All’alba di un orientamento del giudice amministrativo sul difetto di interoperabilità?

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3/2024

All’alba di un orientamento del giudice amministrativo sul difetto di interoperabilità?

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Nell’ambito di una procedura per la concessione di finanziamenti pubblici indetta dal Ministero dell’istruzione, il progetto candidato dalla Provincia di Viterbo è stato escluso in quanto riferito a un immobile scolastico provinciale che – pur presente nell’Anagrafe regionale – non era censito nel Sistema Nazionale dell’edilizia scolastica ed era pertanto carente del relativo requisito richiesto dall’avviso pubblico. Pronunciandosi nel merito sul ricorso proposto dalla Provincia avverso il provvedimento di esclusione, il giudice amministrativo si trova dinanzi a una questione che richiede una prima definizione del difetto di interoperabilità, in quanto ritenuta strumentale alla decisione sulla controversia stessa.


Dawn of an Administrative case-law orientation on the interoperability lack?
As part of a procedure for the granting of public funding by the Italian Ministry of Education, the Province of Viterbo project was excluded because it referred to a provincial school building that was not registered in the National School Building System – although present in the Regional registry – and it was therefore lacking the relevant requirement of the public notice. Ruling on the merits of the appeal brought by the Province against the exclusion decision, the Administrative judge is faced with a question that requires an initial definition of the interoperability lack, as it is instrumental to the decision on the dispute itself.
Summary: 1. Premessa.- 2. L’esclusione dalla procedura e l’asserito difetto di interoperabilità.- 3. Due livelli di analisi.- 3.1. Nozione e natura dell’interoperabilità.- 3.2. Difetto di interoperabilità, discrezionalità tecnica e vizi di legittimità: un primo orientamento del giudice amministrativo?- 4. Note e considerazioni conclusive.

1. Premessa

Il presente contributo intende offrire un commento ragionato alla sentenza del 4 aprile 2023, n. 6875, del T.A.R. Lazio-Roma (sezione III-bis) dalla quale sembra potersi ricavare – nei termini di cui si dirà – un primo orientamento del giudice amministrativo sul difetto di interoperabilità.

Il fatto posto all’attenzione del T.A.R. Lazio-Roma riguarda l’esclusione da una procedura per la concessione di finanziamenti pubblici, svoltasi a seguito di un avviso pubblico indetto dal Ministero dell’istruzione (di seguito Ministero) nell’ambito della Missione 4 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr)[1], per asserito difetto di interoperabilità tra le due banche dati di riferimento: il Sistema Nazionale Anagrafe dell’edilizia scolastica (Snaes) e l’Anagrafe Regionale dell’edilizia scolastica (Ares).

In particolare, la Provincia di Viterbo, interessata al finanziamento, ha presentato ricorso per l’annullamento[2] dei provvedimenti adottati dal Ministero con i quali è stato escluso il progetto da essa candidato[3], in quanto riferito a un immobile scolastico provinciale non censito nello Snaes e, quindi, carente del requisito di cui all’art. 5, comma 2, lett. b), dell’avviso pubblico. Secondo la ricorrente tali provvedimenti sono illegittimi per violazione di legge, ossia – oltre che dell’art. 7 della l. n. 23/1996 recante norme per l’edilizia scolastica, anche – dell’Accordo quadro sull’edilizia scolastica[4] approvato nella seduta della Conferenza Unificata del 6 settembre 2018, secondo cui i sistemi Snaes e Ares dovrebbero operare «in un quadro di integrazione e condivisione delle informazioni con i sistemi informativi degli enti locali stessi»[5].

2. L’esclusione dalla procedura e l’asserito difetto di interoperabilità

Nel primo motivo di ricorso, la Provincia lamenta il difetto di «interoperabilità»[6] tra i due sistemi, vale a dire il mancato aggiornamento della banca dati ministeriale che avrebbe dovuto automaticamente acquisire i dati della banca dati regionale. Il secondo motivo di ricorso, connesso al primo, è per eccesso di potere «nella forma sintomatica della mancata o insufficiente motivazione, difetto di istruttoria e manifesta illogicità», avendo il Ministero omesso di verificare che l’edificio aveva un codice identificativo Ares. Inoltre, qui il terzo e ultimo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 10-bis della l. n. 241/1990, per avere il Ministero adottato il provvedimento di esclusione in assenza di preavviso di rigetto e senza alcuna forma di contraddittorio.

Quel che finora non si è detto – ma che «non appare punto controverso»[7] –, è che il progetto presentato dalla Provincia è stato escluso in quanto prevedeva la riqualificazione della palestra di un immobile scolastico provinciale diverso da quello per il quale è stata presentata la domanda. E ciò perché, secondo quanto la stessa amministrazione provinciale chiarisce in corso di istruttoria procedimentale[8], il codice identificativo dell’immobile scolastico oggetto di intervento risultava censito solo nell’Anagrafe Regionale[9], non anche in quella nazionale, per cui il sistema di presentazione delle candidature non consentiva di compilare la domanda. All’esito delle verifiche effettuate sulla veridicità delle dichiarazioni rese in fase di candidatura e sulla documentazione caricata, è emersa la carenza del requisito di cui all’art. 5, comma 2, lett. b), dell’avviso pubblico, «in quanto l’edificio-palestra oggetto d’intervento non risulta[va] censito» nell’Anagrafe Nazionale alla data di presentazione della candidatura.

