Tutela del benessere animale ed interessi economici tra diritto nazionale ed eurounitario

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Tutela del benessere animale ed interessi economici tra diritto nazionale ed eurounitario

DOI: 10.13130/2723-9195/2024-3-17
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La III Sezione del Consiglio di Stato, in una ordinanza del luglio 2023, afferma che l’articolo 9 della Costituzione, come novellato, ha di fatto inserito la tutela degli animali tra i cosiddetti ‘principi supremi’; conseguentemente, la compromissione dell’interesse dell’animale (ed in particolare la perdita della vita) può avvenire solo a seguito di una rigorosa valutazione sulla necessità e proporzionalità della misura da adottarsi, questo in particolare quando l’interesse umano che rileva è un interesse meramente economico.


Protection of animal welfare and economic interests between national and EU law
Section III of the Council of State, in an order of July 2023, states that article 9 of the Constitution, as amended, has effectively included the protection of animals among the so-called ‘supreme principles’; consequently, animal’s interests (and in particular their loss of life) can be affected only following a rigorous evaluation of the necessity and proportionality of the measure to be adopted, in particular when the human interest at stake is purely economic.
Sommario: 1. Premessa.- 2. L’ordinanza n. 5473 del 2023: la tutela degli animali come ‘principio supremo’.- 3. Tutela del ‘singolo animale’ come interesse autonomo: articolo 13 TFUE e relative interpretazioni giurisprudenziali.- 4. Gli animali tra ‘tutela rafforzata’ ed interessi economici.- 5. Conclusioni.

1. Premessa

In una ordinanza del luglio 2023[1], la III Sezione del Consiglio di Stato afferma che l’articolo 9 della Costituzione, come novellato[2], ha di fatto inserito la tutela degli animali tra i cosiddetti ‘principi supremi’; conseguentemente, la compromissione dell’interesse dell’animale (ed in particolare la perdita della vita) può avvenire solo a seguito di una rigorosa valutazione sulla necessità e proporzionalità della misura da adottarsi.

Questa conclusione si pone perfettamente in linea con la giurisprudenza della Corte di giustizia interpretativa dell’articolo 13 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)[3], nonché con precedenti pronunce dello stesso giudice amministrativo, nell’ambito della quali è stato più volte chiarito che il benessere degli animali è riconosciuto come un valore da tutelare ed un interesse pubblico che non può essere sacrificato sic et simpliciter, ma solo a seguito di una adeguata ponderazione con gli altri interessi in gioco.

Questo significa che gli interessi umani non possono prevalere in linea di principio su quelli ‘animali’, soprattutto se si tratta nel primo caso di interessi economici che, come sottolinea la III Sezione, non devono acquisire un peso preponderante nella valutazione sulla proporzionalità della misura che lede il benessere dell’animale.

È interessante evidenziare come a questa conclusione fosse già pervenuta la Corte di giustizia in una pronuncia del 2018[4], riguardante il tema delle macellazioni rituali, nell’ambito della quale si chiarisce che il sacrificio dell’interesse dell’animale può e deve essere comparato con l’interesse alla tutela della libertà religiosa (entro certi limiti) o della sicurezza pubblica, ma non con interessi puramente economici.

Nell’ambito del presente lavoro, partendo da alcune statuizioni della succitata ordinanza, si vuole proporre una riflessione più generale riguardante il valore giuridico della tutela degli animali nell’ambito dell’ordinamento nazionale ed eurounitario soprattutto alla luce delle recenti novità costituzionali.

2. L’ordinanza n. 5473 del 2023: la tutela degli animali come ‘principio supremo’

Con l’ordinanza del 14 luglio 2023 n. 5473[5], la III Sezione del Consiglio di Stato è chiamata a pronunciarsi sull’ordinanza cautelare del Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento che negava la sospensione dell’impugnato decreto del Presidente della Provincia autonoma, con il quale era stato autorizzato (ai sensi dell’art. 1[6] della legge provinciale 11 luglio 2018, n. 9[7]) l’abbattimento di un esemplare di orso bruno, al fine di garantire l’interesse alla salute e alla sicurezza pubblica, a seguito di attacchi avvenuti contro escursionisti.

In adesione alle richieste dei ricorrenti (varie associazioni di tutela degli animali), la III Sezione annulla l’ordinanza impugnata e dispone la sospensione del decreto presidenziale.

In primis, il Collegio ricorda come, a livello sovranazionale, l’orso bruno sia protetto dalla Convenzione di ‘Berna’ del 1979, sulla conservazione della flora e fauna selvatica europea e dei suoi habitat naturali[8], essendo inserito nell’Allegato n. II che individua le specie animali ‘strettamente protette’.

In questo senso, l’art. 6 della Convenzione stabilisce che le Parti contraenti debbano prendere i provvedimenti legislativi regolamentari appropriati e necessari per assicurare la conservazione delle specie di fauna selvatica enumerate nell’allegato II. In particolare, è vietata qualsiasi forma intenzionale di cattura di detenzione e di uccisione.

L’abbattimento è consentito solo per prevenire importanti danni a colture, bestiame, zone boschive, riserve di pesca, acque e altre forme di proprietà, nonché, nell’interesse della salute e della sicurezza pubblica (art. 9).

L’orso è ‘specie da proteggere’ anche ai sensi della CITES, ovvero della Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e di fauna selvatiche minacciate di estinzione, firmata nel 1975[9].

Ancora.

L’orso bruno è una specie protetta ai sensi della legge n. 157 dell’11 febbraio 1992, Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio (art. 2, 1 A); della Direttiva 92/43/CEE, Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (Direttiva ‘Habitat’)[10] e del DPR n. 357 dell’8 settembre 1997, attuativo di tale Direttiva.

Sulla base di questa normativa, in linea con le Convenzioni internazionali succitate, la cattura e l’uccisione di esemplari di orso è vietata e la possibilità di derogare al divieto è circoscritta ad ipotesi limitate. In questo senso, l’art. 16 della Direttiva 92/43/CEE indica una serie di interessi pubblici[11] che possono giustificare tale deroga, ma specifica che questa può essere applicata a condizione che non esista un’altra soluzione valida e che non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale.

In altre parole, il sacrificio della vita dell’animale deve essere l’extrema ratio ed è ammesso solo dopo un rigoroso giudizio di necessità e proporzionalità.

