José Luís da Cruz Vilaça

Professore di diritto europeo; Managing Partner di CVA; già avvocato generale e giudice della CGUE; già presidente del Tribunale di primo grado delle Comunità europee (ora Tribunale dell'Unione europea)

Lo sport va ben oltre la sua dimensione economica. Fa parte dell'identità e della cultura dell'Europa e persegue importanti obiettivi sociali, educativi e di coesione. Tuttavia, per quanto riguarda gli sport professionistici e il calcio in particolare, la dimensione economica ha normalmente avuto la precedenza. Il fatto che il diritto UE introduca limiti alle norme emanate dagli organi di governo sportivi non è una questione nuova . Tuttavia, i recenti avvenimenti, legati in particolare ad una rinnovata spinta da parte di alcune delle squadre di calcio più grandi e più ricche ad istituire "leghe separatiste", hanno portato nuovamente alla ribalta il rapporto tra diritto comunitario e sport.

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La Corte costituzionale tedesca, a seguito di un ricorso proposto da duemila cittadini tedeschi, ha statuito che, in attesa della sua decisione finale, il presidente tedesco, Frank-Walter Steinmeier, non possa promulgare la legge relativa alla Decisione sulle risorse proprie che consente alla Commissione europea di emettere obbligazioni sui mercati per finanziare il dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility-RRF). Decisione che era già stata approvata dal Bundestag e dal Bundesrat. I ricorrenti sostengono che il modo in cui il RFF è finanziato viola l'obbligo dell'UE di mantenere un bilancio in pareggio e considerano l'emissione prevista come una "violazione flagrante del trattato UE", vale a dire dell'articolo 311 del trattato sul funzionamento dell'UE (TFUE). Non è la prima volta, e probabilmente non sarà l'ultima, che il Bundesverfassungsgericht mette in questione e testa i limiti delle competenze europee e il rapporto tra sovranità costituzionale tedesca ed europea. È stato così con le sentenze Solange, nei decenni del 1970 e 80; nell'esaminare la costituzionalità della legge che ha ratificato il trattato di Maastricht nel 1992 e nella valutazione della legge che ha ratificato il trattato di Lisbona nel 2009; e, last but not the least, l'anno scorso, la Corte ha contestato il Public Sector Purchase Programme (PSPP) della Banca centrale europea, avvalendosi dei poteri conferiti dai trattati esclusivamente alla Corte di giustizia dell'UE e minacciando così le fondamenta stesse di un ordinamento giuridico di integrazione costruito in oltre 70 anni. Senza la Decisione sulle risorse proprie, che deve essere approvata da tutti gli Stati membri, la Commissione non sarà in grado di emettere le obbligazioni necessarie per finanziare la RRF. Per evitare di aggiungere una grave crisi economica a quella pandemica, aggravata in Europa dalle carenze nella gestione da parte della Commissione europea dell'acquisto dei vaccini, il Bundesverfassungsgericht dovrebbe fornire con urgenza una risposta. In un certo senso, la Corte costituzionale tedesca si è posta, nelle questioni europee, come il difensore di un rigido nazionalismo costituzionale, incompatibile con l'impegno della Germania per l'integrazione europea. Sicché, ancora una volta, a lungo termine il futuro dell'Unione europea sarà deciso dalla risposta a breve termine della Corte costituzionale tedesca.

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Il 9 dicembre 2020 la Corte costituzionale portoghese ("PCC") ha sottoposto alla Corte di giustizia dell'Unione europea ("CGUE") la sua prima questione pregiudiziale. In una causa che avrebbe comportato la necessità di bilanciare diverse norme del Trattato, quali il diritto tributario dell'UE antidiscriminatorio (articolo 110 TFUE) e la tutela dell'ambiente (articolo 191 TFUE), la CPC ha riconosciuto la sua natura di corte contro le cui decisioni non esiste un ricorso giurisdizionale nazionale e ha sottoposto la questione alla Corte di giustizia dell'Unione europea. Questa sentenza va letta in combinato disposto con la sentenza nella causa n. 422/2020 del 15 luglio 2020, in cui il CPC ha riconosciuto alla CGUE la competenza esclusiva di interpretare e valutare la validità del diritto dell'UE, dichiarando di conseguenza la sua incompetenza a farlo. Dopo aver riassunto i fatti principali della causa, il presente articolo si propone di analizzare le sue conseguenze sul rapporto tra la CPC e la CGUE.

