90; sulla oggettività come intersoggettività cfr. p. 99; sulla vicinanza delle tesi di Bourdieu alla teoria dell’agire comunicativo di Habermas cfr. p. 104; sul modello ideale della costruzione adeguata del campo quale mezzo per liberare ciascuno dei partecipanti al campo (ciascun punto di vista) dalle deviazioni fisiologicamente legate alla sua posizione e alle sue disposizioni cfr. p. 139. Riguardo al tema specifico del «campo operazionale» quale «geometrale delle prospettive», già lumeggiato in D. D’Orsogna, Contributo allo studio dell’operazione, cit.., si vedano ora gli approfondimenti e le considerazioni di S. Dettori, Il dovere d’ufficio, cit., passim, il quale esamina la questione sia dalla prospettiva (della razionalità strategica) del singolo decisore (rectius: di ciascun decisore) posto all’interno del campo operazionale (pp. 126-ss.) sia dal «punto di vista “oggettivo” del coordinamento», che – secondo Dettori – «esprime (…) una forza ordinante (dell’interazione degli interessi e dunque della complessità amministrativa), ed in tal senso è regola dell’interazione, e allo stesso tempo prescrive il risultato atteso (la definizione del contesto decisionale), ed in tal senso è meta-regola, ossia regola sulla produzione di altra regola» (p. 156).
  83. Si tratta pertanto di una «astrazione reale» (così Ceppa L., Postfazione a Habermas J., L’inclusione dell’altro, Milano, II ed. ital., 2002, p. 271) da costruire volta per volta nel campo operazionale, e sul piano della realtà giuridica concreta, dall’interno del caso problematico di cui le amministrazioni stesse sono parte essenziale. Una razionalità amministrativa complessa, pertanto, ma sempre una razionalità “limitata”, perché ancorata ai soggetti e alla (legittima) esplicazione delle rispettive sfere giuridiche soggettive.
  84. F. Ost F. – M. van de Kerchove, De la piramide au reseau?, cit., pp. 8, 14, 17, riprendono tale immagine metaforica da D.R. Hofstafter., Gödel, Escher, Bach. Un’eterna ghirlanda brillante, Milano, 1984. Di quest’ultimo autore cfr. anche Id., Concetti fluidi e analogie creative, Milano, 1996, in particolare pp. 16-18, ove è utilizzata l’immagine metaforica degli «aggregati sfarfallanti» che (come l’acqua) coniugano caratteri di stabilità e fluidità.
  85. Già F. Benvenuti, Il nuovo cittadino, Venezia, 1994, p. 111, evidenziava come la disgregazione del modello di organizzazione compatta e facente riferimento allo Stato tende a una diversa aggregazione «secondo una linea orizzontale di divisione di compiti e di collaborazione fra centri di decisione distinti». La tendenza verso «una concezione relazionale del potere», adeguata a «la dinamica del potere amministrativo nell’organizzazione multipolare», è rilevata anche in M. Bombardelli, La sostituzione amministrativa, Padova, 2004, pp. 168-ss. Il paradigma di relazionalità è valorizzato anche in P. Forte, Aggregazioni pubbliche locali. Forme associative nel governo e nell’amministrazione tra autonomia politica, territorialità e governance, Milano, 2012, spec. pp. 111-ss. Sull’evoluzione in senso relazionale del buon andamento cfr. le riflessioni di M. R. Spasiano, Il diritto amministrativo nell’era della transdisciplinarità, in Diritto e società, 4, 2021, pp. 657-ss.
  86. F.G. Scoca, L’interesse legittimo. Storia e teoria, Torino, 2017.
  87. Così A. Romano Tassone, Note sul concetto di potere giuridico, in Annali della Facoltà di Economia e commercio dell’Università di Messina, Catania, 2, 1981, p. 435.
  88. La relazione intersoggettiva è un fatto sociale, prima ancora che giuridico, che il diritto prende in considerazione anche nella sua reale «consistenza, che vincola gli attori stessi e che, proprio per ciò, si pone anche in funzione di garanzia delle altre pretese»: così A. Zito, Il principio del giusto procedimento, in Renna, M., Saitta, F. (a cura di), Studi sui Principi del Diritto Amministrativo, 2015, pp. 509-ss., in riferimento alle pretese partecipative dei privati al procedimento e alla relazione tra decisore pubblico e attori privati. Analogamente, con riferimento alla relazione tra attori pubblici nell’operazione quale necessario presupposto per la costruzione e la risoluzione del problema amministrativo cfr. D. D’Orsogna, Contributo allo studio dell’operazione, cit., in part. pp. 252-ss. Il paradigma relazionale, in entrambi i profili appena indicati, è ripreso e sviluppato in S. Dettori, Il dovere d’ufficio, cit., passim, ove è declinato anche nella dimensione dell’attuazione costituzionale e del diritto alla buona amministrazione, inteso non solo in senso procedurale, ma anche (di giustizia) sostanziale.
  89. Così G.D. Comporti, Il principio di unità della funzione amministrativa, in M. Renna e F. Saitta, Studi sui principi del diritto amministrativo, Milano, 2012, pp. 307-ss.
  90. L’operazione si caratterizza profondamente quale formula organizzativa tipica di un’amministrazione “complessa”, in cui non è possibile (né opportuna) una «collegabilità integrale» (ogni elemento è collegato a tutti gli altri: amministrazione compatta), ma solo una «collegabilità selettiva» degli elementi, disegnata appunto in modo dinamico, sulla base di uno schema di riduzione (o, se si preferisce, di amministrazione) della complessità: cfr. Luhmann N., Complessità sociale, in Enc. sc. Sociali, vol. II, Roma, 1992, pp. 125-ss., il quale si sofferma sul problema, solo in apparenza paradossale, del «come…un sistema stabile può essere composto di elementi variabili» (p. 131).
  91. Si mutua l’espressione da U. Eco, Opera aperta, Forma e indeterminazione nelle poetiche contemporanee, VI ed., Milano, 2004 (I ed., 1962): cfr. in part. pp. 52-ss., sul concetto di «apertura» come campo di possibilità, rispetto al quale resta però il vincolo (la regola) che dà senso all’insieme.