Il Collegio ricorda come la Corte di Giustizia abbia avuto modo di pronunciarsi sull’interpretazione della Direttiva Habitat in svariate pronunce. In particolare, i giudici europei hanno chiarito che la Direttiva ha come obiettivo quello di garantire una rigorosa tutela delle specie animali[12] e, in questo senso, impone agli Stati membri, sia l’adozione di un quadro normativo generale, che l’attuazione di specifiche misure di tutela anche a carattere preventivo[13] , in modo da consentire di evitare la cattura o l’uccisione deliberata nell’ambiente naturale di esemplari delle specie protette[14]; in questo senso, la deroga prevista all’art. 16 è sottoposta a rigide condizioni e deve essere interpretata restrittivamente[15].

A livello nazionale, il potere di autorizzare la deroga al divieto di cattura o uccisione delle specie protette è attribuito, dall’art. 11, comma 1, del D.P.R. n. 357 del 1997, al Ministero dell’Ambiente, sentiti per quanto di competenza il Ministro per le Politiche Agricole e l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), in linea con l’art. 16 della Direttiva, ove non esista un’altra soluzione valida e non si pregiudichi il mantenimento dello stato di conservazione della specie.

Sempre in Italia, il PACOBACE, ossia il Piano d’azione interregionale per la conservazione dell’orso bruno sulle Alpi centro-orientali[16] prevede l’adozione di alcune azioni per affrontare delle situazioni di criticità, tra cui, la cattura con rilascio allo scopo di spostamento e/o radiomarcaggio, la cattura per captivazione permanente, nonché, l’abbattimento, ma solo nel caso di elevati gradi di pericolosità dell’orso e con il coinvolgimento del Ministero dell’Ambiente e dell’ISPRA.

Inoltre, la Provincia di Trento ha dato attuazione all’art. 16 della Direttiva 92/43/CEE, con la succitata legge provinciale 11 luglio 2018, n. 9; quest’ultima, da una parte, attribuisce al Presidente della Provincia, previo parere dell’ISPRA, il potere di autorizzare il prelievo, la cattura o l’uccisione di esemplari della specie ‘orso bruno’, dall’altra, circoscrive l’esercizio di tale potere al sussistere di motivi imperativi di rilevante interesse pubblico e alla mancanza di un’altra soluzione valida, da valutarsi, attraverso l’ausilio di documenti tecnici, quali le Linee guida per l’attuazione della legge provinciale n. 9/2018 e dell’articolo 16 della direttiva Habitat che, in coerenza con le previsioni del PACOBACE, operano delle classificazioni degli attacchi e del comportamento degli esemplari (problematici).

Secondo il giudice di prime cure, la domanda cautelare presentata dalle associazioni ricorrenti non poteva essere accolta, in quanto il Presidente della Provincia aveva correttamente interpretato la succitata complessa normativa in materia e aveva ritenuto di ascrivere la condotta dell’orso al parametro di massima pericolosità previsto dai documenti tecnici, adottando quindi una misura drastica proporzionata a questa valutazione, ossia l’abbattimento; in linea, peraltro, con il parere espresso dall’ISPRA; quest’ultimo specifica, inoltre, che l’abbattimento del singolo esemplare non ha un significativo impatto sulla popolazione di orsi bruni delle Alpi centro orientali.

Ancora, secondo il Collegio, questa conclusione è avvalorata dal fatto che non sussistono, nel territorio della Provincia di Trento, strutture idonee alla captivazione permanente dell’animale; in altre parole, si ritiene che la captivazione non sia una soluzione sostenibile per la gestione degli orsi problematici a medio e lungo termine, data la scarsità di spazi e risorse, e le evidenti difficoltà nel garantire il benessere degli animali.

Secondo la III Sezione del Consiglio di Stato, questa conclusione non può essere accolta. Infatti, la protezione della vita degli animali, anche alla luce delle novità costituzionali, nazionali ed europee (art. 9 Cost. e art. 13 TFUE) ha una tutela rafforzata, a cui si può derogare solo in presenza di condizioni che sono da interpretarsi in maniera rigorosa e restrittiva, secondo una logica graduata che risponda, quindi, al canone di proporzionalità[17].

In questa chiave, come è noto, in termini generali, la misura adottata deve essere idonea a perseguire il fine, nonché deve essere l’unica possibile tale da non rappresentare un sacrificio eccessivo per il bene ritenuto recessivo all’esito del bilanciamento tra contrapposti interessi.

Venendo alla valutazione delle misure che possono essere adottate ai sensi dell’art. 1 della legge provinciale summenzionata, è possibile ricorrere a quella più grave solo ove sia provata l’impossibilità di adottare la misura meno cruenta e, quindi, a condizione che non esista un’altra soluzione valida.

Peraltro, questa interpretazione è, oggi, l’unica compatibile con l’articolo 9 comma 2 della Costituzione, in base al quale la legge dello Stato deve disciplinare i modi e le forme di tutela degli animali. In questo contesto, la tutela degli animali, essendo stata collocata tra i principi fondamentali della Repubblica, appartiene ai cosiddetti «principi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali. Tali sono tanto i principi che la stessa Costituzione esplicitamente prevede come limiti assoluti al potere di revisione costituzionale, quale la forma repubblicana (art. 139 Cost.), quanto i principi che, pur non essendo espressamente menzionati fra quelli non assoggettabili al procedimento di revisione costituzionale, appartengono all’essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana»[18].

Sicché, la norma primaria e quella secondaria, se non interpretate sulla scorta di tali canoni ermeneutici, sono inevitabilmente illegittime.

In conclusione, sulla base dell’impianto normativo e giurisprudenziale summenzionato, i giudici concludono che può ricorrersi all’abbattimento dell’animale solo nell’ipotesi (estrema e di rara verificazione) di impossibilità oggettiva, non solo temporanea e soggettiva, da valutarsi secondo i criteri generali dell’ordinamento giuridico, di ricorrere ad azioni meno cruente.

Nel caso di specie poi, deve concludersi che il provvedimento impugnato in primo grado esorbita dal suddetto perimetro in quanto delibera l’abbattimento dell’animale senza avere adeguatamente valutato l’efficacia di misure intermedie idonee a salvaguardare l’incolumità pubblica senza sacrificare la vita dell’animale, bene giuridico oggi costituzionalmente protetto.

Inoltre, lo stesso provvedimento secondo la III Sezione presenta un vizio logico.

