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In che misura, e in che modo, il controllo giurisdizionale è influenzato dal suo specifico contesto costituzionale? I recenti sviluppi nel controllo giurisdizionale sull’esercizio dei poteri amministrativi in Australia possono essere di un certo interesse per esplorare questo terreno. Questo paper discute dell’impatto della legge fondamentale australiana, la Costituzione, sull’applicazione giudiziaria di un concetto centrale per il sindacato giurisdizionale: l’invalidità. Sostiene che il pieno impatto della separazione del potere giudiziario nella Costituzione australiana sulla riflessione sullo status delle decisioni “invalide” deve ancora essere rivelato; e indica alcuni settori potenziali in cui possono essere necessari adeguamenti dottrinali per riflettere e integrare il ruolo dell’invalidità “costituzionalizzato”.

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Boris Johnson è giunto al potere come primo ministro del Regno Unito con una maggioranza inattaccabile di ottanta membri del parlamento (MPs), dopo le elezioni generali del dicembre 2019. L'uomo che doveva “get Brexit done” sembrava in completo controllo del suo partito, della Camera dei Comuni, del suo Paese. Uno dei primi ministri più controversi della nostra storia, Johnson, è stato lanciato da un caso mediatico all'altro. Il suo governo ha messo in luce le debolezze della contemporanea costituzione britannica e come tali debolezze possano essere “esposte” da un politico determinato a non essere vincolato dai vincoli convenzionali sul suo ufficio. Il paper traccia, dunque, il percorso verso la caduta di Johnson e le sue dimissioni, e suggerisce quali aree della Governance del primo ministro debbano essere attenzionate dal nuovo primo ministro del Regno Unito.

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Il contributo si propone di riflettere sui vani e ripetuti tentativi del legislatore di semplificare la normativa e le procedure per l’affidamento dei contratti pubblici, principalmente mediante discipline emergenziali che, spesso, generano maggiori incertezze di quelle che vorrebbero risolvere, e che comunque contribuiscono ad accrescere le difficoltà interpretative ed applicative. Si suggerisce perciò di perseguire in primo luogo la stabilità della disciplina, e in secondo luogo una sua effettiva semplificazione mediante la valorizzazione della discrezionalità, professionalità e responsabilità delle stazioni appaltanti.

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Ormai da tempo la pubblica amministrazione è considerata come un ostacolo allo sviluppo economico per via dell’alto grado di complessità, formalismo e inefficienza della sua attività. Ritenendo di poter fare a meno di un’amministrazione inefficiente, si assiste a un’espansione dell’amministrazione per legge. Per fare fronte a questo fenomeno si sono susseguite diverse riforme volte alla c.d. “sburocratizzazione”. La semplificazione amministrativa, però, non può essere concepita come semplice riduzione di una complessità, che in effetti rispecchia quella della realtà amministrata. In questo senso, la disciplina delle Zone Economiche Speciali offre un’interessante occasione per riflettere sui diversi tipi di semplificazione amministrativa prospettabili. Essa, infatti, consente da un lato di isolare alcune mutazioni subite da tradizionali istituti, come la conferenza dei servizi; dall’altro, invece, consente di definire la tensione tra l’istanza decisionista e quella “cognitiva”. È proprio quest’ultima, infatti, a consentire di valorizzare la necessità di un recupero della capacità tecnica dell’amministrazione, che potrebbe aiutare a individuare fecondi percorsi di riforme amministrative. La sola semplificazione, infatti, non è una soluzione sufficiente a risolvere la crisi dell’amministrazione pubblica e il PNRR sembra partire proprio da questa considerazione, promuovendo percorsi di selezione delle migliori competenze e qualificazione delle persone, attraverso una rivisitazione del pubblico concorso ed una valorizzazione del merito nella Pubblica Amministrazione.

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Con legge costituzionale n. 1 dell’11 febbraio 2022 è stato attribuito alla Repubblica il compito di tutelare l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi (anche nell’interesse delle future generazioni); è stato, inoltre previsto che la legge dello Stato disciplini i modi e le forme di tutela degli animali. Per la prima volta, quindi, la tutela degli animali viene menzionata nel testo costituzionale, peraltro nell’ambito della parte dedicata ai ‘principi fondamentali’; il testo presenta alcuni evidenti limiti, ciononostante, questa riforma è un indubbio passo in avanti con riguardo alla tutela giuridica degli animali, in linea con le esperienze di altri Paesi dell’Unione europea (e non solo), nonché con il diritto eurounitario.