Il ricorso non è stato accolto in quanto ritenuto infondato.

Quanto al primo motivo di ricorso, al T.A.R. Lazio-Roma appaiono infondate le argomentazioni in ordine all’asserito difetto di interoperabilità tra i due sistemi regionale e nazionale e «sulle presunte modalità e tempistiche di pubblicazione dei dati raccolti» nel sistema Ares in quello Snaes «tenuto conto che parte ricorrente non ha dato prova di aver adeguatamente alimentato il sistema dopo aver ottenuto l’attribuzione del codice Ares identificativo dell’edificio»[10]. Infondato è anche il connesso secondo motivo di ricorso, in quanto, da un lato, il Ministero avrebbe svolto l’istruttoria (nella quale la difformità è stata chiarita dalla Provincia stessa), e, dall’altro, ci sarebbe la vincolatività della clausola espressa all’art. 5, comma 2, lett. b), dell’avviso pubblico, di non ammissibilità a finanziamento delle candidature riferite a edifici non censiti nello Snaes[11].

Infine, il giudice amministrativo ritiene infondato il terzo motivo di ricorso inerente al preavviso di rigetto, richiamando precedente giurisprudenza del Consiglio di Stato[12] secondo cui la norma di cui all’art. 10-bis, l. n. 241/1990, non trova applicazione nelle procedure per la concessione di finanziamenti pubblici. Di quest’ultimo motivo, infatti, non si tratterà nel prosieguo, in quanto la questione – anche se per certi aspetti legata alla mancata interoperabilità – richiederebbe, a monte, un’analisi della giurisprudenza da ultimo richiamata.

3. Due livelli di analisi

Il primo motivo di ricorso rappresenta il cuore di questo contributo, in quanto fondato sul difetto di interoperabilità tra due banche dati.

Prima di esprimerne le relative osservazioni, è opportuno sciogliere alcuni nodi non soltanto concettuali, anche per scongiurare il rischio di una trattazione del tema poco consapevole. Mentre lo studio dell’interoperabilità ex se è tutt’altro che nuovo, infatti, il suo studio nel diritto amministrativo può considerarsi relativamente nuovo e abbastanza recente[13]: ancora non esistono lavori ampi e sistematici sul tema, a fronte, invece, di un modesto numero di contributi in volume e articoli scientifici, autorevoli e rilevanti, sulla sua disciplina e alcuni specifici profili.

In questo scritto, i livelli di analisi sono dunque due e tra loro strettamente legati: il primo, sulla nozione di interoperabilità e la sua natura, che funge da base per le argomentazioni successive; nel secondo, a partire dalla pronuncia del T.A.R. Lazio-Roma, si proverà a riflettere dal particolare al generale.

3.1. Nozione e natura dell’interoperabilità

Senza potersi in questa sede soffermare sulle definizioni fornite dai dizionari e glossari, italiani e stranieri, giuridici e di linguistica[14], la prima fonte da considerare in questa sede è la comunicazione della Commissione europea del 2005 sull’incremento dell’interoperabilità e delle sinergie tra le banche dati europee nel settore giustizia e affari interni[15], che definisce l’interoperabilità come «capacità dei sistemi informatici […] di scambiare dati e consentire la condivisione di informazioni e conoscenze», riprendendo la medesima definizione fornita nel primo European Interoperability Framework (Eif 1.0)[16]. Si tratterebbe, tuttavia, di una nozione che alcuni autori hanno definito «semplicistica»[17], in quanto avrebbe aperto la strada a una visione più tecnica che politica dell’interoperabilità, scollegandone la dimensione tecnica dalle altre sue dimensioni.

A ben vedere, la prima nozione giuridica è fornita dalla raccomandazione (2003)14 formulata dal Consiglio dei ministri del Consiglio d’Europa che, anche se con specifico riguardo all’ambito della giustizia, definisce l’interoperabilità come «scambio efficiente e sicuro di dati e informazioni tra i sistemi informativi delle organizzazioni del settore della giustizia»[18]. Una tale definizione, però, sembra confliggere con la lettura che negli anni successivi viene data dalla dottrina prevalente, oltre che con altre fonti di livello europeo[19]. Tra gli altri, secondo alcuni autori[20], può essere definita come «la capacità di due o più entità, eterogenee e operanti in modo autonomo, di scambiarsi e utilizzare informazioni o funzionalità reciproche, in modo corretto, conveniente e senza uno sforzo significativo, al fine di contribuire al raggiungimento di uno scopo specifico». Assumendo una prospettiva diversa, altra dottrina, più recente, ritiene che l’interoperabilità sia «una forma di coordinamento naturale tra amministrazioni, fondata su un ribaltamento rispetto all’approccio organizzativo tradizionale, quello della messa in comune dei dati a disposizione e, soprattutto, del cloud nazionale e della costruzione di banche dati comuni»[21]. Quel che si può notare è che le ricostruzioni dottrinali, pur se non unanimemente dirette nel senso dell’interoperabilità come ‘capacità’, propongono chiavi di lettura che si rinvengono anche in altre fonti e che sono utili ai fini della sistematizzazione delle sue stesse caratteristiche.

