Il finanziamento delle opere pubbliche con la tecnologia blockchain: nuove forme di collaborazione pubblico-privato per una più efficace raccolta fondi bottom-up ed una più effettiva partecipazione della popolazione

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2/2020

Il finanziamento delle opere pubbliche con la tecnologia blockchain: nuove forme di collaborazione pubblico-privato per una più efficace raccolta fondi bottom-up ed una più effettiva partecipazione della popolazione

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L’articolo propone nuove forme partecipative e di finanziamento delle opere pubbliche che assicurino il coinvolgimento della popolazione interessata grazie alle soluzioni rese possibili dalla blockchain, onde realizzare un’amministrazione innovativa e sostenibile motore di nuove opportunità finanziarie. Il contributo parte dalla considerazione che il finanziamento delle iniziative pubbliche interessa da vicino amministrazioni e cittadini, sia nella loro veste di fruitori delle stesse, sia quali contribuenti. La città è così intesa quale laboratorio di innovazione, ove soluzioni virtuose possono essere sperimentate ed implementate mantenendo un collegamento stretto e vicino alla popolazione. A tal fine vengono proposte soluzioni concrete per un finanziamento delle infrastrutture pubbliche innovativo, tracciabile e sostenibile, poiché attivato con i nuovi strumenti sviluppati su blockchain.


Financing public works with blockchain technology: new forms of public-private collaboration for a more effective bottom-up fundraising and a more effective participation of the population
The article proposes new forms of participation and financing of public works that ensure the involvement of the population thanks to the solutions made possible by blockchain. The contribution starts from the consideration that the financing of public initiatives affects administrations and citizens closely, both as users and as taxpayers. The city is thus understood as an innovation laboratory, where virtuous solutions can be experimented and implemented while maintaining a close connection to the population. To this end, concrete solutions are proposed for innovative, traceable and sustainable financing of public infrastructures, activated with the new tools developed on blockchain technology.

1. La città come laboratorio per nuove forme di finanziamento delle opere pubbliche.[1]

Il finanziamento delle opere pubbliche è una questione che interessa da vicino le amministrazioni e i cittadini, sia nella loro veste di fruitori delle stesse, sia quali contribuenti.

Si tratta peraltro di un tema che è fortemente influenzato dalle diverse culture e situazioni nell’ambito del quale lo stesso si sviluppa, essendo legato a scelte intimamente connesse all’assetto sociale ed al modello economico in essere. Un denominatore comune che può essere cionondimeno individuato ai nostri fini è la necessità per le autorità pubbliche di garantire un adeguato ritorno sugli investimenti pubblici in termini di soddisfazione della popolazione. Quale sia il contesto sociale od economico in essere, in altri termini, è necessario che la realizzazione di nuove opere sia in linea con le attese della popolazione in quanto, a latere di ogni considerazione circa il consenso pubblico e la destinazione delle risorse pubbliche, sarà questa (la popolazione) a fruire in ultima analisi delle infrastrutture.

Per tale motivo intendiamo indagare le nuove forme di partecipazione che possano garantire, meglio degli attuali strumenti, un adeguato ritorno sugli investimenti pubblici nei termini suddetti, al contempo offrendo nuove opportunità per finanziare le opere pubbliche, specie in tempi di particolare complessità – quali quello attuale – per le finanze pubbliche.

Le menzionate differenti prospettive da cui è possibile osservare il tema qui affrontato possono essere colte a partire dalla definizione stessa di “opera pubblica”, la cui nozione può variare sensibilmente a seconda del significato che si voglia attribuire al termine “opera” e, soprattutto, all’aggettivo “pubblica”. In ragione della prospettiva sovranazionale ed internazionale qui adottata, può essere utile fare riferimento alla definizione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, n. 7), della Direttiva 2014/24/UE, ai sensi della quale si intende per «opera» «il risultato di un insieme di lavori edilizi o di genio civile che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica». Per quanto riguarda il carattere pubblico, collegandolo a tale ultima definizione, si può ritenere ai nostri fini che tale elemento sia integrato laddove la «funzione economica o tecnica» sia, a qualsiasi titolo, posta al servizio della collettività in quanto ritenuta satisfattiva di un interesse pubblico, come individuato da un’autorità pubblica.

Avendo così descritto la nozione di opera pubblica, il tema risulta particolarmente ampio anche per la varietà dei soggetti pubblici che possono essere coinvolti nei relativi processi decisionali. Si pensi ad esempio alle grandi opere di interesse nazionale, od addirittura alle infrastrutture transnazionali, ove il coinvolgimento di più amministrazioni territoriali, od anche di diverse nazioni, può introdurre significativi elementi di complessità. Onde più facilmente collocare le proposte qui formulate in un contesto decisionale relativamente snello, il discorso verrà condotto in relazione alle iniziative cittadine. Ciò naturalmente non significa che le proposte qui avanzate non possano essere realizzate anche in altri contesti. Viceversa, è auspicabile proprio l’opposto, ossia che anche a livello regionale, nazionale e sovranazionale si adottino le soluzioni qui descritte.

La città viene perciò intesa in questa sede quale laboratorio di innovazione, nel quale nuove soluzioni virtuose possono essere sperimentate ed implementate mantenendo un collegamento stretto e vicino alla popolazione, capace perciò di offrire un riscontro relativamente rapido ed esaustivo dell’effettività delle nuove soluzioni e tecnologie implementate al servizio dei cittadini. La smart city può in tal senso essere intesa quale servizio di servizi, ossia quale insieme di sistemi e sottosistemi coordinati ed integrati tra loro per massimizzare l’utilità dei cittadini[2]. Questi ultimi sono infatti quelli più da vicino interessati dalle iniziative portate avanti sul territorio cittadino, specie nella loro qualità di fruitori dei servizi. Il contesto urbano appare perciò particolarmente adeguato per valutare nuove forme di partecipazione ai processi di decisione e di finanziamento di nuove opere pubbliche, in quanto è il livello di governo in cui gli amministratori e gli amministrati diventano, non solo metaforicamente, più vicini tra loro.

La scelta della blockchain quale base tecnologica per lo studio di nuove forme di partecipazione, anche economica, alle scelte infrastrutturali è volta inoltre a favorire lo sviluppo di innovativi modelli di collaborazione tra i soggetti pubblici ed i privati: grazie ai meccanismi crittografici su cui si basano le più recenti tecnologie a registro distribuito (note anche come Distributed Ledger Technologies, DTL), la partecipazione può generare una rinnovata fiducia verso le istituzioni, in quanto i cittadini stessi possono assumere non solo il ruolo di finanziatori, ma anche quelli di co-decisori e/o controllori, a seconda del livello di inclusione che si voglia implementare in un dato progetto.

In tal senso, dunque, quanto si andrà qui a proporre può risultare di interesse anche in ragione del fatto che la tecnologia può diventare un veicolo per consolidare il rapporto tra governati e governanti. E ciò in un periodo storico in cui, da un lato, le finanze pubbliche sono messe a dura prova dal moltiplicarsi dei fattori incidenti sulle economie nazionali[3] e, dall’altro, i meccanismi su cui si basa il modello fiduciario tra istituzioni e popolazione subisce anch’esso una forte erosione[4].

Il medium tecnologico svolge così un doppio ruolo: è strumento per finanziare ed è al contempo strumento per garantire la trasparenza, la legittimità e la legittimazione dei procedimenti pubblici.

2. I partenariati pubblici privati tradizionali e limiti al loro utilizzo.

Nel trattare delle forme di interazione tra settore pubblico e privato, specie in vista dello svolgimento di attività imprenditoriali, quali la costruzione di opere pubbliche, può anzitutto rilevarsi che tradizionalmente si è fatto ricorso al c.d. partenariato pubblico privato (PPP). Secondo la definizione offerta dall’OECD, con PPP si intendono «long term contractual arrangements between the government and a private partner whereby the latter delivers and funds public services using a capital asset, sharing the associated risks»[5].

