Template di nuova generazione per facilitare il passaggio dai documenti ai dati nel sistema giudiziario italiano

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Template di nuova generazione per facilitare il passaggio dai documenti ai dati nel sistema giudiziario italiano

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Il sistema giudiziario italiano potrebbe essere in procinto di compiere una transizione storica: dalla mera digitalizzazione dei propri documenti a un’attività giudiziaria plasmata dalle possibilità che il digitale offre, compreso l’utilizzo di tecniche di intelligenza artificiale nello svolgimento della funzione giurisdizionale. Il presente contributo offre una sintesi della ricerca svolta dagli Autori, come componenti del gruppo di ricerca dello IUSS Pavia, nell’ambito del progetto NEXT GEN UPP, lanciato nel 2021 dal Ministero della Giustizia italiano con l’obiettivo di potenziare la digitalizzazione delle attività giudiziarie, migliorare i processi organizzativi e promuovere l’applicazione degli strumenti di Legal Analytics (LA) ai testi giuridici. L’attività descritta nel saggio riguarda la progettazione di “template di nuova generazione” funzionali alla redazione degli atti di giudici e di avvocati: modelli in grado di massimizzare l’efficienza dell’attività giudiziaria e di creare un ambiente informatico adatto all’utilizzo delle più avanzate tecnologie di intelligenza artificiale.


Next-generation templates to ease the transition from documents to data in the Italian justice system
The Italian judicial system may be about to make a historic transition: from the mere digitalization of its documents to a judicial activity shaped by the possibilities that digital technology offers, including the use of artificial intelligence techniques in the performance of the judicial function. This contribution offers a summary of the research carried out by the Authors, as members of the research group of the IUSS Pavia, within the NEXT GEN UPP project, launched in 2021 by the Italian Ministry of Justice with the aim of enhancing the digitalization of judicial activities, improving organizational processes and promoting the application of Legal Analytics (LA) tools to legal texts. The activity described in the essay concerns the design of “next-generation templates” functional for the drafting of acts by judges and lawyers: templates capable of maximizing the efficiency of judicial activities and creating an IT environment suitable for the use of the most advanced artificial intelligence technologies.
Sommario: 1. Introduzione.- 2. Un cenno allo stato dell’arte della digitalizzazione nella giustizia.- 3. Lo stato dell’arte nell’uso dei template e presupposti teorici.- 4. Dai template concettuali ai template di nuova generazione.- 4.1. Template concettuali.- 4.2. Template di nuova generazione.- 5. Considerazioni finali. Obiettivi raggiunti e prospettive future.

1. Introduzione

Il sistema giudiziario italiano potrebbe essere in procinto di compiere il passaggio storico dalla mera digitalizzazione dei propri documenti a un’attività intrinsecamente plasmata dalle possibilità che le nuove tecnologie offrono.

Dopo la riforma del processo telematico, sia in ambito civile che amministrativo, le nuove modalità di produzione dei documenti processuali non sembra abbiano rivoluzionato i rispettivi sistemi[2]. La fase che sembra si stia per aprire per l’amministrazione della giustizia – intesa come plesso organizzativo che adempie la funzione giurisdizionale[3] – è caratterizzata da una spinta verso una gestione diversa dei documenti processuali, ove i dati in essi contenuti possano essere direttamente esplorabili e utilizzabili con tecniche di intelligenza artificiale (legal analytics). Dalla centralità dei documenti si passerebbe dunque alla centralità dei dati, come ipotizzato a livello teorico[4]. Si tratta di un passaggio che, in termini generali, è stato affrontato in questi ultimi anni da chi si è occupato, nell’ambito dello studio dell’amministrazione digitale[5], del fondamentale rapporto tra svolgimento della funzione amministrativa e gestione dei dati pubblici[6]. Nell’ambito dell’amministrazione della giustizia, come del resto nell’amministrazione in generale, l’effettivo passaggio ad un utilizzo proficuo dei dati comporterebbe un miglioramento in termini di efficienza amministrativa della funzione giurisdizionale, con la conseguenza di una «sempre più accentuata attenzione alla funzione giurisdizionale come servizio»[7].

Nell’ambito di questo orizzonte, dunque, si muove il presente lavoro, che descrive la ricerca svolta dagli autori nell’ambito del progetto NEXT GEN UPP (2021) promosso dal Ministero della Giustizia italiano con il coinvolgimento di diverse Istituzioni universitarie, tra cui IUSS Pavia[8]. In particolare, l’attività svolta si è concentrata sullo sviluppo di modelli di atti giudiziari nel contesto del processo civile, con requisiti strutturali definiti che possano costituire “entità digitali” rappresentative di atti giudiziari, strutturalmente omogenee e pronte per l’utilizzo da parte di giudici e avvocati. La creazione di template di nuova generazione passa prima, come si avrà modo di descrivere, dalla progettazione di un “template concettuale” dell’atto processuale. La ricerca risulta importante perché inaugura una metodologia per la progettazione di modelli di atti giudiziari che, in quanto tale, può essere replicata per la redazione dei più svariati tipi di atto, sia nel contesto della giustizia civile che nel diverso ambito della giustizia amministrativa e penale.

I risultati raggiunti risultano coerenti con le finalità del progetto NEXT GEN UPP, che è stato promosso dal Ministero proprio con l’obiettivo di migliorare, mediante un potenziamento del processo di digitalizzazione delle attività giudiziarie, i processi organizzativi e i flussi di lavoro degli uffici giudiziari ma anche di creare un “ambiente” tecnico in cui possano essere utilizzabili strumenti di Legal Analytics (LA). Un ambiente nel quale, in altre parole, possano convergere diverse discipline, quali la scienza dei dati, e tecniche quali l’intelligenza artificiale (AI), il machine learning (ML) e l’elaborazione del linguaggio naturale (NLP).

2. Un cenno allo stato dell’arte della digitalizzazione nella giustizia

Il tema dell’utilizzo delle nuove tecnologie nell’ambito della giustizia è stato trattato in termini assai ampi e variegati dalla dottrina sia in ambito civile e amministrativo che penale. Considerando la finalità del presente scritto, va tuttavia limitata la prospettiva precisando che rimane esclusa dall’indagine la questione inerente la c.d. decisione algoritmica. Si fa riferimento, in questo caso, a strumenti, sviluppati per lo più al di fuori del territorio nazionale, «volti ad automatizzare la ricerca giurisprudenziale (qualcosa di più della mera costruzione di archivi informatici giurisprudenziali)»[9] o addirittura volti alla creazione di veri e propri robot-giudici, cioè di sistemi di IA «volti a calcolare, sulla base delle precedenti statuizioni, attraverso meccanismi probabilistici, l’esito di una controversia»[10]. In Italia è stato osservato che la possibilità del giudice di svolgere la propria attività decisionale «facendo uso di algoritmi o comunque a strumenti di intelligenza artificiale»[11] è un aspetto che appare per ora “futuribile”[12] e che, a prescindere dallo specifico settore, è contraddistinto da diversi profili critici.

Per richiamarne due almeno, vi è innanzitutto il grosso scarto, in termini ontologici, tra decisione giudiziale e decisione della “macchina”. Mentre, infatti, la prima è fondata sull’interpretazione e valutazione di fatti, nonché su ragionamenti giuridici, la seconda trae origine da correlazioni statistiche e inferenze logiche e compie “predizioni” sulla base di elementi fattuali passati[13]. Oltre a ciò, emergono in parallelo problemi legati all’opacità delle logiche di funzionamento dei sistemi di intelligenza artificiale machine learning (il fenomeno della c.d. black box) rispetto ai principi di trasparenza e di difesa[14].

La seconda criticità per un utilizzo dell’AI nel settore della giustizia attiene senz’altro a profili tecnico-scientifici, a seconda che si tratti di sistemi ad apprendimento automatico e sistemi rule-based. Con riferimento ai primi è infatti noto che la macchina “impara”[15] ad assumere decisioni autonome solamente a fronte di un’attività di training su ingenti quantità di dati che devono essere poste a disposizione dell’apprendimento[16]. Per altre tipologie di sistemi esperti, programmati appunto sulla base di regole prefissate (rule-based), le difficoltà sono analoghe. Il c.d. argument mining, ad esempio, affina sistemi intelligenti in grado di recuperare, in maniera automatica, argomenti giuridici da corpora di grandi dimensioni, ma anche di predire le relazioni tra le diverse componenti, riassumere e classificare testi giuridici, nonché eseguire ragionamenti giuridici[17]. Anche in questo caso il presupposto per la messa a punto di questi sistemi di AI è la predisposizione di una quantità adeguata di file di testo all’uopo annotati da utenti esperti, che rendano evidenti i passaggi logici e argomentativi delle decisioni giuridiche (es. frasi a supporto o a confutazione di una frase antecedente). Tale lavoro di predisposizione dei testi da parte degli annotatori permetterebbe ai programmatori il lavoro successivo di ricostruzione e predisposizione di regole e modelli[18].