Infatti, la mancanza di adeguate strutture per l’accoglimento e la gestione di animali ‘problematici’ non può legittimare una misura che viola il principio di proporzionalità e che rischia di autorizzare un uso indiscriminato della soluzione estrema e più cruenta che invece deve costituire l’extrema ratio. Questa mancanza, peraltro, non può incidere sulle valutazioni dell’amministrazione che deve sempre cercare il punto di equilibrio tra le esigenze contrapposte sulla base del principio di proporzionalità.

In questo senso, date le carenze strutturali sarebbe stato compito dell’amministrazione quello di valutare ogni misura intermedia tra la libertà e l’abbattimento dell’animale e, quindi, anche l’ipotesi del trasferimento in una struttura diversa da quelle di proprietà della Provincia, eventualmente anche fuori dal territorio nazionale, ossia di una forma di captivazione realizzata mediante esternalizzazione.

Conclusivamente, la Sezione prevede che, poiché il provvedimento che dispone l’abbattimento dell’animale appare sproporzionato e non coerente con le normative sovrannazionali e nazionali che impongono l’adeguata valutazione di misure intermedie, venga sospeso l’ordine di abbattimento dell’animale.

3. Tutela del ‘singolo animale’ come interesse autonomo: articolo 13 TFUE e relative interpretazioni giurisprudenziali

Con l’art. 13 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, introdotto con la modifica di Lisbona (2010), si impone ad Unione e Stati membri di considerare le esigenze degli esseri senzienti animali, nella duplice attività di formulazione ed attuazione delle politiche di integrazione.

La dottrina, chiamata a fornire dei chiarimenti sulla portata giuridica del nuovo articolo, ne individua dei limiti, specificando, in particolare, come lo stesso non attribuisca una competenza all’Unione[19] e si caratterizzi per una formulazione alquanto generica, poiché non viene chiarito cosa debba intendersi per ‘benessere degli animali’[20], per ‘essere senziente’[21], ovvero se la tutela del benessere degli animali debba prevalere su altri obiettivi ed interessi che con la stessa possano entrare in conflitto.

Ancora, l’art. 13 sembrerebbe prevedere dei limiti di applicabilità poiché riguarda solo alcune politiche ed il secondo alinea richiede il rispetto delle «disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale».

Non deve dimenticarsi, però, che la politica del ‘mercato interno’ (appunto uno degli ambiti considerati) ha, di fatto, una portata generale, dato che rappresenta, come è noto, il cuore della costruzione europea[22].

In effetti, la dottrina, pur evidenziandone i limiti, sottolinea però l’importanza dell’art. 13 che rappresenta, in realtà, più che un punto di arrivo «una vera e propria base di partenza per dare impulso alla costituzionalizzazione del diritto degli animali»[23].

A ben vedere, la Corte di giustizia, chiamata a pronunciarsi sul valore dell’art. 13 nell’ambito dell’ordinamento europeo, da una parte, ha qualificato la tutela del benessere animale come un «obiettivo legittimo di interesse generale» (sia dell’Unione che degli Stati membri), dall’altra, ha utilizzato il disposto dello stesso articolo come base giuridica per giustificare delle interpretazioni della normativa europea volte al favorire la protezione degli animali nel bilanciamento con altri interessi[24].

Sicché, secondo la Corte, il benessere animale è un interesse o meglio un valore[25] che deve essere considerato e non può essere sacrificato, in linea di principio, ad ogni interesse umano[26], la ponderazione tra i vari interessi deve avvenire sulla base del principio di proporzionalità.

Particolarmente interessanti, in questo senso, sono una serie di sentenze riguardanti il rapporto tra la pratica religiosa delle macellazioni rituali (senza stordimento) e la normativa europea che tutela gli animali al momento dell’abbattimento, secondo la quale, l’animale deve essere preventivamente stordito.

La Corte nel dicembre 2020 (sentenza Centraal Israëlitisch Consistorie van België e altri)[27], esclude, per esempio, che una norma nazionale che impone uno stordimento reversibile sia da considerarsi contraria alla libertà religiosa, almeno nella sua dimensione esteriore (forum externum); la Corte, di fatto mettendo sullo stesso piano il valore/interesse alla tutela del benessere degli animali, ovvero più nello specifico alla limitazione della loro sofferenza con quello della libertà religiosa (in particolare il forum externum, ossia le manifestazioni esterne e non il credo individuale), ne opera un bilanciamento, attraverso il principio di proporzionalità. La stessa ritiene, quindi, che lo stordimento momentaneo sia un compromesso accettabile (adeguato, necessario e proporzionato) al fine di contemperare la libertà religiosa in senso estrinseco e la tutela degli esseri senzienti non umani.

Sicché, con l’art. 13 si individua un nuovo interesse pubblico: la tutela del benessere del singolo animale.

Viene fatto obbligo sia all’Unione che agli Stati membri di tenerne conto non solo nella formulazione delle relative politiche, ma anche a livello di attuazione delle stesse.

Con riguardo a quest’ultimo aspetto si ricordi che l’attuazione del diritto europeo[28] è un processo complesso che coinvolge gli Stati membri, in primis, non solo a livello normativo, anche amministrativo, nonché l’Unione con i propri apparati, ove questo sia previsto.

Sulla linea della summenzionata tendenza giurisprudenziale si è posto il giudice amministrativo italiano in alcune pronunce degli ultimi tempi; a titolo d’esempio, la Sezione III del Consiglio di Stato[29], nell’ambito di una causa riguardante la richiesta di annullamento di un provvedimento extra ordinem, con cui il Presidente della provincia di Trento e Bolzano avena disposto la captivazione permanente di un orso bruno, conclude appunto che l’interesse alla tutela della pubblica incolumità e la tutela dell’interesse dell’animale ad una vita piena e dignitosa debbano essere adeguatamente bilanciati, nel rispetto del principio di proporzionalità.

Ancora. Nell’ambito di una causa in cui veniva richiesto l’annullamento dei provvedimenti mediante i quali l’amministrazione competente aveva ordinato l’abbattimento di alcuni capi bufalini, al fine di tutelare l’interesse pubblico al contenimento del contagio e all’eradicazione della brucellosi, la Sezione III del Consiglio di Stato[30] ritiene di non condividere la posizione del TAR, in base alla quale gli unici due interessi in gioco sarebbero stati quello della salute pubblica e quello dell’operatore economico proprietario dei capi di bestiame, ma al contrario debba essere considerato anche l’interesse dell’animale.