Secondo l’analisi della Commissione europea, il PPP può essere realizzato attraverso due diverse modalità di cooperazione: l’una di tipo puramente contrattuale, fondata su legami esclusivamente convenzionali, l’altra di tipo istituzionalizzata[6], fondata sulla creazione di un’entità distinta[7]. Nella prima categoria possono annoverarsi le ipotesi di partenariato fondate su un accordo di tipo pattizio[8], anche al di là dei tradizionali settori delle opere e dei servizi[9]. Il secondo tipo di PPP, che peraltro rappresenta una delle fattispecie di maggior applicazione[10], determina la nascita di un nuovo soggetto giuridico in cui vengono a convergere interessi pubblici e privati[11].

Generalmente il PPP è considerato uno strumento volto ad acquisire, al contempo, le risorse finanziarie ed il know-how per l’esecuzione di un’opera pubblica. Grazie al ricorso al mercato, quindi, sia con PPP contrattuale che PPP istituzionalizzato, l’amministrazione può acquisire sul mercato le competenze o i fondi, o entrambe le cose, per portare a termine la realizzazione delle infrastrutture ritenute necessarie a rispondere alle esigenze della collettività amministrata. Ciò può avvenire, ad esempio, con l’affidamento di una c.d. concessione di costruzione e gestione, ovvero mediante la costituzione di una società mista. Nel primo caso viene solitamente lasciata al privato la realizzazione dell’opera, ivi inclusa la successiva gestione, grazie alla quale il privato remunera il proprio investimento attraverso i proventi della stessa, eventualmente integrati da quei contributi pubblici ritenuti necessari dall’amministrazione onde conseguire un obiettivo di interesse pubblico[12]. Nel secondo caso, ossia nell’ipotesi della creazione di società mista, la collaborazione passa attraverso la costituzione di un nuovo soggetto giuridico, compartecipato da una o più amministrazioni e da uno o più soggetti privati. Posta l’esigenza di garantire la trasparenza e non discriminazione nella scelta del socio privato[13], in questo caso di norma la realizzazione e la gestione dell’opera restano in capo alla società mista.

Per quanto tali strumenti possano apparire astrattamente potenzialmente efficaci, nella pratica il ricorso al PPP è viceversa risultato piuttosto scarso. La Corte dei Conti Europea, nella relazione speciale «Partenariati pubblico-privato nell’UE: carenze diffuse e benefici limitati» nel periodo 2000-2014 ha rilevato solo 84 progetti di PPP a finanziamento misto, con un costo totale per progetto di 29,2 miliardi di euro, ossia circa 2 miliardi all’anno[14].

Alla luce di tali dati il PPP risulta perciò, quantomeno sotto un profilo strettamente finanziario, poco incisivo[15]. Le ragioni possono essere individuate in molteplici fattori, tra cui non va esclusa la diffidenza del privato a stringere rapporti economici con il pubblico là dove ciò comporti la riduzione del potere di gestione e di controllo del primo, a favore del secondo. All’origine dello scarso utilizzo dei PPP, quantomeno nel nostro paese, potrebbe peraltro esservi anche l’elevata frammentazione delle amministrazioni aggiudicatrici e la conseguente ridotta dimensione della maggior parte delle imprese[16], che non hanno perciò la forza di candidarsi come possibili interlocutori della controparte pubblica.

Occorre dunque capire se e quali strumenti giuridici possano essere introdotti grazie alle nuove tecnologie per incentivare lo sviluppo di opere pubbliche a partecipazione privata. A tal fine, appare opportuno guardare a soluzioni che possano dare concreti benefici sia sotto profili di governance, ad esempio garantendo un effettivo coinvolgimento della popolazione interessata, sia per quanto riguarda l’aspetto finanziario. Si tratta dunque di comprendere se, e in quale misura, la c.d. tecnologia a registro distribuito, di cui la tecnologia blockchain è una delle possibili declinazioni, possa essere impiegata per favorire un più largo impiego di nuove forme di PPP.

Ci riferiamo, in particolare, alle c.d. Distributed Autonomous Organizations (DAO) ossia modalità di partecipazione collettiva, sviluppate e gestite grazie all’impiego della tecnologia blockchain. Come meglio si dirà a breve, i predetti strumenti potrebbero essere impiegati in vista della realizzazione di un’opera, a partire dalla fase di ideazione della stessa, e nelle successive fasi di esecuzione, ivi inclusa la raccolta dei fondi e la successiva gestione degli stessi. Lo strumento tecnologico alla base, ossia la tecnologia a registro distribuito, potrebbe in tal senso garantire sia operazioni trasparenti e tracciabili, in grado quindi di offrire un elevato livello di sicurezza contro falsificazioni e/o manomissioni, sia coordinare i molteplici attori coinvolti nella value chain, dalla formazione dei processi decisionali alla fase di finanziamento sino a quella di implementazione e gestione dell’opera pubblica.

Per quanto riguarda la partecipazione dei cittadini a tali fasi – inclusa la selezione dei progetti ed il finanziamento degli stessi –, la fattibilità di quanto qui proposto è già dimostrato in concreto dall’esperienza del Comune di Milano, della quale è dunque utile passare brevemente a parlare.

3. Esperienze di collaborazione tra pubblico e privati oltre i partenariati: il bilancio partecipativo ed il crowdfunding del Comune di Milano.

Al fine di inquadrare le possibili interazioni tra amministrazione ed amministrati nei processi decisionali e di finanziamento volti alla realizzazione di opere pubbliche, può essere utile esaminare alcune iniziative virtuose già adottate a livello locale dal Comune di Milano. Il proposito è comprendere se, e in quale misura, le nuove forme di “partecipazione” possano fungere da criterio guida nel definire in che termini le nuove tecnologie possano innovare i PPP tradizionali.

L’esempio del Comune di Milano appare in tal senso significativo in quanto, già dal 2012, tale ente si è posto «l’obiettivo di trasformare Milano e la sua area metropolitana secondo il modello della Smart City quale priorità politica e obiettivo strategico dell’amministrazione con ulteriore finalità di rafforzare il ruolo della città nella rete delle grandi città europee»[17].

In tale contesto il Comune si è impegnato sia con azioni top-down, si pensi al servizio di bike sharing BikeMi[18], sia con azioni bottom up. Tra queste ultime appaiono particolarmente interessanti in questa sede il bilancio partecipativo ed il crowdfunding civico[19].

Per quanto riguarda l’allocazione delle risorse pubbliche, Milano è stata la prima città italiana che ha deciso di gestire 9 milioni di euro del suo budget attraverso il coinvolgimento dei cittadini. Il progetto è stato avviato a luglio del 2015 e in pochi mesi ha suscitato un ampio interesse in tutti i quartieri della città, testimoniati dai numerosi suggerimenti e proposte dei cittadini. Già dal primo anno di avvio dell’iniziativa, sono state raccolte centinaia di esigenze, che sono state poi elaborate dai Laboratori di coprogettazione del Comune, gruppi di lavoro a cui hanno partecipato i cittadini stessi per analizzare, con il supporto dei tecnici comunali, le varie proposte. Nell’edizione 2017/2018 sono stati individuati 47 progetti, il cui finanziamento è stato deciso sulla base dei voti ricevuti da ciascuno, per cui nove si sono assicurati la realizzazione fino al raggiungimento del budget aggiudicato, ed altri tre nei limiti del budget residuale disponibile[20].

Per quanto riguarda invece il crowdfunding civico, si tratta di un’iniziativa sperimentale durata 18 mesi, conclusasi nel 2017, che ha permesso ai cittadini di finanziare progetti di utilità sociale[21].

Come annunciato dall’Amministrazione stessa, Milano è stata tra le prime città ad aver creduto in questa forma di finanziamento condiviso, volto a creare un reale beneficio per tutta la collettività[22]. In particolare, l’Amministrazione comunale ha ideato un programma di raccolta fondi dal basso per il finanziamento di progetti nel territorio cittadino, legati all’innovazione sociale. In questo caso le iniziative sono state raccolte attraverso un bando pubblico e sono state quindi inserite su una piattaforma online per la raccolta dei finanziamenti attraverso la quale tutti i soggetti interessati a dare un contributo hanno potuto scegliere quale iniziativa sostenere con una donazione in denaro. I progetti che hanno ottenuto un finanziamento almeno pari alla metà dell’importo complessivo previsto per la realizzazione hanno potuto beneficiare di un contributo da parte dell’Amministrazione per la restante parte non coperta.