In conclusione, l’utilizzo di sistemi di AI nell’ambito della giustizia non è, almeno per il momento, facilmente attuabile.

Tenendo conto di questo dato, il presente contributo prenderà in esame un ambito differente seppure in un certo senso complementare, rispetto a quello cui si è fatto cenno. Un ambito che attiene all’elaborazione di modelli standard (nel prosieguo anche template) che possano essere funzionali alla formazione delle decisioni giudiziali. Si tratta di un metodo, dunque, la cui finalità è la creazione di un oggetto informatico che passa attraverso l’omogeneizzazione dal punto di vista formale degli atti giudiziali (sentenze, ordinanze ma anche degli atti di parte). Tale omogeneizzazione può essere, a sua volta, funzionale allo sviluppo di sistemi intelligenti di composizione automatica delle decisioni.

Nell’ambito della giustizia amministrativa, non si ha notizia di alcuna sperimentazione in questo senso: dunque, il presente studio, che è stato svolto con riferimento alla modellazione nel processo civile, pare possa essere utilizzato per la progettazione di futuri template applicabili al processo amministrativo.

È un’idea sulla quale, in passato, aveva posto attenzione quella parte della dottrina più vicina alla pratica giudiziaria segnalando che, all’indomani dell’entrata in vigore del Codice del processo amministrativo, era stato avviato un processo di trasformazione delle modalità di redazione delle decisioni nel contesto della prassi giudiziaria[19]. L’informatizzazione del processo amministrativo aveva comportato la predisposizione di modelli standard di provvedimenti da utilizzare da parte dei giudici. Questo riferimento tuttavia, per quanto noto, non sembra essersi evoluto in prassi consolidate di utilizzo di template di atti da parte dei decidenti nel contesto del processo amministrativo.

D’altra parte, già nel contributo richiamato, l’autrice faceva riferimento all’esistenza di diversi ostacoli al processo di modellizzazione degli atti, evidenziando che i singoli giudici «pur potendo, in teoria, modificare i modelli predefiniti, finiscono, nella maggior parte dei casi, con l’utilizzare i modelli già predisposti»[20]. È stato proprio nel corso di tale processo che «si sono predisposti i modelli con le parti fisse proprie di ciascuna tipologia di sentenza (es. sentenza di rito, sentenza di irricevibilità, difetto di giurisdizione, etc…)»[21]. Più recentemente è stato confermato che, fin dall’origine del processo di digitalizzazione, «l’idea originaria era quello di trasfondere in un ambiente digitale quei modelli cartacei che nel tempo erano stati elaborati. Questo sistema portava alla predisposizione di testi predefiniti a mo’ di formulario da riempire, in cui fossero chiaramente indicati gli elementi fissi di un provvedimento giurisdizionale»[22]. Sicchè l’idea di modellizzazione è stata da sempre al centro dell’attenzione delle riflessioni di chi operava nella giustizia amministrativa.

Ultimamente si è guardato ad un altro aspetto che, analogamente, conduce alla omogenizzazione e standardizzazione della struttura delle decisioni. Si tratta della possibilità che gli atti giudiziari possano richiamare altre fonti mediante «hyperlink volti a rendere immediatamente fruibili – senza necessità di ricerca ad hoc su banche dati – agli utenti le norme e la giurisprudenza citata, nonché i documenti indicati negli atti»[23]. La questione è ancor più interessante ove si ipotizzi l’integrazione dell’atto redatto dal giudice con i dati contenuti in altri atti, anche di parte, contenuti nel fascicolo d’ufficio (si pensi ad esempio alla parte di fatto del provvedimento giurisdizionale)[24]. Si tratta, anche in questo caso, di fattori che contribuiscono a rendere uniforme i modelli decisionali nel processo amministrativo.

Nell’ambito del dibattito sulla giustizia civile, in passato alcuni hanno mosso critiche verso la modellizzazione degli atti nel processo civile telematico. Si è sostenuto, a questo proposito, che «i massimalisti sono coloro che vorrebbero una immediata applicazione delle stesse [cioè delle nuove tecnologie] a tutte le dimensioni del processo. Non solo quindi, ovviamente, registri informatizzati, banche dati e invio telematico di ogni atto ma anche modalità di redazione degli atti secondo schemi (maschere) che se da un lato prevedono (in automatico, e cioè in anticipo) la codificazione di ogni possibile fattispecie, dall’altro lato consentono (sempre in automatico) l’elaborazione degli stessi dati a fini, ad esempio, di calcolo e di produzione di statistiche»[25]. Secondo questa impostazione, non condivisibile, «la ricchezza e sofisticazione linguistica del loro argomentare mal si presta ad essere incasellata in un numero necessariamente limitato e predefinito di schemi»[26]. A parte la discutibilità di quest’ultima affermazione, posto che il linguaggio giuridico nella prassi è spesso tutt’altro che ricco e sofisticato, quanto piuttosto scorretto, dal punto di vista linguistico, e poco chiaro[27], questa impostazione pare non cogliere la potenzialità della modellizzazione degli atti che si inseriscono nel processo. Sul punto, è stato evidenziato in maniera assai lucida come presupposto per l’utilizzo di strumenti AI nel contesto decisionale non possa che essere, oltre che la creazione di banche dati nelle quali contenere il complesso normativo e l’archivio giurisprudenziale dei precedenti, anche «la predisposizione di modelli redazionali giudiziali, l’utilizzo di un linguaggio giuridico predeterminato e semanticamente vincolato, sistemazione, individuazione e indicizzazione dei passaggi argomentativi»[28].

Ad ogni modo, è proprio nel contesto del processo civile che il legislatore sembra aver voluto imprimere una spinta decisa verso la “modellizzazione” degli atti, nonchè verso nuove modalità di redazione dell’atto giudiziario. In questo senso è andato sicuramente il D.lgs. n. 149/2022, c.d. Riforma Cartabia. L’art. 4 co. 3 lett. b) del decreto, modificando l’art. 46 delle Disposizioni Attuative del Codice di Procedura Civile, ha previsto infatti che il Ministro della Giustizia, sentiti il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio nazionale forense, definisce con decreto gli «schemi informatici degli atti giudiziari» con la strutturazione dei campi necessari per l’inserimento delle informazioni nei registri del processo. Per dotare la norma di particolare vigore, anche nei confronti degli operatori (in primis, chi esercita la funzione giurisdizionale), il legislatore ha disposto che «il giudice redige gli atti e i provvedimenti nel rispetto dei criteri di cui al presente articolo» (art. 46 cit., u.c.).

In attuazione della predetta norma il Ministero ha adottato il D.M. 7 agosto 2023 contenente il regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l’inserimento delle informazioni nei registri del processo.

Tuttavia, per come elaborato, il regolamento pare un’occasione persa. Oltre al rilievo che il testo normativo non compie alcun riferimento agli aspetti e ai mezzi tecnologici da mettere in campo per la progettazione di atti di nuova generazione – tema che sarebbe in realtà centrale – appare sorprendente che la maggior parte delle prescrizioni si concentri su aspetti meramente formali. Esemplare, a questo proposito, l’art. 3 sui limiti dimensionali degli atti. In questo quadro, si attendono dunque altri interventi normativi che possano avviare l’auspicata evoluzione del sistema.

3. Lo stato dell’arte nell’uso dei template e presupposti teorici

In una recente rassegna delle pubblicazioni dedicate alla predizione giuridica, gli autori[29] sottolineano l’importanza di una conoscenza sufficiente dell’esatto set di dati su cui si basano gli studi e della consapevolezza dei ricercatori del tipo di dati che stanno analizzando, e concludono «sfortunatamente, questo non è spesso il caso»[30]. Questa rassegna mostra molto chiaramente, tra gli altri aspetti interessanti della previsione giuridica, l’importanza dell’omogeneità delle sentenze e del modo in cui sono suddivise in sezioni.

