Federico Nassuato

Dottorando di ricerca in Diritto Amministrativo nell'Università degli Studi di Udine.

L’utilizzo di algoritmi e di sistemi di intelligenza artificiale nell’ambito dell’azione amministrativa ha messo a dura prova le garanzie del giusto procedimento amministrativo. In assenza di una disciplina legislativa in materia a livello nazionale, i giudici amministrativi hanno elaborato i c.d. principi di legalità algoritmica, mutuandoli perlopiù dal Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali (GDPR), allo scopo di tutelare le situazioni giuridiche dei cittadini coinvolti nel procedimento amministrativo. Nello specifico, le pronunce impongono alle pubbliche amministrazioni il rispetto dei principi di conoscibilità dell’algoritmo, di non esclusività della decisione algoritmica e di non discriminazione algoritmica. Dopo una breve ricognizione del contenuto di questi principi, il presente contributo mira ad analizzare il rapporto tra essi e l’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241/1990, al fine di verificare se siano stati intesi dalla giurisprudenza come delle regole procedurali rinforzate, idonee dunque ad evitare la dequotazione dei vizi di procedura degli atti amministrativi vincolati ai sensi del citato articolo 21-octies. E, in particolare, se tale rafforzamento procedurale possa attuarsi in ottica compensativa di un eventuale deficit di legalità sostanziale, dovuto all’esercizio di poteri amministrativi impliciti in relazione all’utilizzo degli algoritmi, oppure se debba discendere da un diverso percorso ermeneutico.

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