Si tratta di un’iniziativa particolarmente interessante nell’ottica del presente contributo in quanto costituisce un valido esempio in cui sono stati gli stessi cittadini a premiare le idee ritenute più innovative e valide, contribuendo concretamente, in termini economici, alla loro realizzazione.

Il ricorso al crowdfunding si è peraltro dimostrato un fattore importante anche per sostenere l’impatto sociale delle iniziative messe in campo dagli attori dell’ecosistema locale, stimolando l’incontro tra pubblico e privato sulle progettualità sociali. In tal modo è infatti possibile rafforzare la connessione tra pubblico e privato sia per reperire risorse, sia soprattutto per generare un interesse costruttivo e positivo verso le iniziative di pubblico interesse che possa facilitare l’inserimento di nuove opere nel tessuto urbano.

4. Cenni sulla tecnologia blockchain quale strumento per la rappresentazione digitale di valore.

Le iniziative virtuose descritte nel paragrafo precedente, unitamente alle soluzioni rese oggi possibili dalle nuove tecnologie a registro distribuito, possono ispirare nuovi strumenti che favoriscano la costituzione di nuove forme di PPP, unendo l’esperienza maturata nel mondo della blockchain a quella delle iniziative di coinvolgimento della popolazione, così da portare all’emersione di nuovi mezzi di finanziamento dal basso delle opere pubbliche.

La tecnologia blockchain si basa sulla formazione di un registro condiviso tra tutti i partecipanti di un dato network (o rete). Il tratto del tutto peculiare di tale sistema risiede nel fatto che detto registro viene conservato da ciascun partecipante alla rete – anche detto perciò nodo (della rete) –, che lo condivide con il resto dei partecipanti.

Altro tratto del tutto peculiare della blockchain è che la condivisione del registro distribuito avviene direttamente tra i vari nodi, senza necessità di un punto centrale di raccolta. Detto sistema si basa infatti su protocolli di comunicazione c.d. peer-to-peer, che iniziarono a diffondersi già nell’ultima decade del millennio scorso[23], ma che restarono in tale epoca confinati ad usi particolari, mentre la generalità delle comunicazioni si sviluppò come noto sul protocollo di comunicazione proprio di Internet[24]. Nel corso degli ultimi decenni, tuttavia, la tecnologia a registro distribuito ha generato un nuovo interesse verso le reti peer-to-peer in quanto sono stati ideati meccanismi crittografici in grado di garantire l’unicità delle informazioni memorizzate su di un dato registro attraverso un controllo, appunto, distribuito.

La tecnologia blockchain ha inoltre introdotto il concetto di scarsità dei beni digitali, che sarebbero viceversa normalmente riproducibili infinite volte[25]. Gli strumenti digitali permettono infatti la riproduzione del medesimo file – c.d. duplicato informatico[26] – tra una molteplicità di utenti, rendendone difficile la valorizzazione in quanto non è possibile assicurarne la scarsità. Al più possono essere implementati sistemi di gestione dei diritti digitali controllati da un dato fornitore volti a limitare la libera circolazione di determinati materiali. Senonché, come dimostra l’incessante lotta contro la pirateria informatica[27], nemmeno tali strumenti sono in grado di eliminare la riproducibilità dei contenuti così protetti.

La tecnologia a registro distribuito rende invece possibile regolare la circolazione dei beni digitali limitandone la riproducibilità e assicurandone quindi la valorizzazione attraverso la scarsità senza dover ricorrere ad un’autorità centrale; la proprietà viene qui garantita dai trasferimenti peer-to-peer certificati dagli algoritmi crittografici sui quali il network stesso si fonda. La tecnologia blockchain riesce quindi a impedire il fenomeno del c.d. double spending e a garantire la proprietà dei beni digitali[28] senza dover ricorrere ad un’autorità centrale – un intermediario – che controlli e gestisca il registro delle transazioni (si pensi, ad esempio ai sistemi borsistici contemporanei).

La ricerca di soluzioni a registro distribuito trova ragione anche, e soprattutto, nella necessità da parte degli sviluppatori di offrire uno strumento in grado di operare indipendentemente dall’intervento dello Stato e/o delle Istituzioni e delle banche. Proprio la mancanza di fiducia verso il settore pubblico favorì inizialmente l’impressionante sviluppo della blockchain, quale strumento di trasferimento della ricchezza in modalità peer-to-peer, ossia secondo modalità del tutto indipendenti da terze parti, quali un istituto bancario.

Nel dettaglio la tecnologia blockchain garantisce il trasferimento di bit, rappresentativi di informazioni o di beni, materiali e/o immateriali in modo: decentralizzato, immutabile, trasparente e pseudo-anonimo[29]. Il registro distribuito è costituito dall’ insieme di transazioni che occorrono tra i partecipanti: ogni transazione corrisponde quindi a una voce del registro che è aggiunta solo qualora detta transazione venga validata dalle regole sancite dal codice informatico che regola il network, senza necessità di ricorrere alla validazione da parte di un’autorità centrale. Detta validazione delle transazioni, rectius delle informazioni da inserire nel registro condiviso, è confermata dal c.d. meccanismo di consenso tra i nodi. I nodi partecipanti ad un determinato network distribuito infatti dialogano tra di loro e aggiornano il registro distribuito tramite regole stabilite ex ante e sancite dal protocollo di comunicazione.

Tra i meccanismi di consenso ad oggi più diffusi possiamo ricordare la c.d. Proof of Work (meccanismo nel quale ciascun nodo può aggiornare il registro provando di aver eseguito determinati calcoli crittografici), la Proof of Stake (meccanismo nel quale è possibile aggiornare il registro mettendo a garanzia dei token[30], che vengono persi qualora si dimostri che il nodo ha operato in maniera malevola rispetto al network), od anche la Proof of Authority[31] (meccanismo nel quale solo determinati nodi hanno il diritto di aggiornare il registro). È bene tuttavia precisare che tale breve elenco non solo non è esaustivo dell’esistente, ma è anche ragionevole pensare che nel tempo verrà ampliato da nuovi e diversi meccanismi di consenso. Ciò che è invece importante qui sottolineare è che tali meccanismi permettono alla tecnologia blockchain di funzionare prescindendo da un centro-garante, e quindi da un single point of failure, ed al contempo impedendo, come detto, il c.d. double spending, ossia la replica della medesima transazione. Oggetto di scambio sono i c.d. token, ossia rappresentazioni digitali di valore, che possono corrispondere a beni materiali o immateriali, a titoli di credito/debito ovvero a strumenti finanziari.

A livello nazionale e sovranazionale è stata proposta la suddivisione dei token in categorie, diverse in ragione dei diritti e degli obblighi che quel determinato token pone in capo al proprietario[32]. Pur mancando ancora in dottrina una suddivisione unanimemente accolta, ad ogni modo, anche se con qualche differenza, tutte le qualificazioni sino a oggi proposte sembrano suddividere i token in tre categorie[33]: utility token, security token e payment token (detti anche crypto monete)[34].

Nell’arco dell’ultimo lustro si sono sviluppate numerose tipologie di blockchain, così come numerosi sono i possibili utilizzi. Una delle applicazioni più comuni dei token è la loro emissione nel contesto del finanziamento di un dato progetto e il loro successivo utilizzo quale strumento di pagamento e di partecipazione all’interno del progetto stesso. Il che dunque richiede qualche ulteriore precisazione.

Ciascuna categoria di token conferisce diritti e può imporre obblighi diversi in capo al proprietario che possono far ricadere il token sotto una disciplina “tradizionale” in quanto, in tutto o in parte, assimilabile ad un bene giuridico già normato. Si pensi ad esempio al recente fenomeno dei c.d. security token, strumenti finanziari “tokenizzati,” in relazione ai quali si comprende agevolmente la possibilità di applicare le normative già esistenti in quanto il prodotto finanziario, in effetti, è un prodotto già normato ed è semplicemente “arricchito” dal medium usato per il suo trasferimento (la blockchain); non si vedono problemi, ad esempio, ad applicare la normativa tipica della circolazione delle partecipazioni societarie ad azioni “tokenizzate”. L’emissione di un security token, in quanto strumento del mercato finanziario, dovrà ad esempio avvenire conformemente alla normativa di settore, vincolante nel Paese in cui il token stesso è messo in vendita. A livello europeo si farà in tal caso riferimento alla disciplina di diritto UE contenuta nelle direttive relative ai mercati degli strumenti finanziari (MIFID, MIFID II et MiFIR)[35]. Parallelamente, gli utility token, che sono rappresentativi di diritti connessi alla possibilità di utilizzare il prodotto o il servizio tipicamente offerto dall’emittente, saranno oggetto della disciplina che si applica al tipo di diritto conferito.