Quanto al quadro normativo dell’ordinamento italiano, a intervenire sull’interoperabilità è il d.lgs. n. 179/2016 recante modifiche e integrazioni al Codice dell’amministrazione digitale (Cad), in attuazione della delega contenuta nell’articolo 1 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche[22]. Per quanto qui di interesse, tale decreto introduce all’art. 1, comma 1, del Cad, la lettera dd) contenente la nozione di interoperabilità, quale «caratteristica di un sistema informativo, le cui interfacce sono pubbliche e aperte, di interagire in maniera automatica con altri sistemi informativi per lo scambio di informazioni e l’erogazione di servizi». Probabilmente prendendo atto dell’esistenza di un dibattito pressoché aperto sulla sua natura tecnica o politica, nel definirla come «caratteristica»[23], sembra quasi voler tentare un compromesso tra i sostenitori dell’uno e dell’altro orientamento.

La riforma operata al Cad nel 2016 non si è limitata a introdurne la nozione. L’articolo 15 del d. lgs. n. 179/2016, oltre a sostituire la rubrica dell’art. 17 del Cad, al comma 1 ne integra la lettera j), prevedendo tra i compiti del responsabile per la transizione digitale anche quello di favorire l’interoperabilità tra i sistemi dell’amministrazione e il punto di accesso telematico attivato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di cui all’art. 64-bis[24]. Nella relazione illustrativa del Governo si legge che una delle linee portanti di tale intervento normativo è anche quella di «promuovere integrazione e interoperabilità tra i servizi pubblici erogati dalle diverse amministrazioni in modo da garantire a cittadini e imprese il diritto a fruirne in maniera semplice e moderna anche grazie all’opportunità di gestire i diversi strumenti informatico-giuridici di dialogo con le amministrazioni attraverso un’unica interfaccia»[25].

Il contesto finora descritto vede un principio che lo governa: il once-only. L’interoperabilità nel settore pubblico, di cui in parte si è già detto, consisterebbe infatti «nella piena interazione e nella massima condivisione dei dati da esse detenuti, volta a facilitare anche i rapporti con i cittadini, sulla base del principio once only»[26]. Tale ultimo principio, che si regge sul principio digital by default – in forza del quale le pubbliche amministrazioni «dovrebbero erogare i servizi in primo luogo in formato digitale, comprese le informazioni leggibili dalle macchine»[27] – non gode ancora di una nozione positiva. Ed è stato osservato da alcuni[28] che, in virtù di una tale assenza a livello europeo, gli Stati membri dell’Unione interpretano questo principio in modi diversi. Secondo questi stessi studiosi, la ratio su cui il once-only principle si fonda sarebbe quella di «ridurre l’onere amministrativo degli utenti e delle imprese mediante la riorganizzazione dei processi interni del settore pubblico»[29].

3.2. Difetto di interoperabilità, discrezionalità tecnica e vizi di legittimità: un primo orientamento del giudice amministrativo?

Pur non avendo trovato accoglimento il ricorso in esame, sono tre i punti da verificare nel commentare questa sentenza: il primo è se, a fronte dell’inserimento nell’Anagrafe Regionale del codice identificativo dell’edificio destinato al finanziamento, tale registrazione avrebbe dovuto comportare il censimento automatico nello Snaes, come richiesto dall’avviso pubblico; il secondo, legato in modo dipendente al primo, è se l’interoperabilità tra banche dati sia da considerarsi, allo stato dell’arte, un onere dell’amministrazione che bandisce la gara, oppure, all’opposto, se siano i partecipanti alla procedura a dover compiere quanto necessario per la condivisione automatica dei propri dati, rischiando altrimenti di essere esclusi dalla procedura; il terzo, non per importanza ma seguendo un preciso ordine logico, riguarda la riconducibilità del difetto di interoperabilità ai tradizionali vizi di legittimità[30], tentando di individuare se tale difetto configuri una violazione di legge oppure un eccesso di potere, potendo escludersi nella fattispecie il vizio dell’incompetenza.