È interessante il caso delle sentenze della CEDU, la cui omogeneità strutturale deriva dall’articolo 74 del Regolamento della Corte, che appunto impone alla stessa obblighi specifici nella redazione delle sentenze[31].

Nelle nostre Corti, come già accennato, non esistono fonti che impongano l’utilizzo di forme standard per la composizione degli atti, nonostante, come esposto, tale omogeneizzazione, da cui deriverebbe la creazione di set di dati coerenti, possa essere strumentale alla progettazione di strumenti di intelligenza artificiale utili per decisioni prevedibili ed eque[32]. Nell’ottica poi di un approccio alla funzione giurisdizionale in termini di servizio al cittadino[33], l’obbligo di utilizzare specifiche “forme” nello svolgimento della funzione giurisdizionale deriverebbe dalla necessità di attuazione del principio di efficienza[34] e dall’esigenza di promuovere lo scambio di dati nell’ambito dello stesso sistema amministrativo della giustizia[35]. Uno scambio di dati che, in un futuro, implementerebbe la qualità dei processi decisionali[36].

È proprio a partire da queste conoscenze acquisite che gli Autori del presente lavoro si sono mossi nel tentativo di fornire, all’interno del sistema giudiziario italiano, un modello (template) di sentenza e di atto di parte (gli atti degli avvocati)[37] che possa essere utilizzato dagli operatori del diritto nell’ambito dei giudizi civili.

L’assunto teorico è che la creazione di modelli di sentenza rende possibile una omogeneizzazione dei testi ed una maggiore affidabilità del tagging da parte di esperti del dominio[38]. Studi in questo campo in Italia non sono ancora stati forniti, a meno che non ci sia sfuggita involontariamente qualche ricerca.

Nel paragrafo che segue verrà descritto il percorso bidirezionale da un semplice template concettuale verso un template di nuova generazione e viene progettata la struttura di base di quest’ultimo in modo che possa essere lavorabile dai tecnici. Infine, nel paragrafo 5 verranno delineate ulteriori fasi di ricerca e applicazioni pratiche.

4. Dai template concettuali ai template di nuova generazione

La progettazione di “template di nuova generazione” degli atti del giudizio civile (di primo e secondo grado) è stata concepita come uno strumento dalla duplice natura: quale snodo fondamentale dei vari aspetti del procedimento e catalizzatore di un cambiamento più ampio nel passaggio dall’era analogica a quella completamente digitale.

Solo per fare qualche esempio, un processo concepito come flusso di dati e non come mero accumulo di documenti prodotti dai giudici e dagli avvocati delle parti implica un significativo supporto tecnologico, che si traduce concretamente in una reingegnerizzazione dell’attuale Processo Civile Telematico (PCT) italiano, per non parlare dei necessari cambiamenti negli strumenti che gli avvocati utilizzano nella loro attività giudiziale e non. Inoltre, sullo sfondo, sono ancora presenti diversi pregiudizi nei confronti della tecnologia, sia tra i giudici che tra gli avvocati, che devono essere affrontati.

Come spesso accade nelle tecnologie informatiche, le attività tecniche richiedono un chiarimento preliminare della logica e della sequenza del processo. Pertanto, il primo passo per la progettazione di “template di nuova generazione” è una chiara comprensione delle idee logiche e giuridiche su cui si basano i template attualmente utilizzati: un modello concettuale che riproduca in modo ordinato ciò che gli operatori del diritto assumono quando li utilizzano semplicemente attraverso un word processor (come Word o Google Docs e simili). Naturalmente, si tratta di un percorso bidirezionale, che parte da un mero template concettuale (che potrebbe anche essere totalmente analogico) e si dirige verso un template di nuova generazione (cioè un’entità completamente digitale), che poi può retroagire sulla stessa struttura concettuale di base se emergono modalità più adatte al contesto digitale e quindi più chiare ed efficienti. In un certo senso, i modelli di nuova generazione possono essere considerati come l’evoluzione tecnologica e concettuale dei modelli che già esistono all’interno della biblioteca della Consolle del Giudice e dell’Assistente, accessibile attraverso il PCT. La differenza sta nella tecnologia e, soprattutto, nella mentalità: piuttosto che cercare di adattare l’ambiente digitale alla vecchia struttura analogica dei documenti, abbiamo ora la possibilità di modellare le regole procedurali in base a ciò che la digitalizzazione dell’ambiente giuridico rende possibile.

4.1. Template concettuali

Nel progettare i template concettuali per gli atti giudiziari e le memorie, sono stati considerati due aspetti. In primo luogo, si è tenuto conto del contenuto minimo richiesto dal Codice di procedura civile (articolo 132 per le sentenze e articoli 163 e 167 per le memorie). In secondo luogo, sono stati presi in considerazione anche gli input dei giudici e degli avvocati che hanno collaborato al progetto, comprese le loro best practice e le esigenze di volta in volta segnalate[39]. Il lavoro è partito dalla concettualizzazione del modello di sentenza civile di primo grado. Sono state raccolte cinquanta sentenze di tribunali di primo grado, che coprono vari ambiti del diritto civile, selezionate per il loro interesse strutturale e la loro qualità espositiva.

Tali pronunce sono state attentamente analizzate e sottoposte ad un processo di schematizzazione, estrapolando gli elementi ritenuti essenziali e privandole del relativo contenuto semantico (cioè i concetti e gli argomenti giuridici). La Figura 1 mostra la transizione da una sentenza di 17 pagine (prima colonna a sinistra) a uno schema essenziale di una pagina in cui sono evidenziate solo le sezioni della sentenza (seconda colonna). La terza colonna mostra lo stesso schema di una pagina popolato con riferimenti incrociati ad altri documenti scambiati nel corso del processo, in conformità con le disposizioni dell’articolo 132 del Codice di procedura civile.

Fig. 1. Rappresentazione del processo di concettualizzazione: da una comune sentenza al modello concettuale. L’immagine ha lo scopo di mostrare lo sviluppo logico del processo di concettualizzazione e non di essere leggibile nel contenuto.

Per quanto concerne l’aspetto tecnologico, i modelli concettuali sono oggetti informatici semplici, che utilizzano la tecnologia oggi a disposizione di tutti gli uffici giudiziari, che possono essere inseriti nella libreria dei modelli di Consolle e che tramite place-holders consentono l’auto-compilazione di alcune parti di atti con i dati presenti nei registri informatici delle cancellerie. Tale tecnologia è al momento sfruttata per porzioni molto limitate della sentenza, interessando essenzialmente l’intestazione, i dati identificativi del procedimento, i dati delle parti e dei difensori e, solo a fronte della corretta esecuzione della procedura di deposito della precisazione delle conclusioni tramite consolle, della precisazione delle conclusioni di parte.

I template concettuali hanno previsto un uso più significativo dei place holders, che comporti una maggiore interconnessione tra gli atti di parte e la sentenza, sul presupposto che anche gli atti di parte debbano essere redatti sulla base di template.

Pur essendovi indubbi profili di utilità che possono trarsi nell’immediato dell’utilizzo di tali template concettuali, sia da un punto di vista dell’organizzazione del lavoro degli uffici giudiziari, sia da un punto di vista contenutistico e concettuale delle pronunce e degli atti, che dovrebbero raggiungere un grado di chiarezza superiore, lo sviluppo degli stessi, come s’è detto, è stato funzionale all’elaborazione dei più avanzati template di nuova generazione.

4.2. Template di nuova generazione

I template di nuova generazione sono stati concepiti come oggetti nativi digitali in grado di raccogliere dati strutturati e organizzarli in repository dedicati (come data warehouse -DWH– e data lakeDL-), che consentono di creare dataset interrogabili e rielaborabili con strumenti di retrieval e tecniche di intelligenza artificiale. La progettazione di template di nuova generazione presuppone un’adeguata digitalizzazione del processo e la centralità dei dati, in modo da modificare il modo in cui giudici e avvocati scrivono e strutturano i loro atti e da riprogettare il modo in cui dati e informazioni interagiscono tra loro.

Il presupposto alla base dei file-modello di nuova generazione è, quindi, un cambiamento del riferimento: dal documento al dato.

In questo contesto, il giudice ha essenzialmente il compito di organizzare i dati e le informazioni all’interno della decisione quale espressione della propria posizione istituzionale di decisore. La Figura 2 rappresenta le fonti di dati e il posto che l’IA può occupare all’interno della sentenza (document builder).

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Fig. 2. Rappresentazione della sentenza come ambiente in cui sono organizzati informazioni e dati provenienti da più fonti.