In proposito, è interessante menzionare la recente normativa introdotta in Francia con legge 2019-486[36]. La novella dispone, tra l’altro, che l’emittente di (utility) token deve assumere la forma di persona giuridica, stabilita in Francia mediante la diretta costituzione dell’entità giuridica in Francia o mediante la registrazione di una succursale sul suolo francese. Per parte nostra, aggiungiamo che l’entità giuridica ben potrebbe essere sviluppata e operare come DAO, inevitabilmente “stabilita” nel territorio francese. Il legislatore francese ha introdotto una disciplina opting-in nel senso che le imprese interessate potranno decidere se allinearsi oppure no. Ovviamente, la decisione di una data società di allinearsi alla predetta fonte dovrebbe conferire più sicurezza agli interlocutori-investitori.

Anche l’autorità italiana dei mercati regolamentati, la CONSOB, sembra essersi orientata nel senso di voler predisporre una disciplina opting-in, che è più agevole da definire rispetto a una vincolante per tutti e non rischia di precludere eccessivamente eventuali ulteriori innovazioni tecnologiche[37]. Si tratta di un orientamento condivisibile tenuto conto che l’assenza di un corretto inquadramento giuridico impedisce l’introduzione di una rigida e vincolante disciplina di utilizzo.

Per completezza, ricordiamo che nel febbraio 2020 negli Stati Uniti è stato proposto il Cryptocurrency Act, che intende suddividere i crypto assets in tre diverse categorie, assegnando ciascuna alla disciplina dell’Agenzia federale di volta in volta competente[38].

Gli approcci su riferiti sembrano confermare il processo di integrazione del fenomeno crypto asset con il quadro disciplinare in vigore nell’ordinamento di interesse. Si tratta di un’integrazione timida, nel senso che non intende stravolgere, per sostituire, il vecchio sistema, e gli istituti tradizionali. Piuttosto, si tratta di un’ulteriore conferma del principio di neutralità tecnologica: il quadro normativo si adatta al medium tecnologico[39]. La sostanza prevale dunque sulla forma.

5. L’emissione di token quale strumenti di raccolta fondi.

Tra i più noti strumenti di raccolta fondi tramite emissione di token possiamo certamente ricordare le c.d. Initial Coin Offerings (ICO). Si tratta di un fenomeno che negli ultimi anni ha suscitato molto interesse per l’enorme valore di fondi raccolto da una vastissima platea di sottoscrittori[40].

Un aspetto particolarmente interessante delle emissioni di token è dunque che le stesse permettono di raccogliere ingenti somme da parte di una vasta gamma di soggetti non necessariamente istituzionali, così consentendo la partecipazione anche da parte di singoli individui, secondo le capacità finanziarie di ciascuno. Ciò appare particolarmente importante in quanto permette di instaurare partenariati pubblico-privati con una vasta gamma di soggetti che gli strumenti tradizionali non permettevano di coinvolgere nelle iniziative pubbliche, soprattutto per la difficoltà di coordinare un alto numero di partecipanti nel contesto di tali operazioni – difficoltà che vengono superate grazie all’utilizzo di registri distribuiti impersonali –. La possibilità di coordinare diritti finanziari con diritti partecipativi può rivoluzionare in maniera sostanziale la realizzazione di progetti pubblici, coinvolgendo la comunità amministrata sia da un punto di vista finanziario che operativo.

In concreto tale offerta può avvenire secondo molteplici modalità. Ad oggi abbiamo assistito a numerose tipologie di emissione di token, e, soprattutto, dalla prima[41] ad oggi, sono anche aumentate le modalità per procedere alla raccolta fondi, sempre sfruttando la tecnologia blockchain. Oltre alle Initial Coin Offerings (ICO), volte all’immissione sul mercato di una nuova criptovaluta, si sono ad esempio realizzate le c.d. Initial Exchange Offering (IEO) in cui vi è un terzo, il c.d. Exchange, a garantire la serietà del progetto e del proponente. Od ancora si possono menzionare le Security Token Offering (STO) che incorporano i diritti di strumenti finanziari tipizzati, come ad esempio azioni od obbligazioni o strumenti finanziari garantiti da un qualche tipo di asset (c.d. asset backed) e che, per questo, devono essere ritenuti soggetti alla relativa disciplina in vigore nel Paese dove la STO è condotta in relazione allo strumento finanziario offerto.

Ai fini della nostra indagine non è tanto rilevante qualificare la tipologia di offerta, quanto piuttosto preme evidenziare le caratteristiche che il token offerto potrebbe assumere, in particolare in relazione ai diritti ad esso associati. I token possono infatti di norma essere venduti ed acquistati conformemente al diritto nazionale in essere per lo scambio del bene ovvero la prestazione del servizio di cui il token è la rappresentazione digitale. Nel caso delle opere pubbliche qui in esame, ciò significa che il token potrebbe ad esempio dare titolo, analogamente a un voucher, a usufruire dei servizi resi possibili dall’infrastruttura stessa, come ad esempio una struttura sportiva. Del pari, il token potrebbe essere utilizzato sul mercato secondario quale strumento di pagamento per acquistare beni o servizi, ovvero conferire particolari diritti di governance sull’opera finanziata od ancora essere utilizzato come garanzia per ulteriori operazioni finanziarie.

Inoltre, i fondi versati a fronte dell’acquisto di token potrebbero essere strettamente funzionalizzati alla realizzazione dell’opera, ossia vincolati al progetto in relazione al quale il token stesso è stato emesso. A tal riguardo vale sottolineare che le caratteristiche intrinseche della blockchain di trasparenza, immutabilità nonché resilienza a manomissioni dei dati memorizzati sul registro pubblico potrebbero garantire che i fondi raccolti siano effettivamente utilizzati per il fine dichiarato. Implementando gli opportuni strumenti tecnologici all’uopo esistenti, si potrebbe perciò evitare che l’amministrazione, o altri, sottraggano fondi all’opera per destinarli ad un fine diverso.

Per quel che riguarda l’Italia, ricordiamo che in due pronunce l’Agenzia delle entrate ha analizzato la natura del token emesso in sede di ICO. L’approfondimento dell’Agenzia era finalizzato all’individuazione del trattamento fiscale ma, ai fini della nostra indagine, è comunque utile per evidenziare la diversità di soluzioni adottate. In un caso, il token è stato equiparato a voucher – la cui vendita è fiscalmente neutrale[42] – nel secondo caso a un utility token, il cui trasferimento equivale a una prestazione di servizi[43]. L’Agenzia delle Entrate ha raggiunto le citate conclusioni in esito all’esame dell’operatività del progetto in relazione al quale erano stati emessi i token, ed in particolare ai diritti che sarebbero stati attribuiti al titolare del token. La natura di quest’ultimo deve dunque essere individuata in ragione del singolo caso, avendo altresì riguardo al luogo in cui l’emissione si è compiuta. Nelle more di una qualificazione europea, ciascun ordinamento si sta orientando in autonomia[44].

Avendo così chiarito che l’emissione di token può rappresentare un valido strumento per la raccolta di fondi, occorre ulteriormente indagare come la blockchain possa consentire un’effettiva realizzazione di nuove forme di collaborazione pubblico-privato. Se pur infatti il dato finanziario è indubbiamente rilevante, l’utilità della blockchain può andare oltre, consentendo anche di realizzare nuove forme di aggregazione sociale. In tale prospettiva, ai fini della presente indagine, ci soffermiamo sull’opportunità di sfruttare la tecnologia distribuita in commento per sviluppare le c.d. Decentralised Autonomous Organizations (DAOs).

6. L’esempio delle Decentralized Autonomous Organizations (DAOs): natura, possibili impieghi e rischi tecnici e legali collegati.