Partendo dal primo punto, il T.A.R. Lazio-Roma rileva che l’interoperabilità tra i sistemi nazionale e regionale dell’edilizia scolastica «appare essere data dal fatto che, una volta compilate tutte le sezioni presenti nel sistema Ares (e dunque non solo la prima parte relativa all’attribuzione del codice identificativo dell’edificio) e validati i dati, il censimento può ritenersi effettuato con successo e l’edificio viene ad essere inserito nello Snaes»[31]. Vale a dire, in termini più generali, che se il soggetto partecipante ha inserito i dati richiesti in uno dei sistemi utilizzati per la procedura, allora, in virtù dell’interoperabilità, tali dati sono automaticamente presenti anche nell’altro sistema. Una tale lettura risulta essere in linea con il pensiero giuridico e con le fonti nazionali ed europee sull’interoperabilità di cui sopra si è detto.

Venendo ora al secondo punto, nel prosieguo della sentenza, il medesimo giudice amministrativo ritiene che «quello di censire l’edificio scolastico nello Snaes era un compito che avrebbe dovuto essere adempiuto dalla ricorrente, al pari di quanto fatto dagli altri enti che hanno partecipato all’avviso», anche al fine di consentire il rispetto della «par condicio con gli altri enti concorrenti nella medesima procedura selettiva»[32]. Quella che può sembrare, prima facie, quasi una deviazione dal percorso logico seguito finora, ne è in realtà una conferma. Il T.A.R. Lazio-Roma, infatti, procede con il verificare quali sono gli elementi richiesti ai fini dell’interoperabilità tra i due sistemi, guardando alle indicazioni contenute nel Manuale Utente Ente locale Ares[33], «che è rivolto agli enti locali gestori o proprietari degli immobili scolastici, al fine di consentire agli stessi la consultazione, l’aggiornamento e il censimento delle schede degli edifici scolastici di loro competenza presenti nel sistema Ares»[34]. Secondo tale Manuale, all’ente locale interessato spetta compilare tutte le schede richieste dal sistema informatico (tra cui, ad esempio, quella che dimostra che l’edificio scolastico è funzionante e attivo e non meramente in costruzione) e procedere poi alla loro validazione: è solo la compilazione completa delle schede, e quindi l’adeguata alimentazione del sistema, a renderlo interoperabile.

Il riferimento al Manuale Utente solleva alcune questioni su cui merita soffermarsi. La prima attiene al suo utilizzo da parte del giudice amministrativo come parametro di legalità. La seconda riguarda la sua natura giuridica e le conseguenze che da ciò potrebbero derivare anche a valle nel giudizio di legittimità.

Quanto alla prima, un tale approccio da parte del giudice potrebbe trovare la sua ragione nella necessità di garantire il rispetto della par condicio, principio cardine dei procedimenti selettivi e concorsuali. Il giudice, cioè, trovandosi dinanzi a un ricorso avente a oggetto un fatto per lo più nuovo nella giurisprudenza (e non solo) – la cui novità è dettata quasi esclusivamente dalla componente tecnologica –, sembra non aver potuto fare altro che assumere come parametro di legalità il Manuale Utente Ente locale Ares, quale unico documento recante le modalità di funzionamento di quelle banche dati e contenente le regole per le amministrazioni locali. Quale possa essere il valore di tali regole rappresenta il nodo da sciogliere per risolvere la seconda questione.

Non essendosi il T.A.R. Lazio-Roma ulteriormente soffermato sul punto, bisogna tentarne una lettura che guardi ai tradizionali istituti del diritto amministrativo.

Quello che, per sue stesse caratteristiche, si ritiene di poter richiamare riguarda l’esercizio della discrezionalità tecnica intesa, come noto, nella sua «alterità»[35] rispetto alla discrezionalità amministrativa. Come da giurisprudenza del Consiglio di Stato[36] sulla discrezionalità tecnica, infatti, il giudice amministrativo – diversamente da quanto avveniva in passato – giunge a compiere una valutazione, sia pur «estranea alla considerazione dell’interesse pubblico»[37], che attiene alla correttezza dei criteri tecnici utilizzati (vizi di illogicità, incongruenza, contraddittorietà, irragionevolezza), senza esprimere un giudizio sulla condivisibilità dei risultati raggiunti. È in questi termini che può intendersi l’utilizzo del Manuale Utente.

Se ciò è vero, il terzo punto di cui si è detto all’inizio di questo paragrafo – ossia quello sulla riconducibilità del difetto di interoperabilità ai tradizionali vizi di legittimità –, troverebbe più immediata risoluzione. Il giudice amministrativo, trovandosi dinanzi a una fattispecie in cui un’amministrazione pubblica abbia un documento tecnico di riferimento, come ad esempio un manuale utente, sull’utilizzo delle banche dati e i requisiti per la loro interoperabilità, potrebbe – laddove valutasse la scorrettezza nell’applicazione dei criteri tecnici previsti – riscontrare il vizio di legittimità dell’eccesso di potere.

4. Note e considerazioni conclusive

Gli spunti di riflessione offerti da questa pronuncia non sono di poco conto e consentono di procedere, con la dovuta cautela, dal particolare al generale.