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L'UE ha aggiunto alla nostra costituzione una dimensione di legalità superiore, determinata dal giudice e realizzata da un edificio costruito dalla legge. Quando furono apprese le lezioni di Van Gend en Loos e Costa c. ENEL, gli effetti furono profondi: non solo la legislazione che violava il diritto dell'UE direttamente applicabile non veniva applicata, ma potevano essere emesse ingiunzioni contro un ministro che sostituiva la Regina come funzionario della Corona in violazione del diritto dell'UE. L'uscita dall'UE ha comportato un'importante modifica della nostra Costituzione. L'EU (Withdrawal) Act 2018 (EUWA) (e ora si veda l'EU Withdrawal Agreement Act 2020) è stato approvato per garantire una transizione agevole per il sistema giuridico del Regno Unito dopo la Brexit. Ciò significa che tutto il diritto dell'UE (ad eccezione della Carta dei diritti fondamentali), insieme ai principi di interpretazione del diritto dell'UE antecedenti alla Brexit (noti come "principi generali del diritto") e alla giurisprudenza della Corte di giustizia antecedente alla Brexit, sono stati convertiti nel diritto del Regno Unito il 31 dicembre 2020 come " retained EU Law" (REUL). Il Governo intende sia dare priorità alla riforma del diritto dell'UE conservato nelle aree che porteranno "il maggior guadagno economico", sia dare al Parlamento il potere di definire con maggiore precisione il rapporto tra il diritto dell'UE conservato e il diritto del Regno Unito. Il margine di deviazione dagli standard dell'UE sarà limitato dalle realtà economiche e commerciali. Una priorità costituzionale urgente sarà la sfida al Parlamento di tenere sotto controllo l'ampia delega di poteri legislativi all'esecutivo che la Brexit ha comportato.

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Il presente contributo si propone di delineare il profilo dell’istituto della bonifica ambientale in caso di fallimento o liquidazione giudiziale dell’imprenditore alla luce della normativa e giurisprudenza più recenti. Dopo aver ripercorso il dibattito giurisprudenziale sviluppatosi in materia, la sentenza del Consiglio di Stato, Ad. Plen., n. 3/2021 ha affermato che la presenza dei rifiuti in un sito industriale e la posizione di detentore degli stessi, che il curatore fallimentare acquisirebbe al momento della dichiarazione di fallimento o a seguito della liquidazione giudiziale, radicherebbero la “legitimatio ad causam” della stessa curatela. In tal senso, alla luce della Legge costituzionale 11 febbraio 2022, n.1, è stata conferita dignità costituzionale all’ambiente, innovando ulteriormente l’istituto qui in commento, soprattutto alla luce delle disposizioni dettate dalla Legge Fallimentare.

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Per mettere in questione le relazioni fra e-democracy, tecnica, tecnologia e politica occorre prima definire con precisione i contorni semantici dei termini. Definiti i termini, emerge che la democrazia elettronica solo in parte trascina con sé il nucleo essenziale della nozione di democrazia. Dato che la tecnica è l’ambiente entro il quale si dispiega la e-democracy, ciò cui essa tende non è più lo scopo principale, ossia lo scopo escludente altri scopi: il suo vero scopo è appropriarsi della tecnica, senza la quale essa neppure è pensabile. In analogo modo per le politiche, che sono poi insiemi di scopi particolari cui tende l’azione organizzata di gruppi di individui e di interessi. Anche i loro portatori nulla possono di efficace se non appropriarsi della tecnica. Ma quest’ultima vuole solo il proprio autopetenziamento e nulla di più. Queste sono le insanabili contraddizioni che appaiono a un’indagine condotta con un linguaggio attentamente sorvegliato. Tecnica, politica e e-democracy sono termini in contrasto inconciliabile fra loro. I pericoli della e-democracy sono evidenti: attuazione di forme di manipolazione degli individui; creazione di stratificazioni fra utenti del web; esclusione degli utenti “non capaci”; illusione della diffusione di maggiori tassi di democrazia attraverso vere e proprie inversioni delle categorie della qualità e della quantità dell’apporto delle persone.

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Il presente contributo si propone di delineare il profilo dell’istituto del soccorso istruttorio nella normativa e giurisprudenza più recenti. Partendo dagli elementi che connotano l’istituto in generale, l’analisi si occuperà in particolare di analizzare gli orientamenti giurisprudenziali relativi alla sua applicazione nel contesto dell’azione amministrativa digitalizzata. La proposta avanzata dagli Autori è che l’istituto possa diventare da una parte mezzo essenziale per il superamento dei problemi tecnologici e di digital divide tra cittadino e amministrazione, dall’altra strumento di attuazione dei principi di semplificazione contribuendo a ridurre gli oneri a carico dei privati che partecipano al procedimento amministrativo.

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L’avvento di Uber ha stravolto le categorie giuridiche tradizionali e impone un ripensamento dei paradigmi dell’intervento pubblico in economia. La volontà del presente contributo è quella di analizzare e di mettere a confronto gli interventi di regolazione del fenomeno Uber, attraverso una lettura comparata dell’ordinamento statunitense e di quello europeo, anche alla luce della più ampia prospettiva di regolamentazione dei servizi nati e sviluppatesi grazie alla rete e generalmente riconducibili alla categoria della sharing economy che si trova ad operare in settori fortemente regolamentati e dominati spesso da operatori ispirati a valori fortemente corporativistici. L’analisi condotta è funzionale a illustrare alcuni spunti per un’efficace regolazione del fenomeno che sappia coniugare l’esigenza di superamento di ottiche di regolazione eccessivamente rigide ispirate a una chiusura del settore che hanno inevitabilmente effetti deleteri sui consumatori che vogliano usufruire del servizio di trasporto sia di forme di liberalismo eccessive che svincolino i gestori delle piattaforme, spesso grandi multinazionali, dai vincoli a cui gli operatori tradizionali sono sottoposti.

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