Si può ricondurre alla categoria delle organizzazioni autonome decentralizzate (dall’inglese Decentralized Autonomous Organizations, DAOs) ogni forma di organizzazione sociale che si unisce per raggiungere il medesimo fine, economico e non solo. In senso atecnico, la DAO equivale a una partnership tra individui, collocati ovunque nel mondo, che decidono di entrare a fare parte di una medesima comunità poiché ne condividono lo scopo (di lucro e non) e ne accettano le regole di funzionamento[45] sancite da smart contract implementati sulla blockchain. Nel prosieguo dell’analisi ci riferiamo a DAO che abbiano una riferibilità in un luogo geograficamente delimitato.

Dette regole di funzionamento sono definite su un duplice livello: interno nel codice sorgente della piattaforma, così come dalla tecnologia impiegata, ed esterno, ossia la normativa, nazionale e non solo, che viene in rilievo per l’operatività medesima della DAO.

Si tratta dunque di organizzazioni che, in quanto realizzate sulla base della blockchain, possono godere di tutti i vantaggi che detta tecnologia può offrire, quali la garanzia di trasparenza, pubblicità ed immutabilità delle transazioni e coordinamento dei vari attori tramite l’utilizzo di registri distribuiti.

Operativamente, si accede ad una DAO, ossia, si entra a far parte della relativa comunità, acquistando uno o più token venduti dalla piattaforma medesima per raggiungere il fine della DAO (ovvero acquistandoli sul mercato secondario). L’emissione dei token di una DAO è tipicamente finalizzata al finanziamento di un progetto, e tali token conferiscono tipicamente ai titolari diritti di governance e di remunerazione a valere sul progetto stesso. In tal senso, ci pare utile evidenziare che ad oggi vi sono molteplici esempi di DAO che operano, o hanno operato, come piattaforme per raccogliere fondi da destinare a un determinato progetto.

Un esempio concreto può essere di supporto per inquadrare la questione in termini esaustivi. Nel 2016 è stato pubblicato il White Paper della prima DAO che si proponeva come piattaforma di raccolta fondi da distribuire tra i progetti, proposti e sponsorizzati attraverso la piattaforma medesima[46]. Tecnicamente, il funzionamento della DAO dipendeva da tre passaggi: emissione sul mercato[47] dei DAO token e raccolta fondi, selezione e pubblicizzazioni dei progetti da finanziare e decisione della comunità in ordine all’utilizzo dei fondi a valere sui progetti. I soggetti partecipanti a questa DAO avevano quindi acquistato i token, con le valute accettate a tal fine[48], per finanziare un vero e proprio fondo di investimento nei confronti del quale avrebbero potuto esercitare diritti di governance in ordine alle decisioni di investimento.

Per come inizialmente immaginata, la DAO de qua avrebbe dovuto operare alla stregua di una vera e propria piattaforma di raccolta fondi, con il valore aggiunto di garantire agli investitori una partecipazione vera e propria. A pochi mesi dall’inizio, però, una falla del sistema informatico permise a un hacker di accedere alla piattaforma trasferendo sul proprio conto personale la maggior parte dei fondi fino a quel momento raccolti[49]. Il furto minò alle origini la credibilità del progetto, e i nodi validatori del network decisero di cancellare le transazioni con le quali era stato posto in essere il furto. Tale riscrittura delle transazioni comportò la necessità di modificare parte del codice sorgente del network, cosa che tuttavia non vide partecipi tutti i nodi portando quindi all’esecuzione di una c.d. hard fork, ossia lo sdoppiamento del network dovuto ad una mancanza di consenso tra i nodi in ordine al protocollo da utilizzare. Parte dei nodi non accettarono infatti di utilizzare il nuovo protocollo che aveva eliminato la frode e continuarono ad utilizzare il precedente protocollo, creando, di fatto, due network separati.

Non solo. Gli sviluppatori della DAO avevano anche omesso di verificare la compatibilità delle operazioni condotte sulla piattaforma con la disciplina nazionale e non vigente dove i DAO token furono messi in vendita. In particolare, la Securities and Exchange Commission degli Stati Uniti (SEC) aprì un’indagine in ragione del fatto che i DAO token furono messi in vendita anche attraverso piattaforme localizzate in territorio statunitense[50]. Con l’occasione la SEC, dopo aver qualificato i token messi in vendita alla stregua di strumenti finanziari, chiarì che l’attività della piattaforma, ossia la vendita dei DAO token avrebbe dovuto essere allineata alla normativa interna, che disciplina lo scambio di strumenti di investimento. In altre parole, la SEC ha qualificato la tipologia di token come strumenti di investimento, sottoponendoli alla relativa disciplina. Il medesimo trattamento sarebbe dunque stato riservato anche ad attività analoghe condotte sul territorio statunitense.

Tale esempio è dunque particolarmente significativo in quanto permette di sottolineare come un elemento fondamentale di un sistema di questo tipo sia la verifica della correttezza non solo formale dello stesso. Sotto un profilo tecnico è assolutamente necessario assicurare la massima affidabilità degli strumenti utilizzati. Ciò, grazie alla diffusione ed evoluzione della blockchain, può oggi essere conseguito affidandosi a quegli strumenti tecnici già maturi e consolidati, e disponibili in open source per il riuso[51], senza dover rischiare di incorrere nei problemi di sicurezza che avevano colpito tale primo tentativo.

Analogo discorso deve essere del pari condotto per quanto riguarda gli aspetti legali. Proprio lo stesso esempio, difatti, induce anche ad evidenziare che prima di avviare un progetto di tal fatta è assolutamente essenziale garantire la compatibilità dello stesso con il contesto normativo di riferimento. Il che dunque richiederà di valutare, caso per caso, le implicazioni legali delle scelte di design della piattaforma DAO da implementare, onde valutare quale sia il regime applicabile in base alla disciplina pattizia che si intende automatizzare.

7. La “tokenizzazione” delle opere pubbliche e la partecipazione dei privati, persone fisiche o giuridiche.

Come si è detto, l’emissione di token in funzione della realizzazione di un’opera pubblica, specie se nell’ambito di una DAO, può consentire forme di partecipazione particolarmente efficaci, nel più ampio senso del termine.

Anzitutto il coinvolgimento della popolazione, ove lo si ritenga utile od opportuno, può avvenire sin dalla fase di iniziativa stessa, e poi in tutte le successive fasi, ivi incluse quelle progettuali. Si potrebbero ad esempio sottoporre a votazione anche diverse soluzioni progettuali. Le votazioni stesse, ove lo si voglia, possono peraltro essere promosse dalla comunità stessa, quindi l’intero ciclo di scrutinio potrebbe essere caratterizzato da un approccio bottom-up, nei limiti e secondo le modalità che si ritenga opportuno e possibile consentire. Preme infatti sottolineare che le possibilità partecipative qui evidenziate, come tutte le altre scelte in ordine alle caratteristiche del sistema, sono del tutto opzionali e possono essere stabilite nel momento di attivazione dell’iniziativa fissando le regole di funzionamento della DAO. Ciò significa che, fintanto che l’amministrazione conservi il potere di iniziativa, resta in capo a questa, nei limiti consentiti dall’ordinamento, il potere di definire le modalità di utilizzo degli strumenti qui proposti.

Tra le opzioni attivabili dall’amministrazione vi è peraltro anche la possibilità di anonimizzare, integralmente o parzialmente, le votazioni. La blockchain, come si è detto, si basa su modelli di crittografia che permettono di anonimizzare i dati. Il che, dunque, permette di far sì che, ove lo si voglia, i partecipanti ignorino la reciproca identità.

A tale ultimo riguardo si può altresì aggiungere che la partecipazione può essere consentita tanto alle persone fisiche quanto alle persone giuridiche: la tecnologia è del tutto agnostica rispetto a tale elemento. Ne deriva che anche questa scelta è lasciata liberamente al promotore dell’iniziativa e dipende semplicemente dalle modalità attraverso le quali il sistema DAO è progettato e, soprattutto, dalle finalità che con il medesimo si vogliono raggiungere.

