Consiglio di Stato, Sez. VI, ord. 11 giugno 2024, n. 5235

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Consiglio di Stato, Sez. VI, ord. 11 giugno 2024, n. 5235

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Con l’ordinanza segnalata, il Consiglio di Stato solleva due questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia relative all’ambito d’applicazione soggettivo e oggettivo del regime di responsabilità “agevolato” degli hosting provider ex art. 14 Direttiva c.d. E-Commerce (Direttiva 2000/31/CE), in rapporto ad una sanzione amministrativa comminata a Google per pubblicità di gioco d’azzardo su YouTube.


In relation to an administrative sanction imposed on Google for gambling advertisements on YouTube, the Council of State raises two preliminary questions to the Court of Justice with the reported ordinance, pertaining to the subjective and objective scope of the 'facilitated' liability regime for hosting providers under Article 14 of the so-called E-Commerce Directive (Directive 2000/31/EC).

L’oggetto della controversia sottoposta al Consiglio di Stato riguarda la legittimità della sanzione pecuniaria comminata dall’AGCOM a Google per avere violato l’art. 9 d.l. n. 87/2018 (c.d. Decreto dignità), e cioè il divieto di «realizzare qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro nonché al gioco d’azzardo, comunque effettuata e su qualunque mezzo».

Nel caso di specie, a Google viene contestata la diffusione “indiretta”, sulla propria piattaforma Youtube, di pubblicità di siti che svolgono attività di gioco e scommesse a pagamento, mediante un contratto di partnership commerciale con un content creator. Quest’ultimo, che veniva sponsorizzato da Google in cambio di una quota dei ricavi provenienti dagli abbonamenti “digitali” sottoscritti dagli utenti, aveva infatti caricato sui propri canali Youtube alcuni video «idonei a pubblicizzare il gioco d’azzardo e siti web ove è possibile giocare a pagamento».

A fronte dell’impugnazione del provvedimento sanzionatorio da parte di Google, il T.A.R. Lazio ha accolto il ricorso, ritenendo applicabile al ricorrente il regime «agevolato» di responsabilità previsto per gli hosting provider, quale Google, dall’art. 16 d.lgs. n. 70/2003, di attuazione dell’art. 14 della c.d. Direttiva E-Commerce (Direttiva 2000/31/CE). Le norme in questione prevedono un esonero di responsabilità – nell’attività di memorizzazione delle informazioni fornite da un destinatario del servizio (il content creator), se queste sono illecite – quando l’hosting provider non sia effettivamente a conoscenza dell’illiceità della relativa attività od informazione.

Come conseguenza del quadro normativo individuato, il giudice di primo grado non ha ritenuto sufficiente «la mera valorizzazione degli indici presenti nel provvedimento impugnato […] a fondare, nel caso di specie, la responsabilità del gestore della piattaforma per la violazione del “Decreto Dignità”».

Devoluta la questione al Consiglio di Stato, il Collegio riconosce anzitutto come l’obiettivo sotteso alla normativa nazionale – e cioè il contrasto alla c.d. ludopatia – sia radicato anche nel diritto eurounitario, che promuove la realizzazione di un «livello elevato di protezione per i consumatori, gli utenti e i minori grazie all’adozione di principi relativi ai servizi di gioco d’azzardo on-line e alla correlata attività di pubblicità e sponsorizzazione» (Raccomandazione della Commissione europea 2014/478/UE).

Data l’incertezza in merito all’ambito d’applicazione oggettivo e soggettivo del regime di responsabilità degli hosting provider disciplinato dall’art. 14 Direttiva E-Commerce, il Consiglio di Stato decide di devolvere alla Corte di Giustizia UE due questioni interpretative, pregiudiziali alla decisione nel merito della controversia.

Con la prima questione, da un punto di vista oggettivo, viene chiesto ai giudici di Lussemburgo se il regime di responsabilità agevolato «sia applicabile alle attività relative alla pubblicizzazione online di giochi o scommesse con vincite di denaro nonché alla pubblicizzazione del gioco d’azzardo».

A tal riguardo, l’art. 1 par. 5 lett. d) Direttiva E-Commerce esclude dall’ambito d’applicazione della direttiva le «attività dei servizi della società dell’informazione» concernenti «i giochi d’azzardo che implicano una posta pecuniaria in giochi di fortuna, comprese le lotterie e le scommesse», ma secondo Google – prospettazione cui ha aderito implicitamente anche il T.A.R. Lazio – l’esclusione non riguarderebbe l’attività degli hosting provider, bensì solo quella dei fornitori di servizi di giochi d’azzardo. In altri termini, l’art. 14 Direttiva E-Commerce sarebbe pienamente applicabile ad attività diverse dalla fornitura di servizi di giochi d’azzardo, incluse quelle di pubblicizzazione online.

In un’ottica diversa, tuttavia, il Considerando n. 21 della Direttiva abbraccerebbe una nozione ampia di “attività”, comprendente anche «l’informazione in linea, la pubblicità in linea, la vendita in linea, i contratti in linea», con la conseguenza che – avendo il legislatore eurounitario escluso in toto dall’ambito d’applicazione della Direttiva le «attività dei servizi della società dell’informazione» – allora dovrebbe «ritenersi che abbia inteso lasciare fuori dal campo di regolamentazione» anche le attività connesse alla fornitura di servizi di giochi d’azzardo, «ivi inclusa la loro pubblicizzazione on line».

Aderendo a tale interpretazione, in ogni caso, l’inapplicabilità della disciplina di cui all’art. 14 Direttiva E-Commerce non comporterebbe una responsabilità oggettiva di Google, «dovendosi invece individuare lo standard di diligenza richiesto all’hosting provider in tale settore, anche in considerazione degli interessi coinvolti e del grado di esigibilità delle condotte».

Con la seconda questione, il cui vaglio è subordinato ad una risposta affermativa al quesito precedente, il Collegio si chiede poi se – dal punto di vista soggettivo – Google possa essere considerato un hosting provider meramente passivo, tenendo conto che il «regime di responsabilità “privilegiato”, così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, deve applicarsi al solo hosting provider cd. passivo e non anche all’hosting provider cd. attivo».

L’interrogativo deriva dalla circostanza che nella vicenda in esame il ruolo di Google non sia di ordine «meramente tecnico, automatico e passivo» – caratteristica che secondo la giurisprudenza sovranazionale distingue l’hosting provider attivo da quello passivo – bensì più sfaccettato, dal momento che a monte della pubblicità illecita vi è un contratto di partnership commerciale con il content creator.

Sul punto la posizione del Consiglio di Stato è netta ed orientata ad una risposta positiva alla seconda questione, considerato che il contratto prevede un controllo dei contenuti del canale Youtube da parte dell’hosting provider, nonché una ripartizione dei ricavi pubblicitari legati alle visualizzazioni dei video.

In sostanza, Google non si limiterebbe alle “ordinarie” attività di indicizzazione dei contenuti e di profilazione degli utenti ma realizzerebbe un quid pluris, consistente nella stipulazione di un accordo commerciale, nella riscossione degli abbonamenti al canale e nella condivisione dei profitti pubblicitari, facendo propendere per una qualificazione “attiva” piuttosto che “passiva” del suo ruolo.

In attesa della pronuncia della Corte di Giustizia si profilano dunque questioni interpretative inedite, destinate a chiarire l’ambito di operatività della disciplina sovranazionale del c.d. e-commerce.

Riccardo Di Stefano

Dottorando di Ricerca, Dottorato Intersettoriale per l'Innovazione (Curriculum "Diritto Amministrativo"), nell'Università degli Studi di Milano.