I template di nuova generazione affondano le loro radici in ricerche ed esperienze precedenti che hanno subito una significativa accelerazione a causa delle innovazioni introdotte dalla cosiddetta Riforma Cartabia per la digitalizzazione dei processi civili[40]. Questa riforma segue la direzione già intrapresa dalla sperimentazione affrontata in questo lavoro, imponendo esplicitamente il deposito elettronico dei documenti, l’uso di file nativi digitali, le firme elettroniche e l’adozione, appunto, di template informatizzati per i documenti legali. La riforma, per quanto qui maggiormente rileva, ha sostanzialmente introdotto il principio del digital only nel contesto del processo civile, rendendo il “digitale” da contesto tecnologico a elemento trasformativo della giustizia civile.

La teorizzazione e progettazione del template di nuova generazione presuppone dunque la centralità dei dati e un concetto di digitalizzazione dell’attività del giudicare che modifica il modo in cui giudici e avvocati scrivono e strutturano i propri atti e che ripensa il modo in cui detti atti interagiscono tra loro.

Di seguito presentiamo i principali atti di parte e il modo in cui sono collegati alla sentenza finale. Nella Figura 3 sono mostrati l’atto di citazione e l’atto di costituzione e risposta: in verde le sezioni che vengono compilate automaticamente grazie alla tecnologia disponibile, in giallo gli estratti derivati dalle memorie dell’attore, in rosa gli estratti derivati dalle memorie del convenuto.

La Figura 4 vuole dare un’idea della combinazione di dati di diversa origine e provenienza nella creazione della sentenza finale. In verde sono riportate le sezioni compilate automaticamente grazie alla tecnologia disponibile, in giallo le sezioni derivate dalle memorie dell’attore, in rosa le sezioni derivate dalle memorie del convenuto, in azzurro le sezioni derivate dai verbali del tribunale.

Fig. 3. Confronto visivo tra i template di nuova generazione di un “atto di citazione” (a sinistra) e di una “comparsa e controricorso” (a destra). L’immagine non ha lo scopo di essere leggibile nel contenuto.

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Descrizione generata automaticamente

Fig. 4. Template di sentenza di nuova generazione. Schema leggibile solo per il codice colore, l’immagine non ha lo scopo di essere leggibile nel contenuto.

I template di nuova generazione operano su due fronti: da un lato, semplificano la stesura delle singole decisioni; dall’altro, contribuiscono alla creazione di dataset, consentendo l’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale per aiutare ulteriormente il lavoro dei giudici.

Per quanto riguarda il primo aspetto, i template di nuova generazione sono stati progettati tenendo conto delle complesse connessioni strutturali e contenutistiche tra i documenti e gli atti scambiati nel corso del processo e la sentenza. L’attenzione si è concentrata sulla massimizzazione delle interconnessioni tra le informazioni e i dati contenuti nei documenti, organizzandoli in database interoperabili, che possono essere riorganizzati dal giudice all’interno della sentenza. La Figura 5 rappresenta la sezione della sentenza dedicata ai fatti e al loro fondamento giuridico.

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Fig. 5. Sezione del template di sentenza di nuova generazione relativa all’esposizione concisa dei fatti di causa. È evidenziata la stretta interconnessione della sentenza con le memorie. In verde sono indicate le sezioni che il sistema esistente compila automaticamente; in giallo le sezioni provenienti dalle memorie dell’attore; in rosa le sezioni provenienti dalle memorie del convenuto; in azzurro le sezioni provenienti dal verbale del tribunale.

Utilizzando i template di nuova generazione, la sentenza viene compilata quasi automaticamente nelle sezioni relative agli eventi e ai fatti (cfr. Fig. 5) e nelle sezioni in cui viene riassunto il dialogo tra le parti (cfr. Fig. 6). Ciò è reso possibile anche dall’elaborata strutturazione delle memorie, che prevede la stesura di specifici abstract destinati a essere trasposti (inalterati) nella sentenza.

Questa struttura riduce il faticoso compito di ricostruire i fatti processuali e fornisce al giudice un chiaro quadro sinottico in cui le posizioni processuali delle parti sono fedelmente riprodotte. Naturalmente, il giudice è ancora responsabile della parte decisionale della sentenza, determinando l’ordine delle questioni da affrontare (cfr. Fig. 6), prendendo decisioni su singole questioni e redigendo la relativa motivazione (cfr. Fig. 7). Anche il contenuto delle memorie di parte redatte sulla base del modello dovrebbe raggiungere livelli apprezzabili di chiarezza.

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Fig. 6. Estratto del modello di giudizio di nuova generazione relativo alla sezione di ragionamento.

Fig. 7. Una rappresentazione del dialogo processuale strutturato dal template di nuova generazione, che include il supporto dell’IA nella sezione “ragionamento”.

I template di nuova generazione sono sia un modello per la costruzione dei singoli atti giudiziari sia una guida alla loro stesura nelle varie fasi del processo. In ogni specifica sentenza, nuovi dati vengono inseriti e combinati con quelli esistenti, modellati in base alla diversa posizione processuale di chi li scrive (avvocato, giudice e altro). Ad esempio, un perito nominato scrive la sua relazione prendendo i dati forniti dalle parti, organizzandoli in modo funzionale al compito che è chiamato a svolgere e aggiungendo i dati tecnici. Alla fine del processo, il giudice procederà allo stesso modo aggiungendo le valutazioni proprie della sua funzione decisionale. E così via. Il procedimento come flusso in cui i dati vengono aggiunti lungo le varie fasi del processo è mostrato nella Fig. 8.

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Fig. 8. Rappresentazione diacronica delle fasi di uno specifico giudizio e del relativo flusso di dati.

Da un altro punto di vista (e questo è il secondo aspetto), l’uso di modelli di nuova generazione, come già accennato, consente di raccogliere dati di buona qualità e di creare dataset che facilitano l’uso di tecnologie all’avanguardia per supportare ulteriormente le attività del giudice e degli avvocati.

Su questo repository può lavorare un sistema di IA, come, ad esempio, il document builder[41]. In particolare, lo stesso template di nuova generazione ne include il contributo. Il document builder è una tecnologia evolutiva dell’IA, in grado di interrogare il dataset ben organizzato e alimentato con dati di buona qualità, creati e organizzati sulla base dei template di nuova generazione, assistendo il giudice nel prendere decisioni e nel motivarle, suggerendo i precedenti legali più rilevanti per il caso specifico in questione. Lo stesso set di dati può anche essere interrogato dall’intelligenza artificiale (AI) per rendere visibili quelle informazioni che potrebbero non essere immediatamente intellegibili al giudice.

5. Considerazioni finali. Obiettivi raggiunti e prospettive future

All’inizio della ricerca, gli Autori si sono posti l’obiettivo di progettare un template di nuova generazione da fornire alla magistratura per due scopi essenziali.

Il primo era quello di massimizzare l’efficienza del servizio giustizia. Il secondo, da raggiungere nel medio-lungo periodo, era quello di creare un oggetto informatico abilitante per l’utilizzo delle più avanzate tecnologie di IA. A conclusione della ricerca, è necessario confrontare gli obiettivi con i risultati raggiunti, nonché con gli eventuali limiti individuati.

Da un punto di vista teorico, è possibile approfondire l’analisi delle best practice tra avvocati e giudici, cercando di ridurre i pregiudizi sull’uso della tecnologia in ambito legale. La potenziale introduzione di template di sentenza attraverso la Consolle del giudice e l’Assistente (soprattutto per le sentenze) implicherebbe che i giudici debbano adattarsi a nuovi metodi di lavoro. Attualmente, i giudici hanno piena discrezionalità nello strutturare la sentenza come ritengono più opportuno, compresa la fusione di sezioni che, come mostrato nel modello, sarebbe meglio mantenere distinte.

Da un punto di vista pratico, gli Autori propongono questo lavoro all’attenzione del Ministero della Giustizia, auspicando la decisione di avviare una stretta interazione con gli uffici tecnici e di sperimentare alcuni modelli nell’ambito del Processo Civile Telematico (PCT) italiano. Questa sarebbe anche l’occasione per superare le difficoltà e gli equivoci verificatisi nella prima fase di applicazione dell’art. 46 del Codice di procedura civile (Disposizioni di attuazione). Questa norma stabilisce che «il Ministro della Giustizia, sentito il Consiglio Superiore della Magistratura e il Consiglio Nazionale Forense, definisce con decreto i modelli informatici degli atti giudiziari con la struttura dei campi necessari per l’inserimento delle informazioni nei registri del processo». Seguendo gli ultimi sviluppi, vale la pena dunque confrontare le finalità della ricerca presentata e approvata nell’ottobre 2021 e i risultati del lavoro successivamente svolto dal gruppo IUSS di Pavia, con i contenuti del recente Decreto del Ministero della Giustizia del 7 agosto 2023, già richiamato al par. 2 del presente contributo[42].