La partecipazione già dalla fase del finanziamento rende inevitabile considerare in che modo suddividere i diritti riconosciuti in capo ai partecipanti, anche in ragione della provvista versata. Si può in tal senso parametrare gli stessi in relazione alla partecipazione di ciascuno, ovvero si può prediligere il principio “una testa un voto”, ovvero ancora è possibile prevedere l’una o l’altra opzione a seconda del tipo di votazione. In considerazione del fatto che i token sono trasferibili, si potrebbe anche immaginare una diversa ripartizione dei voti basata sulla partecipazione iniziale. Per impedire discriminazioni all’ingresso, specie che siano conseguenza di diverse disponibilità economiche, si potrebbe poi pensare di definire le categorie di sottoscrittori, persone fisiche e/o giuridiche, in ragione del progetto che con quella determinata DAO si intenda realizzare.

A tale ultimo riguardo, un criterio di scelta per definire la tipologia dei soggetti legittimati a partecipare, nonché dei diritti da riconoscere e secondo quali modalità, potrebbe ad esempio essere il costo dell’opera da realizzare. Per progetti economicamente importanti potrebbe essere preferibile l’intervento (anche) di investitori qualificati, oltre che delle persone fisiche. Viceversa, per iniziative di più semplice realizzazione – come nuovi spazi verdi, luoghi di aggregazione per l’infanzia ecc. –, si potrebbe prevedere la sola partecipazione delle persone fisiche, ossia dei cittadini, rendendoli così direttamente partecipi delle fasi di evoluzione del progetto. In tale ultimo caso si potrebbe addirittura restringere il bacino dei potenziali partecipanti alle sole persone aventi un interesse diretto, quale la residenza, rispetto all’opera da realizzare, in modo da creare una DAO altamente finalizzata.

Inoltre, l’amministrazione potrebbe sancire l’utilizzo dei token emessi dalla DAO quali strumenti di pagamento per servizi offerti dall’amministrazione stessa, sia nel contesto del progetto finanziato sia nel contesto di altre iniziative, data la possibilità tecnica di utilizzare i token quali strumenti di pagamento multifunzionali in seno a diversi ambiti di applicazione.

8. La DAO quale strumento innovativo di partenariato pubblico-privato.

Ai fini della nostra indagine, ci pare che lo strumento delle DAO si presti per definire nuove forme di partenariato tra cittadini ed amministrazioni. In particolare, ci pare possibile prospettare lo sviluppo di DAO a partecipazione pubblica e privata, volte a perseguire un interesse comune e condiviso a livello cittadino o, comunque, a livello della comunità territoriale di volta in volta coinvolta.

La logica sottesa ad una simile iniziativa non è del resto nuova, ed è già stata da tempo implementata nella forma, ad esempio, dei PPP, di cui si è detto prima. Ciò che cambia grazie agli strumenti offerti dalle nuove tecnologie qui analizzate sono le modalità attraverso le quali è possibile conseguire il risultato di una maggiore inclusione dei privati, permettendo la partecipazione anche ai singoli individui, anche quali meri finanziatori, al contempo garantendo una maggiore trasparenza dei processi decisionali, nonché la tracciabilità degli stessi. Si tratta perciò di una profonda innovazione delle dinamiche classiche dei PPP, i quali, essendo stati basati sino ad oggi su più tradizionali strumenti giuridici, sono stati frenati nelle modalità attuative dai limiti delle forme di raccolta delle adesioni insite negli strumenti contrattuali classici.

Non si tratta dunque di disconoscere, né delegittimare le forme di governo attualmente in vigore e/o le istituzioni; diversamente, si propone di fare affidamento su un nuovo strumento tecnologico per rinnovare la fiducia nella collaborazione pubblico-privato, al contempo offrendo una maggiore ed effettiva partecipazione.

Ciò peraltro potrebbe avvenire senza necessariamente mutare gli attuali meccanismi attraverso cui vengono individuate le opere da realizzare. A seconda della scelta (politica e non solo) che si preferisca, l’iniziativa può restare in capo alle pubbliche amministrazioni, così come può essere spostata in capo alla comunità che partecipa alla DAO. In tale secondo caso, ossia nell’approccio bottom-up, si avrebbe anche una nuova modalità di individuazione delle infrastrutture che la comunità intenda realizzare.

Per quanto qui interessa, ad ogni modo, lo strumento appare particolarmente innovativo anche laddove si mantenga l’iniziativa in capo all’amministrazione, la quale, almeno in una fase iniziale di sperimentazione di questa nuova soluzione, potrebbe restare il soggetto competente ad individuare l’interesse pubblico da curare, a partire dalla costituzione stessa della DAO. Questa opzione relativamente più conservativa potrebbe più agevolmente inserirsi nel quadro normativo esistente, senza naturalmente escludere che, se il tutto dimostrasse di funzionare adeguatamente, potrebbe estendersi l’operatività dell’istituto anche al fine di implementare meccanismi bottom up.

Riteniamo infatti essenziale che il funzionamento di tali sistemi sia sviluppato garantendo il rispetto della normativa di settore in vigore. Per operare con successo e offrire alternative concrete di partenariato pubblico-privato occorre affrontare e risolvere i quesiti giuridici che sorgono in sede di sviluppo di una DAO. È ancora dubbio, ad esempio, se e in quale misura le transazioni operate su una DAO – così come in generale su blockchain – siano oggetto di tassazione[52]. Urge poi fare chiarezza circa il quadro normativo all’interno del quale sottoporre la DAO; a questo proposito riteniamo che si debba far riferimento alle norme dell’ordinamento giuridico all’interno del quale il progetto è collegato. Ciò, indipendentemente dal fatto che la tecnologia blockchain sia per sua natura transnazionale quindi slegata da un determinato territorio. Da ultimo, urge fare chiarezza circa l’oggetto offerto in scambio sulla piattaforma e così disciplinare il rapporto quale compravendita, prestazione di servizi, contratto di investimento.

9. Conclusioni.

Alla luce della predetta analisi, ci pare ragionevole affermare che per l’implementazione di un progetto a partecipazione pubblica e privata, si possa prospettare la costituzione di una DAO con contestuale raccolta di fondi attraverso l’emissione di token di investimento che conferiscano in capo ai partecipanti diritti legali all’opera pubblica da costruire.

Tali token, come detto, possono comportare diritti di natura economica così come benefici in ordine all’utilizzo dell’infrastruttura, e possono altresì conferire il diritto di voto, proporzionale o meno rispetto la numero di token posseduti, rispetto a scelte sull’opera stessa, a partire dal momento di realizzazione sino a quello di gestione e sfruttamento. La partecipazione si sostanzia dunque nella titolarità di un credito rappresentato da un asset digitale che conferisce alternativamente o cumulativamente diritti di credito e/o diritti di goverance e/o diritti di utilizzo sul progetto finanziato.

In considerazione dei diritti riconosciuti dal token, il valore degli stessi potrebbe poi mutare considerevolmente nel tempo, offrendo quindi la possibilità di realizzare, oltre che un’opportunità di partecipazione, anche nuovi strumenti di investimento in beni pubblici alternativi a quelli oggi più diffusi. I privati potrebbero in tal modo acquistare token con l’obiettivo di trarre un profitto, ad esempio attendendo la realizzazione dell’opera e vendendo quindi il token rivalutato in base al nuovo valore di mercato dallo stesso conseguito grazie al raggiungimento dell’operatività, e quindi eventuale redditività, dell’infrastruttura.

L’istituto qui proposto può quindi avere l’ulteriore vantaggio di consentire la realizzazione di una nuova forma di investimento. A differenza degli strumenti oggi già esistenti per la raccolta di fondi da parte degli enti pubblici, tale forma di finanziamento avrebbe il vantaggio di essere direttamente ed unicamente connessa ad una precisa opera, sarebbe facilmente liquidabile senza la necessità di una terza parte certificatrice e, soprattutto, sarebbe accessibile a tutta la popolazione, così garantendo la piena democraticità dello strumento. Dal punto di vista delle pubbliche amministrazioni si avrebbe poi l’enorme vantaggio di non generare nuovo debito pubblico qualora i diritti incorporati nel token fossero paragonabili a diritti di equity o quasi equity.