In maniera diretta ed esplicita, il Collegio ricorda come il benessere degli animali sia protetto a livello nazionale ed eurounitario ove, in particolare, è inteso come un obiettivo di interesse generale riconosciuto dall’Unione ovvero un valore condiviso nell’Unione europea sancito ora dall’art. 13. Argomenta, quindi, come il valore della vita degli animali non possa essere sacrificato senza adeguata ponderazione e che, nel bilanciamento tra il diritto al benessere dell’animale (da intendersi come valore fondamentale in re ipsa) e il bene supremo della salute pubblica, nel caso di specie, questa non possa prevalere ex se, ma appunto debba essere bilanciata con siffatto valore.

4. Gli animali tra ‘tutela rafforzata’ ed interessi economici

Con l’ordinanza del luglio 2023, viene ancora messo in evidenza come gli animali, nell’ambito dell’ordinamento nazionale ed eurounitario, dopo le riforme costituzionali, godano di una ‘tutela rafforzata’.

In realtà, il rafforzamento della tutela degli animali, ad opinione di chi scrive, trova le sue radici non solo nel novellato articolo 9 della Costituzione italiana[31], ma nell’art. 13 del TFUE che ha esplicitato un dato abbastanza intuitivo, ossia che gli animali sono esseri senzienti.

La ratio di questa specificazione deriva dal fatto che gli animali (a differenza ovviamente degli esseri umani) possono avere un valore economico ed essere oggetto di transazioni commerciali, ossia possono essere delle ‘merci’[32], secondo la tradizionale definizione del concetto fornita dalla sentenza della Corte di giustizia (Commissione c. Repubblica italiana)[33]; ancora, nel nostro ordinamento gli animali selvatici sono patrimonio indisponibile dello Stato[34] e, sulla base della normativa civilistica, sono considerati beni mobili[35].

Ad ogni modo, qualunque sia il legame giuridico che lega un animale ad un essere umano, la relativa disciplina non può che tenere conto del fatto che gli animali non sono ‘cose’, ma esseri senzienti e per questo motivo, devono godere di una particolare tutela.

Naturalmente, questa conclusione ha, come abbiamo detto, una base normativa (art. 13 TFUE), ma deriva anche dal mutato sentire collettivo che mal tollera comportamenti lesivi del benessere e della dignità degli animali (almeno che questo non sia strettamente necessario).

Non per niente il giudice amministrativo chiarisce che la tutela degli animali è da considerarsi ormai un ‘valore fondante del nostro vivere civile’, cosa che ovviamente non può essere solo la conseguenza della novella costituzionale, ma dell’evoluzione in termini etici del rapporto uomo/animale e di una sempre maggiore sensibilità nei confronti di quest’ultimo, che è cresciuta nel corso degli ultimi decenni per ragioni varie e profonde la cui investigazione esula dai limiti di questo lavoro.

Proprio il rilievo che gli animali devono godere di una tutela rafforzata, porta poi al passo successivo, ossia al fatto che l’interesse al benessere animale (riconosciuto a livello costituzionale, sia nazionale che eurounitario) non può considerarsi di rango ex se inferiore ad un qualunque interesse umano, in particolare quando trattasi di interessi economici.

Gli interessi umani ed animali devono essere ponderati attraverso il principio di proporzionalità.

Nell’ambito di questa ponderazione, deve essere valutata la tipologia di interessi in gioco. Nel caso di specie, vengono in rilievo l’interesse alla vita e alla sicurezza umana e quello alla vita e al benessere dell’animale che può essere compromesso, ma solo se la misura adottata sia necessaria e proporzionata all’obiettivo da raggiungere.

Viene, ancora, chiarito dal giudice amministrativo che la misura proposta, volta a tutelare la sicurezza e la vita umana, non debba essere, in realtà, una misura scelta per motivi economici, motivi che non possono essere posti a fondamento di un sacrificio incondizionato dell’interesse dell’animale.

Sulla stessa linea, peraltro, si era già espresso il Consiglio di Stato (Sez. VII), in una ordinanza del 2019[36], in cui negava un provvedimento cautelare, nell’ambito di una causa riguardante la legittimità di una disposizione del Decreto del Ministro dell’ambiente del 20 dicembre 2017 di modifica del decreto legislativo 21 marzo 2005, n. 73, (Attuazione della direttiva 1999/22/CE relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici) che introduceva il la possibilità del nuoto in vasca con i delfini da parte del pubblico, e che vedeva contrapposti il gestore di un parco acquatico ed alcune associazioni animaliste relative.

La VII Sezione chiarisce, infatti, che: «nel bilanciamento d’interessi, in relazione al principio di precauzione, deve attribuirsi prevalenza al benessere, salute e sicurezza degli animali e degli stessi destinatari dell’attività in vasca a contatto con gli esemplari di tursiops truncatus, rispetto ai pregiudizi di natura economica allegati dall’appellante».

La causa verrà, poi, risolta in senso favorevole alle associazioni animaliste, dato che la VII Sezione con la sentenza n. 157 del 15 dicembre 2023, ha respinto l’appello presentato avverso la sentenza del TAR Lazio, Roma, sez. II-bis, n. 5892 del 10 maggio 2019, con la quale era stata ritenuta illegittima l’impugnata disposizione.

È interessante notare come alle stesse conclusioni fosse già pervenuta la Corte di giustizia, in una sentenza Liga van Moskeeën en Islamitische Organisaties Provincie Antwerpen, VZW e altri[37], del 29 maggio 2018, riguardante la questione delle macellazioni rituali.

Nell’ambito di questa causa, la Corte di giustizia è chiamata a pronunciarsi sul rapporto tra la normativa europea che tutela e promuove il benessere degli animali, ed in particolare le disposizioni del Regolamento (CE) n. 1099/2009[38] (volto a tutelare gli animali al momento dell’abbattimento), secondo cui gli animali devono essere storditi prima di essere macellati e la pratica imposta da diversi credo religiosi della macellazione senza previo stordimento (c.d. macellazione rituale)[39].