Il decreto «stabilisce i criteri per la redazione e disciplina gli schemi informatici degli atti del processo civile, con la strutturazione dei campi necessari per l’inserimento delle informazioni negli atti del processo. Stabilisce inoltre i limiti dimensionali degli atti del processo civile […]» (art. 1).

Considerando le riflessioni svolte e il lavoro di ricerca svolto dal gruppo IUSS di Pavia nell’ambito del progetto PON Giustizia, la domanda può essere posta in questi termini: il Decreto del Ministero della Giustizia si pone sulla stessa strada del passaggio da “documenti” a “dati”?

A prima vista la risposta sembra dover essere SI e NO.

NO, se si considerano alcune indicazioni stilistiche, come quelle del carattere e dell’altezza del corpo (articolo 6), che sembrano riferirsi principalmente all’atto come documento fisico piuttosto che ai dati in esso contenuti. Così come i limiti quantitativi degli atti, che non sembrano particolarmente utili ed efficaci.

SÌ se si considerano le disposizioni dell’articolo 2, che indicano le partizioni e le sezioni che ogni atto deve avere (cioè, parti, parole chiave, esposizione separata e specifica, in parti distinte dell’atto e rubricate, dei fatti e dei motivi di diritto, indicazione dei documenti offerti in comunicazione, elencati in ordine numerico sequenziale e denominati in modo corrispondente al loro contenuto, preferibilmente ricercabili tramite apposito collegamento ipertestuale).

Infine, va notato che la parte potenzialmente più interessante, quella che riguarda gli schemi informatici (articolo 8), è molto povera e si limita a un generico riferimento a un decreto ministeriale del 2011. La strada è questa, ma al momento sembra essere (quasi) tutta da percorrere. C’è la speranza che il lavoro svolto con il PON Giustizia possa essere utilizzato come contributo per avviare finalmente la trasformazione dai documenti ai dati.