In questo caso, difatti, la remunerazione dell’investimento dei privati deriverebbe dal vantaggio economico realizzabile grazie al/ai token, sicché vi sarebbe un trasferimento del rischio economico in capo ai privati proporzionalmente alla quota parte di progetto finanziato da questi. Per converso i privati sarebbero tutelati grazie ai diritti di governance incorporati nel token, che potrebbero garantire diritti di voto sin dalla fase di progettazione dell’opera volti a consentire ai soggetti aderenti di tutelare il proprio investimento o, per lo meno, di sopportare rischi parametrati alle proprie decisioni in ordine all’utilizzo delle risorse economiche da loro stanziate. In tale ottica, dunque, un fondamentale elemento dell’operazione sarebbe la definizione da parte dei promotori di ciascuna iniziativa di un giusto equilibrio tra rischio sopportato dai sottoscrittori di token e diritti riconosciuti agli stessi.

In ultima analisi, si è inteso qui prospettare soluzioni concrete ed efficaci per raggiungere un duplice obiettivo: incrementare i fondi pubblici, garantendo al contempo una maggiore ed efficace partecipazione del tessuto sociale alle attività ed alle scelte istituzionali.

Il tutto senza che sia necessario ripensare le forme di governance attuali. Tutt’altro. Le soluzioni in questa sede prospettate tengono conto del quadro giuridico attuale e dei modelli di finanziamento pubblico-privato. Alla luce del quadro su rappresentato, le forme di finanziamento pubblico-privato realizzate con l’impiego della tecnologia blockchain possono così rilanciare le collaborazioni tra il settore pubblico e quello privato ed aprire a nuove possibilità per il miglioramento delle opere pubbliche.

Per tutto quanto precede, riteniamo che la definizione di progetti cittadini, e non solo, attraverso l’impiego di uno strumento a partecipazione pubblica-privata sviluppata con tecnologia blockchain sia oggi quanto mai possibile e, soprattutto, necessaria.