Innanzitutto, il primo motivo di ricorso verte sul difetto di interoperabilità tra i due sistemi: secondo la ricorrente, solo per ricordarlo, è per la mancata interoperabilità tra Snaes e Ares che il Ministero ha adottato il provvedimento di esclusione dalla procedura. E a rilevare qui non sono soltanto le ragioni che hanno portato l’amministrazione provinciale a rivolgersi al giudice amministrativo, ma anche che quest’ultimo, trovandosi dinanzi a un ricorso incentrato sul difetto di interoperabilità, non ne ha dichiarato l’inammissibilità[38] bensì, pur non accogliendolo, si è pronunciato nel merito.

In secondo luogo, per quanto ‘interoperabilità’ stia a significare “capacità di un sistema informativo di comunicare automaticamente dati e informazioni con un altro sistema informativo” – e in tale direzione si può dire proceda ormai anche questa modesta giurisprudenza[39] –, è anche vero che, affinché il sistema sia interoperabile, esso deve essere adeguatamente alimentato dal soggetto interessato. Graverebbe, cioè, su quest’ultimo l’onere di inserire quanto richiesto dal sistema per la sua stessa interoperabilità.

Il Manuale Utente, e il suo utilizzo da parte del giudice come parametro di legalità, solleva non pochi dubbi sulla sua natura giuridica e sulle conseguenze che ne derivano, e richiede una complessa interpretazione che, allo stato dell’arte, consideri l’esercizio della discrezionalità tecnica e – in caso di difetto di interoperabilità e dunque di scorrettezza nell’applicazione dei criteri tecnici da parte dell’amministrazione – la configurabilità del vizio di legittimità dell’eccesso di potere.

Il quadro che si è disegnato finora nel tentativo di trarre ulteriori elementi di conoscenza sui risvolti dell’interoperabilità nel diritto amministrativo, anche processuale, è destinato ad ampliarsi con l’adozione, a livello europeo, di una normativa unitaria sull’interoperabilità.

Il 21 novembre 2022 la Commissione europea ha adottato la proposta di Interoperable Europe Act volto a rafforzare la cooperazione transfrontaliera tra amministrazioni nazionali e la cooperazione tra queste e le istituzioni europee in materia di scambio di dati e soluzioni informatiche quali software open-source, linee guida e quadri di riferimento, con conseguenze positive anche in termini di economicità dell’azione amministrativa[40].

In realtà, è da tempo che il Parlamento europeo sostiene l’interoperabilità dei servizi pubblici digitali[41]. Già nella sua risoluzione del 16 maggio 2017, il Parlamento aveva sottolineato l’importanza dell’interoperabilità e della standardizzazione nell’attuazione delle strutture di e-government e aveva accolto con favore il piano di revisione dell’European Interoperability Framework, cui prima si è fatto cenno. Dopo la risoluzione del 20 maggio 2021 – in cui il Parlamento chiedeva alla Commissione europea di rafforzare «il sostegno finanziario e istituzionale all’economia digitale europea […] attraverso misure come fornire un accesso più ampio e più facile a dati industriali e pubblici di alta qualità facilmente leggibili e interoperabili» –, più di recente, nella risoluzione del 3 maggio 2022, il Parlamento invita gli Stati membri a fornire «servizi pubblici digitali senza confini, interoperabili, personalizzati, user-friendly e end-to-end basati sull’intelligenza artificiale a tutti i cittadini a tutti i livelli dell’amministrazione pubblica».

Dalla proposta di Interoperable Europe Act, e dalla conseguente adozione del regolamento (Ue) 2024/903 «che stabilisce misure per un livello elevato di interoperabilità del settore pubblico nell’Unione», deriverebbe una conferma dell’esigenza di unitarietà della disciplina in tema di interoperabilità, prendendo atto sì dell’esistenza dei regolamenti (Ue) 2019/817 e 818 che istituiscono i due quadri per l’interoperabilità tra i sistemi d’informazione dell’Ue in materia di sicurezza e frontiere[42], ma che di per sé non riguardano tutti i settori e non sono pertanto volti – né sufficienti – a garantire l’interoperabilità intersettoriale, anche transfrontaliera[43].