La macellazione rituale è stata riconosciuta dalla legislazione UE e dalla giurisprudenza[40] come corollario della libertà religiosa e, di conseguenza, è accettata e protetta[41]; proprio il Regolamento n. 1099/2009 all’articolo 4, paragrafo 4, prevede che le disposizioni che impongono il previo stordimento non si applicano agli animali sottoposti a particolari metodi di macellazione prescritti da riti religiosi, a condizione che la macellazione abbia luogo in un macello che soddisfi tutti i requisiti prescritti e che sia autorizzato dalle autorità nazionali competenti (articolo 4, paragrafo 4 e articolo 2, k).

Nella sua pronuncia, la Corte è chiamata a valutare la legittimità, in relazione al diritto fondamentale alla libertà di religione, proprio di questa disposizione del Regolamento n. 1099/2009.

La causa nasce nel contesto di una controversia tra alcune associazioni musulmane e la regione fiamminga del Belgio. L’oggetto della contesa è una decisione ministeriale di non autorizzare (come era avvenuto in passato), durante la festa islamica del sacrificio, la macellazione rituale di animali senza stordimento in macelli ‘temporanei’, anche se la capacità dei macelli autorizzati risulti insufficiente per soddisfare l’aumento della domanda registrato in quello specifico periodo.

In breve, ciò che la Corte deve determinare è se il requisito che la macellazione venga eseguita solo in macelli autorizzati violi la libertà religiosa, ove il numero di questi macelli non soddisfi la richiesta con la conseguenza di un ingente onere finanziario posto a carico delle comunità musulmane per aumentare il numero complessivo di macelli autorizzati nella regione.

I giudici concludono che gli articoli in questione del Regolamento 1099/2009 non limitano di, per sé, il diritto alla libertà di religione. Infatti, gli stessi, imponendo l’obbligo di eseguire macellazioni rituali in macelli riconosciuti che soddisfano requisiti specifici, intendono «esclusivamente organizzare e regolamentare, da un punto di vista tecnico, il libero esercizio della macellazione senza previo stordimento a fini religiosi»[42].

Con queste regole tecniche, il legislatore europeo concilia il rispetto delle specifiche modalità di macellazione prescritte dai riti religiosi con le norme sulla tutela del benessere degli animali al momento dell’abbattimento. Infatti, al fine di evitare sofferenze eccessive ed inutili degli animali uccisi senza prima essere storditi, tutte le macellazioni rituali devono essere eseguite in appositi macelli dove è possibile, tra l’altro, trattenere individualmente e meccanicamente quegli animali e prendere tutte le misure necessarie per ridurre al minimo la loro sofferenza.

La mancanza di capacità di macellazione in una regione di uno Stato membro che si verifica temporaneamente (da imputare all’aumento della domanda di macellazione rituale per diversi giorni durante la festa), deriva da una combinazione di circostanze interne che non possono inficiare la validità della regola in questione.

In conclusione, per poter invocare la deroga alle norme sulla protezione degli animali (in particolare quelle che prescrivono che la loro sofferenza debba essere ridotta al minimo), a tutela della libertà religiosa, il legame con la prescrizione o il rito religioso deve essere diretto. Inoltre, tale deroga deve essere necessaria e proporzionata per garantire la libertà di religione ovvero, ove necessario, per tutelare altri interessi o diritti fondamentali, come, in particolare, la salute umana, ma non può essere invocata al solo scopo di tutelare interessi economici, come nel caso di specie.

Ancora di interesse è, poi, una sentenza (Association One Voice)[43] in cui la Corte, chiamata ad interpretare alcune disposizioni della Direttiva sulla conservazione degli uccelli selvatici, con riguardo all’autorizzazione da parte della autorità francesi della caccia con il vischio, conclude che l’esigenza nazionale di mantenere in vita usi tradizionali a scopo ricreativo (e di tutelare, quindi, anche gli interessi economici sottesi), non può giustificare di per sé, l’utilizzo di un metodo di caccia particolarmente crudele, ricordando che la tutela del benessere degli animali (oltre che naturalmente la tutela ambientale e della biodiversità) possono essere compromessi solo ove ciò strettamente necessario e nel rispetto di rigide condizioni.

Questa conclusione è vieppiù significativa, perché in realtà le disposizioni francesi sulla caccia con l’impiego di vischio, erano già state oggetto di una pronuncia della Corte[44], nel 1988, ed erano state ritenute legittime. Nel 2021, i giudici europei ritengono di dover cambiare la propria posizione tenendo in considerazione l’evoluzione della normativa, della giurisprudenza e del sentire collettivo in materia di tutela degli animali.

5. Conclusioni

Il tema della tutela del benessere animale, soprattutto nel rapporto con la tutela di confliggenti interessi umani, ha assunto nel corso degli ultimi decenni, un’importanza sempre maggiore, sia in virtù delle rilevanti novità normative intervenute a livello europeo e nazionale (anche di ordine costituzionale), sia in virtù del mutato sentire collettivo.

Appare evidente come sia ormai acquisito a livello giurisprudenziale, che la tutela dell’animale, quale essere senziente (ossia, a grandi linee, capace di provare dolore e piacere e quindi distinto dalle ‘cose’), non può essere considerata un valore o un interesse sussidiario, ma anzi rappresenta, nelle stesse parole del Consiglio di Stato, un valore fondante del nostro sistema costituzionale[45].

In effetti, come potrebbe, però, un sistema costituzionale democratico e moderno rimanere indifferente alla sorte di esseri che, come è stato evidenziato dalle scienze etologiche[46], provano sofferenza fisica e morale?

Non si tratta di una logica paternalistica cieca alle esigenze del mercato, ma di una nuova consapevolezza che vede un legame inscindibile tra lo sviluppo della società umana e l’ambiente che lo circonda, nonché con gli esseri senzienti che lo popolano.

In questo senso, si pongono, peraltro, le nuove proposte di riforma dei Trattati europei, approvate dall’europarlamento il 22 novembre 2023[47], che si caratterizzano per una sempre maggiore attenzione alla tutela degli animali quali esseri senzienti e parti di un sistema che interessa l’ambiente, la salute umana e appunto gli animali in una prospettiva ‘one health’[48]; ossia, nella prospettiva del nuovo approccio integrato ed interdisciplinare dei Manhattan principles – one world, one health del 2004[49], che vede un’inscindibile connessione tra la promozione della salute umana intesa in senso generale e onnicomprensivo (contrasto alle malattie, ma anche mantenimento della sostenibilità economica e sociale), la preservazione dell’ambiente e degli ecosistemi, nonché la salute ed il benessere degli animali, non solo come parte della biodiversità, ma anche come singoli ‘individui’, seppure da una prospettiva antropocentrica (es. gli animali allevati senza uso di antibiotici, ed in buone condizioni rappresentano una migliore fonte di cibo).