  1. Il presente articolo nasce da un’idea condivisa dagli amici e colleghi Benedetta Cappiello, Gherardo Carullo e Marco Pagani, e le riflessioni ivi esposte sono da intendersi come il frutto di una loro comune visione. I paragrafi sono stati così suddivisi: Benedetta Cappiello paragrafi 4 e 6; Gherardo Carullo paragrafo 2. Benedetta, Gherardo e Marco hanno d’intesa redatto i paragrafi 1, 5, 7, 8 e 9. Si ringrazia infine Mariaelena Attardo la quale, grazie anche alla sua esperienza lavorativa nel Comune di Milano, ha potuto arricchire il testo portando gli esempi di cui al paragrafo 3, da lei redatto.
  2. Sul tema smart city, cfr. J.-B. Auby, Droit de la ville : Du fonctionnement juridique des villes au droit à la Ville, II Ed., Lexis Nexis, Paris, 2016.
  3. Ne è da ultimo un esempio la crisi economica generata dalla pandemia da COVID-19.
  4. Cfr. K. Werbach, The Blockchain and the New Architecture of Trust, MIT Press, London, 2018. Un esempio paradigmatico di tale fenomeno è dato dal caso della Polonia, sul che v. W. Sadurski, Poland’s Constitutional Breakdown, Oxford University Press, Oxford, 2019.
  5. V. OECD Principles for Public Governance of Public-Private Partnerships, 2012, https://www.oecd.org/gov/budgeting/oecd-principles-for-public-governance-of-public-private-partnerships.htm.
  6.  V. la Comunicazione interpretativa della Commissione, vertente sull’applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPP), 2008/C 91/02, pag. 4.
  7.  In proposito, oltre alle istituzioni europee, anche la giurisprudenza nazionale ha ripetutamente affermato l’ammissibilità della compartecipazione societaria dell’amministrazione aggiudicatrice alla società concorrente, non determinando detta situazione alcuna automatica violazione dei principi concorrenziali e di parità di trattamento (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 11 luglio 2008, n. 3499; Ibid., sez. V, 27 settembre 2004, n. 6325; Cons. Giust. Amm., 24 dicembre 2002, n. 692).
  8.  Come rilevato da N. Lugaresi, Concessione di lavori pubblici e finanza di progetto, in F. Mastragostino (a cura di), La collaborazione pubblico-privato e l’ordinamento amministrativo. Dinamiche e modelli di partenariato alla luce delle recenti riforme, Giappichelli, Torino, 2011, p. 546.
  9.  In tal senso F. Cortese, Tipologie e regime delle forme di collaborazione tra pubblico e privato, in F. Mastragostino (a cura di), La collaborazione pubblico-privato e l’ordinamento amministrativo. Dinamiche e modelli di partenariato alla luce delle recenti riforme, Giappichelli, Torino, 2011, p. 44.
  10.  Così G. Grüner, Compiti e ruolo del socio pubblico: direzione (società miste) e dominio (società in house), in Dir. Ec., 2, 2012, p. 5
  11.  In tal senso cfr. T.A.R., Sez. I Lecce, Puglia, 01 luglio 2008, n. 2017; in termini Consiglio di Stato, Sez. VI, 23 settembre 2008, n. 4603. In dottrina per tutti, cfr. F.G. Scoca, Il punto sulle c.d. società pubbliche, in Atti del Convegno «Le società pubbliche», Editoriale Veneta, Venezia, 2004, p. 37.
  12. Sul tema delle compensazioni per oneri di servizio pubblico, v. D. Gallo, Finanziamento dei servizi di interesse economico generale e aiuti di Stato nel diritto comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. com., 5, 2007.
  13. Sull’obbligo di gara per la selezione del socio privato v. la pronuncia della Corte di giustizia, 15 ottobre 2009, C-196/08, Acoset.
  14. Corte dei Conti Europea, Relazione speciale n. 09, Partenariati Pubblico-Privato nell’UE: carenze diffuse e benefici limitati, 2018, https://www.eca.europa.eu/it/Pages/DocItem.aspx?did=45153.
  15. Si pensi che nel 2018 il Comune di Milano ha chiuso il bilancio con 3,1 miliardi di euro per la sola parte corrente. Per Londra il sindaco supervisiona un budget totale di £ 17 miliardi all’anno.
  16. V. il report prodotto dal Dipartimento per la Programmazione e il Coordinamento della Politica Economica, Partenariato Pubblico Privato in Italia. Stato dell’arte, futuro e proposte, Febbraio 2010, http://www.astrid-online.it/static/upload/protected/Stud/Studio-PPP_DIPE_UTFP_02_10.pdf.
  17. Comune di Milano, Deliberazione della giunta comunale n. 838 del 30/04/2015.
  18. V. https://www.comune.milano.it/servizi/bike-sharing.
  19. Si veda il Libro Bianco di Milano sull’innovazione sociale, 2017, pp.13-15.
  20. V. la graduatoria all’indirizzo https://bilanciopartecipativo.comune.milano.it/content/view/60.
  21. Per maggiori informazioni si veda https://economiaelavoro.comune.milano.it/progetti/crowdfunding-civico.
  22. V. le dichiarazioni rese da Tajani e Majorino, https://economiaelavoro.comune.milano.it/news/crowdfunding-civico-16-progetti-diventano-realta.
  23. Si pensi, ad esempio, al protocollo di comunicazione peer-to-peer denominato BitTorrent, sul che cfr. https://en.wikipedia.org/wiki/BitTorrent.
  24. Lambda, P2P Network Systems- A Go-To Guide for Understanding How They Work, in Medium, 2018, https://medium.com/@Lambdaim/p2p-network-systems-a-go-to-guide-for-understanding-how-they-work-cd534d981161.
  25. Per quanto concerne il quadro normativo, cfr. Direttiva 2001/29/EC del 22 maggio 2001 sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione; in seno agli Stati Uniti di America cfr. U.S. Copyright Act (2016) paras 17 et 109.
  26. Ai sensi dell’art. 1, c. 1, lett. i-quater), si intende per «duplicato informatico» «il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario».
  27. V. ad es. S. Al-Rafee, K. Rouibah, The fight against digital piracy: An experiment, in Telematics and Informatics, vol. 27, 3, 2010.
  28. Ryadel, DRM – when it’s legit to remove it and how to do that, in Medium, 2019, https://medium.com/ryadel/drm-when-its-legit-to-remove-it-and-how-to-do-that-9aeb82f70c51; A. Morales, Thinking Too Small: When Digital Scarcity Hurts The Future of Blockchain Games, in Medium, 2018, https://medium.com/@mentapurpura/thinking-too-small-when-digital-scarcity-hurts-the-future-of-blockchain-games-850be208417e. S. Ammous, The Bitcoin Standard: The Decentralized Alternative to Central Banking, John Wiley & Sons, Hoboken, New Jersey, 2018; M. Ficsor, The Law of Copyright and the Internet: The 1996 WIPO Treaties, Their Interpretation and Implementation, Oxford University Press, Oxford, 2002. Rivaro, L’applicazione del principio di esaurimento alla distribuzione digitale di contenuti protetti, in Giur. comm., 2014, pp. 1149–1164; C. Heath, Parallel imports and international trade, in IIC, vol. 28, 5, 1997.
  29. X. Xu, I. Weber, M. Staples, Architecture for Blockchain Applications, Springer International Publishing, Cham, 2019.
  30. Token potrebbe essere tradotto in “gettone”, tuttavia nel settore blockchain anche in lingua italiana è comunemente utilizzato il termine inglese, che viene per ciò utilizzato anche in questa sede.
  31. K.F. Low, E. Mik, Pause the Blockchain Legal Revolution, in International & Comparative Law Quarterly, vol. 69, 1, 2020, Cambridge University Press; J. Bonneau e altri, Sok: Research perspectives and challenges for bitcoin and cryptocurrencies, in 2015 IEEE Symposium on Security and Privacy, IEEE, San Jose, CA, 2015
  32. Per l’Italia, si rinvia alle risposte di interpello predisposte dall’Agenzia delle entrate. Cfr. in particolare, Agenzia delle Entrate, Risposta n. 110, Articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 giugno 2000, n. 212 – emissione token (Initial Coin Offering – ICO) – Trattamento IVA; Agenzia delle Entrate, Risposta n. 14, Regime fiscale (IRES, IRAP ed IVA) relativo all’offerta di Token digitali. ART.11 comma 1 lettera a, legge 27 luglio 2000, n. 212; Direttiva UE 2016/1065 del 27 giugno 2016 che emenda la direttiva 2006/112/EC sul trattamento fiscale dei voucher.
  33. ESMA, Crypto-assets need common EU-wide approach to ensure investor protection, 2019, pp. 157-1391, https://www.esma.europa.eu/document/crypto-assets-need-common-eu-wide-approach-ensure-investor-protection; UK Cryptoassets Task Force, final report, ottobre 2018, https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/752070/cryptoassets_taskforce_final_report_final_web.pdf; v. anche UK Jurisdiction Task Force, Report Legal statement on cryptoassets and smart contracts, 2019, https://www.lawsociety.org.uk/news/stories/cryptoassets-dlt-and-smart-contracts-ukjt-consultation/; FATF, Virtual Currencies Key Definitions and Potential AML/CFT Risks, 2014, https://www.fatf-gafi.org/media/fatf/documents/reports/Virtual-currency-key-definitions-and-potential-aml-cft-risks.pdf. V. M.T. Henderson, M. Raskin, A Regulatory Classification of Digital Assets: Toward an Operational Howey Test for Cryptocurrencies, ICOs, and Other Digital Assets, in SSRN, 2018, https://papers.ssrn.com/abstract=3265295.
  34. S. Pierro, La qualificazione giuridica e il trattamento fiscale delle criptovalute, in Rivista del Diritto Tributario, 2, 2020; F. Annunziata, La disciplina delle trading venues nell’era delle rivoluzioni tecnologiche: dalle criptovalute alla distributed ledger technology, in Rivista Orizzonti del Diritto Commerciale, 3, 2018.
  35. Direttiva UE 2004/39/EC, relativa ai mercati degli strumenti finanziari; Direttiva 2014/65/UE relativa ai mercati degli strumenti finanziari; Regolamento 600/2014/UE sui mercati degli strumenti finanziari.
  36. Cfr. Legge 2019-486 del 22 maggio 2019, nota come legge PACTE che introduce una disciplina facoltativa per le ICOs che si terranno sul territorio.
  37. CONSOB, Le offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività, rapporto finale, 2 gennaio 2020, http://www.consob.it/documents/46180/46181/ICOs_rapp_fin_20200102.pdf/70466207-edb2-4b0f-ac35-dd8449a4baf1. Cfr. M. Tambucci, Blockchain-based financial instruments and the role of regulatory authorities: the Italian perspective, in B. Cappiello; G. Carullo (a cura di), Blockchain, Law and Governance, Springer, Berlin, 2020.
  38. Cfr. https://news.bitcoin.com/cryptocurrency-act-of-2020
  39. UNCITRAL Model Law on Electronic Transferable Records. https://www.uncitral.org/pdf/english/texts/electcom/MLETR_ebook.pdf; per la dottrina, cfr. T. Wu, Network neutrality, broadband discrimination, in Journal on Telecomm. & High Tech. L., 2, 2003, pp. 141–176; J.R. Kresse, Privacy of Converstations over Cordless and Cellular Telephones: Federal Protection under the Electronic Communications Privacy Act of 1986, in George Mason University Law Review, 9, 1986; C. Reed, Taking sides on technology neutrality, in SCRIPTed, vol. 4, 2007; R. Ali, Technological neutrality, in Lex Electronica, 2, 2009.
  40. Per una definizione di ICO, cfr. la Comunicazione della Commissione relativa al Piano d’azione per le tecnologie finanziarie: per un settore finanziario europeo più competitivo e innovativo, 8.3.2018; COM(2018) 109 final.
  41. ESMA Advice on Initial Coin Offerings and Cryptoasset (ESMA50-157-1391), 9 January 2019, https://www.esma.europa.eu/document/advice-initial-coin-offerings-and-crypto-assets.
  42. Cfr. in particolare, Agenzia delle Entrate, Risposta n. 110, Articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 giugno 2000, n. 212 – emissione token (Initial Coin Offering – ICO) – Trattamento IVA.
  43. cfr. Agenzia delle Entrate, Risposta n. 14, Regime fiscale (IRES, IRAP ed IVA) relativo all’offerta di Token digitali. ART.11 comma 1 lettera a, legge 27 luglio 2000, n. 212
  44. CONSOB, Le offerte iniziali e gli scambi di cripto attività, Report finale, 2 gennaio 2020, http://www.consob.it/documents/46180/46181/ICOs_rapp_fin_20200102.pdf/70466207-edb2-4b0f-ac35-dd8449a4baf1.
  45. W.A. Kaal, Blockchain-Based Corporate Governance, in SSRN, 2019, https://papers.ssrn.com/abstract=3441904. Per un inquadramento del concetto, cfr. https://ethereum.stackexchange.com/questions/383/what-is-a-dapp.
  46. C. Calcaterra, On-Chain Governance of Decentralized Autonomous Organizations: Blockchain Organization Using Semada, in SSRN, 2018, https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=3188374; C.L. Reyes, N. Geslevich Packin, B.P. Edwards, Distributed Governance, in Wm. & Mary L. Rev. Online, 59, 2017.
  47. In tal caso si trattava del sito internet della piattaforma stessa, così come presso piattaforme di Exchange.
  48. Solitamente vengono accettati pagamenti sia in moneta corrente (ad es. dollari od euro), sia in criptovalute (ad es. Bitcoin).
  49. Circa $168 milioni, suddivisi tra circa 10.000 mila investitori.
  50. Cfr. Securities and Exchange Commission (SEC). Securities exchange act of 1934. Release No. 81207 25 luglio 2017: Report of investigation pursuant to Section 21(a) of the Securities Exchange Act of 1934 Report, – pp .7-8.
  51. Si veda, ad esempio, il progetto open source denominato Hyperledger (https://www.hyperledger.org/), sviluppato da The Linux Foundation, il quale offre una serie di strumenti per lo sviluppo di soluzioni blockchain sicure e scalabili.
  52. Cfr. M. Ferrari, Are VAT rules really inadequate for Distributed Ledger Technology’s transactions?, in B. Cappiello; G. Carullo (a cura di), Blockchain, Law and Governance, Springer, Berlin, 2020.

Benedetta Cappiello

Senior lecturer in International Law at the University of Milan and Lawyer at the bar of Milan.

Gherardo Carullo

Associate Professor of Administrative Law at the University of Milan. Lawyer at the bar of Bologna.

Marco Pagani

Founder and CEO of WizKey.io

Mariaelena Attardo

Bank advisor in Banco BPM