  1. Avviso pubblico del 2 dicembre 2021, prot. 48040, «per la presentazione di proposte per la messa in sicurezza e/o realizzazione di palestre scolastiche», da finanziare nell’ambito del Pnrr, Missione 4 «Istruzione e Ricerca», Componente 1 «Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle Università», Investimento 1.3 «Piano per le infrastrutture per lo sport nelle scuole».
  2. L’atto introduttivo è stato notificato il 21 ottobre 2022 e depositato il 2 novembre 2022.
  3. I provvedimenti in questione sono i seguenti: la comunicazione del Ministero dell’istruzione del 25 luglio 2022, prot. 64868, di esclusione dalla procedura di cui all’avviso pubblico; il decreto direttoriale R000005 del 4 agosto 2022 del Ministero dell’istruzione con cui sono state approvate le graduatorie di cui agli allegati 1 e 2, definite applicando i criteri automatici di cui all’articolo 9, comma 1, dell’avviso pubblico per ciascuna candidatura sulla base delle dichiarazioni rese dagli enti locali sul sistema informativo; la graduatoria approvata e relativa alla messa in sicurezza nella parte in cui non ammette la Provincia di Viterbo; il decreto del Ministro dell’istruzione del 2 dicembre 2021, n. 343, e del relativo avviso pubblico nella parte in cui non ravvisa la interoperabilità tra i due sistemi.
  4. Si tratta dell’accordo finalizzato a snellire le procedure e velocizzare la erogazione dei finanziamenti per la realizzazione degli interventi nel settore dell’edilizia scolastica.
  5. Il testo è reperibile al seguente link: https://anci.lombardia.it/documenti/7975-accordo%20edilizia%20scolastica%206%20settembre%202018.pdf.
  6. Dell’interoperabilità si legge espressamente al punto 2.2.
  7. In questi termini, il T.A.R. Lazio-Roma (sezione III-bis), sentenza del 4 aprile 2023, p.to 2.1.
  8. Nota di chiarimenti del 1° giugno 2022.
  9. Dal 7 febbraio 2022.
  10. T.A.R. Lazio-Roma n. 6875/2023, p.to 2.9.
  11. T.A.R. Lazio-Roma n. 6875/2023, p.ti 2.5 e 2.10.
  12. Tra le altre, Cons. St., 22 febbraio 2019, n. 1236.
  13. Tra i primi contributi sull’interoperabilità nel diritto amministrativo italiano, v. G. Carullo, Gestione, fruizione e diffusione dei dati dell’amministrazione digitale e funzione amministrativa, Giappichelli, Torino, 2017, pp. 129-153. Nel tempo, gli studiosi hanno posto maggiore attenzione al tema, analizzandolo da prospettive anche diverse e fornendo spunti di riflessione sempre nuovi. Di alcuni di essi si dirà nei paragrafi successivi.
  14. Di seguito se ne riportano alcune. Secondo la versione consolidata dell’International Organization for Standardization (Iso), l’interoperabilità è «la capacità di condividere e scambiare informazioni, utilizzando sintassi e semantica comuni, per soddisfare una relazione funzionale specifica dell’applicazione attraverso l’uso di un’interfaccia comune». Il riferimento è, in particolare, a Iso 16100-1:2009, Industrial automation systems and integration – Manufacturing software capability profiling for interoperability – Part. 1: Framework, e la traduzione è nostra. Stando alla definizione fornita dall’Interoperability Glossary (R. Poler, J. Tomás, P. Velardi, Interoperability Glossary, INTEROP NoE, Version 1B, 2005), l’interoperabilità è «la capacità dei sistemi informativi di operare in combinazione tra loro, comprendendo protocolli di comunicazione, hardware, software, applicazioni e livelli di compatibilità dei dati». Secondo il Dicionário da Língua Portuguesa, edizione del 2004, l’interoperabilità è una «caratteristica che consente la connessione e il collegamento di più computer». Nello stesso senso, anche il dizionario italiano Garzanti Linguistica nella versione online che viene costantemente aggiornata.
  15. Si tratta della comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo e al Consiglio sul miglioramento dell’efficienza e l’incremento dell’interoperabilità e delle sinergie tra le banche dati europee nel settore giustizia e affari interni, 24 novembre 2005, COM(2005) 597 definitivo.
  16. European Interoperability Framework for Pan-European eGovernment Services, Version 1.0, 2004, p. 5.
  17. P. De Hert, S. Gutwirth, Interoperability of police databases within the EU: An accountable political choice?, in Int. Rev. Law Comput. Technol., vol. 20, 1-2, 2006, p. 23, secondo i quali tale definizione fornita dalla comunicazione della Commissione, vedendo l’interoperabilità come un «concetto tecnico più che politico», ne riduce il campo di applicazione alle questioni tecniche, «ponendo l’accento sul raggiungimento dell’obiettivo di una connessione accurata ed efficiente dei sistemi esistenti e dei dati disponibili». Tali autori risultano essere i primi ad aver affrontato il tema dell’interoperabilità in ambito scientifico da una prospettiva non esclusivamente tecnico-informatica.