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L'accordo commerciale con il Regno Unito ha evitato lo scenario peggiore, ma è complesso e contingente. Stabilisce la libertà degli scambi di merci, senza evitare l'aumento della burocrazia doganale. Definisce una piattaforma per la parità, ma prevede misure compensative (ritorsioni?) in caso di deroga alle norme in vigore. Non c'è praticamente alcun accordo per i servizi, per cui i negoziati devono proseguire. Esiste una moratoria sulla pesca fino al 2026, con una graduale riduzione delle catture nella zona economica esclusiva (ZEE) britannica. Gli europei possono viaggiare senza visto per 90 giorni, ma non esiste un accordo generale sulla mobilità. In sostanza, il Regno Unito diventa un paese terzo per l'Unione europea e le norme sull'applicazione del trattato e sulla risoluzione dei conflitti, basate su misure arbitrali e compensative, possono sfociare in una procedura permanente di negoziazione e contenzioso

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Mentre il mantenimento dei diritti acquisiti dai cittadini UE residenti nel Regno Unito (e viceversa) prima del recesso è garantito dall’Accordo sul recesso firmato a gennaio, ed entrato in vigore il 1° febbraio 2020, il futuro delle relazioni tra UE e Regno Unito dipende del risultato dei negoziati in corso. Negoziati il cui esito rimane molto incerto, data la difficoltà di pervenire ad un accordo di libero scambio e sulla pesca; e data la recente iniziativa britannica di un disegno di legge presentato dal governo britannico stesso come un inadempimento parziale all’Accordo di recesso per quanto riguarda la circolazione delle merci tra Irlanda del Nord e UE. La tattica negoziale dell'attuale governo britannico - e in particolare del suo leader - è diventata però chiara: si tratta di mostrare i muscoli in vista del braccio di ferro che si terrà nelle prossime settimane. Sicché, in verità, un accordo commerciale equo e reciprocamente vantaggioso, e che al tempo stesso mantenga la pace sul fronte irlandese, duramente conquistata, è ancora possibile.

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Questo articolo analizza la recente sentenza della Corte costituzionale tedesca, che ha affermato l'ultra vires del PSPP (Public Sector Purchase Programme) adottato dalla BCE (Banca centrale europea). L'autore intraprende un'analisi approfondita del rapporto tra la Corte di giustizia europea (CGUE) e le corti costituzionali degli Stati membri, toccando anche i principi fondamentali del diritto dell'UE alla base di tale cooperazione giudiziaria, che è una delle caratteristiche principali dell'architettura giudiziaria dell'Unione. Tale analisi porta alla conclusione che la Corte costituzionale tedesca ha frainteso, tra l'altro, i principi di attribuzione e proporzionalità e ha minacciato le fondamenta stesse dell'ordinamento giuridico dell'UE, della sua integrità e autonomia, sostituendo la cooperazione giudiziaria con il confronto giudiziario e ignorando il principio di uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati e il principio di leale cooperazione tra l'Unione e i suoi Stati membri. Inoltre, la decisione della Corte costituzionale tedesca sfida le competenze esclusive conferite alla Corte di giustizia dai trattati, minando così il principio di legalità alla base del diritto dell'Unione europea. Mette inoltre seriamente a rischio l'indipendenza della BCE e del SEBC, inclusa la Bundesbank, nello svolgimento dei loro compiti nel campo della politica monetaria. Alcune parole finali sono dedicate ad una valutazione delle conseguenze immediate del giudizio, nonché dei possibili modi per superarlo.

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Questo articolo analizza la recente sentenza della Corte costituzionale tedesca, nella quale il PSPP (Public Sector Purchase Programme) adottato dalla Banca Centrale Europea (BCE) viene considerato ultre vires. L’autore intraprende una analisi approfondita della relazione che intercorre tra la Corte di Giustizia europea e le Corti costituzionali degli Stati membri, toccando anche i principi fondamentali del diritto dell'Unione su cui si fonda tale cooperazione giudiziaria, che rappresenta una delle caratteristiche principali dell'architettura giudiziaria dell'Unione. Tale analisi giunge alla conclusione che la Corte costituzionale tedesca ha frainteso, tra l'altro, i principi di attribuzione e proporzionalità e ha minacciato le fondamenta stesse dell'ordinamento giuridico dell'UE, la sua integrità e autonomia, sostituendo la cooperazione giudiziaria con il confronto giudiziario e ignorando il principio di uguaglianza degli Stati membri davanti ai Trattati, nonché il principio di leale cooperazione tra l'Unione e i suoi Stati membri. Inoltre, la decisione della Corte costituzionale tedesca sfida le competenze esclusive conferite alla Corte di giustizia dai trattati, minando così lo Stato di diritto nel cuore dell'Unione europea. Mette inoltre seriamente a rischio l'indipendenza della BCE e del SEBC, compresa la Bundesbank, nello svolgimento dei loro compiti nel campo della politica monetaria. Alcune parole finali sono dedicate ad una valutazione delle conseguenze immediate del giudizio, nonché ai possibili modi per superarlo.

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