Regolazione

Dopo avere operato una distinzione preliminare tra l’Intelligenza Artificiale come strumento per lo svolgimento di procedure di acquisto da parte della pubblica amministrazione, e l’Intelligenza Artificiale come oggetto di tali acquisti, il contributo si concentra sull’analisi del fondamento e dei limiti del contratto pubblico quale elemento di regolazione dell’Intelligenza Artificiale. Si ritiene, infatti, che stabilire un'interazione sistemica tra l'acquisto di AI da parte delle Pubbliche Amministrazioni e la regolamentazione dell'IA stessa sia cruciale. Ciò contribuirebbe a determinare i contenuti delle norme e la qualità dei risultati associati all'uso dei sistemi di IA in ambito pubblico.

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Partendo dalle questioni inerenti allo sviluppo della c.d. “robotica”, la relazione illustra come decidere con l’IA sia senz’altro un problema comune a tutte le aree della scienza, ma rispetto al quale è senz’altro la scienza giuridica a dovere fornire le giuste coordinate. In questa prospettiva, il Diritto sarà chiamato a «giustificare, a controllare e a guidare i percorsi» della messa in pratica dell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale come strumento per adottare decisioni che impattano sui vari ambiti della convivenza fra individui.

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Marzo 2024 è stato l’apice di una sorta di gara su quale organizzazione internazionale avrebbe adottato per prima uno strumento per regolamentare lo sviluppo, la produzione e l’uso dell’Intelligenza Artificiale. Il saggio pone in evidenza vantaggi e svantaggi di un trattato del Consiglio d’Europa, così come del Progetto di Convenzione quadro sull’Intelligenza Artificiale, i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto, rispetto ad un regolamento dell’UE come la cosiddetta “legge sull’intelligenza artificiale”. Il contenuto del progetto di Convenzione quadro del Consiglio d’Europa viene presentato solo brevemente, prima di spiegare perché è opportuno un trattato del Consiglio d’Europa sull’Intelligenza Artificiale. Lo strumento della Convenzione del Consiglio d’Europa viene poi confrontato con quello di un regolamento dell’UE, soprattutto per quanto riguarda i limiti derivanti dalle rispettive competenze (del Consiglio d’Europa e dell’Unione Europea), nonché le conseguenze che derivano dalla necessità di ratificare il trattato del Consiglio d’Europa rispetto alla diretta applicabilità del regolamento dell’UE.

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Il saggio tratta del maggior intervento degli Stati nell’economia in una fase storica di deglobalizzazione e di mutamento degli equilibri geopolitici. Nella nuova situazione stanno emergendo tensioni anche nei rapporti tra Unione europea e Stati Uniti in conseguenza dell’approvazione nel 2022 dell’Inflation Reduction Act che favorisce gli investimenti produttivi localizzati in quel paese, alterando la concorrenza. Il saggio si sofferma altresì sulla disciplina italiana del golden power che introduce un controllo pubblico che incide in modo rilevante sulla libertà di impresa. Il saggio si conclude con l’auspicio che il maggior intervento dello Stato non vanifichi le conquiste dello Stato regolatore affermatosi dagli anni Ottanta del secolo scorso nei principali paesi occidentali.

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Il contributo suggerisce l’affermarsi di un moderno principio di residualità non limitato ad informare il rapporto tra regolazione e concorrenza, ma che richiede una giustificazione dell’intervento pubblico in termini di effettiva necessità e ragioni specifiche che ne sono alla base, per spingersi ad informare contenuto regolatorio. Le ragioni risultano non solo arricchite rispetto a quelle tradizionali, ma anche disancorate da problemi già concretizzatisi per abbracciare una visione prospettica e anticipatoria.

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