  1. Il presente contributo rappresenta – escluso il par. 2 che è stato aggiunto – il riadattamento in lingua italiana del contributo New-Generation Templates Facilitating the Shift from Documents to Data in the Italian Judiciary, pubblicato in T.P. Sales, J. Araújo, J. Borbinha, G. Guizzardi (a cura di), Advances in Conceptual Modeling. ER 2023. Lecture Notes in Computer Science, vol 14319. 42nd International Conference on Conceptual Modeling, Lisbona, 2023, Springer, Cham, Switzerland, pp. 121-130 (https://link.springer.com/chapter/10.1007/978-3-031-47112-4_11).Il lavoro è frutto della comune riflessione degli autori. Tuttavia, i paragrafi nn. 4 e 5 sono stati scritti da A. Santosuosso, i paragrafi nn. 1, 2 e 3 sono stati scritti da S. D’Ancona mentre i paragrafi nn. 4.1 e 4.2 sono stati scritti da E. Furiosi.
  2. In dottrina B. Brunelli afferma come oggi l’informatica «non svolge più soltanto una funzione servente e la conversione delle modalità cartacee in quelle digitali non potrà lasciare invariato il sistema processuale» (B. Brunelli, Misure minime di sicurezza per gli atti processuali digitali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2017, p. 511). Per un’impostazione più conservativa, in passato, si era affermato che il processo civile telematico non è un processo diverso da quello tradizionale-classico «ma è semplicemente supportato da tecnologie diverse da quella cartacea» (S. Zan, (Voce) Processo civile telematico, in Enc. Dir., Annali I, 2007, par. 2). In relazione al processo amministrativo telematico è stato evidenziato che l’uso degli strumenti informatici ha comportato una “dematerializzazione” totale degli atti processuali: tale evoluzione, tuttavia, ha avuto un valore meramente formale, trasformando gli atti del processo da atti cartacei in atti «in forma elettronica» (l’espressione è mutuata da G. Duni, L’utilizzabilità delle tecniche elettroniche nell’emanazione degli atti e nei procedimenti amministrativi. Spunti per una teoria dell’atto amministrativo emanato nella forma elettronica, in Riv. Amm., 1978, che l’ha utilizzata con riferimento agli atti e procedimento amministrativo). In generale sul PAT, cfr. F. Gaffuri, Il processo amministrativo telematico, in R. Cavallo Perin, D.U. Galetta (a cura di), Il diritto dell’Amministrazione pubblica digitale, Giappichelli, Torino, pp. 343 ss. Sulle regole tecniche che disciplinano la formazione degli atti nel processo amministrativo telematico, entrato in vigore il 1° gennaio 2017, si rinvia al decreto del Presidente del Consiglio di Stato in data 28 luglio 2021 ai relativi Allegati 1 e 2.
  3. Una riflessione sull’utilizzo delle nuove tecnologie impone indubbiamente un cambio di prospettiva rispetto all’analisi dei profili organizzativi e di azione amministrativa riconducibili agli uffici giudiziari: la peculiarità della funzione giurisdizionale ha infatti portato la dottrina, in passato, a trascurare queste problematiche di diritto amministrativo con conseguente assorbimento delle stesse nella stessa funzione giurisdizionale. Sull’abbandono dello studio dell’organizzazione in questo ambito, si rinvia a G. De Giorgi Cezzi, (Voce) Giustizia (Amministrazione della), [I Tematici, II Funzioni Amministrative], cit., che, in maniera acuta, aveva osservato che «quella che potrebbe definirsi una sorta di minimizzazione delle tecniche organizzative sembra piuttosto esito della considerazione dei profili organizzativi come “questione interna” al corpo della magistratura e solo epidermicamente d’interesse per l’intera collettività nazionale». 
  4. M.A. Livermore, D.N. Rockmore, Law as Data: Computation, Text, & the Future of Legal Analysis, Santa Fe Institute Press, 2018. Più di recente, S. Barona Vilar, Efficient Justice digital ecosystem (From Document-oriented digital Justice to Data-oriented Justice), in Actualidad Civil, Vol 5, 2023.
  5. Per questa terminologia, F. Martines, La digitalizzazione della pubblica amministrazione, in Medialaws – Riv. dir. media, 2018, p. 2. Si usa questo termine in senso ampio, nell’accezione di Pubblica Amministrazione che agisce mediante l’utilizzo delle nuove tecnologie e non in senso stretto di Pubblica Amministrazione che adotta decisioni mediante l’utilizzo di algoritmi (su questo specifico tema, invece, D.U. Galetta, J.G. Corvalán, Intelligenza Artificiale per una Pubblica Amministrazione 4.0? Potenzialità, rischi e sfide della rivoluzione tecnologica in atto, in Federalismi.it, 3, 2019).
  6. Si tratterebbe di “governance dei dati” cfr. G. Carullo, Gestione, fruizione e diffusione dei dati dell’amministrazione digitale e funzione amministrativa, Giappichelli, Torino, 2018. Il “dato” è preso in considerazione quale vera e propria risorsa dell’Amministrazione dal legislatore nel Codice dell’Amministrazione digitale che vi fa riferimento in diverse disposizioni: «il dato è… configurabile come l’elemento unitario che va a comporre una realtà strutturata e complessa: il dato è, in certo senso, come il “frammento” del documento informatico» (S. D’Ancona, Trattamento e scambio di dati e documenti tra pubbliche amministrazioni, utilizzo delle nuove tecnologie e tutela della riservatezza tra diritto nazionale e diritto europeo, in Riv. it. dir. pubbl. com., 3, 2018, p. 590). E, ancora, si è osservato che «lo scambio di “documenti”, o, in diversa accezione, di dati e informazioni, rappresenta un fenomeno che ha acquisito sempre maggiore importanza con l’introduzione della telematica da parte dell’Amministrazione nei processi decisionali e la dottrina ne ha osservato l’evoluzione in termini positivi rispetto all’azione amministrativa. La configurabilità di un obbligo di raccogliere, gestire e scambiare i dati da parte delle Amministrazioni e dunque di implementare l’elemento informativo è riconducibile al principio di buona amministrazione» (S. D’Ancona, op. cit., p. 591, con rinvio a D.U. Galetta, Attività e procedimento nel diritto amministrativo europeo, anche alla luce della risoluzione del parlamento europeo sulla disciplina del procedimento per le Istituzioni, Organi e Organismi dell’Unione Europea, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2, 2017, pp. 391 ss.). In questo contesto, come evidenziato dalla dottrina, tema centrale è quello dei costi connessi a quell’attività di dematerializzazione dei documenti amministrativi, intesa come vero e proprio passaggio dal documento cartaceo al documento digitale, ossia un file pdf indicizzabile, che rappresenta il necessario presupposto dell’automazione dei processi. Così come è costosa, si è ricordato, la predisposizione di quelle condizioni generali di interoperabilità, e cioè la possibilità di scambiare i dati ed operare tra diverse pubbliche amministrazioni (D.U. Galetta, J.G. Corvalán, Intelligenza Artificiale per una Pubblica Amministrazione 4.0? Potenzialità, rischi e sfide della rivoluzione tecnologica in atto, cit., p. 13).
  7. G. De Giorgi Cezzi, (Voce) Giustizia (Amministrazione della), [I Tematici, II Funzioni Amministrative], in Enc. Dir., 2022, p. 568, che ha notato come l’organizzazione della giustizia, in senso moderno, appare sempre più attratta verso le comuni regole di azioni dettate dalla l. n. 241/1990. Sul tema anche G.D. Comporti (a cura di), La giustizia amministrativa come servizio (tra effettività ed efficienza), Firenze University Press, Firenze, 2016; P. Carluccio, L’amministrazione della giustizia, in S. Cassese (a cura di), Trattato di diritto amministrativoDiritto amministrativo speciale, I, Giuffrè, Milano, 2003, pp. 383 ss.
  8. https://www.iusspavia.it/it/ricerca/progetti-di-ricerca/progetto-pon-giustizia-next-generation-upp.
  9. Si fa riferimento, ad esempio, al noto algoritmo volto a predire l’esito finale del processo con riguardo alle violazioni dell’European Convention on Human Right; vi sono anche diversi esempi di applicazioni della robotica all’interno del giudizio o addirittura in sostituzione alla decisione c.d. umana. Nella prima direzione si pone l’applicativo Compas (Correctional Offender Management Profiling for Alternative Sanctions) utilizzato per la determinazione del rischio di recidiva. Anche in Francia si assiste ad un importante sviluppo dell’intelligenza artificiale: in piena crisi sanitaria è stato adottato il décret n. 2020-356 del 27 marzo 2020, con il quale, per un periodo di due anni, è stato autorizzato un trattamento automatizzato di dati personali, denominato “DataJust”, al fine di sviluppare un algoritmo incaricato di estrapolare in modo automatico e di sfruttare i dati a carattere personale contenuti nelle decisioni relative al risarcimento delle lesioni personali. Sul tema, E. Gabellini, Algoritmi decisionali e processo civile: limiti e prospettive, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1, 2022, p. 59.In Argentina, grazie al lavoro svolto congiuntamente da un team di funzionari e magistrati della Procura della città di Buenos Aires e di esperti nel campo dell’Intelligenza Artificiale, è stato possibile sviluppare l’innovativo sistema di Intelligenza Artificiale Prometea, che si basa su «cinque livelli di innovazione principali: 1) la creazione di una interfaccia utente intuitiva, che può essere attivata con comando vocale (conversazione) o come chat; 2) la creazione di una interfaccia dello schermo unica e integrata, per ridurre i clic ed eliminare l’apertura di finestre digitali; 3) una migliore gestione dei dati e delle informazioni, automatizzando le attività finalizzate a creare documenti che fungono da base per l’adozione di decisioni maggiormente prevedibili; 4) lo sviluppo di molteplici funzioni di assistenza digitale, come la ricerca avanzata di eggi, documenti, reporting e statistiche, etc.; 5) la possibilità di fare previsioni sulla base dell’utilizzo di un sistema di apprendimento automatico supervisionato, con un tasso medio di successo del 96%» (D.U. Galetta, J.G. Corvalán, Intelligenza Artificiale per una Pubblica Amministrazione 4.0? Potenzialità, rischi e sfide della rivoluzione tecnologica in atto, cit., pp. 8-9; cfr. J.G. Corvalán, La primera inteligencia artificial predictiva al servicio de la Justicia: Prometea, in LA LEY, 29 settembre 2017), pp. 1 ss. (http://thomsonreuterslatam.com/2017/10/la-primera-inteligencia-artificial-predictiva-al-servicio-de-la-justicia-prometea/, 7 gennaio 2019).
