Fisco e tasse

La diffusione delle nuove tecnologie telematiche ha generato profonde modifiche in ordine alle tipologie contrattuali elaborate dagli editori e offerte alle istituzioni accademiche o alle centrali di acquisto, ponendo problematiche fiscali di non poco rilievo anche in considerazione della necessità di definire la linea di demarcazione tra prodotto editoriale e prestazione di servizi. A rendere ancor più complessa la materia è il tema della territorialità ai fini IVA del “servizio di pubblicazione”, oggetto delle nuove tipologie contrattuali in corso di adozione, ivi inclusi i contratti “compact” di natura trasformativa, aventi ad oggetto prestazioni continuative di accesso/utilizzo di banche dati e riviste scientifiche on line e di pubblicazioni di articoli scientifici su di esse. La novità della questione e l’incertezza del quadro regolatorio di riferimento hanno indotto editori e reti di acquirenti a richiedere all’amministrazione finanziaria molteplici pareri attraverso la procedura dell’interpello preventivo. Il saggio, esaminando le soluzioni interpretative offerte dalla prassi amministrativa, ricostruisce le problematiche fiscali rivenienti dalle nuove tipologie contrattuali in materia di riviste elettroniche, delineando il regime applicabile ai fini IVA.

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La globalizzazione del commercio, la digitalizzazione, la circolazione di grandi quantità di ricchezza imponibile e la facilità con cui oggi si possono attuare pratiche elusive volte a deviare la materia imponibile, hanno fortemente intaccato le rigide definizioni giuridico-fiscali che, ancora oggi, cercano di imbrigliare queste nuove forme di ricchezza altamente mobili. Infatti, non solo le imprese digitali approfittano delle definizioni e degli istituti preesistenti, creati per tassare i redditi prodotti dalla cosiddetta economia tradizionale, per non essere radicate in un determinato territorio; ma, soprattutto, utilizzando i nuovi strumenti digitali, riescono direttamente a nascondere molti segmenti della loro attività. In questo articolo, dopo una rapida rassegna della storia dell'economia digitale, cercheremo di offrire un'ipotetica soluzione alla questione ancora controversa di come tassare questi redditi, altamente mobili.

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Negli ultimi anni, le applicazioni di Intelligenza Artificiale (IA) basate sui big data hanno suscitato un enorme dibattito tra i giuristi. Il dibattito si è concentrato su come le nuove interazioni mediate dall'IA basata sui dati influiscano su diversi principi giuridici, mettano in discussione le norme esistenti e richiedano modifiche del quadro normativo. Sono stati discussi molti campi del diritto: diritto della protezione dei dati, diritto della protezione dei consumatori, diritto della proprietà intellettuale, ecc. Questo articolo fornisce una panoramica delle sfide e delle opportunità che si trovano all’intersezione tra le applicazioni dell'IA e il dominio della fiscalità e del diritto tributario. Nella prima parte, il documento esamina come gli attuali modelli economici basati sull'intelligenza artificiale rimodellano la catena del valore tradizionale e influenzano i concetti legali nella tassazione diretta e indiretta. La seconda parte discute in che modo l’IA viene applicata in diverse aree della compliance fiscale volontaria e dei controlli delle amministrazioni fiscali e come questi sviluppi generino nuove sfide per il diritto (fiscale).

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Il 9 dicembre 2020 la Corte costituzionale portoghese ("PCC") ha sottoposto alla Corte di giustizia dell'Unione europea ("CGUE") la sua prima questione pregiudiziale. In una causa che avrebbe comportato la necessità di bilanciare diverse norme del Trattato, quali il diritto tributario dell'UE antidiscriminatorio (articolo 110 TFUE) e la tutela dell'ambiente (articolo 191 TFUE), la CPC ha riconosciuto la sua natura di corte contro le cui decisioni non esiste un ricorso giurisdizionale nazionale e ha sottoposto la questione alla Corte di giustizia dell'Unione europea. Questa sentenza va letta in combinato disposto con la sentenza nella causa n. 422/2020 del 15 luglio 2020, in cui il CPC ha riconosciuto alla CGUE la competenza esclusiva di interpretare e valutare la validità del diritto dell'UE, dichiarando di conseguenza la sua incompetenza a farlo. Dopo aver riassunto i fatti principali della causa, il presente articolo si propone di analizzare le sue conseguenze sul rapporto tra la CPC e la CGUE.

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Il contributo analizza la sentenza T-778/16 del Tribunale di primo grado dell’Unione Europea invalidante la Decisione (UE) 2017/1283 che aveva condannato Apple Inc. a dover versare nella casse del fisco irlandese circa 13 miliardi di tasse non pagate a seguito di due “tax ruling”, uno del 1991 e uno del 2007, stipulati tra le Autorità fiscali irlandesi e Apple al fine di definire la base imponibile delle due società controllate ASI e AOE site sul territorio irlandese. L’analisi, oltre a mettere in luce i motivi che hanno condotto il Tribunale ad annullare la decisione, si concluderà con una breve riflessione sulle conseguenze che la sentenza potrebbe avere sulla politica, iniziata dall’Unione europea nel 2014, di lotta contro le pratiche fiscali aggressive adottate da alcuni Stati membri.

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