Queste nuove disposizioni, ma più in generale la nuova attenzione al benessere degli animali sollevata dalla prospettiva ‘one health’ (anche in relazione alla recente pandemia) devono, però, essere inscindibilmente legate e interpretate alla luce dell’art. 13 TFUE che, come è noto, pone l’accento sull’animale, per se, come essere senziente, come titolare di interessi propri, la cui tutela prescinde dalla tutela di interessi umani. In questo senso, sembra porsi anche il nostro articolo 9 della Costituzione che, in maniera (ad avviso di chi scrive appropriata), pone una netta distinzione tra tutela dell’ambiente e della biodiversità da una parte e tutela degli animali dall’altra.

Ancora.

Le nuove interpretazioni giurisprudenziali e l’art. 9 riformato[50] (che non prevede in effetti, come l’art. 13 TFUE, il limite della tutela dei riti religiosi, delle tradizioni culturali e del patrimonio regionale), sembrano fare un passo in avanti rispetto alla prima fase della tutela giuridica degli animali, in cui il tema era di fatto il riconoscimento dell’animale quale essere senziente e la relativa tutela quale interesse che necessariamente deve essere considerato.

In questa seconda fase, sembra emergere invece una graduazione degli interessi umani che entrano (o che possono entrare) in conflitto con il benessere animale, individuandosi una categoria di questi interessi, quelli meramente economici (ma anche quelli ludico/ricreativi e legati ad usi e tradizioni) che non possono prevalere nel bilanciamento.

In questo senso, peraltro, parte della dottrina aveva già sottolineato come: «le esigenze attinenti al funzionamento del mercato e all’iniziativa economica privata non potranno mai essere invocate per giustificare arretramenti nella tutela degli animali da parte della legge. Infatti, il disposto dell’art. 41, secondo comma, Cost., nel testo introdotto dalla stessa riforma costituzionale del 2022, annovera l’ambiente, che comprende come si è detto anche gli animali non umani, tra i beni capaci di limitare l’iniziativa economica privata (ai sensi di tale articolo, l’iniziativa economica privata […] non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana»[51].

Ancora, nella già citata pronuncia[52], riguardante la possibilità di nuoto in vasca con i delfini, la VII Sezione del Consiglio di Stato prevede che il ‘rischio’ accertato (dagli organi tecnici) di compromissione del benessere animale (nonché dell’incolumità pubblica) senza che sia stato opportunamente valutato dall’amministrazione (ma meramente ignorato) determina una violazione del principio di precauzione. In altre parole, ove sussista il rischio di lesione del benessere degli animali e della sicurezza delle persone, l’amministrazione avrebbe dovuto o escluderlo, tramite i necessari ulteriori accertamenti istruttori di tipo tecnico o compararlo attraverso il canone della proporzionalità agli interessi umani in gioco (che in questo caso sono solo di tipo economico e ludico). Di fatto, quindi, non solo viene proposta una indiretta graduazione degli interessi, ma viene fatto anche un ulteriore passo in avanti, poiché, utilizzando il canone della precauzione, si va a ponderare, non l’effettiva lesione del benessere animale, ma il mero rischio di questa lesione.

Partendo, poi, dal presupposto che anche una libertà fondamentale quale quella religiosa può incontrare dei limiti nel rapporto con la tutela degli animali, come ha chiaramente previsto la Corte di giustizia, interpretando la normativa europea in materia anche alla luce dell’art. 13 TFUE (già utilizzato dalla Corte[53] per giustificare delle interpretazioni della normativa europea volta al favorire la protezione degli animali nel bilanciamento con altri interessi); che la riforma dell’art. 9 Cost. ha indicato la tutela degli animali quale compito della Repubblica[54], e che la più recente giurisprudenza nazionale ed eurounitaria sembra, non solo indicare la tutela degli animali come un interesse da ponderare con gli interessi umani, ma sembra operare una graduazione di rilevanza di questi ultimi interessi in sede di ponderazione, è lecito, quindi, sollevare dei dubbi sulla compatibilità costituzionale (combinato disposto dell’art. 9 Cost. e art. 13 TFUE, nonché ad adiuvandum con la normativa europea secondaria in materia di tutela degli animali) di una serie di normative nazionali (come, ad esempio, quella che regolamenta il prelievo venatorio) che appunto tutelano interessi umani di secondo piano (quali gli usi tradizionali ovvero esigenze meramente economiche) in rapporto invece al più fondamentale degli interessi animali: quello alla vita.