  10. K. Ashley, Artificial Intelligence and Legal Analytics: New Tools for Law Practice in the Digital Age, Cambridge University Press, Cambridge, 2017, pp. 107 ss. Cfr. E. Gabellini, op. cit., pp. 59 ss.
  11. Come evidenziato da E. Gabellini, op. cit, il diffondersi di questi meccanismi, sebbene sia in grado di migliorare l’efficienza e la qualità della giustizia, imporrebbe grande attenzione. A questo proposito l’Unione Europea ha prodotto diversi documenti in cui si auspica uno sviluppo responsabile dell’AI (linee guida redatte da un gruppo di esperti istituto dalla commissione europea, al link https://digital-strategy.ec.europa.eu/en/library/ethics-guidelines-trustworthy-ai, libro Bianco al link sull’AI, al link: https://op.europa.eu/it/publication-detail/-/publication/ac957f13-53c6-11ea-aece-01aa75ed71a1). Sul tema cfr. L. Torchia, La giustizia amministrativa digitale, in M. Ramajoli (a cura di), Una giustizia amministrativa digitale, Il Mulino, Bologna, 2023, p. 51. In termini generali, T. Sourdin, Judges, Technology and Artificial Intelligence. The Artificial Judge, Edward Elgar, Cheltenham, 2021. Per riferimento a questa prospettiva F. Patroni Griffi, La decisione robotica e il giudice amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it, agosto 2018.Il tema è d’interesse anche all’estero in Paesi dove, pur essendo la digitalizzazione dell’attività delle istituzioni una realtà, la dottrina ha posto l’accento sulle problematiche di introdurre l’intelligenza artificiale nei processi di decisione giudiziaria (oltre alla dottrina già richiamata, in nota n. 6, I. Pilving, Guidance-based Algorithms for Automated Decision-Making in Public Administration: the Estonian Perspective, in CERIDAP, 1, 2023).
  12. L. Torchia, La giustizia amministrativa digitale, cit.
  13. Già il termine giustizia “predittiva” è in questo senso contestabile poiché si basa su dati di fatto già accaduti. In questo senso, L. Torchia, op. cit., pp. 51-53. Sulla diversità dei due processi decisionali, B. Marchetti, Giustizia amministrativa e transizione digitale. Spunti per riflettere su un future non troppo lontano, in M. Ramajoli (a cura di), Una giustizia amministrativa digitale, Il Mulino, Bologna, 2023, p. 70. Sulla diversità del ragionamento giuridico alla base delle decisioni giudiziarie e le decisioni “artificiali” cfr. L. Patelli, Il processo amministrativo telematico nell’applicazione pratica, in M. Ramajoli (a cura di), Una giustizia amministrativa digitale, Il Mulino, Bologna 2023, p. 124, che rinvia alla Carta etica europea sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale adottata dalla Cepej nel corso della 31^ riunione plenaria (Strasburgo 3-4 dicembre 2018).
  14. B. Marchetti, op. cit., p. 61. L’Autrice sottolinea come nello sfondo l’ipotesi di un giudice robot «pone anzitutto un problema di compatibilità rispetto al dato costituzionale e ai principi dello stato di diritto sotto il profilo della motivazione e della pubblicità della pronuncia. La decisione giudiziaria deve essere pubblica e intellegibile e la motivazione serve a esplicitare i passaggi argomentativi che, dagli accertamenti in punto di fatto e le norme applicabili hanno condotto alla pronuncia. Inoltre la sentenza viene resa al termine di un contraddittorio tra le parti» (B. Marchetti, op. cit., p. 66). Differente è il discorso per i meccanismi di AI basati su regole determinate: la struttura dell’algoritmo in questo caso consente una traduzione della regola tecnica in regola giuridica e le ragioni della decisione giudiziaria potrebbero essere intellegibili e spiegabili (sul punto, con riferimento alle decisioni amministrative, Cons. St., 4 febbraio 2020, n. 881, cfr. nota n. 10 di B. Marchetti, ibidem). Il problema tuttavia è che risulta piuttosto difficile sussumere i diversi casi che possono emergere nella pratica secondo una logica deterministica (if – then).Il tema è amplissimo e non si può che rinviare alla nutrita dottrina tra cui G. Avanzini, Decisioni amministrative e algoritmi informativi. Predeterminazione, analisi predittiva e nuove forme di intellegibilità, Editoriale Scientifica, Napoli, 2019; A. Santosuosso, Intelligenza artificiale e diritto. Perché le tecnologie di IA sono una grande opportunità per il diritto, Mondadori, Milano, 2020; A. Pajno, L’uso dell’intelligenza artificiale nel processo tra problemi nuovi e questioni antiche, in BioLaw Journal, 2022, p. 1; A. Carleo (a cura di), Calcolabilità giuridica, Il Mulino, Bologna, 2017.
  15. L’uso del termine è metaforico, cfr. H. Surden, Artificial Intelligence and Law: an Overview, in 35 Ga. St. U. L. Rev., 2019, disponibile in https://readingroom.law.gsu.edu/gsulr/vol35/iss4/8: «one might assume that these systems are learning in the way that humans do. But that is not the case. Rather, the word learning is used only as a rough metaphor for human learning» (p. 1311).
  16. Sul punto di rinvia a H. Surden, op. cit., p. 1311: «in essence, most machine-learning methods work by detecting useful patterns in large amounts of data. These systems can then apply these patterns in various tasks, such as driving a car or detecting fraud, in ways that often produce useful, intelligent-seeming results». Cfr. P. Homoki, Guide on the use of the Artificial intelligence based-tools by lawyers and law firms in the EU, 2022, p. 10.
  17. Su questo specifico tema, P. Santin, G. Grundler, A. Galassi, F. Galli, F. Lagioia, E. Palmieri, F. Ruggeri, G. Sartor, P. Torroni, Argumentation Structure Prediction in CJEU Decisions on Fiscal State Aid, in AA.VV., ICAIL 2023: Nineteenth International Conference on Artificial Intelligence and Law, Proceedings of the Conference Braga Portugal June 19 – 23, New York, USA, 2023; P. Poudyal, A Machine Learning Approach to Argument Mining in Legal Documents, in U. Pagallo, M. Palmirani, P. Casanovas, G. Sartor, S. Villata, AI Approaches to the Complexity of Legal Systems. AICOL International Workshops 2015-2017: AICOL-VI@JURIX 2015, AICOL-VII@EKAW 2016, AICOL-VIII@JURIX 2016, AICOL-IX@ICAIL 2017, and AICOL-X@JURIX 2017, Revised Selected Papers, Springer, Cham, Switzerland, 2018, p. 443.
  18. Sul punto si rinvia al già citato scritto di H. Surden, il quale spiega in maniera piuttosto chiara la programmazione di questi sistemi di AI: «Often this involves programmers providing a computer with a series of rules that represent the underlying logic and knowledge of whatever activity the programmers are trying to model and automate Ed ancora: « In an expert system, programmers in conjunction with experts in some field…. aim to model that area of expertise in computer-understandable form. Typically, system designers try to translate the knowledge of experts into a series of formal rules and structures that a computer can process…. (e.g., If patient has symptoms X and Y, the expert system… using its rules, determines that it is likely medical condition Z). A good example of a legal-expert system comes from tax-preparation software such as TurboTax To create such a system, software developers, in consultation with tax attorneys and others experts in the personal income tax laws, translate the meaning and logic of tax provisions into a set of comparable formal rules that a computer can process» (H. Surden, op. cit., pp. 1316-1317). I sistemi di AI rule-based sono erroneamente sottovalutati rispetto ai sistemi machine learning; come notato, infatti: «Once rules are represented in a computer-programming language, a computer can manipulate these rules in deductive chains to come to nonobvious conclusions about the world» (H. Surden, op. cit., p. 1318).
  19. R. De Nictolis, La tecnica di redazione delle decisioni del giudice amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it, 2011.
  20. R. De Nictolis, op. cit., p. 36. Ed ancora, in una «prima fase dell’informatizzazione, non si è avuta una chiara consapevolezza del ruolo dell’informatica nella tecnica di redazione delle sentenze, per cui la redazione dei modelli è stata affidata a tecnici informatici senza una adeguata supervisione da parte di giuristi. Il che ha comportato che i primi modelli non erano stilisticamente adeguati, e hanno comportato notevole risentimento da parte dei magistrati, che si sono sentiti “scavalcati”, nel loro stile personale, dallo “stile informatico” impersonale e poco elegante – successivamente – con il varo del c.p.a. nel settembre 2010, si è reso necessario anche un adeguamento dei modelli informatici dei provvedimenti del giudice, e in questa fase i modelli sono stati rielaborati da una commissione composta di magistrati. Tale commissione ha prestato maggiore attenzione ai problemi di stile della sentenza. Si è così avviato un processo di revisione dello stile dei modelli informatici, che non è ancora compiuto» (R. De Nictolis, op. cit. p. 36-37)
  21. R. De Nictolis, op. cit. p. 37. In un altro scritto più recente, si segnala che il Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa, il 15 marzo 2018, ha deliberato di costituire una struttura preposta stabilmente alla correzione, all’aggiornamento, al miglioramento e all’ampliamento dei modelli dei provvedimenti giurisdizionali.
  22. G. Adamo, La redazione della sentenza nell’era del processo digitale, in www.giustizia-amministrativa.it, 15 gennaio 2019.
  23. L. Patelli, Il processo amministrativo telematico nell’applicazione pratica, cit., p. 123.
  24. R. De Nictolis, op. cit., p. 27, in cui tuttavia si limita questa possibilità con riferimento alle c.d. sentenze brevi. Si osserva che, se si valorizza il solo ruolo endoprocessuale, la sintesi sul fatto e sui motivi si giustifica pienamente, perché la sentenza si rivolge a parti che conoscono i fatti e i motivi. E la sintesi consente di accelerare i tempi di redazione della decisione.Si evidenzia che per ora, in termini strettamente normativi, il rinvio è previsto solamente nel caso il giudice voglia far riferimento nella motivazione ad altro precedente giurisprudenziale (art. 88 co. 1 lett. d CPA). È perciò corretto ritenere che il legislatore sembra ispirarsi al modello anglosassone di common law del precedente conforme.
