Principio di attribuzione

Il Consiglio di Stato francese ha categoricamente respinto la tesi che i tribunali degli Stati membri, in particolare le loro corti supreme (o costituzionali) sarebbero autorizzati a controllare un eventuale “ultra vires” delle Istituzioni europee. La stesura della sentenza è un modo implicito di riconoscere - diversamente da quanto ha fatto la Corte costituzionale federale tedesca nel caso Weiss e la dottrina sulle nozioni di identità costituzionale e di tutela della sicurezza nazionale - che esiste un monopolio della Corte di giustizia UE nell’interpretazione autentica del Trattato. La pronunzia richiama altresì quella giurisprudenza (classica) del Conseil d’Etat che può essere considerata come la versione francese della dottrina dei controlimiti; e che si riferisce al fatto che solo se esiste nel diritto dell’Unione un diritto fondamentale che corrisponda a quello garantito dal diritto costituzionale francese può essere applicato il diritto dell’Unione e la giurisprudenza della sua Corte.

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Questo articolo analizza la recente sentenza della Corte costituzionale tedesca, che ha affermato l'ultra vires del PSPP (Public Sector Purchase Programme) adottato dalla BCE (Banca centrale europea). L'autore intraprende un'analisi approfondita del rapporto tra la Corte di giustizia europea (CGUE) e le corti costituzionali degli Stati membri, toccando anche i principi fondamentali del diritto dell'UE alla base di tale cooperazione giudiziaria, che è una delle caratteristiche principali dell'architettura giudiziaria dell'Unione. Tale analisi porta alla conclusione che la Corte costituzionale tedesca ha frainteso, tra l'altro, i principi di attribuzione e proporzionalità e ha minacciato le fondamenta stesse dell'ordinamento giuridico dell'UE, della sua integrità e autonomia, sostituendo la cooperazione giudiziaria con il confronto giudiziario e ignorando il principio di uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati e il principio di leale cooperazione tra l'Unione e i suoi Stati membri. Inoltre, la decisione della Corte costituzionale tedesca sfida le competenze esclusive conferite alla Corte di giustizia dai trattati, minando così il principio di legalità alla base del diritto dell'Unione europea. Mette inoltre seriamente a rischio l'indipendenza della BCE e del SEBC, inclusa la Bundesbank, nello svolgimento dei loro compiti nel campo della politica monetaria. Alcune parole finali sono dedicate ad una valutazione delle conseguenze immediate del giudizio, nonché dei possibili modi per superarlo.

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La sentenza della Corte costituzionale tedesca era necessariamente prevedibile, ma era stata oggetto di una lunga preparazione: sin dalle sue sentenze di Maastricht e del Trattato di Lisbona, il BVerfG aveva infatti posto le basi per la motivazione nel caso Weiss. Le basi del ragionamento sono due: i motivi di ricorso e gli argomenti oggetto di causa. Nel complesso, si possono criticare le debolezze di ragionamento della decisione, al punto che il BVerfG cade in ultra vires. In termini di teoria giuridica, la sentenza rimette all'ordine del giorno un dibattito fondamentale, vale a dire il monismo contro il pluralismo.

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Dal punto di vista del diritto dell’Unione europea è la prima volta che il BVerfG mette in atto la sua minaccia di non attuare le decisioni della Corte di giustizia UE, già contenuta già in diverse sue precedenti sentenze e, in particolare, nella sua sentenza sul Trattato di Lisbona del 2009. L’argomentare dei giudici di Karlsruhe rivela, tuttavia, lacune e veri propri errori in diritto. Qui di seguito farò dunque riferimento, anzitutto, agli errori giuridici a mio parere più rilevanti (par. II). Dirò poi brevemente anche delle conseguenze delle violazioni del diritto UE da parte della Germania che la sentenza implica (par. III).

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Questo articolo analizza la recente sentenza della Corte costituzionale tedesca, nella quale il PSPP (Public Sector Purchase Programme) adottato dalla Banca Centrale Europea (BCE) viene considerato ultre vires. L’autore intraprende una analisi approfondita della relazione che intercorre tra la Corte di Giustizia europea e le Corti costituzionali degli Stati membri, toccando anche i principi fondamentali del diritto dell'Unione su cui si fonda tale cooperazione giudiziaria, che rappresenta una delle caratteristiche principali dell'architettura giudiziaria dell'Unione. Tale analisi giunge alla conclusione che la Corte costituzionale tedesca ha frainteso, tra l'altro, i principi di attribuzione e proporzionalità e ha minacciato le fondamenta stesse dell'ordinamento giuridico dell'UE, la sua integrità e autonomia, sostituendo la cooperazione giudiziaria con il confronto giudiziario e ignorando il principio di uguaglianza degli Stati membri davanti ai Trattati, nonché il principio di leale cooperazione tra l'Unione e i suoi Stati membri. Inoltre, la decisione della Corte costituzionale tedesca sfida le competenze esclusive conferite alla Corte di giustizia dai trattati, minando così lo Stato di diritto nel cuore dell'Unione europea. Mette inoltre seriamente a rischio l'indipendenza della BCE e del SEBC, compresa la Bundesbank, nello svolgimento dei loro compiti nel campo della politica monetaria. Alcune parole finali sono dedicate ad una valutazione delle conseguenze immediate del giudizio, nonché ai possibili modi per superarlo.

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La sentenza 5 maggio 2020 del Zweiter Senat del Bundesverfassungsgericht, nella misura in cui esprime la pretesa del giudice costituzionale tedesco di valutare la legalità delle decisioni della BCE sulla base dei principi di attribuzione e di proporzionalità è più che discutibile in punto di diritto. Inoltre essa è estremamente pericolosa: e non solo perché implica che il Zweiter Senat, in ultima analisi, rifiuta, sulla base del principio democratico e del controllo delle competenze dell’Unione, l’uniformità di applicazione del diritto dell’Unione. Ma anche perché essa appare come la lampante dimostrazione di una forma di “bullismo culturale” lamentato ormai da più parti; e che emerge in maniera lampante nel ragionamento svolto sulla proporzionalità. È un atteggiamento questo che, nella contingenza causata dall’emergenza COVID-19, potrebbe avere conseguenze davvero tragiche per il futuro dell’Unione.

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Il ragionamento dei giudici della Corte Costituzionale tedesca per proibire alla Bundesbank di comprare titoli di Sato sul mercato secondario se la BCE non dimostra entro tre mesi la proporzionalità delle sue decisioni nell’ambito del programma PSPP non è sostenibile. I giudici, che dimostrano un’arroganza intellettuale infondata nella loro pretesa ad interpretare il diritto dell’Unione europea, fanno invece errori evidenti nell’applicare il principio di proporzionalità alla delimitazione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri. Essi sbagliano anche dal punto di vista metodologico nella loro applicazione del principio di proporzionalità alle decisioni della BCE, mettendo invece in evidenza i loro pregiudizi in materia di politica monetaria ed economica.

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