  1. Cons. St., Sez. III, ord., 14 luglio 2023, n. 5473.
  2. In argomento, cfr. M.S. D’Alessandro, La tutela degli animali nel dibattito parlamentare sulle proposte di modifica della Costituzione nella XVIII legislatura, in E. Battelli, M. Lottini, G. Spoto, E.M. Incutti (a cura di), Nuovi orizzonti sulla tutela degli animali, Roma Tre Press, 2022, p. 83.
  3. Secondo cui: «Nella formulazione e nell’attuazione delle politiche dell’Unione nei settori dell’agricoltura, della pesca, dei trasporti, del mercato interno, della ricerca e sviluppo tecnologico e dello spazio, l’Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti, rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale». Per una più ampia trattazione, cfr., infra, paragrafo n. 3.
  4. Sentenza 29 maggio 2018, C-426/16, Liga van Moskeeën en Islamitische Organisaties Provincie Antwerpen, VZW e altri, EU:C:2018:335, su cui, cfr., il paragrafo, n. 4.
  5. Cons. St., Sez. III, ord. del 14 luglio 2023, n. 5473. In argomento, ancora, cfr., Cons. St., Sez. III, ord. del 9 dicembre 2021, n. 6625; Cons. St., Sez. III, ord., 14 luglio 2023, n. 2920.
  6. In base al quale: «(…) per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, il Presidente della Provincia può, acquisito il parere dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, limitatamente alle specie Ursus arctos e Canis lupus, autorizzare il prelievo, la cattura o l’uccisione, a condizione che non esista un’altra soluzione valida e che il prelievo non pregiudichi il mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente della popolazione della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale».
  7. Legge provinciale 11 luglio 2018, n. 9 (Attuazione dell’articolo 16 della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche: tutela del sistema alpicolturale).
  8. Ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 5 agosto 1981, n. 503. Per maggiori informazioni, cfr., il sito https://www.coe.int/en/web/bern-convention.
  9. Attuata, a livello europeo, attraverso diversi atti normativi, tra cui in particolare il Regolamento (CE) n. 338/97, del 9 dicembre 1996, relativo alla protezione di specie della flora e fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio, GU L 61 del 3.3.1997. Per maggiori informazioni sulla CITES, cfr., il sito: https://www.mase.gov.it/pagina/cites-convenzione-di-washington-sul-commercio-internazionale-delle-specie-di-fauna-e-flora.
  10. Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, GU L 206 del 22.7.1992.
  11. «(….) gli Stati membri possono derogare alle disposizioni previste dagli articoli 12, 13, 14 e 15, lettere a) e b): a) per proteggere la fauna e la flora selvatiche e conservare gli habitat naturali; b) per prevenire gravi danni, segnatamente alle colture, all’allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico e alle acque e ad altre forme di proprietà; c) nell’interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, e motivi tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente; d) per finalità didattiche e di ricerca, di ripopolamento e di reintroduzione di tali specie e per operazioni di riproduzione necessarie a tal fine, compresa la riproduzione artificiale delle piante; e) per consentire, in condizioni rigorosamente controllate, su base selettiva ed in misura limitata, la cattura o la detenzione di un numero limitato di taluni esemplari delle specie di cui all’allegato IV, specificato dalle autorità nazionali competenti».
  12. Sentenza 20 ottobre 2005, Commissione c. Regno Unito, C-6/04, EU:C:2005:626.
  13. Sentenza 11 giugno 2020, C-88/19, Asociaţia «Alianța pentru combaterea abuzurilor», ECLI:EU:C:2020:93.
  14. In questo senso, sentenze 17 aprile 2018, Commissione c. Polonia, C-441/17, EU:C:2018:255, e 10 ottobre 2019, Luonnonsuojeluyhdistys Tapiola, C-674/17, EU:C:2019:851.
  15. Sentenze 10 maggio 2007, Commissione c. Austria, C-508/04, EU:C:2007:274; 15 marzo 2012, Commissione c. Polonia, C-46/11, EU:C:2012:146.
  16. Che rappresenta appunto il documento di riferimento per la gestione dell’orso bruno nelle Regioni e Provincie autonome delle Alpi centro-orientali, approvato dal Ministero dell’Ambiente con D.M. 5 novembre 2008 n. 1810 e integrato con D.M. 31 luglio 2015 n. 15300, di concerto tra le regioni dell’arco alpino italiano e l’ISPRA; reperibile sul sito: https://www.mite.gov.it/pagina/piano-dazione-interregionale-la-conservazione-dellorso-bruno-ulle-alpi-centro-orientali.
  17. Sul principio di proporzionalità, cfr., inter alia, D.U. Galetta, Il principio di proporzionalità fra diritto nazionale e diritto europeo (e con uno sguardo anche al di là dei confini dell’Unione Europea), in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 6, 2019, p. 907.
  18. Corte Costituzionale, sent. 15 dicembre 1988 n. 1146.
  19. T.M. Moschetta, La sperimentazione sugli animali nel mercato interno dell’Unione europea, in Cultura e diritti, 1/2, 2018, p. 121.
  20. A questo proposito, si noti come la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, del 13 novembre 1987, indichi (art. 3) i principi di base per il benessere degli animali: «1 Nessuno deve causare ad un animale da compagnia dolore, sofferenza o angoscia. 2 Nessuno deve abbandonare un animale da compagnia». Sul concetto di benessere degli animali, cfr., D. Fraser, Understanding animal welfare. The science in its cultural context, Blackwell, Chichester, 2008.
  21. In questo senso, ad avviso di chi scrive il Trattato si inserisce nell’ambito di un antico dibattito filosofico – giuridico sulla possibilità di qualificare gli animali come esseri senzienti e non ‘cose’, quindi portatori di specifici interessi (o addirittura titolari di diritti), dibattito le cui radici risalgono al pensiero greco. Nota è, infatti, la contrapposizione teorica tra Pitagora (che afferma l’affinità anche “giuridica” tra tutti gli esseri animati) e Aristotele (che, al contrario, partendo da una visione antropocentrica, afferma una radicale differenza tra uomini e animali) ; ma sul tema, si sono pronunciati anche i fondatori del pensiero moderno, come Cartesio e Voltaire, il primo che paragona gli animali alle macchine e agli orologi, ed il secondo, invece, che si pronuncia a favore della qualificazione degli animali come esseri senzienti e potenzialmente titolari di diritti.
  22. Articolo 26, n. 1 TFUE.
  23. F. Barzanti, La tutela del benessere degli animali nel Trattato di Lisbona, in Diritto dell’Unione europea, 1, 13, 49, p. 72.
  24. Sentenza 3 dicembre 2015, C-301/14, Pfotenhilfe Ungarn, EU:C:2015:793.