  25. S. Zan, (Voce) Processo civile telematico, cit., par. 2.
  26. Ibidem.
  27. Condivisibilmente si è osservato che «il linguaggio giuridico in Italia (ma non solo) nasce ovviamente dal latino e dalle glosse del Corpus iuris, e in secoli di bilinguismo si « volgarizza » lentamente, a partire dalle leggi; acquisisce modernamente prestiti dal francese ed oggi dall’inglese. Di qui probabilmente una lunga tradizione di « involuzione » della prosa dei giuristi (nel senso che è involuta) a scapito della chiarezza, e a fronte di poche regole di grammatica e sintassi che invece dovrebbero orientarli nel senso opposto, valide in ogni campo dell’espressione scritta a partire dal linguaggio del legislatore. Così vanno ricordate l’opportunità di esprimersi con periodi brevi (20-25 parole), la preferenza delle coordinate sulle subordinate, l’assenza di incisi e di rimandi, l’indicativo presente con valore prescrittivo, l’uso ragionevole del congiuntivo e la limitazione del gerundio, del participio presente, dell’infinito; la limitazione di incisi e parentetiche, dei modi impersonali e passivi, la preferenza per quelli attivi dei verbi; le frasi in forma affermativa anziché la duplicazione o triplicazione delle negazioni» (M. Guernelli, Il linguaggio degli atti processuali fra norme, giurisprudenza e protocolli, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2, 2017, p. 485 ss., par. 2).
  28. R. Bichi, Intelligenza artificiale e diritto- intelligenza artificiale tra “calcolabilità” del diritto e tutela dei diritti, in Giur. it., 7, 2019, p. 1773; E. Battelli, Giustizia predittiva, decisione robotica e ruolo del giudice, in Giust. civ., 2, 2020, pp. 280 ss., par. 5.
  29. M. Medvedeva, M. Wieling, M. Vols, Rethinking the field of automatic prediction of court decisions, in Artif. Intell. Law 31, 195–212 (2023), p. 207. Disponibile in https://doi.org/10.1007/s10506-021-09306-3.
  30. M. Medvedeva, op. cit., p. 207.
  31. N. Aletras, D. Tsarapatsanis, D. Preo¸tiuc-Pietro, V. Lampos, Predicting judicial decisions of the European court of human rights: a natural language processing perspective, in PeerJ Comput. Sci. 2, e93, 2016; M. Medvedeva, M. Vols, M. Wieling, Using machine learning to predict decisions of the European court of human rights, in Artificial Intelligence and Law, 2019, pp. 1-30; G. Pinotti, A. Santosuosso, F. Fazio, A rule 74 for Italian judges and lawyers, in R. Guizzardi, B. Neumayr (a cura di), Advances in Conceptual Modeling: ER 2022 Workshops, CMLS, EmpER, and JUSMOD, Hyderabad, India, October 17–20, 2022, Springer, Cham, Switzerland, pp. 112–121, disponibile in https://doi.org/10.1007/978- 3-031-22036-4_11; Z. Liu, H. Chen, A predictive performance comparison of machine learning models for judicial cases, in AA.VV., 2017 IEEE Symposium Series on Computational Intelligence (SSCI), IEEE, Honolulu, HI, USA, 2017, pp. 1-6; A. Visentin, A. Nardotto, B. O’Sullivan, Predicting judicial decisions: a statistically rigorous approach and a new ensemble classifier, in AA.VV., IEEE 31st International Conference on Tools with Artificial Intelligence (ICTAI), 13 February 2020, IEEE, Portland, OR, USA, 2019.
  32. Da segnalarsi il recente disegno di legge n. 1146 recante disposizioni e delega al governo in materia di intelligenza artificiale, che all’art. 14 che sembra escludere comunque un contributo dell’intelligenza artificiale nel percorso decisionale del giudice: «I sistemi di intelligenza artificiale sono utilizzati esclusivamente per l’organizzazione e la semplificazione del lavoro giudiziario, nonché per la ricerca giurisprudenziale e dottrinale. Il Ministero della giustizia disciplina l’impiego dei sistemi di intelligenza artificiale da parte degli uffici giudiziari ordinari. Per le altre giurisdizioni l’impiego è disciplinato in conformità ai rispettivi Ordinamenti» (https://www.senato.it/leg/19/BGT/Schede/Ddliter/testi/58262_testi.htm).Il dibattito è stato sviluppato nel diritto amministrativo con riferimento all’utilizzo di dati per l’adozione di provvedimenti amministrativi è forse più maturo. Si è affermato che la creazione di set di dati coerenti e la possibilità di utilizzare strumenti di intelligenza artificiale comporta la sistematizzazione della complessità della realtà, potenzia l’analisi conoscitiva dell’amministrazione pubblica e «favorisce sia la prevedibilità delle decisioni, sia l’agevole identificazione di “ingiustizie gravi e manifeste”» (R. Cavallo Perin, Ragionare come se la digitalizzazione fosse data, in Dir. Amm., 2, 2020, p. 322).
  33. Supra par. 1.
  34. Sul punto oltre alla dottrina già richiamata, G. Carullo, Gestione, fruizione e diffusione dei dati dell’amministrazione digitale e funzione amministrativa, cit., 2017, p. 33.
  35. L’esigenza di sostituire a un universo amministrativo formato da monadi non comunicanti un unico sistema informativo pubblico fortemente interconnesso ha spinto ad aprire un dibattito sulla standardizzazione degli atti amministrativi. A questo proposito si rinvia alle regole contenute nella Direttiva sulla semplificazione del linguaggio dei testi amministrativi del Ministero della Funzione pubblica, emanata nel maggio del 2002.
  36. Sull’utilizzo dei dati come strumento di implementazione delle decisioni delle autorità amministrative, M. Tresca, Lo Stato digitale. Big data, open data e algoritmi: i dati al servizio della pubblica amministrazione, in Riv. trim. dir. pubbl., 2, 2021, p. 546; M. Falcone, Big data e pubbliche amministrazioni: nuove prospettive per la funzione conoscitiva pubblica, in Riv. trim. dir. pubbl., 2017, p. 617; M. Maciejewski, To do more, better, faster, and cheaper: using big data in public administration, in 81(1S) International Review of Administrative Sciences (2017), pp. 120 ss.; G. Carullo, Big data e pubblica amministrazione nell’era delle banche dati interconnesse, in Concorrenza e mercato, vol. 23, numero speciale Big Data e concorrenza a cura di F. Di Porto, 2016.
  37. In Computer science, template is: «A document or file having a preset format, used as a starting point for a particular application so that the format does not have to be recreated each time it is used». American Heritage Dictionary of the English Language, Fifth Edition., 2016, Houghton Mifflin Harcourt Publishing Company, at https://www.thefreedictionary.com/template.
  38. Secondo il principio «the more homogeneous the structure of the text, the more reliable the tagging can be» (G. Pinotti, A. Santosuosso, F. Fazio, A rule 74 for Italian judges and lawyers, cit., par. 3. N. Aletras, D. Tsarapatsanis, D. Preo¸tiuc-Pietro, V. Lampos, Predicting judicial decisions of the European court of human rights: a natural language processing perspective, cit.). L. Zhong, Z. Zhong, Z. Zhao, S. Wang, K. Ashley, M. Grabmair, Automatic summarization of legal decisions using iterative masking of predictive sentences, in AA.VV., ICAIL ’19: Proceedings of the Seventeenth International Conference on Artificial Intelligence and Law, Association for Computing Machinery, Montreal QC Canada, 17-21 June 2019, Association for Computing Machinery, New York, NY, USA, pp. 163-172; A. Santosuosso, G. Pinotti, Bottleneck or crossroad? problems of legal sources annotation and some theoretical thoughts, in Stats 3(3), pp. 376-395, 2020, disponibile in https://doi.org/10.3390/sta ts3030024 10. A. Z. Wyner, Towards annotating and extracting textual legal case elements, in Informatica e Diritto: special issue on legal ontologies and artificial intelligent techniques, 19(1–2), 9–18, 2010; E. Zanoli, M. Barbini, D. Riva, S. Picascia, E. Furiosi, S. D’Ancona, C. Chesi, Annotators-in-the-loop: testing a novel annotation procedure on Italian case law, in AA.VV., Proceedings of the 17th Linguistic Annotation Workshop (LAW-XVII), Association for Computational Linguistics, Toronto, Canada, 2023, pp. 118–128.
  39. Sono stati coinvolti diversi giudici della Sezione Specializzata in materia di impresa del Tribunale di Milano e alcune sezioni civili del Tribunale di Monza. Per quanto riguarda l’avvocatura, sono stati organizzati incontri con gruppi di avvocati di studi legali altamente qualificati a Milano e a livello nazionale (con partecipazione sia di persona che a distanza da Roma, Parma, Verona, Treviso, Padova, Napoli, Bari e Torino).
  40. Come ben evidenziato in A. Santosuosso, From “documents” to “data”: an epochal shift in Italian justice is possible, in JuLIA Handbook “Artificial Intelligence, Judicial Decision-Making and Fundamental Rights”, in corso di pubblicazione, la Riforma Cartabia è intervenuta su tre articoli delle Disposizioni attuative del codice di procedura civile. In particolare: l’art. 196-quater ora impone l’obbligatorietà (ed esclusività) del deposito telematico degli atti e dei provvedimenti giudiziali; l’art. 196-quinquies dispone che gli atti del processo redatti in formato elettronico sono firmati digitalmente e depositati tramite modalità telematiche nel fascicolo; l’art. 46, dopo aver affermato che gli atti debbono essere scritti in carattere chiaro e facilmente leggibile, per quanto qui maggiormente interessa, prevede che «il Ministro della giustizia, sentiti il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio nazionale forense, definisce con decreto gli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l’inserimento delle informazioni nei registri del processo».
  41. Lo sviluppo del document builder è stato curato dal Dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Milano, con un gruppo di lavoro guidato dalla professoressa Silvana Castano, nell’ambito del medesimo progetto di ricerca NEXT GEN UPP.
  42. Ministero della giustizia, Decreto n. 110/2023, Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l’inserimento delle informazioni nei registri del processo, ai sensi dell’articolo 46 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile (in G.U. n. 187 dell’11 agosto 2023).

Amedeo Santosuosso

Professore Straordinario a tempo definito, nella Scuola Universitaria Superiore IUSS Pavia.

Emanuela Furiosi

Assegnista di ricerca presso la Scuola Universitaria Superiore IUSS Pavia, Avvocato nel Foro di Milano. Cofondatrice di bookabook.it