  18. La definizione è contenuta all’art. 1 della Raccomandazione Rec(2003)14 «The interoperability of information systems in the Justice sector» adottata dal Consiglio dei Ministri del Consiglio d’Europa il 9 settembre 2003.
  19. Il riferimento è alla comunicazione della Commissione europea sul ruolo dell’eGovernment per il futuro dell’Europa, 26 settembre 2003, COM(2003) 567, p. 21.
  20. D. Soares, L. Amaral, Reflections on the Concept of Interoperability in Information Systems, in Proceedings on the 16th International Conference on Enterprise Information Systems (ICEIS), 2014, p. 333. Nello stesso senso, si veda anche United Nations Office of Counter-Terrorism, Ensuring Effective Interagency Interoperability and Coordinated Communication in Case of Chemical and/or Biological Attacks, New York, 2017, p. 34, che la definisce come «la capacità di sistemi e organizzazioni diverse di lavorare insieme (inter-operare)». In senso analogo, v. G. Carullo, Dati, banche dati, blockchain e interoperabilità dei sistemi informatici, in R. Cavallo Perin, D.U. Galetta (a cura di), Il Diritto dell’amministrazione pubblica digitale, Giappichelli, Torino, 2020, p. 210, nella parte in cui, riconoscendone la natura tecnica, definisce l’interoperabilità come «modo di essere dei sistemi informatici, essenziale al fine di garantire che i vari sistemi si possano interfacciare tra loro, nell’ambito di reti interconnesse».
  21. A. Sandulli, Potere e procedimento amministrativo, in Enc. dir. I tematici, vol. V – Potere e Costituzione, Giuffrè, Milano, 2023, p. 560. Nell’ambito di una riflessione sulla digitalizzazione e l’interoperabilità, B. Ponti, Tre scenari di digitalizzazione amministrativa “complessa”: dalla interoperabilità predicata alla standardizzazione praticata, in Ist. Fed., 3, 2023, p. 618, riconoscendo la «concreta praticabilità» di una «digitalizzazione complessa (quella che attiene alla integrazione tendenzialmente automatizzata delle operazioni di back office) […] non più solo predicata» grazie al quadro normativo e alle novità del Pnrr, ritiene che vada «sottolineato che l’adeguamento al paradigma della standardizzazione e dell’interoperabilità non è per le amministrazioni “a costo zero”; esso implica non solo costi diretti (investimenti per infrastrutture, sistemi, software e aggiornamento/adattamento del personale) ma anche una sfida culturale».
  22. Per un’analisi dei profili generali della riforma, v. B.G. Mattarella, Burocrazia e riforme. L’innovazione nella pubblica amministrazione, il Mulino, Bologna, 2017, pp. 81-113.
  23. La definizione fornita dal legislatore italiano sembra essere condivisa dalla dottrina italiana. Si vedano: G. Carullo, Dati, banche dati, blockchain e interoperabilità dei sistemi informatici, cit., p. 210; ancora G. Carullo, Interoperabilità dei dati e riflessi organizzativi: il caso della conservazione digitale, in R. Cavallo Perin (a cura di), L’amministrazione pubblica con i big data: da Torino un dibattito sull’intelligenza artificiale, in Quaderni del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino, 2021, p. 254; M. Falcone, Ripensare il potere conoscitivo pubblico tra algoritmi e big data, Editoriale Scientifica, Napoli, 2023, p. 101.
  24. Tale ultima disposizione viene modificata dall’art. 54 del decreto che, tra l’altro, aggiunge il comma 1-bis, ai sensi del quale «i soggetti di cui all’art. 2, comma 2, i fornitori di identità digitali e i prestatori dei servizi fiduciari qualificati, in sede di evoluzione, sono tenuti a progettare e sviluppare i propri sistemi e servizi in modo da garantirne l’integrazione e l’interoperabilità, nonché a esporre per ogni servizio le relative interfacce applicative».
  25. Il riferimento è alle pp. 1 e 2 della Relazione illustrativa del Governo al d.lgs. n. 179/2016, reperibile al seguente link: https://www.governo.it/sites/governo.it/files/RELAZIONE_DIGITALE.pdf.
  26. A. Sandulli, Pubblico e privato nelle infrastrutture digitali nazionali strategiche, in Riv. trim. dir. pubbl., 2, 2021, p. 514.
  27. G.M. Racca, Le piattaforme digitali per i contratti pubblici e la qualificazione degli operatori economici, in J.-B. Auby, G. De Minico, G. Orsoni (a cura di), L’amministrazione digitale. Quotidiana efficienza e intelligenza delle scelte. Atti del Convegno 9-10 maggio 2022, Federico II, Napoli, Editoriale Scientifica, Napoli, 2023, p. 131.
  28. Il riferimento è a R. Krimmer, T. Kalvet, M. Toots, A. Cepilovs, E. Tambouris, Exploring and Demonstrating the Once-Only Principle: A European Perspective, in Proceedings of the 18th Annual International Conference on Digital Government Research, 2017, p. 547.
  29. Id., p. 546. La traduzione è nostra.
  30. Preme ricordare che, nella fattispecie, il giudice amministrativo ritiene non fondate le argomentazioni sull’asserito difetto di interoperabilità.
  31. T.A.R. Lazio-Roma n. 6875/2023, p.to 2.7.
  32. T.A.R. Lazio-Roma n. 6875/2023, p.to 2.5.