  25. Come viene chiarito dall’Avvocato Generale M. Bobek «nel diritto dell’Unione, sia a livello di diritto primario che di diritto derivato, è presente una manifesta dichiarazione di valore da parte dell’Unione, che può essere intesa nel senso che fornisce un orientamento interpretativo. Tuttavia, come avviene per altri valori, il benessere degli animali non è assoluto (…), ma deve essere ponderato con altri obiettivi (….)», Conclusioni relative alla causa European Federation for Cosmetic Ingredients, C-592/14, presentate il 17 marzo 2016, EU:C:2016:179, par. 21.
  26. La posizione della Corte, secondo cui l’interesse al benessere animale non possa essere ex se sottordinato all’interesse umano sembra essere perfettamente in linea con il disposto dell’art. 36 TFUE, che individua gli interessi che possono giustificare dei limiti all’applicazione della normativa in materia di libera circolazione delle merci. Infatti, le disposizioni in materia di libera circolazione delle merci devo lasciare impregiudicati «i divieti o restrizioni all’importazione, all’esportazione e al transito giustificati da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali (…)». In altre parole, l’interesse economico alla libera circolazione può trovare un limite non solo fondato sulla tutela di altri interessi umani (compreso quello alla preservazione dei vegetali, ossia la tutela della flora e della biodiversità), ma anche sulla vita e salute degli animali (sentenza 1° aprile 1982, Holdijk, C-141/81, EU:C:1982:122).
  27. Sentenza 17 dicembre 2020, Centraal Israëlitisch Consistorie van België e altri, C-336/19, EU:C:2020:1031. Per un commento, ci sia consentito rinviare a M. Lottini, I principi di sussidiarietà e proporzionalità ‘salvano’ gli animali fiamminghi da una morte lenta e dolorosa. La macellazione rituale senza stordimento ed il diritto UE, in Federalismi.it, 7, 2021, p. 140.
  28. Sul tema dell’attuazione del diritto europeo come fenomeno complesso, ci sia consentito rinviare a, M. Lottini, Principio di autonomia istituzionale e pubbliche amministrazioni nel diritto dell’Unione europea, Giappichelli, Torino, 2017, p. 65 e ss.; nonché dottrina ivi citata.
  29. Cons. St., Sez. III, 3 novembre 2021, n. 7366.
  30. Cons. St., Sez. III, ord. del 9 dicembre 2021, n. 6625.
  31. G. Alpa, Note sulla riforma della Costituzione per la tutela dell’ambiente e degli animali, in Contratto e impresa, 2, 2022, p. 362.
  32. Cfr., in argomento, K. Sowery, Sentient beings and tradable products: the curious constitutional status of animals under Union law, in Common market law review, 55, 1 2018, p. 55. C. Fossà, Frammenti di oggettività e soggettività animale: tempi maturi per una metamorfosi del “pet” da bene (di consumo) a “tertium genus” tra “res” e “personae”?, in Contratto e impresa, 1, 2020, p. 527.
  33. Sentenza della Corte 1° luglio 1969, Commissione c. Repubblica italiana, C- 24/68, EU:C:1969:29.
  34. Art. 1 della legge n. 157 del 1992, (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio). In argomento, cfr., N. Lucifero, La fauna selvatica come patrimonio indisponibile dello Stato: evoluzione storica, fonti normative e configurazione giuridica del patrimonio faunistico tra bilanciamento degli interessi e tutele differenziate, in N. Lucifero (a cura di), I danni all’agricoltura dalla fauna selvatica prevenzione e responsabilità, Giappichelli, Torino, 2015, p. 50.
  35. In argomento, cfr., E. Battelli, La relazione fra persona e animale, tra valore economico e interessi non patrimoniali, nel prisma del diritto civile: verso un nuovo paradigma, in Cultura e diritti, 1/2, 2018, p. 35.
  36. Cons. St., Sez. VII, ord., 25 luglio 2019, n. 3821.
  37. Sentenza 29 maggio 2018, C-426/16, Liga van Moskeeën en Islamitische Organisaties Provincie Antwerpen, VZW e altri, EU:C:2018:335.
  38. Regolamento (CE) n. 1099/2009 del Consiglio, del 24 settembre 2009, relativo alla protezione degli animali durante l’abbattimento, GUE L 303 del 18.11.2009.
  39. Definita dal Regolamento n. 1099/2009 come: «una serie di atti correlati alla macellazione di animali prescritti da una religione». Art. 2, g).
  40. Conclusioni dell’Avvocato Generale Wahl, C-426/16, Liga van Moskeeën en Islamitische Organisaties Provincie Antwerpen, VZW e altri, EU:C:2017:926, par. 1.
  41. Per i limiti a questa protezione, cfr., la più recente sentenza del 17 dicembre 2020, Centraal Israëlitisch Consistorie van België e altri, C-336/19, EU:C:2020:1031.
  42. Par. 58.
  43. Sentenza della Corte del 17 marzo 2021, Association One Voice, C-900/19, EU:C:2021:211.
  44. Sentenza della Corte del 27 aprile 1988, Commissione c. Francia, C-252/85, EU:C:1988:202.
  45. Anche se in realtà, parte della dottrina, commentando la riforma dell’art. 9, al contrario, conclude che con essa «si sancisce la tutela degli animali senza, però, attribuirle diretta rilevanza costituzionale, ma rinviandone l’attuazione alla legge ordinaria». M.A. Sandulli, Introduzione: riflessioni sull’approccio One Health alla luce delle recenti modifiche al dettato costituzionale, in F. Aperio Bella (a cura di), One health: la tutela della salute oltre i confini nazionali e disciplinari, Editoriale scientifica, Napoli, 2022, p. 21, 34.
  46. D. Griffin, The question of animal awareness: evolutionary continuity of mental experience, RUP, New York, 1976; inoltre, la Cambridge Declaration on consciousness. Proceedings of the Francis Crick Memorial Conference, Churchill College, Cambridge University, 7 luglio 2012.
  47. Per tutte le informazioni, cfr., https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/A-9-2023-0337_IT.html.
  48. In argomento, cfr., F. Aperio Bella (a cura di), One health: la tutela della salute oltre i confini nazionali e disciplinari, Editoriale scientifica, Napoli, 2022.
  49. Per tutte le informazioni, cfr., https://oneworldonehealth.wcs.org/About-Us/Mission/The-Manhattan-Principles.aspx.
  50. F. Rescigno, Animali e Costituzione: prodromi della soggettività giuridica?, in D. Buzzelli (a cura di), Animali e diritto. Modi e forme di tutela, Pacini, Pisa, 2023, p. 13; C. De Angelis, Il letto di Procuste. Note a margine sul diritto degli animali in Costituzione, Ibid., p. 35; C. Cupelli, La salvaguardia degli animali in Costituzione: le ricadute sul sistema penale della legge costituzionale n. 1 del 2022, Ibid., p. 61.
  51. D. Cerini e E. Lamarque, La tutela degli animali nel nuovo articolo 9 della Costituzione, in federalismi.it, 24, 2023, 32, p. 64.
  52. Cons. St., Sez. VII di Stato, 15 dicembre 2023, n.157/2024.
  53. Sentenza della Corte, 23 aprile 2015, Zuchtvieh Export, C 424/13, EU:C:2015:259, sentenza della Corte, 14 giugno 2012, Brouwer, C-355/11, EU:C:2012:353.
  54. Ci sia, ancora, consentito rinviare a, M. Lottini, La tutela degli animali in Costituzione: riflessioni e prospettive, in Questa Rivista, 3, 2022, p. 56.

Micaela Lottini

Professore Associato di Diritto Amministrativo nell'Università degli Studi di Roma Tre