Diritti e Libertà fondamentali

Il presente contributo analizza le concezioni, le componenti e gli elementi contingenti che hanno definito quella evoluzione dello stato di diritto che ha dominato la pratica giuridica e giudiziaria per oltre un decennio, soprattutto in Europa. Naturalmente, in un'impresa di questo tipo, la selezione degli elementi pertinenti e, soprattutto, le considerazioni che ne derivano non sono immuni a una prospettiva strettamente in linea con le funzioni di un giudice della Corte di giustizia dell'Unione europea. Data la particolare rilevanza dei recenti sviluppi relativi allo stato di diritto in paesi terzi, e più precisamente negli Stati Uniti e in Israele, è parso opportuno includere anch’essi nell'analisi.

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Il contributo si propone di fornire un’analisi critica dell’impatto della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea sul giudizio di legittimità costituzionale italiano. La ricostruzione dei più recenti orientamenti della giurisprudenza costituzionale, con il riconoscimento della natura sostanzialmente costituzionale della Carta e dell’ampia sovrapponibilità delle garanzie da essa previste con quelle contenute nella Costituzione repubblicana, consentirà di mettere in luce le dinamiche del dialogo tra la Corte costituzionale e la Corte di Giustizia, nonché lo spirito di collaborazione che ne connota i rapporti in linea di massima. Il lavoro evidenzia altresì il ruolo cruciale svolto dalle due Corti nella definizione dei contenuti dell’identità nazionale e delle tradizioni costituzionali comuni anche in riferimento alla cd. dottrina dei controlimiti.

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Il 14 ottobre 2023, gli elettori australiani hanno votato al referendum sulla proposta di modificare la Costituzione riconoscendo esplicitamente gli Aborigeni e gli Isolani dello Stretto di Torres attraverso l'inserimento di una Voce al Parlamento ed al Governo. La maggioranza degli elettori di ogni Stato ha votato contro il cambiamento, così come la maggioranza degli elettori a livello nazionale. Pertanto, il referendum è fallito. Questo articolo spiega la proposta dal punto di vista del diritto pubblico e include brevi riflessioni sul dibattito pubblico che circonda il referendum.

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Il saggio, relativo alla tutela della libertà di espressione nell’ordinamento UE, si propone di individuare i limiti e le possibili restrizioni a tale diritto fondamentale, a partire da un fatto di attualità: la reazione dell’Unione europea alla propaganda di regime promossa da diverse emittenti russe per giustificare l’attacco all’Ucraina. In particolare, lo scritto si dirama in tre direzioni volte a rispondere ad altrettante questioni: in primo luogo, valutare se le limitazioni alla libertà di informazione, contenute nelle sanzioni dell’UE, rappresentino una novità nel diritto europeo e comportino un’assunzione di maggiori competenze da parte dell’Europa in materia di diritti umani; in secondo luogo, evidenziare quali siano le tendenze recenti della giurisprudenza europea in materia di tutela della libertà di espressione (anche alla luce dei due fenomeni dell’hate speech e delle fake news), verificando se queste siano confermate dal recente intervento sanzionatorio del Consiglio europeo; infine, verificare se il Tribunale europeo, chiamato a valutare la legittimità di tali sanzioni, abbia seguito il processo argomentativo di regola applicato per verificare che la compressione della libertà di espressione sia giustificata.

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La Sezione I del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria in una recente sentenza ribadisce la natura non vincolante del parere reso dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) sul calendario venatorio predisposto dalla Regione in attuazione delle previsioni della legge n. 157 del 1992, Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio. La sentenza fornisce l’occasione per una riflessione sullo stato della tutela giuridica degli animali selvatici a livello nazionale ed eurounitario anche alla luce della riforma costituzionale e di recenti interventi normativi.

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Il contributo esamina l’applicazione del principio di proporzionalità nella giurisprudenza elaborata dal giudice nazionale, dalla Corte di Giustizia e dalla Corte EDU in materia di sanzioni urbanistico-edilizie. A tal fine analizza dapprima le tradizionali categorie di sanzioni così come elaborate dalla giurisprudenza nazionale, per poi osservare se e come i principi elaborati dalla CGUE e dalla CEDU abbiano indotto un loro mutamento

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Nell’ordinamento italiano – Stato costituzionale uscito dai feroci totalitarismi del XX secolo – l’accesso al giudice è filtrato da un controllo di meritevolezza che si fonda su concetti indeterminati, cioè sulla base di variabili e personali tavole di valori. È quindi possibile – necessario forse – utilizzare il paradigma della legittimazione ad agire slargandone il più possibile i confini. Occorre allentare, se non proprio recidere, il vincolo – sinora stretto e soffocante – tra vicinanza del soggetto al luogo fisico dove la decisione amministrativa impatta, e azionabilità della pretesa. V’è un obiettivo minimo, di recente inquadrato anche dalla Plenaria del Consiglio di Stato: leggere la vicinitas in termini di contiguità non più solo materiale, ma anche assiologica. E poi uno più ambizioso: de-soggettivare la pretesa, sino a configurare diritti trans-soggettivi, cioè “senza padrone”.

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Il contributo vuole approfondire il ruolo dell’udienza nel sistema processuale amministrativo sloveno e in quello italiano, mettendoli a confronto. In entrambi gli ordinamenti, infatti, in tempi recenti pare essersi posto in discussione il ruolo del confronto tra le parti avanti al collegio ed al pubblico quale momento ineludibile di celebrazione del processo. Lo studio, pertanto, ambisce a individuare gli elementi comuni nei diversi sistemi processuali al fine di determinare un unitario contenuto dell’udienza come diritto umano.

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Le amministrazioni pubbliche sono immerse in una grande rivoluzione tecnologica che sta suscitando molti interrogativi interessanti e intensi dibattiti tra i professionisti del diritto; quelli legati all’uso dell’intelligenza artificiale sono senz’altro tra i più appassionanti e controversi. Tuttavia, le questioni legate all’uso dell’IA da parte delle amministrazioni vanno analizzate nel contesto della trasformazione generale che vive il settore pubblico, la cosiddetta “governance pubblica”, con tutto ciò che questo comporta: in sintesi, si sta delineando un nuovo rapporto tra cittadini e autorità pubbliche, che segna un preciso panorama in cui l’odierna Amministrazione deve agire. Guardando all’essenza stessa del diritto amministrativo come imperniata su un eterno dualismo, il presente scritto studia l’uso dell’intelligenza artificiale nel settore pubblico, alla ricerca di un giusto punto di equilibrio tra efficienza e garanzie.

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Nel 2025 il segreto d'ufficio austriaco, sancito dall'articolo 20, comma 3, della Costituzione federale (B-VG) e quindi di rango costituzionale, celebrerà il suo centenario. Dal 1987, affiancato dall'obbligo di informazione di cui all'articolo 20, comma 4, B-VG, garantisce la tutela delle informazioni acquisite dalla Pubblica amministrazione nella comunicazione con i cittadini. Nell'ottica di un'amministrazione trasparente, dall’inizio del millennio sono stati compiuti diversi tentativi per sostituire il segreto d'ufficio con la libertà d'informazione, al fine di realizzare uno “Stato trasparente”. Tuttavia, nonostante l'elevato grado di digitalizzazione dell'amministrazione austriaca, la strada per raggiungere questo obiettivo è ancora lunga.

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