  33. Manuale Utente Ente locale Ares, Versione 1.3 del 2021, pp. 12-13.
  34. Id., p. 4.
  35. La tesi dell’alterità della discrezionalità tecnica è di Errico Presutti. Si veda, su tale tesi, lo scritto di F. Liguori, La discrezionalità tecnica nel pensiero di Errico Presutti: una categoria «a tempo», in Nomos, 1, 2022, pp. 2-4. La dottrina sulla discrezionalità amministrativa e tecnica è ampia e autorevole e in tale sede non potrebbe essere esaustiva. Si segnala comunque M. Roversi Monaco, Le norme interne nel sistema amministrativo italiano. Uno studio introduttivo, FrancoAngeli, Milano, 2020, e la recensione di G. Bottino, Norme interne e discrezionalità della pubblica amministrazione, in Il diritto dell’economia, 1, 2023, pp. 273-285.
  36. Cons. St., 25 febbraio 2019, n.1321; Cons. St., 19 luglio 2019, n. 4990.
  37. F. Liguori, La discrezionalità tecnica, cit., p. 4.
  38. Di cui all’art. 35, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 104/2010, cd. Codice del processo amministrativo. Per alcune riflessioni sull’inammissibilità, si veda F. Ancora, Irricevibilità e inammissibilità nel processo amministrativo, in Aa.Vv., Studi Economico-Giuridici, Annali 2022 – II Tomi indivisibili, vol. LXIII, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2023, paragrafo 2, secondo cui «ricorrendo alla etimologia latina, la condizione negativa e passiva del non essere suscettibile di essere ammesso e, cioè, la inammissibilità, non è la condizione di ciò cui non può darsi ingresso, ma è la condizione di ciò che non può essere inviato, con questo designando, non la inadeguatezza di una cosa ad essere presa in consegna da qualcuno, ma la inadeguatezza in partenza di una cosa, per quello che essa è».
  39. Il riferimento è alla pronuncia in esame. La giurisprudenza sull’interoperabilità era, fino a qualche tempo fa, pressoché assente. Nel senso dell’interoperabilità come ‘mezzo’ per garantire i flussi informativi, si vedano: T.A.R. Lazio-Roma (sezione I), sentenza del 18 luglio 2022, n. 10147, e T.A.R. Umbria-Perugia (sezione I), sentenza del 18 ottobre 2023, n. 570.
  40. Secondo le stime della Commissione, l’interoperabilità transfrontaliera potrebbe portare a un risparmio di costi per i cittadini tra i 5,5 e i 6,3 milioni di euro e per le imprese che hanno a che fare con le pubbliche amministrazioni tra i 5,7 e i 19,2 miliardi di euro. Per perseguire tali fini, la proposta prevede l’istituzione del Comitato per l’Europa interoperabile che sarebbe composto da rappresentanti degli Stati membri dell’Ue, della Commissione, del Comitato europeo delle Regioni e del Comitato economico e sociale europeo. Il compito sarebbe quello di ‘guidare’ il quadro di cooperazione per l’interoperabilità, definendo risorse comuni riutilizzabili e la fornitura di misure di sostegno e innovazione e l’aggiornamento dell’Eif.
  41. M. Niestadt, Interoperable Europe act, EPRS – European Parliamentary Research Service, ottobre 2023, p. 3. Anche il Consiglio europeo e gli Stati membri hanno sottolineato l’importanza dei servizi pubblici digitali interoperabili: nelle conclusioni del Consiglio «Plasmare il futuro digitale dell’Europa» del 9 giugno 2020 (reperibili al seguente link: https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-8711-2020-INIT/it/pdf), il Consiglio indica la necessità di garantire l’interoperabilità e gli standard comuni per assicurare flussi di dati e servizi del settore pubblico sicuri e senza confini. Nella medesima direzione vanno anche le conclusioni del Consiglio europeo del 22 ottobre 2021.
  42. Tali due regolamenti (Ue) sono stati adottati dal Parlamento europeo e dal Consiglio il 20 maggio 2019: il regolamento (Ue) 2019/817 istituisce un quadro per l’interoperabilità tra i sistemi di informazione dell’Ue nel settore delle frontiere e dei visti e che modifica alcuni precedenti regolamenti e decisioni; il regolamento (Ue) 2019/818 istituisce un quadro per l’interoperabilità tra i sistemi di informazione dell’Ue nel settore della cooperazione di polizia e giudiziaria, asilo e migrazione. Il procedimento di adozione di tali regolamenti origina dalla comunicazione della Commissione europea del 6 aprile 2016, dal titolo «Sistemi d’informazione più solidi e intelligenti per le frontiere e la sicurezza», in cui viene sottolineata la necessità di migliorare l’architettura di gestione dei dati dell’Unione (e quindi i sistemi d’informazione) per la gestione della sicurezza e le frontiere, «allo scopo di colmare le carenze strutturali di tali sistemi che ostacolano il lavoro delle autorità nazionali».
  43. Secondo M. Niestadt, Interoperable Europe act, cit., p. 2, il problema della frammentazione della normativa persiste malgrado l’entrata in vigore dei due regolamenti europei del 2019, probabilmente per la loro settorialità, e richiede una soluzione normativa che si potrebbe rinvenire nell’adozione dell’Interoperable Europe act.