Appalti pubblici

Il presente contributo analizza in chiave critica la disciplina europea dell’appalto congiunto transfrontaliero, un istituto giuridico volto a raggiungere l’interesse pubblico grazie al soddisfacimento (transfrontaliero) dei fabbisogni di amministrazioni pubbliche dislocate nei vari Paesi membri. Obiettivo, tuttavia, che pare (almeno parzialmente) contraddetto dall’alto livello di complessità della norma e della sua attuazione. Aspetto che, unitamente alla presenza di fattori critici sul piano concreto, conduce le amministrazioni aggiudicatrici a preferire il ricorso ad altre procedure di affidamento.

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Dopo un’analisi della codificazione, da parte del d.lgs. 36/2023, dei nuovi principi in materia di appalti pubblici e della loro gerarchia, l’Autore si sofferma sul rapporto tra principio di buona fede e responsabilità della pubblica amministrazione, per studiare gli effetti giuridici che il primo esercita sulla seconda. In particolare, l’autore afferma che l’art. 5 c. 2 del nuovo Codice prosegue il processo di "civilizzazione” del diritto amministrativo, ampliando l’ambito di risarcibilità delle situazioni giuridiche coinvolte nelle procedure di gara. Tale processo, però, rischia di incontrare un ostacolo nel successivo c. 3, il quale qualifica come «colpevole» l’affidamento ingeneratosi a fronte di una illegittimità «agevolmente rilevabile».

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Il presente contributo offre una rapida disamina della nuova figura del Responsabile Unico del Progetto introdotta dal nuovo Codice dei contratti pubblici adottato il 31 marzo 2023, enunciando le principali caratteristiche di questa figura centrale dell’intervento pubblico e mettendone in risalto gli elementi di novità rispetto alla precedente figura del Responsabile Unico del Procedimento di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, cui si va a sostituire.

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Il presente contributo esamina il principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale nei rapporti di durata tra diritto pubblico e diritto privato, con particolare attenzione ai contratti di appalto e di concessione. Lo scritto, pertanto, si pone l’obbiettivo di indagare le questioni relative alle sopravvenienze e alla rinegoziazione dei contratti, esaminando le clausole di revisione prezzi e le modifiche contrattuali previste dal decreto legislativo n.36/2023.

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Il contributo sottolinea come i contratti pubblici siano una variabile determinante per il futuro dell’amministrazione ma al tempo stesso rappresentino un grande sfida, per la complessità della materia e la difficoltà nel disciplinarla in modo semplice ma al tempo stesso efficace. Il testo si sofferma sui molti interessi che l’amministrazione deve considerare nell’affidamento degli appalti e su come il nuovo codice abbia cercato di coniugare una disciplina più snella con il perseguimento degli obiettivi di legalità e trasparenza. La difficoltà di semplificare è testimoniata dall’esperienza dell’ordinamento inglese, che sta adottando una riforma della disciplina dei contratti pubblici che presenta molti aspetti comuni alla normativa europea e continentale.

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Il presente contributo analizza il nuovo testo del Codice dei contratti pubblici con riferimento al principio dello sviluppo sostenibile e alla tutela dell’ambiente, che non risultano espressamente indicati dalle disposizioni dedicate ai principi. L’esame delle disposizioni del nuovo Codice costituisce occasione per ricostruire, sul piano interpretativo, il ruolo attribuito, dal legislatore nazionale e da quello europeo, alle stazioni appaltanti nell’utilizzo degli acquisti pubblici per il perseguimento di obiettivi orizzontali, come quello della sostenibilità ambientale e della neutralità climatica. L’approccio seguito nel nuovo Codice risulta in linea di continuità con quello precedente, di tipo mandatory-rigido. Ciò non toglie che, tenuto conto del principio della fiducia, possano essere adottati correttivi di tipo “funzionale”, volti ad assicurare l’effettiva finalizzazione degli acquisti pubblici al conseguimento di benefici per la collettività che minimizzano i danni all’ambiente e favoriscono l’innovazione.

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Il contributo analizza come la c.d. “cultura del sospetto” ostacoli l’attività contrattuale della pubblica amministrazione. La “cultura del sospetto” consiste nella percezione che ogni procedura negoziale sia foriera di reati e/o di “cattiva amministrazione”. Gli effetti di questa c.d. “cultura del sospetto” consistono in immobilismo e inerzia, dal momento che inibiscono il pieno ricorso ad azioni discrezionali ed efficienti, facendo sì che i funzionari evitino scelte rischiose, in termini di responsabilità penale, civile ed erariale. In tale contesto il tema della centralizzazione della committenza può acquisire un rilievo decisivo. Questo perché l’attribuzione ad un unico soggetto della competenza ad acquistare beni e servizi sul mercato, oltre a conseguire positive “economie di scala”, è in grado di accrescere le professionalità dei funzionari, che operano all’interno della centrale di committenza, e favorire la trasparenza delle procedure di gara. Il contributo si sofferma altresì su un’analisi critica dell’odierna disciplina normativa, nazionale ed europea, in tema di centrali di committenza e a vagliarne e proporre necessarie riforme e miglioramenti.

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Le sfide che discendono dal complesso sistema di riforme messo in campo dall’Italia come risposta alla pandemia portano a chiedersi quale sia l’attuale ruolo svolto dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) nel contesto dei contratti pubblici, soprattutto alla luce delle disposizioni del PNRR, della disciplina contenuta nel Codice dei contratti pubblici e della legge delega n. 78/2022 che ne prevede una revisione ancora in atto. Lo scritto si propone di riflettere su questo interrogativo, evidenziando criticità e prospettive evolutive delle competenze dell’ANAC al tempo dell’innovazione, con particolare riferimento alla qualificazione delle stazioni appaltanti.

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Il presente contributo ha l’obiettivo di ripercorrere il processo di digitalizzazione degli appalti pubblici, partendo dalle previsioni contenute nel Codice dei Contratti di cui al d.lgs. n. 50/2016 fino al Decreto digitalizzazione appalti di cui al D.M. 12 agosto 2021 n. 148, adottato con oltre 4 anni di ritardo rispetto alle previsioni, attraversando l’amplissima produzione giurisprudenziale in materia di gare d’appalto telematiche. Il decreto, infatti, si innesta in uno scenario in cui la giurisprudenza ha ampiamente affrontato le tematiche relative alla digitalizzazione delle gare, provando a far propria questa massiccia stratificazione giurisprudenziale, non senza contraddizioni e importanti novità.

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Il contributo affronta in chiave giuridica il rapporto che intercorre fra sviluppo sostenibile e sistema degli appalti pubblici. Dopo aver esaminato l’applicazione della strategia del Sustainable Public Procurement nei c.d. appalti “tradizionali”, l’analisi approfondisce i vantaggi che possono derivare, sul piano della sostenibilità, dal ricorso, da parte delle stazioni appaltanti, ai c.d. appalti “innovativi”.

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